“BRUNO E VIOLANTE NOâ€: IL PATTO RENZUSCONI NON TIENE
I CANDIDATI SCELTI DAL PREMIER E DA BERLUSCONI NON ARRIVANO AL QUORUM… IL PRIMO SI FERMA A 529 VOTI, IL SECONDO A 530… ASSENZE IN ENTRAMBI GLI SCHIERAMENTI
Donato Bruno, insaccato dentro un ampio doppiopetto blu berlusconiano, fende per l’ennesima volta il Transatlantico, apre la porta-finestra che dà sul cortile di Montecitorio, scende pochi gradini e si accende la decima sigaretta in meno di un’ora.
Quanto fuma, Bruno. L’avvocato pugliese che vuole diventare giudice costituzionale è in ansia ma ai cronisti dice: “Sono sereno”.
Usa l’aggettivo più sfigato nell’era renziana.
Accanto a lui, c’è Nitto Palma, ex guardasigilli, tabagista come Bruno.
Sono due previtiani di acciaio, “Nicola” e “Nitto”. Nel giro di un fine settimana, Bruno da alfiere della ribellione di Forza Italia contro B. (che voleva il giannilettiano Catricalà ) è diventato uno dei due simboli del patto renzusconiano sulla Consulta.
Un giudice al Pd, l’altro al partito del Pregiudicato. Ma la fumata è ancora nera, nera, nera.
E sono dieci senza risultati La decima votazione per eleggere i due nuovi componenti della Corte costituzionale inizia alle quindici.
Nel Pd, resiste la candidatura di Luciano Violante, dalemiano nonchè uomo del Colle. Ma per la coppia Violante-Bruno è da subito brutto tempo. Le previsioni negative si sprecano.
I berlusconiani fedeli a Denis Verdini, lo sherpa dell’accordo del Nazareno,vanno in giro a rassicurare i colleghi democratici.
Mostrano un sms sul telefonino. “Vedete, non è vero che stiamo votando solo Bruno, le indicazioni sono per tutti e due, per lui e Violante”.
Segue declamazione del messaggino. Allo stesso tempo, nell’emiciclo della Camera, il fiore renziano delle riforme, Maria Elena Boschi, accarezza e massaggia la schiena del previtiano.
Il ministro bissa il bacio quasi carnale con il già citato Verdini al Senato, quando è stata approvata in prima lettura la distruzione della nostra Carta.
Berlusconiani e renziani si baciano, si accarezzano, si parlano, ridono insieme ma sulla Consulta non ce la fanno.
Bocciato Bruno, bocciato Violante. Il previtiano raccoglie 529 voti, il dalemiano uno in più, 530.
Sulla nuova faccia oscura dell’intesa Bierre (copyright Formica) si sfogano tutti i mal di pancia contro l’inciucio tra il Pregiudicato e lo Spregiudicato.
I più forti sono dentro Forza Italia. Ed è quasi un paradosso. Il ribelle Bruno si è trasfigurato nel candidato istituzionale ma non ce la fa. Sulla carta, democrat e azzurri assommano ben 553 tra senatori e deputati. Il quorum è di 570.
Con i 110 centristi circa (alfaniani, casiniani, ex montiani), si dovrebbe volare. Non è così.
La settimana scorsa, Violante venne falcidiato dalla faida interna forzista e si fermò a 468, mentre Bruno sfondò con 120 voti bruciando per sempre il nome di Catricalà .
Adesso la colpa, dicono, è degli assenti. Votano in 802. Gli azzurri che mancano sono una quindicina. Fatti altri calcoli complicati, viene fuori che i malpancisti di destra sono almeno una quarantina, compresi i dissidenti dell’ex governatore pugliese Raffaele Fitto.
Obiettivo Nazareno
Il vero obiettivo dei ribelli è il patto del Nazareno nelle sue varie forme. La più indigesta è quella con la chioma leonina e argentata di Verdini.
L’accordo gli ha dato un potere immenso e in fondo, raccontano, la paternità del fallimento di Catricalà è sua. Doppio gioco, che sarebbe stato completato, raccontano sempre, se il Pd avesse giubilato definitivamente Violante.
Un trappolone ordito, in pratica, da due toscani, lui e “Matteo”. Violante, però, per il momento non desiste, nonostante tre bocciature. Qualcuno lo chiama “accanimento terapeutico”.
Oggi si riprenderà alle 18 e i renzusconiani stavolta confidano nel superamento del quorum.
Se i due dovessero farcela contribuirebbero ad alzare il tasso di politicizzazione della Consulta. Non era mai accaduto sinora. Violante, Bruno e il già nominato (dal Colle) Giuliano Amato, ex craxiano.
Tenendo presente i due giudici che scadono a novembre in quota Napolitano, il tasso potrebbe aumentare ancora.
È la via renzusconiana per uscire nel modo peggiore, e con la benedizione del Quirinale, dal ventennio di guerra tra politica e magistratura. Non solo.
Prove generali per il Quirinale?
Una frase di Renato Brunetta, capogruppo azzurro alla Camera, sembra profetica: “Con 530 voti non si cambia candidato, con questi numeri si elegge il presidente della Repubblica”.
Nel garbuglio di ipotesi per il 2015, propedeutica all’eventuale voto politico potrebbe essere l’annunciata successione di Napolitano.
Oggi a Roma tornerà anche il Condannato. Da giorni, più fonti riferiscono di un nuovo incontro tra B. e il premier. Con la vicenda Violante da un lato, con quella Catricalà -Bruno dall’altro, per la prima volta il loro sarà un vertice che somma due debolezze.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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