RICORSO IN TRIBUNALE E NIENTE COMITATO LA MOSSA DI GRILLO PER USCIRE DALL’ANGOLO
MA L’AVVOCATO BORRE’ GIA’ CONTESTA LA VALIDITA’ DELLA TESI LEGALE SU CUI SI BASA IL RICORSO
La soluzione era sotto gli occhi di tutti, da sempre, ma Vito Crimi, l’ex capo politico reggente dei Cinque stelle, non se ne era accorto.
Un documento, il regolamento del 2018, avrebbe reso possibile «la presentazione immediata di una istanza di revoca della sospensione cautelativa al tribunale di Napoli», fanno sapere gli avvocati a Beppe Grillo e Giuseppe Conte, che li ascoltano increduli, seduti nello studio del notaio Luca Amato.
L’ex premier è furioso. Crimi non aveva capito – fanno sapere fonti M5S – che con quel documento si sarebbe potuta evitare la sospensione cautelativa dello Statuto e il conseguente azzeramento dei vertici grillini. Insomma, probabilmente si sarebbe potuto evitare il caos. Anche Grillo è sconcertato.
La prenderebbe con ironia, se non si fosse dovuto precipitare a Roma per trovare una soluzione a un groviglio che sembrava inestricabile. Tanto complicato da costringerlo persino a rivedere le liturgie che finora lo avevano sempre accompagnato nei suoi viaggi nella Capitale.
A partire dalla scelta del quartier generale dove incontrare i big del partito: non più l’hotel Forum, a due passi da Montecitorio, ma l’hotel Parco dei Principi, nel cuore di Roma Nord, dove la densità di studi notarili e di avvocati rendeva più semplice l’organizzazione di incontri che hanno poco a che fare con la politica e molto più con i tribunali. Il Garante ha voluto ascoltare soprattutto loro, gli avvocati, per trovare una soluzione lampo che potesse dare ossigeno ai Cinque stelle.
«Le delibere sono valide, alla luce del regolamento del 2018», gli hanno spiegato i legali del Movimento. Quel regolamento, nei loro ragionamenti, certifica la «piena regolarità» delle votazioni passate e si confida, quindi, che il giudice possa revocare la sospensione. Scartata, dunque, l’ipotesi di nominare un nuovo Comitato di garanzia (lo stesso di cui facevano parte Luigi Di Maio, Virginia Raggi e Roberto Fico), di far indire al Comitato non appena insediato un voto per lo statuto di Giuseppe Conte e, successivamente, un altro voto per la sua elezione a presidente del partito.
Questa mossa – hanno avvertito i legali – avrebbe avuto un rischio e cioè quello, in vista delle sentenza del tribunale di Napoli prevista per il 1° marzo, di riconoscere di fatto le ragioni di chi aveva presentato ricorso. Un’ammissione di colpevolezza, quindi, prima ancora che ci fosse stata la sentenza. La strada di eleggere un comitato di Garanzia, però non è archiviata. È un’uscita di sicurezza sempre in piedi, se la richiesta di revoca della sospensione dovesse essere respinta.
Ma è una strada complicata, perché si dovrebbe tornare con ogni probabilità a bussare alla porta di Davide Casaleggio per chiedergli di usare Rousseau. Conte avrebbe preferito evitare lo smacco politico di un ritorno alla piattaforma di Casaleggio, «ma aggirare Rousseau porterebbe al rischio di un ulteriore ricorso», gli hanno detto gli avvocati. Messi in guardia – per assurdo – anche da Lorenzo Borrè, l’avvocato della parte avversa, quella dei ricorrenti di Napoli che hanno provocato il terremoto.
Non è però solo una questione politica e di forma, ma anche di soldi. Casaleggio avrebbe chiesto 30 mila euro per far votare il nuovo Comitato di garanzia sulla sua piattaforma. E sempre su Rousseau si sarebbe dovuto votare il nuovo statuto. La cifra, dunque, sarebbe potuta salire a 60mila euro. Non solo. Il figlio del cofondatore M5S chiedeva anche che venisse saldato un arretrato.
Riguarda una votazione che Grillo aveva indetto lo scorso luglio, durante lo scontro con Conte per la leadership, quando con un post sul blog annunciò di voler dare vita a un Direttorio di 5 membri a cui affidare la guida del partito. Poi la votazione non si tenne più, perché i pontieri riuscirono a ricucire lo strappo con Conte, ma Casaleggio ora rivendica il lavoro preparatorio fatto e mai pagato.
Il passaggio, però, trova già le prime contromosse dell’avvocato Lorenzo Borré, che ha ottenuto il congelamento dei vertici M5S. «La revoca può essere richiesta solo su circostanze e fatti sopravvenuti. La questione del regolamento “ritrovato” non è un fatto sopravvenuto. Né è comunque rilevante perché l’ordinanza è stata emessa anche sul presupposto della mancanza del quorum (senza considerare che l’ordinanza non ha esaminato gli altri motivi di impugnazione perché assorbiti da quello relativo al mancato raggiungimento del quorum)». Poi Borré, sottolineando come una eventuale revoca sia comunque soggetta a reclamo, precisa: «L’esistenza di un eventuale regolamento approvato su richiesta del capo politico non è idonea a legittimare l’esclusione dal voto adottata nella vigenza di uno statuto che consente tale esclusione solo a fronte di un regolamento adottato su richiesta del comitato direttivo».
La trasferta romana di Grillo è servita però anche a riannodare i fili lacerati del partito. Ha visto Luigi Di Maio e i due hanno convenuto sulla necessità di ritrovare una «compattezza interna» e di fare squadra con Conte, sempre che ci sia una disponibilità anche da parte sua. Grillo però chiede anche di non logorare il leader e di remare tutti nella stessa direzione.
Lo ha fatto presente a Di Maio come anche alla capogruppo in Senato Mariolina Castellone e a Virginia Raggi, incontrata più tardi. Una processione silenziosa, uno alla volta alla corte del fondatore, come chiesto da Roberto Fico, assente per un’influenza.
«Non vediamoci tutti insieme solo per fare una foto da pubblicare sui social», è il ragionamento espresso dal presidente della Camera a Grillo, «altrimenti non risolveremo nessun problema».-
(da la Stampa)
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