Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
SAMARAS, IL LEADER DI NEA DIMOKRATIA: “GOVERNO AL PIU’ PRESTO, RISPETTEREMO GLI IMPEGNI”… BATTUTA LA SINISTRA RADICALE DI SYRIZA
“Oggi i greci hanno scelto di restare legati all’Europa. Questa è una vittoria per tutta l’Europa”. Così il leader di Nea Dimokratia, Antonis Samaras, ha commentato la vittoria nelle elezioni legislative davanti a giornalisti di mezzo mondo radunati nel centro stampa di Atene.
Il leader dei conservatori “pro euro” ha aggiunto che Nea Dimokratia ha intenzione di formare “prima possibile” un governo.
“Sono sollevato – ha detto Samaras – per la Grecia e per l’Europa. Appena possibile formare un governo”. “Chiedo a tutti i partiti che hanno lo stesso obiettivo, tenere la Grecia in Europa, di unirsi per formare un governo solido – ha aggiunto Samaras -. Rispetteremo le nostre firme e gli impegni presi dalla Grecia e lavoreremo per far uscire il Paese dalla crisi. Non si mette in alcun dubbio l’appartenenza della Grecia all’Europa”.
Quando è stato scrutinato oltre il 50% dei seggi, Nea Dimokratia è oltre il 30,35%, mentre Syriza è poco oltre il 26%, terzo il Pasok con il 12,65%.
A seguire i Greci Indipendenti 7,45 %, Alba Dorata 6,95%, Sinistra democratica 6,05%, partito comunista Kke 4,46%.
Vincendo le elezioni, i conservatori ottengono i 50 seggi del premio di maggioranza.
Al momento, Nea Dimokratia avrebbe 130 seggi, Syriza 70 e il Pasok 34. Conservatori e socialisti, insieme, avrebbero dunque la maggioranza dei seggi sui 300 disponibili in Parlamento.
Superato dalla sinistra radicale di Syriza e punito dagli elettori, il Pasok di Evangelos Venizelos diventa comunque decisivo per assicurare una maggioranza in Parlamento.
Il leader dei socialisti ha annunciato di essere favorevole a un governo di coalizione insieme a Nea Dimokratia, spingendosi anche oltre, alla proposta di un governo di “corresponsabilità ” sostenuto da quattro partiti: Pasok, Nea Dimokratia, Syriza e il piccolo Dimar, la sinistra democratica.
Ma Syriza, che avrebbe voluto ridiscutere da zero le misure fissate dalla Trojika, pur ammettendo la sconfitta, non entrerà nel governo guidato da Nea Dimokratia.
Lo ha affermato il leader Alexis Tsipras che ha chiamato al telefono Samaras per congratularsi subito dopo i primi risultati del voto, come ha reso noto il suo portavoce, Panos Skourletis.
“Il risultato elettorale odierno è un successo per noi perchè abbiamo avuto contro forze interne ed esterne alla Grecia, quindi ne siamo orgogliosi – il commento di Tsipras -. Syriza è un partito che si batte contro il memorandum. Comunque, parlando al tefono con Antonis Samaras, gli ho detto che in base ai risultati odierni egli è libero di formare il governo che riterrà più opportuno per il Paese. Noi saremo presenti come opposizione. E siamo anche sicuri che la validità e la giustizia delle nostre posizioni sarà confermata dai futuri sviluppi. Lunedì ad ogni modo tutto cambierà e per la Grecia sarà un nuovo giorno”.
Dora Bakoyannis, dirigente di Nea Dimokratia, ex ministro degli esteri ed ex sindaco di Atene, ha rivendicato dopo le prime proiezioni la vittoria del suo partito.
Lo hanno riferito radio di Atene. “Siamo il primo partito – ha detto la Bakoyannis – è venuta l’ora di formare un governo di unione nazionale per uscire dalla crisi”.
Dall’esito di questo voto dipendeva non solo il futuro del Paese ma anche le prossime mosse dell’Eurozona. I greci erano chiamati a scegliere tra “il rispetto degli impegni” , come ha detto ieri il cancelliere tedesco Angela Merkel, o la rinegoziazione dei termini del prestito di salvataggio che ha comportato l’imposizione di severe misure d’austerità .
Le elezioni sono state convocate dopo il fallimento del voto del 6 maggio, che non ha garantito a nessun partito una maggioranza sufficiente per formare il governo.
In quell’occasione l’astensione era stata altissima: non aveva votato 40% degli aventi diritto.
In base ai dati del ministero dell’Interno di Atene, nella tornata odierna ha votato il 60,34% degli aventi diritto, quindi ancora alto l’astensionismo.
