Giugno 2nd, 2012 Riccardo Fucile
ALLUCINANTE POST SU FACEBOOK DI LUCA DANDOLO SECONDO CUI L’INDIANO CHE HA UCCISO LA MOGLIE A PIACENZA PERCHE’ VESTIVA ALL’OCCIDENTALE NON SAREBBE COLPEVOLE TANTO PER L’OMICIDIO QUANTO PER “AVER INQUINATO IL SACRO FIUME”… E’ QUESTO IL NUOVO CORSO DI MARONI, TOSI E SALVINI?
“Maledetto, inquinare così il nostro sacro fiume…”
E ancora: “Vorrei vedere io se andassimo a defecare o sgozzare mucche e maiali sul Gange, cosa direbbero…”.
E per concludere: “Ah già , già lo fanno…Ah beh, allora…..:o)” (testuale).
Il tutto scritto e firmato sulla sua pagina Facebook dal consigliere comunale di Udine della Lega Luca Dordolo.
L’esponente del Carroccio (che nella stessa pagina se la prende in maniera violentissima con l’Islam, invitando a “massacrare gli islamici con mestolate sul grugno”) “giustifica” questa sua ultima uscita con la notizia che proviene da Piacenza: una donna indiana incinta è stata strangolata dal marito perchè vestiva all’occidentale, poi è stata gettata nel Po.
Secondo Dordolo il marito indiano non sarebbe tanto colpevole dell’omicidio, ma di una cosa – a suo dire – ben più grave: aver gettato il corpo della donna “nel sacro fiume” del Carroccio.
Così facendo ha – secondo le tesi del consigliere leghista – “inquinato il nostro sacro fiume”.
Sotto l’allucinante post appaiono commenti in netto dissenso con Dordolo (“Si dovrebbe vergognare”, “ne riparliamo alle politiche”, “Si isoli in un convento”) e il nostro ha una risposta per tutti: inviti a fare un bagno nel Gange (il più soft), inviti all’impiccagione dell’intelocutore e qualcosa altro che preferiamo non riferire.
Il tutto sempre firmato da Luca Dordolo, consigliere comunale di Udine della Lega Nord.
E’ questo il nuovo corso di Maroni?
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Giugno 2nd, 2012 Riccardo Fucile
A BERGAMO VERRA’ ELETTO IL SUCCESSORE DI GIORGETTI, IN CARICA DAL 2002…IL 30 GIUGNO IL CONGRESSO FEDERALE CHE DOVREBBE INCORONARE MARONI PER ESEGUIRE LA MARCIA FUNEBRE DEL CARROCCIO
Inizia l’attesa stagione congressuale della Lega Nord con il doppio appuntamento in Lombardia e in Veneto, aspettando il congresso federale del 30 giugno e 1 luglio. Roberto Maroni, ormai lanciato verso la guida del partito, cerca l’en plein, ma non è tutto scontato come potrebbe sembrare.
I delegati lombardi da ieri sera al Palacreberg di Bergamo celebrano l’ottavo congresso nazionale durante il quale verrà eletto il successore di Giancarlo Giorgetti, alla guida regionale del partito dal 2002.
I candidati in lizza sono due: l’eurodeputato Matteo Salvini (maronianissimo) e il senatore Cesarino Monti.
Sulla carta non dovrebbe esserci partita, tanto che Salvini viene già dato per incoronato, grazie soprattutto all’intervento del super sponsor Roberto Maroni, che ha gestito le mire dell’altro maroniano pretendente al trono lombardo, Giacomo Stucchi. Non è un mistero che il deputato bergamasco tenesse particolarmente al ruolo di segretario nazionale, soprattutto dopo la rinuncia a cui era stato chiamato nei mesi scorsi quando, in seguito alla detronizzazione di Marco Reguzzoni, veniva dato in pole position per la guida del gruppo della Lega Nord alla Camera (poi andata a Gianpaolo Dozzo).
In cambio della doppia rinuncia all’ on. Stucchi dovrebbe andare la carica di vice segretario federale, sempre che Roberto Maroni riesca effettivamente a prendersi il partito al congresso di fine giugno, quello più atteso, che dovrebbe sancire la fine del regno bossiano (e secondo qualcuno anche la fine della Lega).
I lavori, iniziati ieri sera riprendono iquesta mattina con gli interventi dei triumviri Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago.
Il congresso lombardo verrà chiuso dall’intervento del presidente federale Umberto Bossi, a cui seguirà solo quello del segretario nazionale che sarà eletto dall’assemblea dei delegati.
La partita sembra molto più complicata in Veneto, dove il congresso nazionale della Liga molto probabilmente non avrà un percorso facile e lineare come quello lombardo.
Alle ormai note divisioni tra bossiani e maroniani si aggiungono quelle ataviche tra la Liga di Verona e quella di Treviso, con antipatie e tensioni incrociate che rendono le trame di partito complicate e imprevedibili.
A contendersi la guida del partito sono Flavio Tosi e Massimo Bitonci, personaggi di primo piano che rispondono a logiche contrapposte.
Le speranze di Roberto Maroni ricadono ovviamente tutte sul sindaco di Verona.
