VARIANTE DELTA, AEROPORTI COLABRODO
NESSUN CONTROLLO A FIUMICINO E MALPENSA… TIFOSI UCRAINI A ROMA CON DOCUMENTI FALSI
“Controlli all’arrivo? Ma non scherziamo, in aeroporto non ce n’era neanche l’ombra…”. Barbara Gallucci, nota giornalista di viaggi, è da poco rientrata a Milano dopo due settimane trascorse alle Isole Azzorre.
È atterrata domenica notte a Malpensa, con un volo Tap da Lisbona. Una trasferta che si è conclusa senza nessun accertamento sanitario nello scalo lombardo.
“Quando sono partita – racconta –, ho dovuto fare un tampone prima di imbarcarmi e un altro appena arrivata alle Azzorre: un test molecolare gratuito, tra l’altro, non come in Italia dove lo paghi. Ma lì sono seri, sono consapevoli del pericolo e ti tracciano in ogni movimento che fai. Poi ho dovuto farne un altro prima di imbarcarmi due giorni fa per l’Italia e uno all’aeroporto di Lisbona. Ed ero preoccupata perché non avevo ancora il Green pass”.
Preoccupazioni che si sono poi rivelate del tutto inutili: “Quando siamo atterrati a mezzanotte e mezza di domenica – prosegue Gallucci – nessuno ha chiesto niente né a me, né a quelli che viaggiavano con me”.
Non solo. Contemporaneamente al volo da Lisbona, all’aeroporto Malpensa ne è atterrato anche uno da Ibiza. E anche in questo caso nessuno è stato controllato, nonostante la Spagna sia uno dei Paesi da bollino rosso, in quanto esposto a una crescita dei contagi.
L’estate italiana, iniziata sotto l’egida del Green pass, che permette di spostarsi nei Paesi Ue e dell’area Schengen, avrebbe dovuto essere a prova di sicurezza. E invece il sistema di sorveglianza negli aeroporti sembra avere più di una falla.
C’è persino chi, negli ultimi giorni, è ricorso indisturbato a false documentazioni. Proprio come hanno fatto centinaia di tifosi ucraini venuti in Italia per assistere al quarto di finale di Euro2020 Ucraina-Inghilterra in programma a Roma sabato scorso. “Conosco decine di ucraini che si sono fatti fare finte attestazioni di appuntamenti di lavoro oppure certificati medici assai discutibili: tutti documenti mostrati al check in a Kiev per evitare la quarantena obbligatoria in Italia”, racconta F. B., che una settimana fa è atterrato a Orio al Serio, proveniente da Barcellona: anche per lui nessun controllo.
Così come nessuno ha verificato che i documenti in mano ai tifosi ucraini atterrati a Roma, Milano, Catania, fossero certificazioni autentiche.
Questo nonostante l’Ucraina sia un Paese inserito in “lista E”, cioè uno di quelli dove il Green pass non esiste. “Io viaggio molto per lavoro – spiega F. B. – e posso tranquillamente testimoniare che è sufficiente imbarcarsi in un Paese dell’Ue per non subire verifiche. Per esempio all’aeroporto di Amsterdam passano tutti senza problemi. Del resto, se faccio il check in online, chi mi controlla la documentazione alla partenza? Nessuno”.
Il fatto è che tutto questo accade mentre si sta invertendo la tendenza alla diminuzione dei contagi, secondo le ultime tabelle previsionali dell’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie: nell’ultima settimana i casi di Covid-19 sono aumentati più del previsto e anche in modo vistoso in vari Stati. Così è stato in Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Sono cresciuti anche in Italia
Secondo le stime dell’Ecdc tra il 26 giugno e il 3 luglio nel nostro Paese avrebbero dovuto esserci 3.909 casi, invece ce ne sono stati 5.222. In Spagna ne sono stati registrati oltre il doppio di quelli previsti: 51.405 contro 21.743. il doppio anche in Belgio, dove si è arrivati a più di quattromila e ne erano stimati 1.960. Tutto mentre incombe la variante Delta.
Ma come può accadere che il sistema di controllo non funzioni?
Il compito di verificare che i passeggeri siano in possesso di tutte le certificazioni anti-Covid necessarie spetta alle compagnie aeree. Devono cioè accertarsi che i passeggeri siano in possesso del Green pass se sono cittadini Ue o dell’area Schengen ai quali è già stato somministrato il vaccino.
Oppure che si siano sottoposti a tampone molecolare o a test antigenico rapido (risultato ovviamente negativo), o ancora che siano guariti dalla malattia.
Poi ci sono i controlli affidati all’Usmaf, vale a dire l’ufficio di sanità marittima, aeroportuale e di frontiera, la struttura che dovrebbe controllare chi sbarca.
“Ma fare le verifiche su tutti è impossibile – dicono al ministero dell’Interno –, significherebbe bloccare completamente il turismo e l’economia. I controlli sono necessariamente a campione e si concentrano soprattutto sui voli provenienti da Stati dove la situazione pandemica è maggiormente grave, come Sudafrica, India, Pakistan, per fare qualche esempio”.
Chi arriva da Israele, ma anche dal Giappone, dagli Stati Uniti, dal Canada, di fatto beneficia delle stesse condizioni assicurate ai cittadini Ue. Poi ci sono i britannici e gli irlandesi del nord, per i quali vige la misura della quarantena per 5 giorni con obbligo di tampone. Isolamento fiduciario e poi successivo tampone anche per chi arriva dalla Russia. E così tutto dovrebbe filare liscio. Ma questo avviene solo in teoria.
Al Fatto sono arrivate almeno dieci segnalazioni di persone che, tornate da mete europee e sbarcate a Fiumicino, non sono state sottoposte a controlli né per quanto riguarda il Green pass né per il tampone effettuato entro le 48 ore precedenti alla partenza.
La Regione Lazio dice, ovviamente, che non si occupa di controllo documentale: il suo compito era quello di confermare il servizio di tamponi nel parcheggio dell’area C dell’aeroporto di Fiumicino, e lo ha fatto.
Poi scarica sulla società di gestione dello scalo, Adr (Aeroporti di Roma), che a sua volta scarica sulle compagnie aeree, sulle quali pende la responsabilità.
Qui entra in gioco l’Usmaf. E quello di Fiumicino conferma: “Noi facciamo controlli a campione su chi sbarca. In alcuni casi abbiamo verificato che i documenti non erano a norma e l’abbiamo segnalato alla polizia, che ha multato la compagnia”.
Che il sistema non funzioni a dovere lo dimostra anche quanto accaduto a due colleghe del Fatto. Entrambe sono appena rientrate dalla Spagna.
Margarida Ciconte è andata a Madrid, dopo aver fatto la prima dose di vaccino. In Italia, prima di partire, si è sottoposta a un tampone rapido. La stessa cosa ha fatto in Spagna per rientrare a Roma. “All’aeroporto di Madrid, quando sono arrivata – racconta –, sono stata sottoposta a tutti i regolari accertamenti. A Roma Fiumicino, invece, nessuno ha controllato che fosse tutto a posto, né durante l’imbarco né al ritorno, quando sono atterrata”.
Più o meno stessa storia per Wanda Marra, partita con il Green pass alla volta di Ibiza, dopo aver completato il ciclo vaccinale. In questo caso il filtro all’andata c’è stato: gli operatori della compagnia addetti alle operazioni di imbarco le hanno chiesto la certificazione. Poi più nulla. “Al ritorno non sono stata più controllata, né allo scalo di Ibiza né a Fiumicino”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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