Gli aventi diritto sono quasi 10 milioni, su una popolazione di circa 11 milioni
(da “La Repubblica“)
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
SECONDO LE PRIME STIME, I SOCIALISTI OTTERREBBERO TRA I 312 E I 326 SEGGI, UMP E NC TRA I 212 E 234 SEGGI, IL FRONT NATIONAL 2 SEGGI… FUORI A SORPRESA LA EX MOGLIE DI HOLLAND E LA LEADER DELL’ESTREMA DESTRA
Si profila una vittoria netta per il partito socialista francese nel secondo turno delle elezioni legislative francesi.
Il partito del presidente Hollande avrebbe ottenuto la maggioranza assoluta: tra i 312 e i 326 seggi contro i 289 minimi.
Sono le prime stime del secondo turno fornite dagli istituti Sofres e Csa. L’Ump e Nc avrebbero ottenuto tra 212 e 234 seggi e il Fronte nazionale entrerebbe in Parlamento per la prima volta dagli anni ’90 con due seggi. Scongiurato dunque il pericolo di una “coabitazione” tra Parlamento ed Eliseo.
L’affluenza risulta in lieve aumento rispetto a una settimana fa: 21,4 per cento contro il 21 di domenica scorsa.
Gli occhi erano puntati su La Rochelle dove la ex candidata socialista alle presidenziali, Sègolène Royal – ex compagna di Hollande – è stata battuta dal dissidente del Ps, Olivier Falorni appoggiato dalla première dame, Valerie Trierweiler, con un tweet che aveva scatenato mille polemiche.
Prima ancora che l’esito fosse ufficiale, la Royal ha ammesso la sconfitta con una dichiarazione pesante: “Mi dispiace di non poter dare loro una bella vittoria che sarebbe stata possibile se non avessimo avuto un candidato dissidente – ha detto – il risultato di questa sera è il risultato di un tradimento politico”.
Quanto al famoso tweet, Sègolène si toglie un “sassolino”: “Penso che non abbia facilitato le cose, potrei dire pudicamente”.
Il secondo caso sotto osservazione è il successo del Fronte nazionale.
Il Fn dovrebbe mandare in parlamento due deputati, ma è comunque un risultato dato che il sistema maggioritario a doppio turno penalizza fortemente i partiti minori.
A sorpresa, però, Marine Le Pen resta fuori.
La leader del Fonte nazionale è stata battuta ad Henin Beaumont dal candidato socialista Philippe Kemel.
La differenza tra i due sarebbe di pochi voti e lo staff della Le Pen ha annunciato che potrebbe chiedere il riconteggio. I due neoparlamentari sarebbero la nipote di Marine Le Pen, Marion Marèchal-Le Pen, eletta a Carpentras, che a 24 anni sarebbe la più giovane deputata del parlamento; e Gilbert Collard, candidato del ‘Rassemblement bleu marine’, eletto al secondo turno nella circoscrizione di Gard.
E intanto la stampa anticipa le strategie future del nuovo presidente francese. Francois Hollande ha un’arma segreta per superare la crisi: un ‘Patto per la crescita in Europa’ da 120 miliardi di euro il cui testo di 11 pagine ha inviato giovedi ai leader europei – tra cui Mario Monti – e che calerà sul piatto del vertice Ue del 28 e 29 giugno a Bruxelles.
Si tratta, scrive ‘Le Journal du Dimanche’, che ne ha ottenuto una copia, di una serie di misure per la crescita “ad effetto immediato”.
Il presidente ha ipotizzato di rilanciare l’economia Ue tramite alcuni “grandi cantieri”, dal digitale alle fonti energetiche rinnovabili.
“Alcune misure di crecita ad effetto rapido, nella misura di 120 miliardi di euro, dovrebbero essere decise dal Consiglio europeo di giugno”, scrive Hollande, e “dovrebbero essere sviluppate entro la fine dell’anno con la creazione, in particolare, di una tassa sulle transazioni finanziarie e accompagnate da misure in favore dell’occupazione, soprattutto in favore dei giovani”.
I 120 miliardi proverrebbero da tre fonti: i fondi europei strutturali dell’Ue, per 55 miliardi, dalla Banca europea degli investimenti altri 60 miliardi, 4,5 miliardi infine grazie ai “project bonds”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
DOVEVANO ESSERE IMPIEGATI NELLA RICOSTRUZIONE DEI LUOGHI COLPITI DAL SISMA, MA I CINQUE MILIONI DI EURO SONO ANCORA FERMI NEI FORZIERI DELLE BANCHE
Gira e rigira, sono finiti alle banche i 5 milioni di euro arrivati via sms dopo il terremoto dell’Aquila sotto forma di donazione.
