SETTE EURO LORDE PER DIFENDERE LA LEGALITA’: LE RESPONSABILITA’ DEL GOVERNO NELLA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO A ROMA
IL CARABINIERE DEL BLINDATO IN FIAMME : “SENZA CASCO SAREI MORTO”… UN FUNZIONARIO DI POLIZIA DENUNCIA “TROPPO VECCHI PER CORRERE DIETRO A VENTENNI, L’ETA’ MEDIA E’ DI 48 ANNI”: LO STATO NON ASSUME NESSUNO…LA DENUNCIA: “E’ MANCATO IL SUPPORTO DELLA DIGOS DELLE ALTRE PROVINCE: IL GOVERNO NON SPENDE SOLDI PER PAGARE LE MISSIONI”
«Di manifestazioni ne ho fatte, ma non ho visto mai una cosa così».
A parlare è Fabio. T. , 31 anni, il carabiniere sfuggito dal suo blindato in piazza San Giovanni appena poco prima che i Black bloc lo dessero alle fiamme nell’assalto alle forze dell’ordine durante il corteo degli Indignati sabato a Roma.
Quelle immagini hanno fatto il giro del mondo e per molti minuti hanno lasciato con il fiato sospeso migliaia di persone che assistevano agli scontri, nella piazza o collegate via web o tv, e che temevano per la vita dell’uomo.
«Per fortuna avevo il casco, altrimenti sarei morto», ha aggiunto il carabiniere parlando con l’agenzia Ansa.
Il giorno dopo, Fabio si trova in un letto d’ospedale al Policlinico di Roma Umberto I. Ha uno zigomo tumefatto. Ed è ancora sotto choc, pur non essendo alle prime armi.
Non ha perso la testa nonostante fosse sotto attacco da ogni parte, sotto una pioggia di sampietrini, bastonate, spranghe. «A un certo punto sono riusciti a spaccarmi lo specchietto – racconta – Non riuscivo più ad andare nè avanti nè indietro».
I colpi gli hanno fratturato il naso e un osso del volto gli arrivano quando è ancora al volante della camionetta.
La portiera è ormai forzata, forse grazie ad una spranga. Nel blindato non ci sono armi: solo scudi e qualche sfollagente.
E allora il carabiniere Fabio decide di scendere, lascia il mezzo lì e scappa cercando di raggiungere gli altri suoi colleghi.
Non riesce a ricordare nitidamente quei momenti, di come sia sgusciato via in mezzo a Balck bloc che inneggiavano alla morte dei poliziotti e di come sia riuscito ad uscirne vivo: «Non lo so, non ricordo molto. Mi sono allontanato, sono scappato via».
Fabio se l’è cavata, oltre che con le fratture al naso e alla faccia (subirà un intervento otorinolaringoiatrico) solo con un ematoma alla coscia.
Ma nella giornata nera degli Indignati c’è anche un altro elemento da considerare.
Tra le forze dell’ordine in piazza a Roma sabato, c’erano anche agenti ultracinquantenni «a correre dietro a ventenni che attaccavano con raffinate tecniche di guerriglia».
A parlare con l’Ansa è un funzionario del Reparto Mobile, anche lui impegnato sabato per le strade della Capitale (e domenica sera a presidiare l’Olimpico per il derby romano).
«Sabato – racconta – un carabiniere è stato colto da infarto mentre correva. Arrivati ad una certa età è difficile passare ore a correre con addosso casco e maschera antigas».
Ho visto anche – racconta – carabinieri reduci dall’Afghanistan indietreggiare: abbiamo passato momenti difficili».
La giornata, continua, «si è conclusa purtroppo con pochi fermi ed arresti dopo ore di battaglia. Si poteva fare di più, ma un problema che pochi considerano è quello dell’invecchiamento degli agenti. Nel mio reparto ieri il più giovane aveva 47 anni ed è durissima fare lunghe corse per cinque ore con addosso casco, scudo e maschera antigas, mentre si fronteggiano diciottenni che hanno ben altra prestanza fisica. Non dimentichiamo che sabato un carabiniere è stato colto da infarto mentre correva».
Sulla strada, nei servizi di ordine pubblico, sottolinea, «devono starci i giovani, che hanno il fisico ed anche l’entusiasmo. Io capisco che un padre di famiglia, con figli a casa, ci pensi non due, ma dieci volte, prima di lanciarsi con impeto contro chi ti scaglia addosso mazzette di cinque chili. E non dimentichiamo che percepiamo sette euro lorde per rischiare la vita in questo servizio».
Servirebbe, ha aggiunto, «un ricambio generazionale, ma l’età media dei poliziotti continua ad alzarsi (ora è di 48 anni), visto che non si assume e si va in pensione sempre più tardi».
L’agente passa poi a descrivere la giornata.
Le avvisaglie degli scontri, spiega, «c’erano: fin dall’inizio abbiamo visto nel corteo frange di malintenzionati col volto travisato, scudi e corpi contundenti. Li tenevamo sotto controllo fin da quando sono arrivati dalla metropolitana, ma si sono nascosti tra la folla pacifica. Uscivano continuamente per attacchi a negozi, banche ed auto per poi tornare nel corteo».
Ciò, osserva, «ha reso difficile il nostro intervento perchè catturare queste persone avrebbe comportato il rischio di colpire la folla».
Rispetto ad un’altra giornata nera, quella dello scorso 14 dicembre, prosegue il funzionario, «i violenti hanno ulteriormente affinato le loro tecniche di guerriglia, avvicinandosi alle forze dell’ordine, filmandole e chiamando poi sul cellulare i loro compagni per segnalare i punti deboli. E lì hanno colpito, dopo il Colosseo ed in via Labicana, dove i nuclei erano meno numerosi perchè il grosso stava presidiando le zone istituzionali».
L’intento preciso dei ‘nerì, secondo l’uomo, «era quello di dividerci per aggredirci. Noi dovevamo quindi non rispondere alle provocazioni e rimanere compatti».
Il problema, considera l’agente, «è che occorrerebbe fermare i violenti prima che entrino nel corteo. Per farlo bisognerebbe capire chi sono e da dove vengono e ieri, contrariamente a quanto avvenuto in altre occasioni, non avevamo il supporto delle Digos delle altre province di provenienza dei manifestanti perchè non ci sono soldi per pagare le missioni».
(da “Il Corriere della Sera”)
Leave a Reply