SALVATE IL SOLDATO DRAGHI DALLA BAVA DI CHI LO OSANNA
TRA PENNELLATE E SALAMELECCHI DELLA STAMPA “AMICA” DEI GRANDI GRUPPI EDITORIALI
Salvate il soldato Draghi. Perchè a leggere gli osanna, le pennellate e i salamalecchi di questi giorni, sia pure accompagnati sul fronte opposto da selve di insulti e ironie, vengono in mente certe iscrizioni apologetiche tipo quella lasciata alla Porta al Serraglio di Prato: «Qui Giuseppe Garibaldi sottratto alle austriache insidie fermossi due ore la venseesima (sic) notte d’ agosto del 1849…» Un capolavoro, tra 253 tonanti epigrafi censite nella sola Toscana. Figuratevi in tutta l’ Italia.
Anche Mario Draghi «fermossi due ore». Accadde «qualche anno fa, diciamo una trentina», alla trattoria «Sogni d’oro» a Monteverde, in Irpinia, paese d’ origine di un pezzo della famiglia e la signora Elena, la cuoca, ha raccontato a una tivù locale di ricordare perfettamente che si sistemò con gli zii «a quel tavolo laggiù in fondo» e mangiò «una specialità particolare, cioè la braciola» che lì in paese è un involtino al pomodoro: «Draghi è una persona educata e umile e suo zio Fulvio ne tesseva le lodi ed era sicuro che il nipote avrebbe fatto carriera».
Il cugino invece, che vive a Genova, viene sempre a mangiare i cavatelli». Ma sia chiaro: guai a chi pensi che Draghi sia l’ennesimo figlio di quella terra irpina che per Ciriaco De Mita ospitava «il 70% dell’intelligenza italiana» al punto che un giorno Napoli «si sarebbe chiamata Avellino Marittima».
Manco il tempo che l’ex presidente della Bce venisse arruolato tra i romani romanisti tottiani cresciuti dall’ istituto Massimo e sono saltati su i veneti, pronti a ricordare un altro pezzo della famiglia paterna strettamente legata a Padova e Venezia tanto da spingere il Gazzettino a salutarlo come «il primo veneto a Palazzo Chigi mezzo secolo dopo il vicentino Mariano Rumor».
Ed ecco l’ intervista a due gemelli amici d’ infanzia, Gino e Giampaolo, l’ uno oggi avvocato e l’ altro docente universitario, coi quali il presidente del Consiglio condivise anni di vacanze estive in riva al Brenta e qualche puntata a pesca dalle parti di Chioggia. Per non dire del ricordo dei primi incontri di Mario con Serenella, sposata a Stra, «nella chiesetta di villa Morosini Antonibon Cappello» e subito omaggiata per lontani legami familiari come parente dei Medici di Firenze.
Fino a qui, per carità , cronaca. Pedaggio scontato anche per chi, pur avendo da anni ruoli pubblici, ha sempre cercato di stare alla larga dalle copertine dei rotocalchi. Oddio, non che l’ incursione nella vita privata sia una novità assoluta. Basti ricordare un libro che qualche anno fa raccontò d’ una visita all’ allora premier Silvio Berlusconi in Sardegna, dove il futuro governatore si presentò eroico «nonostante non potesse quasi camminare per il taglio profondo che si era fatto sugli scogli di Porto Rotondo, facendo diventare rosso di sangue un grande tratto di mare».
Testuale. Roba che manco un capodoglio fiocinato…Tutto già visto. Ricordate Carlo Azeglio Ciampi? «La zia Milla era tra le più impegnate in diocesi». «Ho donato al Presidente pasta di grano duro trafilata in ottone e mozzarella di bufala campana per ringraziarlo d’ aver dato “un grande contributo a Napoli, apprezzando la tipicità della sua cucina”». «I lavoratori “rossi” del cantiere navale di Livorno suonano felici le sirene».
Silvio Berlusconi? «Silvio è uno chansonnier amabile, un fine dicitore con la pasta vocale di Frank Sinatra». «Segreterie e collaboratori si alternano, con diversi turni, mentre il Cavaliere sembra l’ omino delle pile Duracell: chi scrive riesce a stento a girare lo zucchero nella tazzina del caffè, nello stesso tempo in cui il presidente di Forza Italia fa almeno tre cose».
Mario Monti? «La sua riservatezza è proverbiale, tanto che intervistato davanti a casa quando era in predicato per diventare il nuovo ministro dell’ Economia al posto di Giulio Tremonti, rispose con un “no comment” anche alla domanda sul nome del suo golden retriever».
Il punto di partenza, per capire tanta devozione verso chi è al potere, devozione che non è neanche parente del rispetto e a volte è vissuta con sofferenza da chi è sommerso da elogi spropositati, come è nel caso di Draghi, resta un geniale sonetto di Trilussa: «Disse un Porco a la Quercia / “Tu sei grande, / forte e potente! / È tanto che t’ ammiro!” / “Lo so” rispose lei con un sospiro / “è un pezzo che t’ ingrassi co’ le ghiande!”». Figuratevi se in ballo non ci sono ghiande ma 209 miliardi di aiuti europei. Più tutta una serie di interventi, distribuzioni di incarichi, accelerazioni invocati da decenni…
Fatto sta che, da un paio di settimane in qua, si è letto di tutto. Che il nuovo premier non solo è meglio di Conte ma «ha più stile e, cinematograficamente, ha un volto molto cinematografico, da attore americano, interessante, affascinante», ideale come presidente Usa protetto da un bodyguard «come Jason Statham».
Che è uguale identico a Clark Kent, che passa inosservato ma se vuole schizza nel cielo come Superman. Che ha una moglie «di origini aristocratiche e modi semplici» la quale un giorno, durante il G7 economico del 2017 a Bari, «accennò al ritornello di “Volare” di Modugno» ma tra gli applausi si schermì: «Non mi riprendete coi cellulari, mi raccomando. Mio marito ama molto la riservatezza». E poi che eccelleva nel basket tanto da venir premiato con «la retìna d’ Oro».
Che è un fondista provetto che nello jogging, accompagnato dal suo bracco ungherese, «trova un momento di evasione dagli impegni istituzionali» per pensare e «trovare soluzioni a problemi complessi» e insomma uno col «passo corto, lento e costante» così da correre la mezza maratona di Ostia arrivando nel 2005, cinquantottenne, al 4.131° posto «nell’ apprezzabile tempo di 1h55’53″». Ed eccolo «pastore» in giacca e cravatta nel presepio napoletano di San Gregorio Armeno.
Cliente con la moglie al supermercato nell’ atto di spingere il carrello senza l’ assistenza di uno schiavo nubiano. Amato al mercato rionale Pinciano dal pescivendolo Manuel fiero che lui gli abbia negato un selfie: «Sa, è molto riservato». Benedetto dalle suore Clarisse di Città della Pieve che lo vedono a messa e «pregano per lui»… Avanti così e, pur essendo mille miglia lontano dal Duce che ci teneva assai a mostrarsi mentre nuotava o cavalcava il suo destriero (che alla sua voce «nitriva in modo significativo»: testuale) lo stesso Draghi finirà forse per invidiare i tempi in cui Benito poteva arginare l’ eccesso di lodi mandando al troppo servile direttore della Gazzetta del Popolo telegrammi come questo: «Moderi atteggiamento ultra-demagogico della Gazzetta che facendo attendere miracoli finisce per sabotare l’ opera del governo».
(da “il Corriere della Sera”)
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