E la loro gestione è stata quella prevista da qualsiasi rapporto bancario: non è bastata la condizione di “terremotato” per ricevere un prestito con cui rimettere in piedi casa o riprendere un’attività commerciale distrutta dal sisma.
Per ottenerlo occorreva — occorre ancora oggi — soddisfare anche criteri di “solvibilità ”, come ogni prestito.
Criteri che, se giudicati abbastanza solidi, hanno consentito l’accesso al credito, da restituire con annessi interessi.
I presunti insolvibili sono rimasti solo terremotati.
Anche se quei soldi erano stati donati a loro.
Il metodo Bertolaso comprendeva anche questo. È accaduto in Abruzzo, appunto, all’indomani del sisma del 2009.
Mentre Silvio Berlusconi prometteva casette e “new town”, l’ex numero uno della Protezione civile aveva già deciso che i soldi arrivati attraverso i messaggini dal cellulare non sarebbero stati destinati a chi aveva subito danni, ma a un consorzio finanziario di Padova, l’Etimos, che avrebbe poi usato i fondi per garantire le banche qualora i terremotati avessero chiesto piccoli prestiti.
E così è stato.
Le donazioni sono confluite in un fondo di garanzia bloccato per 9 anni.
Un fondo che dalla Protezione civile, due mesi fa, è stato trasferito alla ragioneria dello Stato. La quale, a sua volta, lo girerà alla Regione Abruzzo.
E di quei 5 milioni i terremotati non hanno visto neanche uno spicciolo.
Qualcuno ha ottenuto prestiti grazie a quel fondo utilizzato come garanzia, ma ha pagato fior di interessi e continuerà a pagarne. Altri il credito se lo sono visto rifiutare.
L’emergenza
Bertolaso, allora, aveva pieni poteri. Come capo della Protezione civile, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma soprattutto nella veste di uomo di fiducia del premier Silvio Berlusconi.
I primi soldi che Bertolaso si trovò a gestire furono proprio i quasi 5 milioni donati dagli italiani con un semplice messaggio del cellulare.
Ma lui, “moderno” nella sua concezione di Protezione civile, decise che i milioni arrivati da tutta la penisola sarebbero stati destinati al post emergenza e alle banche, non all’emergenza.
Questo aspetto non venne specificato al momento della raccolta, ma Bertolaso avevailpoteredidecidere a prescindere.
Spedì poi un suo emissario alla Etimos di Padova, consorzio finanziario specializzato nel microcredito, che raccoglie al suo interno, attraverso una fondazione, molti soggetti di tutti i colori, da Caritas a Unipol.
I numeri
Quello che è successo in questi 3 anni è molto trasparente, al contrario della richiesta di donazione via sms che non precisò a nessuno dove sarebbero finiti i soldi.
Nemmeno a un ente, la Regione Abruzzo che, paradossalmente, domani potrebbe usare quei soldi per elicotteri o auto blu.
La Etimos, accusata nei giorni scorsi su alcuni blog di aver gestito direttamente il patrimonio, ci ha sì guadagnato, ma non fatica ad ammettere come sono stati usati i soldi: dei 5 milioni di fondi pubblici messi a disposizione del progetto dal dipartimento della Protezione civile, 470 mila euro sono stati destinati alle spese di start-up e di gestione del progetto, per un periodo di almeno 9 anni; 4 milioni e 530 mila euro invece la cifra utilizzata come fondo patrimoniale e progressivamente impiegata a garanzia dell’erogazione dei finanziamenti da parte degli istituti di credito aderenti.
Intanto sono state 606 le domande di credito ricevute (206 famiglie, 385 imprese, 15 cooperative).
Di queste 246 sono state respinte (85 famiglie, 158 imprese, 3 cooperative) mentre 251 sono i crediti erogati da gennaio 2011 a oggi per un totale di 5.126.500 euro (famiglie 89/551mila euro, imprese 153/4 milioni 233mila e 500 euro, cooperative 9/342mila euro).
Infine 99 domande sono in valutazione (68 famiglie, 28 imprese, 3 coop).
Gli aiuti e le banche
Al termine dell’operazione quello che è successo è semplice: i soldi che le persone hanno donato sono serviti a poco o a niente.
Non sono stati un aiuto per l’emergenza, ma — per decisione di Bertolaso — la fase cosiddetta della post emergenza.
Che vuol dire aiuti sì, ma pagati a caro prezzo. Le persone si sono rivolte alle banche (consigliate da Etimos, ovviamente) e qui hanno contrattato il credito.
Ma chi con il terremoto è rimasto senza un introito di quei soldi non ha visto un centesimo. Non è stato in grado neppure di prendere il prestito perchè giudicato persona a rischio, non in grado di restituire il danaro.