Il segretario uscente Gianpaolo Gobbo (che comanda il partito dal 1998) e tutta l’ala bossiana spingono invece per l’ex sindaco di Cittadella Bitonci.
Alla vigilia del congresso veneto è proprio lui a parlare in una nota ufficiale della necessità di superare le divisioni interne al partito per il bene della Lega, tirando le orecchie a Maroni.
La causa scatenante è una cena di sostenitori di Flavio Tosi organizzata nel trevigiano a cui è stata annunciata la presenza di Roberto Maroni.
Bitonci punta il dito contro l’ex ministro che da un lato “ha parlato di dare la parola ai militanti, stigmatizzando le imposizioni di candidature piovute dall’alto” e dall’altro “sponsorizza apertamente il candidato Tosi, con tanto di manifesti, inviti e pullman organizzati ad hoc”.
Poi Massimo Bitonci conclude: “Mi spiace che per una semplice competizione elettorale si debbano etichettare i candidati dividendoli in bossiani e maroniani quando il sottoscritto non ha mai fatto parte di cerchi magici, non ha interessi di parte, mentre alcuni che ora si definiscono maroniani erano tra i più accaniti sostenitori di Bossi. Ricordiamoci che siamo tutti leghisti”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 2nd, 2012 Riccardo Fucile
TUTTO VIENE ENFATIZZATO A DISMISURA, A PARTIRE DALLA PAURA DELLA GENTE
Nelle ultime due settimane in Emilia Romagna ci sono stati 24 morti e danni per svariati miliardi di euro; gli sfollati sono quindicimila.
Bastano queste cifre per dire che una situazione è grave e degna di attenzione da parte di tutti gli italiani? Evidentemente no, non basta.
Così sono giorni che in tv, alla radio e sui giornali si sente parlare di «interi paesi cancellati dalle carte geografiche», o più sobriamente «rasi al suolo».
Ho sentito dire che Cavezzo, dov’ero appena stato, «non esiste più».
Ci sono titoli sui siti web – anche, ahimè, dei grandi giornali – che parlano di migliaia di emiliani che «soffrono la fame», di «assalti di sciacalli alle case danneggiate».
Mi domando se chi dice e scrive queste cose sia stato davvero in questi giorni a Mirandola, Cavezzo, Rovereto sul Secchia, Medolla, Carpi.
Paesi che hanno subito danni ingentissimi e molti lutti: ma che esistono ancora.
Paesi popolati da persone in difficoltà : ma non ridotte alla fame.
Paesi in cui i capannoni crollati sono per fortuna una piccolissima percentuale, non la norma.
Paesi in cui le abitazioni private hanno tenuto, grazie al cielo: anzi, grazie agli emiliani che le hanno costruite meglio che altrove.
C’è stato un terremoto, e basterebbe usare questa parola, terremoto: ce ne sono molte altre che incutono più terrore?
E invece no: si parla di inferno, di un mondo spazzato via, di un’intera regione in ginocchio.
Non è così: provate a girare per tutta l’area, da Modena fino su ai paesi dell’epicentro, e vedrete un film che non è quello che viene raccontato.
Un film drammatico, certo. Ma perchè dire e scrivere che è come il Friuli, l’Irpinia, L’Aquila? In Friuli ci furono mille morti, centomila sfollati, 18.000 case completamente distrutte, 75.000 gravemente danneggiate.
In Irpinia tremila morti, 280.000 sfollati, 362.000 abitazioni distrutte o rese inagibili. L’Aquila è ancora oggi, quella sì, una città in ginocchio.
L’Emilia no: la gente che vi abita ha paura, e questo è comprensibile, ma le grandi città sono intatte, il 95 per cento dei paesi pure, eppure l’altra sera in tv abbiamo sentito parlare (testuale) di «una regione distrutta».
Tutto viene enfatizzato a dismisura, a partire dalla paura della gente, che già ha buoni motivi per avere paura.
L’altra notte l’ho trascorsa in piedi fra la gente in tenda.
Una notte certamente disagevole, soprattutto per la preoccupazione per il futuro. Ma non ho visto alcuna scena di panico. La mattina alle nove accendo la radio e sento: «Notte di terrore nelle tendopoli per sessanta nuove scosse». Che ci sono state, ma non tali da essere percepite.
Non si tratta di sminuire la gravità di quello che è accaduto, ma di evitare che ai danni del terremoto si aggiungano quelli di un’informazione drogata.
L’altra sera parlavo con Michele de Pascale, assessore al Turismo del Comune di Cervia. Mi diceva di non capire la contraddizione: «Stiamo accogliendo nei nostri alberghi gli sfollati perchè qui da noi sono al sicuro. Poi riceviamo disdette per quest’estate: i clienti hanno sentito in tv che l’Emilia è distrutta. L’altro giorno un albergatore mi ha detto che lo hanno chiamato dalla Germania per annullare la prenotazione e hanno chiesto: ma siete ancora vivi?».
Domande alle quali ne aggiungo una diretta umilmente alla categoria di cui faccio parte: vogliamo davvero aiutare gli emiliani a ripartire?
