SBARCHI A RAFFICA, NUMERI MAI VISTI PRIMA A LAMPEDUSA: MA MELONI E PIANTEDOSI CHE ERANO ANDATI A FARE A TUNISI? A MANGIARE IL COUS COUS?
PARTENZE A RAFFICA DALLA TUNISIA: ALTRO CHE ACCORDI PER LIMITARE GLI ARRIVI, VI SIETE FATTI PRENDERE PER IL CULO… INVECE CHE DIMETTERSI PER LA VERGOGNA FANNO LA GUERRA ALLE ONG
Quasi tutti partono dalle coste tunisine. Il memorandum cui Giorgia Meloni ha lavorato a lungo con l’obiettivo di impegnare il presidente tunisino Kais Saied ad arginare le partenze dei migranti diretti in Italia non ha effetti pratici di alcun tipo.
Oltre 400 persone sbarcate a Lampedusa dalla mezzanotte all’alba di oggi, 1.826 in 63 sbarchi ieri, tra soccorsi in mare e diversi arrivi autonomi. Sono numeri record quelli di queste ore, mai registrati in precedenza.
Molti viaggiano su fragili barchini in ferro. All’hotspot di contrada Imbriacola ci sono, adesso, 4.121 persone presenti (tra cui centinaia di minori non accompagnati) e a causa della finestra di meteo favorevole con mare calmo che durerà ancora qualche giorno, si prevedono sbarchi, fra oggi e domani, per almeno altri duemila migranti. La Prefettura di Agrigento ha già disposto l’imbarco di 740 migranti sul traghetto di linea Galaxy che giungerà in serata a Porto Empedocle. Non solo soccorsi in mare. Ci sono anche arrivi direttamente sulla terraferma: 6 i gruppi che sono stati ritrovati e bloccati dai militari della tenenza della guardia di finanza e carabinieri. Una motovedetta della Capitaneria è intervenuta nei pressi della scogliera di Cala Galera dove c’erano 47 persone, avevano lasciato alla deriva il natante.
Ocean Viking verso Genova (nonostante il meteo in peggioramento)
Alla nave ong Ocean Viking, che ha a bordo centinaia persone soccorse in più operazioni, il Viminale ha assegnato il porto di sbarco di Genova, dall’altra parte d’Italia. Una piccola parte di migranti sarà sbarcata a Vibo. Poi il lungo viaggio verso nord. Ma c’è allerta meteo domenica lungo la costa tirrenica, come evidenziato per primo da Sergio Scandura di Radio Radicale. Perturbazione che Ocean Viking rischia di centrare “in pieno”. Una di quelle che le organizzazioni umanitarie hanno definito “rotte vessatorie”, accusando il governo italiano di voler tenere lontane le navi ong dalla rotta del Mediterraneo centrale, nonostante da settimane sia stata la Guardia costiera stessa a chiedere il supporto e a organizzare i soccorsi di varie imbarcazioni “civili”. Un cortocircuito ormai evidente. Sono le leggi internazionali a prevedere che i naufraghi vadano assicurati nel “luogo sicuro” più vicino. Tocca ribadirlo. Non porto ma “luogo” di garanzie per diritti e convenzioni. Tradotto: in questi casi, dovrebbero essere le coste siciliane o calabresi.
Secondo il diritto internazionale, un luogo sicuro per sbarcare dovrebbe essere assegnato “con la minima deviazione dal viaggio della nave” e dovrebbe essere fatto ogni sforzo “per ridurre al minimo il tempo delle persone soccorse a bordo della nave che presta assistenza”, vale a dire il prima possibile.
Le ong non decidono di “portare” ma decidono di “salvare” persone in mare in fuga dagli “orrori inimmaginabili della Libia” (definizione dell’Onu).
Salvarli è un dovere oltre che un obbligo, lo dimostra il fatto che la stragrande maggioranza dei salvataggi viene effettuata dalla guardia costiera italiana nel Mar Ionio e al largo di Lampedusa. Il ministro dell’Interno Piantedosi ritiene probabilmente che la nave umanitaria stessa sia un Place of Safety (POS, porto sicuro). Ma sembra una posizione fragile, perché per le convenzioni internazionali, POS è il luogo a terra più agevole da raggiungere ove si conclude il soccorso e lo sbarco va assicurato al più presto dallo Stato di quel luogo. Il tema è evidentemente politico.
I costi dei soccorsi sono giganteschi anche per navi come Geo Barents e la Ocean Viking, che sono espressione di Ong strutturate come Medici senza frontiere e Sos Mediterranée. I costi stellari del carburante necessario per coprire tratte così lunghe hanno di fatto già costretto molte navi di organizzazioni con meno fondi a fermarsi. La nave Aurora della ong Sea Watch, che nei giorni scorsi anziché dirigersi a Trapani che era stato indicato come porto sicuro ha attraccato a Lampedusa dove ha fatto sbarcare 72 migranti, è stata sottoposta a fermo amministrativo per 20 giorni.
Il decreto varato dall’esecutivo Meloni delinea un vero proprio “codice di condotta” per le navi ong: stop al trasbordo dei naufraghi (cioè quando una nave più piccola compie un soccorso e poi trasferisce su una nave più grande i naufraghi per continuare a operare altri soccorsi) e ostacoli, nei fatti, ai soccorsi multipli (a meno che non siano richiesti dalle autorità della zona Sar). C’è l’obbligo di chiedere il porto di sbarco all’Italia immediatamente dopo aver effettuato il primo salvataggio.
La collaborazione fra stato e ong di fatto è però indispensabile
La collaborazione fra stato e ong di fatto è però indispensabile per soccorrere barchini alla deriva in mare, ma viene sottaciuta e praticamente non commentata dalla maggioranza, in evidente imbarazzo sul tema. In un caso qualche tempo fa la Guardia costiera di Lampedusa ha finito il carburante per le sue motovedette e la Capitaneria di porto ha dovuto derogare al decreto Piantedosi, chiedendo alle navi della flotta umanitaria di aiutarla compiendo più salvataggi. Ricette facili per affrontare un fenomeno epocale come quello migratorio non esistono, e questi mesi estivi lo stanno mettendo in chiaro per l’ennesima volta.
“Quasi 10 ore di operazioni senza sosta – fanno sapere da Ocean Viking, nave di Sos Mediteranee – il team della Ocean Viking ha assistito diverse imbarcazioni e ha evacuato i sopravvissuti in coordinamento con la Guardia Costiera italiana tra Lampedusa e la Tunisia fin dalle prime ore del mattino”. La nave è “attualmente in navigazione verso Genova, il porto lontano assegnato dalle autorità italiane per lo sbarco dei superstiti”. Intanto sulla rotta Tunisia-Lampedusa i barchini continuano a viaggiare. E le condizioni meteo nei prossimi giorni peggioreranno.
(da agenzie)
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