Che fine han fatto gli sms?
I terremotati sono stati praticamente esclusi. Se qualcosa hanno avuto lo hanno restituito con un tasso d’interesse inferiore rispetto agli altri, ma pur sempre pagando gli interessi.
Chi ha guadagnato sono le banche, sicuramente, e la Regione Abruzzo che, al termine dei 9 anni stabiliti, si troverà nelle casse 5 milioni di euro in più.
Vincolati? Questo non lo sappiamo.
Ne disporrà come meglio crede, sono soldi che entreranno nel bilancio.
La posizione di Etimos
Fino a oggi, scoperto il metodo Bertolaso, il consorzio finanziario Etimos si è preso le accuse. Ma il presidente dell’azienda padovana aspiega che il loro è stato un lavoro pulito e trasparente. “Se qualcuno ha mancato nell’informazione”, dice il presidente Marco Santori, “è stata la Protezione civile che doveva precisare che i soldi erano destinati al post emergenza e non all’aiuto diretto. Noi abbiamo fatto con serietà e il risultato è quello che ci era stato chiesto”
Emiliano Liuzzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
DI FRONTE A POCHE CENTINAIA DI PERSONE A VERONA, L’UNICO EX MINISTRO DEGLI INTERNI CONDANNATO PER RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE SPARA CON LA PISTOLA AD ACQUA: “GUERRA CONTRO IL GOVERNO”… POI TORNA A CUCCIA DA ALFANO
La Lega Nord parolaia dichiara “una guerra istituzionale” al governo e apre il dialogo con il Pdl.
Ma chiede al Pdl di “staccare la spina” all’esecutivo. Solo così i due partiti potranno “ricominciare a parlare” e a spartirsi poltrone.
“Oggi inizia una guerra istituzionale contro il governo”, ha detto Roberto Maroni dal palco del ‘No Imu day’ , in piazza dei Signori a Verona, davanti a poche centinaia di persone, spiegando che oggi “è la protesta dei sindaci, dei cittadini, degli amministratori contro una tassa ingiusta ed è una protesta che si manifesta attraverso azioni concrete ma non finisce oggi con l’Imu: oggi è un giorno simbolico, perchè domani si paga l’Imu ma la protesta continuerà diventerà più forte in autunno”.
Insomma domani paghiamo perchè non si sa mai…poi continuiamo ad abbaiare alla luna: gran rivoluzionario l’unico ministro degli Interni della Repubblica con alle spalle una condanna a sei mesi per resistenza a pubblico ufficiale.
“I nostri sindaci violeranno il patto di stabilità : questa è l’azione che noi faremo per contestare il patto di stabilità che penalizza i sindaci del nord, i sindaci della Padania”, ha aggiunto Maroni.
Bene così verranno commissariati e ce li togliamo dalle palle.
“Oggi comincia un’azione di protesta concreta di guerra istituzionale contro il governo – ha bleffato Maroni- per denunciare le malefatte di un governo che tassa i cittadini, che spreme i cittadini del nord per rifinanziare la Salerno-Reggio Calabria” (come se a percorrerla non fossero poi i padagni in cerca di mare non inquinato)
Maroni ha aggiunto che se il segretario del Pdl Angelino Alfano voterà contro il decreto sviluppo, “la Lega riprenderà a parlare” con l’ex alleato.
Insomma la nuova Lega è pronta di nuovo a vendersi al Pdl in cambio di poltrone.
Maroni, ha ribadito come il provvedimento presentato ieri sia “un decreto con 80 miliardi di balle” (chi meglio di lui se ne intende di balle, in effetti…)
Dal palco del ‘No Imu Day’ parla anche lo zombi Umberto Bossi che dice: “Lo scandalo che ha squassato la Lega Nord prima delle elezioni amministrative è in realtà un attacco dello Stato”.
Certo, a suo figlio è stato lo Stato a dirgli di fottersi i soldi della Lega, come no.
Bossi ha aggiunto: “La Lega e i cittadini del Nord si metteranno in strada verso la secessione”.
Speriamo, cosi finiscono in galera, ma purtroppo non si sono mai visti dei miliardari rischiare il proprio status sociale per la rivoluzione armata.
“Troppo facile aver fatto cadere Berlusconi – ha spiegato Bossi – quando il bilancio andava bene, quando c’eravamo noi i conti quadravano ( quelli della sua famiglia di certo, n.d.r.). Noi non avremmo toccato le pensioni e le case della gente. E’ stato un errore di Berlusconi non aver detto no al governo dei professori”.
Infatti se siamo nella bratta è grazie al fatto che, negli ultimi dieci anni, per ben otto hanno governato personaggi come Bossi.
