“SBANCA” ETRURIA: SPESE PAZZE DEI MANAGER ANCHE QUANDO ERA EVIDENTE IL RISCHIO DI FALLIRE
LA FINANZA IN SEDE A CIVITAVECCHIA PER INDAGARE SUL SUICIDIO DEL PENSIONATO
Non si badava a spese a Banca Etruria.
Stipendi, rimborsi, compensi ai consulenti, prestiti ai clienti a rischio. Anche quando era chiaro che si andava verso il dissesto dell’istituto di credito, un gruppo di manager ha sbancato Banca Etruria.
Elementi che emergono dalle ispezioni di Banca d’Italia e che stridono con quanto accaduto nelle ultime settimane: le proteste dei risparmiatori truffati per effetto del decreto salva-banche e il suicidio di Luigino D’Angelo, il pensionato che si è tolto la vita dopo aver perso tutto il suo capitale.
Il nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza sta effettuando una perquisizione nella sede di Civitavecchia di Banca Etruria proprio nell’ambito dell’inchiesta sulla morte del pensionato.
La Repubblica torna a scrivere sulla presenza di una struttura di comando parallela al Cda che teneva le redini della banca.
Si chiamava “Commissione consiliare informale” – e ne facevano parte, tra gli altri, il presidente Lorenzo Rosi e il vice presidente Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme – come emerge dalla terza ispezione di Bankitalia, svolta fra novembre 2014 e febbraio 2015.
“Banca Etruria è stata governata nell’ombra. Negli ultimi 4 anni, le mani di pochi hanno mosso le leve del comando, con la complicità colpevole di tutto il Consiglio di amministrazione”.
Il quotidiano del Gruppo Espresso cita la seconda ispezione di Banca d’Italia, svolta fra marzo e settembre 2013, alla base delle inchieste giudiziarie della Procura di Arezzo
“Le carte finora rimaste inedite della seconda ispezione di Bankitalia […] raccontano di riunioni durante le quali apparivano davanti agli occhi dei consiglieri documenti mai visti prima e che era proibito stampare. Di audit interni il cui esito mutava da negativo a parzialmente adeguato, senza motivo. Della gestione disastrosa della sicurezza informatica, tanto da mettere a rischio la privacy dei clienti. Di modelli di distribuzione del credito a maglie larghe, con esposizioni elevate su clienti pluriaffidati”.
Il Corriere della Sera dà notizia delle spese pazze del management di Banca Etruria.
“All’ex presidente Giuseppe Fornasari hanno pagato gli avvocati, nonostante il reato di cui era accusato fosse legato al dissesto dell’istituto. Ai manager che lasciavano l’incarico, hanno assegnato buonuscite da oltre un milione di euro.
C’è anche un caso legato al mancato taglio agli stipendi dei manager.
“Il 22 maggio 2014, diciotto giorni dopo la nomina, il consiglio di amministrazione approva una delibera che prevede una riduzione degli emolumenti pari al 32,5 per cento per il presidente Lorenzo Rosi e del 20 per cento per i due vicepresidenti Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi. Analizzando il bilancio dell’istituto, si scopre che tutti e tre prendono 180 mila euro, anche se la somma delle “voci” poi è diversa, ma è comunque su questa cifra che dovrebbe essere applicata la riduzione. Invece non accade nulla e anche questa è adesso materia di contestazione.
Secondo gli ispettori, questo dimostra infatti che non è stato rispettato “il dichiarato intento di voler rappresentare un punto di discontinuità nella vita aziendale».
Del resto agli stessi vertici viene anche addebitata “l’assenza di interventi idonei a ristabilire l’equilibrio reddituale del gruppo” e infatti “le misure potenzialmente idonee ad agevolare un riequilibrio economico – riduzione forza lavoro e di 410 unità e rimodulazione della presenza territoriale – sono state deliberate tardivamente, solo il 22 dicembre 2014 e il 9 gennaio 2015”.
Intanto “nel periodo 2013/2014 sono stati corrisposti compensi per 335 mila euro a dipendenti in quiescenza a fronte delle collaborazioni prestate”.
(da “Huffingtonpost”)
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