SALVINI, UN UOMO SOLO ALLO SBANDO: BUFERA SUL MINISTRO DOPO IL CAOS DEI TRENI, DA FDI E FORZA ITALIA NESSUNA MOSSA PER DIFENDERE IL VICEPREMIER DALLE ACCUSE DELL’OPPOSIZIONE
GLI ALLEATI GLI IMPUTANO “UNA CERTA DISTRAZIONE MINISTERIALE”, “I FASCICOLI INEVASI SONO TANTI”, E VANNO DALLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI AI PORTI… LE CONTESTAZIONI RIGUARDANO SOPRATTUTTO UNA “PERSONALIZZAZIONE” DEL MINISTERO DI CUI SI SCORGE TRACCIA ANCHE NELL’IMMINENTE TORNATA DI NOMINE AI VERTICI DI RFI CON LA SOSTITUZIONE DI STRISCIUGLIO CON L’AD DI ANAS ALDO ISI
«Se Milano brucia e Roma tace non è mai casuale». Matteo Salvini, ieri, è stato a lungo un uomo solo. Mentre lo Stivale è impazzito assieme alla linea elettrica della rete ferroviaria italiana, dal centrodestra non si è levata alcuna voce a suo sostegno. A fare da scudo al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dagli attacchi dell’opposizione e dalle rimostranze degli utenti bloccati nelle stazioni da ritardi lunghi ben oltre l’umana sopportazione, si è levata solo la voce delle truppe leghiste, adeguatamente sollecitata dal tam-tam delle chat del Carroccio.
Nell’ora più buia dal fronte alleato non è arrivato neanche un elmetto. Anzi. A sollecitare un po’ Fratelli d’Italia e forzisti, dietro le lenti da spettatori distaccati si scorge il cipiglio attento di chi sente l’odore del sangue. «In quel ministero non ci sono nostri esponenti» spiega a taccuini chiusi uno dei colonnelli meloniani, malignando sulla possibilità che non fosse poi «una circostanza così fortuita» la scelta della presidente del Consiglio di non riempire in fretta il seggio lasciato vacante dall’uscita dell’ex viceministro Galeazzo Bignami, ormai da un mese nominato capogruppo FdI alla Camera dei deputati.
Chi segue da vicino la partita per conto degli alleati gli imputa una «certa distrazione» ministeriale dettata dai tanti impegni politici. Conciliare l’attività da titolare dei Trasporti con quella da vicepremier e, soprattutto, da leader di un partito che pare sull’orlo della crisi di nervi non è un gioco da ragazzi.
«I fascicoli inevasi sono tanti» aggiunge un’altra fonte ai vertici della maggioranza, e vanno dalle concessioni autostradali alla riforma dei porti e del sistema autostradale. Nessuno, insomma, condivide il messaggio del Mit che «spiega i fatti delle ultime ore» come dovuti ad un’Italia «con una grave carenza di infrastrutture» motivata da «decenni di disinteresse, mancati investimenti e no ideologici».
Da FdI e Forza Italia non c’è possibilità che al Capitano sia calata una scialuppa per salvarlo dalle accuse dell’opposizione di aver «limitato un diritto costituzionale» o di essere troppo preso dal tentativo di sbarcare al Viminale. Neanche una più modesta ciambella. Si rimarca, al contrario, la sua indisponibilità a farsi aiutare. Le contestazioni riguardano soprattutto una supposta «personalizzazione» del Mit, di cui si scorgerebbe qualche traccia anche nell’imminente tornata di nomine
Tra gli azzurri, ad esempio, c’è chi legge «un’ammissione di colpa» nell’ormai annunciata sostituzione di Giuseppe Strisciuglio, attuale ad di Rfi. Alla società che gestisce le reti ferroviarie italiane – quella cioè a cui parrebbero ascrivibili le responsabilità dei fatti di ieri, come quelle del celebre chiodo che ha paralizzato il Paese a ottobre scorso – era arrivato a metà 2023, su indicazione precisa dello stesso Salvini. Salvo rimescolamenti dell’ultima ora, entro fine mese Strisciuglio saluterà per passare al vertice di Trenitalia, lasciando che a prendere le redini dell’azienda che gestisce una fetta molto ampia di Pnrr sia Aldo Isi, attuale amministratore delegato di Anas su indicazione draghiana.
È solo una piccola parte del risiko delle poltrone che andrà in scena a giorni, ma per i detrattori-alleati del Capitano è sintomo evidente del fatto che il leghista «non gode di buona salute», politica ovviamente.
«Chi cambia un ad di un’azienda pubblica quando c’è ancora così poco tempo per spendere i soldi del Pnrr?» ci si interroga anche a via della Scrofa, con la certezza che un passaggio di questo tipo provocherà «ulteriori ritardi» nella messa a terra del Recovery. Porta Pia, insomma, è quasi sotto assedio. Una sensazione che Salvini avverte da un po’, al punto da circondarsi di fedelissimi e “barricarsi”. Per dire, a luglio è approdato a Ferrovie Giuseppe Inchingolo, a lungo tra i burattinai della “Bestia” che fece grande il Capitano.
(da agenzie)
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