Il senatur infine ha preferito non commentare il ‘nuovo corso’ della Lega Nord, con Matteo Salvini e Flavio Tosi segretari rispettivamente in Lombardia e Veneto.
“Vedremo, vedremo”, si è limitato a dire Bossi.
Non si fida neanche lui.
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
LEGA SPACCATA: IL TROTA ACCUSATO DI AVER OFFESO L’ON LEGHISTA DAVIDE CAPARINI, SUO EX COMPAGNO DI MERENDE
Bossi è indagato. Per diffamazione.
Il figlio del Senatur, dimessosi dal consiglio regionale dopo lo scandalo nella Lega Nord legato alla gestione particolare dei fondi del partito, è accusato di aver offeso Davide Caparini con un post al veleno su Facebook.
La mattina di sabato 16 giugno il «Trota» si è presentato in procura a Brescia, è salito al quarto piano nella stanza 429, e per una quarantina di minuti, assistito dall’avvocato bresciano Carlo Beltrami, è stato interrogato dal procuratore della Repubblica Fabio Salamone e dal sostituto procuratore Carlo Pappalardo.
Era convocato per le 11.
Puntualissimo Bossi jr si è presentato al Palagiustizia di via Gambara. E se n’è andato poco prima di mezzogiorno.
Il reato, che gli viene contestato – l’articolo 595 del codice penale – sarebbe stato commesso il 14 aprile scorso, mentre la querela risale al 15 maggio.
A presentare querela contro Bossi jr è stato il leghista Davide Caparini, assistito dall’avvocato Denise Pedrali del Foro di Brescia.
Caparini ha presentato querela ritenendo assolutamente offensivo quanto postato su Facebook da Renzo Bossi in risposta a un suo quesito «Ma Renzo Bossi si è dimesso anche dalla Lega oltre che dal consiglio regionale?».
«Caro Davide – è il contenuto del post di risposta digitato alle 3 di notte – vorrei ricordarti, visto che hai la memoria corta, che dalle intercettazioni (pubblicate sull’Espresso) risulta che tu abbia chiesto 850.000 euro alla Lega per la questione Frigerio in tribunale, quando il titolo delle rate da pagare, che il giudice ha deciso, sono di 400.000 euro… Gli altri 450.000? Quindi confido anch’io nelle tue dimissioni».
Un botta e risposta finito in Procura.
Wilma Petenzi
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
L’EX TESORIERE DELLA MARGHERITA, A TRE GIORNI DAL VOTO DEL SENATO SUL SUO ARRESTO, RIBADISCE DI AVER AGITO SU INDICAZIONE DEI VERTICI :”HO FATTO OPERAZIONI SULLA BASE DI ACCORDI VERBALI, QUESTO IL MIO ERRORE”…E ANNUNCIA: “NON PATTEGGERO’ LA PENA”
“Facevo tutto quello che mi era stato detto di fare all’interno di un sistema di relazioni fiduciarie”.
L’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, ribadisce la sua versione sul caso dei rimborsi elettorali sottratti al partito.
Tradotto: i vertici erano a conoscenza di tutti i soldi che uscivano dalla cassa.
Di più, erano loro a ordinare le operazioni.
“Ho applicato nei fatti un patto fiduciario”, dice Lusi intervistato da Maria Latella su Sky.
Si difende in vista del voto di mercoledì prossimo, quando il Senato deciderà sulla richiesta di arresto avanzata dalla procura di Roma, che lo accusa, tra l’altro, di appropriazione indebita e associazione per delinquere.
Annuncia che non chiederà di patteggiare la pena. E ridimensiona quanto detto in passato sul centrosinistra (“se parlo, salta”): una frase che ora non ripeterebbe più.
“Il patto scellerato — spiega Lusi — è stato quello di accettare da parte mia di compiere delle operazioni senza che la richiesta venisse scritta da alcuna parte. Nei partiti non c’è un meccanismo come il consiglio di amministrazione dove qualcuno scrive le delibere e qualcuno le esegue. Non c’è una spesa che io abbia sostenuto che abbia dietro uno scritto. Il tesoriere è uno che esegue degli ordini, che sono verbali. Se ora nessuno li conferma, allora te li sei inventati tu”.
Parole che suonano come accuse implicite a chi, secondo Lusi, non poteva non sapere. Come Francesco Rutelli ed Enzo Bianco, membri del gruppo dirigente del partito confluito nel 2007 nel Pd.
L’ex tesoriere dice di avere chiesto di svelare i conti del partito, di scoprire le carte.
Ma — accusa — quelli che allora erano i vertici della Margherita non sono d’accordo.
