SOLO IN ITALIA I FUNERALI DEL BOSS DIVENTANO UNO STUDIO DI CINECITTA’: MA QUESTORE E PREFETTO DOV’ERANO?
DURANTE LA CERIMONIA FUNEBRE PER VITTORIO CASAMONICA SFOGGIO DI CAVALLI, ROLLS-ROYCE, ELICOTTERO E MUSICA DEL PADRINO, MA NESSUNO SAPEVA NULLA
Sei cavalli neri che trainano una carrozza antica, una folla di gente che accompagna la bara e la banda musicale che intona il celebre motivo di Nino Rota, indimenticabile colonna sonora del Padrino di Francis Ford Coppola.
Questo però non è un film e non è nemmeno un funerale di un mammasantissima nella Sicilia degli anni ’50.
Siamo a Roma, nella chiesa Don Bosco, ed è qui che familiari e amici si sono radunati per dare ultimo saluto a Vittorio Casamonica , uno dei boss principali del clan che porta il suo nome.
“Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso” recita un manifesto all’entrata della chiesa.
Il suo volto in primissimo piano, vestito di bianco e con il crocifisso al collo, il Colosseo e la Cupola di San Pietro sullo sfondo, e la scritta “Re di Roma” a caratteri scatolati per omaggiare un pezzo da Novanta del clan che nella Capitale gestisce il racket delle estorsioni e dell’usura nella periferia sud est di Roma.
Un funerale in cui la parola d’ordine sembra essere una sola: mettere in scena tutto lo sfarzo possibile.
E infatti il feretro del boss Casamonica viene trascinato dalla carrozza per le strade della capitale, quasi fosse un capo di Stato, mentre un elicottero lancia petali rossi sulla folla di presenti, che applaude e lancia grida di commiato verso la bara del defunto.
Che alla fine viene caricato su una Rolls-Royce, come uno di quei ricevimenti funebri italo americani resi celebri da Hollywood, mentre la banda musicale suona la colonna sonora di un altro celebre film: “2001 Odissea nello spazio”.
Coinvolto nell’inchiesta su Mafia capitale, indicato come uno dei quattro clan che regnano su Roma dall’inchiesta del settimanale Espresso (e in seguito alla quale sono arrivate pesanti minacce al giornalista Lirio Abbate) il clan dei Casamonica è composto da famiglie sinti, etnia nomade ormai presente da decenni in Italia, originario dall’Abruzzo.
Poi, negli Settanta si trasferiscono a Roma dove iniziano a specializzarsi nel racket e nell’usura nella periferie sudest della Capitale.
Negli anni Novanta fanno il salto di qualità , s’inseriscono nel mercato degli stupefacenti, prendono il sopravvento nella zona tra Anagnina e Tuscolano, si alleano con i clan dei Castelli, con alcuni affiliati alla ‘Ndrangheta dei Piromalli e Molè, con uomini della Banda della Magliana.
Ed è proprio con la Banda che inizia il suo cursus honorum Vittorio Casamonica negli anni ’70: risultava l’addetto al recupero dei crediti, aveva rapporti con Enrico Nicoletti, il cassiere di De Pedis e soci, e negli anni ’80 viene accusato di decine di sequestri di persona (in seguito verrà assolto).
Poi negli anni duemila il clan viene preso di mira dalle indagini della magistratura: decine di arresti tra il 2004 e e l’operazione Mondo di Mezzo, sequestri patrimoniali da decine di milioni.
Uno coinvolge anche lui: in casa gli trovano vasi archeologici provenienti chissà da dove.
Come dire che il lusso sfarzoso a Vittorio Casamonica è sempre piaciuto: e adesso che se ne è andato, ha voluto ricordare a tutti di quello di cui era capace.
Un addio tra sfarzo e lacrime di familiari e amici, macchine di lusso e cavalli neri, petali di rosa ed elicotteri: quasi fosse un principe. Anzi un re: il Re di Roma.
La vicenda ha scatenato ovviamente la polemica politica: come è possibile che la capitale diventi un set cinematografico per omaggiare un boss?
“Mai più – ha scritto in un tweet Orfini-. Roma non può essere sfregiata da chi la vorrebbe far diventare un set del Padrino”.
E il capogruppo alla Camera di Sel Arturo Scotto e la deputata Celeste Costantino presenteranno “un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Angelino Alfano”: “Sono scene che sembrano prese da un film ma che accadono oggi nella realtà viva della Capitale del nostro Paese. Non può essere consentita a nessuno l’apologia della malavita. Quei funerali possono apparire un fenomeno di folclore, ma in realtà sono un messaggio chiaro di impunità da parte dei clan: esistiamo ancora e siamo potenti. Inaccettabile – concludono Scotto e la Costantino – in uno stato democratico”. Pure il Pd Stefano Pedica prepara un’interrogazione.
Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, giudica, in una nota, allarmante che il funerale del boss si sia trasformato “in una ostentazione di potere mafioso”: “Quanto avvenuto oggi a Roma non è francamente accettabile”. “Preoccupa – aggiunge la Bindi – il clima di consenso che ha accompagnato una simile messa in scena, che dovrebbe fugare ogni dubbio sull’esistenza della mafia nella Capitale e raddoppiare l’impegno delle istituzioni a contrastarne la forza e la capacità di inquinare ampi settori della società e della pubblica amministrazione”.
Il funerale del boss Vittorio Casamonica “è un episodio che non va sottovalutato, ma neanche amplificato. Resta il fatto che saranno compiuti degli accertamenti. In base all’esito sarà presa una decisione”, ha affermato il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, che ha tenuto a precisare che la prefettura non aveva avuto “notizia di una iniziativa tale”.
Il vicesindaco Causi a dar voce allo sdegno del Campidoglio: “Una offesa alla città . Le immagini del funerale di stamattina non dimostrano dolore e cordoglio, piuttosto rappresentano il tentativo di esibire simboli di potenza, arroganza e intimidazione tipici della cultura mafiosa.”.
Drastico don Luigi Ciotti, presidente di Libera: “Grave è l’evidente strumentalizzazione di un rito religioso per rafforzare prestigio e posizioni di potere. Sappiamo che le mafie non hanno mai mancato di ostentare una religiosità di facciata, “foglia di fico” delle loro imprese criminali”.
Il parrocco della chiesa ha chiarito di non essere stato informato sul tenore delle celebrazioni: “In chiesa hanno tenuto un comportamento impeccabile, tutto il resto è accaduto fuori”.
Resta il fatto che la Prefettura ha permesso che un elicottero sorvolasse il centro di Roma pr gettare petali sulla piazza, senza che nessuno verificasse il motivo del volo, che venissero affissi striscioni inneggianti al boss senza che alcuno ne contestasse la liceità , che una banda musicale intonasse le note de “il Padrino” con evidente riferimento all’attività del defunto.
Perchè se all’interno della Chiesa tutto si è svolto secondo le regole, fuori non è stato così: che ci stanno a fare le forze dell’ordine? O vogliono farci credere che non sapevano chi era il trapassato a miglior vita?
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