RUBY, IL PG NON FA SCONTI: BERLUSCONI ORA RISCHIA DI PERDERE I SERVIZI SOCIALI
“LA RAGAZZA SI PROSTITUIVA AD ARCORE E IL CAVALIERE INTIMIDI’ I FUNZIONARI DELLA QUESTURA”
Chiede la conferma nel processo d’appello dei sette anni di carcere per Silvio Berlusconi. E questo lo si poteva immaginare.
È il «come» la chiede a sorprendere.
Il procuratore generale Piero De Petris, ritenuto una «testa fine », parla dei protagonisti del processo Berlusconi-Ruby squadernando, dalle 9.45 alle 16.45, una serie di cartelline marroni ed estraendo ora una pagina sottolineata in rosa, verde, azzurro, ora un’altra in giallo e in rosso.
Leggendo pochissimo, però. Anzi parlando a braccio, senza alzare mai il tono di voce, citando una sola volta «bunga bunga», preferendo «fondoschiena » al termine intercettato (culo), citando a memoria codici e sentenze.
E, soprattutto, guardando in faccia i giudici Enrico Tranfa, presidente, Concetta Lo Curto e Alberto Piccinelli, e mai gli avvocati.
Come se volesse eliminare ogni possibilità di fraintendimento: «Non si può prescindere dalla ricostruzione dei fatti. Se non si mettono a fuoco i vari tasselli, non si arriva – dice – alla ricostruzione giuridica» dei capi d’imputazione, che erano, sono e restano concussione e prostituzione minorile da cliente.
De Petris innanzitutto afferma che nel processo di primo grado (sentenza poco più d’un anno fa) c’è stata «piena espansione del diritto di difesa».
Quindi, non usare le intercettazioni (come chiedevano i difensori) sarebbe stata «una torsione non tollerabile dal nostro sistema», perchè «non si lede il principio d’uguaglianza ».
Anche l’invocata incompetenza territoriale milanese, a favore del Tribunale dei Ministri, è da bocciare: «Era palesemente falsa la circostanza che Ruby fosse nipote di Mubarak».
Alle 12 si entra nelle «cene eleganti » di Arcore («Non trovo altri aggettivi per quelle serate, erano tristi») e dell’«abuso colossale » commesso da Berlusconi.
Le prime parole di De Petris sono, e non sembra un caso, rivolte al «corretto operato delle forze dell’ordine ».
La storia è notissima, ormai, ma il sostituto procuratore generale riesce a ridarle una nuova scansione, ricordando un «fatto »: quando una pattuglia del Quarto Distretto ferma, un pomeriggio di festa, Karima El Mahroug, diciassette anni, marocchina, «immediatamente la polizia sa» che Ruby è marocchina ed è scappata da una comunità siciliana.
«L’Egitto è molto lontano e non è prospettabile», eppure Ruby esce dalla questura dopo le telefonate di Berlusconi da Parigi nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010. Perchè?
Semplice: Pietro Ostuni, capo di gabinetto, «ha perfettamente compreso che quello che gli era stato impartito da Silvio Berlusconi era un ordine».
Infatti, Berlusconi aveva mandato in questura «la consigliera ministeriale Nicole Minetti» e manifestato al telefono «la sua preoccupazione per l’incidente diplomatico», insomma il comportamento di Berlusconi è d’«inequivoca portata intimidatoria».
Ostuni obbedisce all’ordine: subisce una «concussione per costrizione», Berlusconi abusa della «sua qualità » di premier.
Altro fatto: una volta che tutti in via Fatebenefratelli hanno accertato che Ruby è marocchina, qualcuno – avevano chiesto i pubblici ministeri – avvisa il presidente del consiglio dello scampato pericolo?
«M’è scappato di mente», aveva detto Ostuni.
E nel rileggere ieri la risposta, De Petris batte le mani – unica volta in tutta la requisitoria – e poco dopo parlerà di come nelle ricostruzioni filo-Berlusconi «il coefficiente di logicità sia a livelli negativi».
Sono tanti i fatti – per esempio: nessuno che racconta al pm dei minori di Berlusconi che telefona; e poi, da quando in qua «si muove la polizia di Stato alle 4 di notte» per l’identificazione in Sicilia di una scappata di casa? – rivelatori di come «le regole della buona amministrazione sono state totalmente disattese».
Così dice De Petris, accusando l’allora premier, il quale voleva insabbiare la sua frequentazione con una ragazza speciale, la minorenne Ruby, che «dall’attività di meretricio trae la fonte principale di sostentamento».
Il magistrato non infierisce su questa ragazza «di notevole scaltrezza, non so se chiamarla intelligenza ».
Ma è provato, anche dalle sue telefonate alle amiche, e da varie testimonianze, che Berlusconi conoscesse la sua età e la faceva fermare ad Arcore, sia per i festini, sia per la notte: «Non certo a bere te, non sono due vecchie signore».
«Bellissima difesa di una sentenza indifendibile», commenta il nuovo avvocato di Berlusconi, Franco Coppi: martedì la parola passa a lui e a Filippo Dinacci.
La sentenza sembra prevista, salvo slittamenti, per venerdì, quando Berlusconi sarà con i malati d’Alzheimer.
E se sarà confermata (anche in Cassazione), l’imputato rischia di perdere ogni beneficio, compresi i servizi sociali.
Piero Colaprico
(da “La Repubblica”)
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