Parole che arrivano il giorno dopo dell’assemblea federale che ha sancito lo scioglimento del partito.
Una decisione presa a porte chiuse, senza che nessun giornalista potesse assistere, tanto che Arturo Parisi, uno dei fondatori, se n’è andato via subito parlando di “colpo di Stato”.
La società KStudio Associato, incaricata di controllare i conti, ha certificato che le uscite curate da Lusi non documentate ammontano a oltre 26 milioni di euro.
Lusi ribadisce: “Ho fatto operazioni sulla base di accordi verbali, questo è stato il mio errore. Dei 194 milioni di euro spesi in 11 anni non c’è alcuna traccia scritta”.
Gli ex compagni di partito lo accusano di avere truccato i conti, ma il senatore si difende: “Tutte le spese sono alla luce del sole. Le mie spese venivano controllate. C’erano tre organi che controllavano, i revisori dei conti avevano in mano di tutto”.
Sul processo che dovrà subire, Lusi dice di non voler ricorrere al patteggiamento: “Devo recuperare onorabilità e dignità rispetto alla mia famiglia ed al Paese, non patteggerò, mi difenderò nel dibattimento”.
Per quanto riguarda la richiesta di arrresto su cui questa settimana si esprimerà il Senato, l’ex tesoriere chiede di votare contro: “Non ci sono gli elementi sul pericolo di fuga e della possibilità di inquinamento delle prove e della reiterazione del reato”.
E se invece finirà in carcere, sostiene di avere già “un’idea per essere utile al Paese”.
L’ex tesoriere si dice “preoccupato per moglie e figli”. E torna sull’episodio di qualche giorno fa, quando una persona incappucciata ha dato fuoco alla centralina elettrica accanto al cancello elettrico della sua abitazione.
Infine fa marcia indietro sulla frase detta lo scorso marzo a un inviato di Servizio pubblico che lo riprendeva di nascosto (“questa partita fa saltare il centrosinistra”): ”E’ una frase che non avrei mai detto pubblicamente. E’ una frase che viene fuori da uno stato d’animo appesantito, non la ridirei e conferma che si trattava di un colloquio riservato e rubato. E’ eccessiva. Non credo che il futuro del centrosinistra dipenda da me”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
IL RITORNO DELLA VICE PRESIDENTE DEL SENATO, ESPULSA MA NON INDAGATA PER I FONDI DEL PARTITO: LA MAURO SI TIENE IL SIN.PA , FACENDOSI VOTARE DA NON SI SA QUANTI ISCRITTI… I BARBARI TRASOGNANTI CHE PER ANNI HANNO GLORIFICATO IL SINDACATO LEGHISTA ORA CADONO NEL RIDICOLO: “IL SIN.PA NON E’ IL SINDACATO PADANO”
Rosi Mauro si tiene il sindacato padano (Sinpa) e manda su tutte le furie i colonnelli leghisti impegnati a mondare l’immagine del partito compromessa dagli scandali.
Chi pensava che la guerra fratricida in casa Lega Nord fosse finita si sbaglia di grosso.
Il guanto di sfida arriva dal terzo congresso confederale del Sinpa che si è tenuto nella cornice non proprio operaia dell’Holiday Inn di Milano, un resort quattro stelle con palestra e piscina.
Al termine del congresso è arrivata la conferma per acclamazione della Mauro, del vicesegretario generale, Emiliano Tremolada, e il segretario organizzativo, Alessandro Gemme, tutti eletti all’unanimità dai delegati.
Una notizia che di sicuro non avrà fatto piacere a Roberto Maroni, leader in pectore del nuovo Carroccio.
E neppure ai colonnelli che hanno guidato l’operazione ripulisti e brigato in lungo e in largo perchè il popolo leghista mettesse a fuoco il nemico interno in Rosi Mauro, manipolatrice del leader infermo, Umberto Bossi, in eterna combutta col tesoriere infedele Francesco Belsito con la passione per la Tanzania.
Nessuno vuol commentare.
Roberto Calderoli, uno dei tre triumviri, è sotto i ferri per un’appendicite e non parla.
Non si sa se gli sia venuta prima o dopo la notizia.
Maroni non ne vuol sentir parlare e declina l’intervista.
Roberto Castelli, ex Guardasigilli, ne sa poco o nulla e Roberto Cota, presidente della regione Piemonte, si guarda bene dal proferire parola.
Le ultime elezioni non sono andate bene per il Carroccio che sta perdendo anche i suoi più famosi baluardi.
Sono le seconde linee che tentano di sminuire la portata deflagrante della resistenza di Rosi la badante.
Ripetendo come un refrain la storiella che “il Sinpa non è il sindacato padano. Sì è vero che per vent’anni Lega Nord e SinPa hanno camminato insieme, ma giuridicamente è autonomo, noi non sappiamo neppure chi e quanti siano gli iscritti. Da quanto ne sappiamo non ce ne sono”, sostiene uno degli uomini più vicini al triumvirato che deve traghettare la Lega fino al congresso di luglio.
E poco importa se la Mauro era la vicepresidente del Senato portata in palmo di mano da Bossi e allo stesso tempo la fondatrice del SinPa.
Ma la ricostruzione in salsa revisionista delle convergenze parallele/autonome tra sindacato e partito non convince nessuno, soprattutto la Mauro che nella 22esima “batelada” del maggio scorso e nel bollettino di giugno rivendica in lungo in largo l’importanza che le ragioni del Nord siano protagoniste dei cambiamenti nel mondo del lavoro e nelle fabbriche padane con il SinPa.
A questo punto sarà guerra frontale.
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
SI PREGA DI NON DISTURBARE: QUANDO DAL QUIRINALE ARRIVA LA NOTA, I TG DANNO LA REPLICA A UNA NOTIZIA MAI DATA…LA STRANA CONCEZIONE DELLA LIBERTA’ DI STAMPA NEL NOSTRO PAESE
Un ex presidente del Senato, indagato per falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato- mafia successiva alle stragi del 1992/’93, subito dopo essere stato ascoltato dalla Procura di Palermo telefona al consigliere giuridico del presidente della Repubblica per lamentarsi con Giorgio Napolitano dell’operato dei pubblici ministeri che indagano sulla pagina più inquietante degli ultimi vent’anni di storia repubblicana.
Il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio conferma tutto.
La notizia è enorme, eppure passa sotto silenzio.
Corriere e Repubblica, che per primi ne avevano scritto il 15 giugno, non ritengono di dare seguito alla vicenda.
Su Stampa e Giornale nemmeno una riga.
Una pagina intera su Libero (“Le pressioni di Mancino sul Quirinale”), ma il pezzo portante è un attacco ai pm che “si accaniscono” contro Dell’Utri.
Desolato silenzio altrove.
Non una parola nei telegiornali e una sola Ansa (Mafia: Fatto Q., Mancino chiamò colle. Gasparri: Chiarire”) fino alle 16,45 di ieri.
La svolta in serata, quando dal Colle giunge una nota: “In relazione ad alcuni commenti di stampa sul contenuto di intercettazioni di colloqui telefonici tra il senatore Mancino e uno dei consiglieri del presidente della Repubblica — si legge — si ribadisce che ovvie ragioni di correttezza istituzionale rendono naturale il più rigoroso riserbo, da parte dei consiglieri, circa i loro rapporti con il capo dello Stato. Parlare a questo proposito di ‘misteri del Quirinale’ è soltanto risibile”.
A quel punto i telegiornali sono costretti a dare la smentita di una notizia che non avevano mai dato.
Pazienza, in fondo è già accaduto in passato, quando — senza prima dar conto delle indagini per mafia a carico di Renato Schifani — ci si affrettò a diffondere la sua smentita.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 17th, 2012 Riccardo Fucile
E SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA: “ALCUNI POTENTI NON HANNO SALVATO NEPPURE LA DIGNITA”… LA FRASE DI PAOLO: “NON E’ IL RUOLO CHE FA GRANDE GLI UOMINI, E’ L’AUTOREVOLEZZA DEGLI UOMINI CHE FA GRANDE IL RUOLO”
Agnese Piraino Borsellino non è donna dalla parola leggera.
È abituata a pesarle le parole prima di pronunciarle, ma non a calcolarne la convenienza.
È una donna attraversata dal dolore che il dolore non ha avvizzito.
I suoi occhi brillano ancora. E ancora hanno la forza per guardare in faccia una verità aberrante che non sfiora la politica e le istituzioni.
Una donna che trascorre il suo tempo con i tre figli e i nipotini, uno dei quali si chiama Paolo Borsellino.
Le siamo grati di aver accettato di incontrarci all’indomani delle ultime notizie sulla trattativa Stato-mafia iniziata nel 1992, che ha portato alla strage di via D’Amelio, di cui ricorre il ventennale il 19 luglio, e alle altre bombe.
In un’intervista al Fatto l’11 ottobre 2009, Agnese disse: “Sono una vedova di guerra e non una vedova di mafia” e alla domanda: “Una guerra terminata con la strage di via D’Amelio? ”, rispose: “No. Non è finita. Si è trasformata in guerra fredda che finirà quando sarà scritta la verità ”.
A distanza di tre anni quella verità , al di là degli esiti processuali, è divenuta patrimonio collettivo: la trattativa Stato-mafia c’è stata. Sono indagati, a vario titolo, ex ministri come Conso e Mancino, deputati in carica come Mannino e Dell’Utri. Lei che ha vissuto accanto a un uomo animato da un senso dello Stato così profondo da anteporlo alla sua stessa vita, cosa prova oggi?
Le rispondo cosa non provo: non provo meraviglia in quanto moglie di chi, da sempre, metteva in guardia dal rischio di una contiguità tra poteri criminali e pezzi dello Stato, contiguità della quale Cosa Nostra, ieri come oggi, non poteva fare a meno per esistere.
Non la meraviglia neppure che probabilmente anche alte cariche dello Stato sapessero della trattativa Stato-mafia, come si evince dalla telefonata di Nicola Mancino al consigliere giuridico del presidente della Repubblica, Loris D’Ambrosio, in cui chiede di parlare con Giorgio Napolitano e dice: “Non lasciatemi solo, possono uscire altri nomi” (tra cui Scalfaro)? Come dire: le persone sole parlano di altre persone?
Questo mi addolora profondamente, perchè uno Stato popolato da ricattatori e ricattati non potrà mai avere e dare nè pace nè libertà ai suoi figli. Ma ripeto, non provo meraviglia: mio marito aveva capito tutto.
Lei descrive i cosiddetti smemorati istituzionali, coloro che hanno taciuto o che hanno ricordato a metà , come “uomini che tacciono perchè la loro vita scorre ancora tutta dentro le maglie di un potere senza il quale sarebbero nudi” e disse di provare per loro “una certa tenerezza”. La prova ancora, o ritiene che abbiano responsabilità così grandi da non poter essere nè compianti nè perdonati?
Non perdono quei rappresentanti delle istituzioni che non hanno il senso della vergogna, ma sanno solo difendersi professandosi innocenti come normalmente si professa il criminale che si è macchiato di orrendi crimini. Alcuni cosiddetti “potenti”, ritenuti in passato intoccabili, hanno secondo me perso in questa storia un’occasione importante per salvare almeno la loro dignità e non mi meraviglierei se qualche comico li ridicolizzasse.
Paolo Borsellino ai figli ripeteva spesso: imparate a fare la differenza umanamente, non è il ruolo che fa grandi gli uomini, è la grandezza degli uomini che fa grande il ruolo. Mai parole appaiono più vere alla luce dell’oggi.
Il posto, il ruolo, non è importante, lo diventa secondo l’autorevolezza di chi lo ricopre. Oggi mio marito ripeterebbe la stessa espressione con il sorriso ironico che lo caratterizzava.
Signora, perchè ha raccontato ai magistrati di Caltanissetta solo nel 2010, dopo 18 anni, che suo marito le aveva confidato che l’ex comandante del Ros, il generale Antonio Subranni, era in rapporto con ambienti mafiosi e che era stato “punciutu”?
Potrebbe apparire un silenzio anomalo, ma non lo è. I tempi sono maturati successivamente e gli attuali magistrati di Caltanissetta, cui ancora una volta desidero manifestare la mia stima e il mio affetto, sanno le ragioni per le quali ho riferito alcune confidenze di mio marito a loro e soltanto a loro.
Sta dicendo che ha ritenuto di non poter affidare quella confidenza così sconvolgente alla Procura di Caltanissetta fino a che è stata diretta da Giovanni Tinebra?
Il primo problema che mi sono posta all’indomani della strage è stato di proteggere i miei figli, le mie condotte e le mie decisioni sono state prevalentemente dettate, in tutti questi lunghi anni, da questa preoccupazione.
Il pm Nico Gozzo all’indomani della dichiarazione del generale Subranni, che l’ha definita non credibile con parole che per pudore non riportiamo, ha fondato su Facebook il gruppo: ”Fraterno sostegno ad Agnese Borsellino”. Un fiume di adesioni, lettere commoventi, fotografie, dediche struggenti. Come lo racconterebbe a suo marito in un dialogo ideale?
Caro Paolo, l’amore che hai sparso si è tradotto anche in tantissime lettere affettuose, prive di retorica e grondanti di profondi sentimenti, che ho avuto l’onore di ricevere perchè moglie di un grande uomo buono.
Dove trova la forza una donna che ha toccato il dolore per la perdita del suo più grande amore e ora deve sopportare anche il dolore per una verità che fa rabbrividire?
Nel far convivere i sentimenti emotivi e la ragione, ho fatto prevalere quest’ultima in quanto mi ha dato la forza di sopportare il dolore per la perdita di un marito meraviglioso ed esemplare e per accettare una verità complessa, frutto di una società e di una politica in pieno degrado etico e istituzionale.
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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