Atteniamoci ai fatti.
Sono già abbastanza gravi che non c’è bisogno di metterci il carico.
Michele Brambilla
(da “La Stampa”)
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Giugno 2nd, 2012 Riccardo Fucile
LA CARTA C’E’, MA GLI ENTI LOCALI DEVONO COMPLETARLA CON LE MISURE DEL PROPRIO TERRITORIO… RITARDI E INTOPPI, LE REGIONI NON SONO OBBLIGATE A VALUTARE I RISCHI
Il punto di riferimento per la valutazione dei terremoti lungo la penisola è la mappa di pericolosità sismica preparata dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e in vigore dal 2003.
La lunga sequenza di scosse, alcune delle quali hanno sfiorato il sesto grado di magnitudo della Scala Richter, ha posto la domanda se la mappa oggi in uso sia da aggiornare e non rispecchi più i possibili pericoli del territorio.
Questo emerge anche dal fatto che nell’ultimo anno la Pianura Padana ha tremato molte volte con intensità inusuali rispetto ai deboli movimenti di fondo che la caratterizzava maggiormente in passato.
Nel 2003 nasce la mappa.
La mappa era stata compilata prima nel 2003 e raccoglieva gli studi condotti in precedenza dai geologi dell’Ingv nei quali era già indicata una pericolosità per l’area oggi bersagliata.
Ma essendo rimasta nei cassetti perchè la politica, nonostante i solleciti, non la considerava per trasformarla in un regolamento amministrativo, le sue valutazioni scientifiche non erano utilizzate.
Ci voleva il terremoto di San Giuliano di Puglia, nel Molise, nel 2002 con la scuola crollata e la morte dei 27 bambini assieme alla loro maestra, perchè il documento dell’Ingv venisse tirato fuori dai cassetti e un’ordinanza della Protezione civile firmata dal presidente del Consiglio lo trasformasse nella mappa che stabilisce la classificazione sismica del territorio.
Era, appunto, il 2003 e nella quarta zona inserita compariva l’area emiliana (che nella precedente ricognizione degli anni Ottanta del Cnr divisa in tre zone non era considerata) con una probabilità indicata intorno ad una magnitudo massima di 6.2 della scala Richter. Quindi quanto sta accadendo rientra nelle valutazioni allora espresse.
Caratteristiche di base
Ma la mappa, formalmente accettata nel 2004 anche dalla Commissione Grandi Rischi e da esperti internazionali, ha caratteristiche generali per tutto il territorio nazionale tanto che parte da una considerazione teorica con il suolo piatto e su roccia.
«Quindi – spiega Carlo Meletti, primo tecnologo dell’Ingv – il documento offre dei dati di base sul pericolo su cui si deve costruire il dettaglio».
E qui dovevano e devono entrare in scena Comuni e Regioni i quali considerano le specifiche caratteristiche delle loro zone e aggiungono i dati che «personalizza» la carta nazionale descrivendo così la realtà in modo più preciso, per quello che loro appunto compete, e consente la costruzione di regole costruttive rispondenti al tipo di ambiente in cui si agisce.
Questo lavoro può essere assegnato a liberi professionisti ed è molto importante perchè è solo in base a queste aggiunte di dati che si può stabilire come le caratteristiche locali possono amplificare un terremoto in base alla natura del luogo.
La pubblicazione nel 2006
Nel 2006, di nuovo finalmente, la mappa veniva pubblicata dalla Gazzetta ufficiale, prima era reperibile sul sito dell’Ingv, senza il crisma dell’atto pubblico.
A questo punto un’altra ordinanza stabiliva che da quel momento le Regioni dovevano far riferimento alla mappa nelle loro operazioni edilizie ma non esisteva un obbligo; cioè potevano anche ignorarla se preferivano.
E questo per un bisticcio fra leggi: una legge nazionale non può interferire con i provvedimenti regionali. Infatti già l’invito dell’Ordinanza a dover prendere in considerazione il documento era stato mal digerito.
La microzonizzazione del territorio
Intervenne comunque una legge ad incentivare l’avvio di un lavoro prezioso e indispensabile.
Battezzata «Legge Abruzzo» garantiva alle zone con maggiore pericolosità (quelle che superavano il valore 125 indicato dalla mappa di base) per elaborare i dati aggiuntivi locali.
«Questa operazione – aggiunge Carlo Meletti – è stata battezzata microzonizzazione proprio perchè arriva a descrivere nei minuti particolari il territorio suggerendo le indicazioni più opportune. Ora la microzonizzazione, di pertinenza delle Regioni e dei Comuni è stata avviata in alcune località ma non dovunque. In qualche raro caso come la Regione Lazio la microzonizzazione è diventata un obbligo».
Un passo avanti dopo L’Aquila
Un altro passo avanti intervenuto dopo il terremoto a L’Aquila: sono state introdotte nuove tecniche di valutazione arrivando anche a considerare quei fenomeni di liquefazione di cui si è parlato nei giorni scorsi.
Solo dopo questa data le «Norme tecniche per le costruzioni», deliberate nel 2008, entrano in vigore in tutta la Penisola.
Già l’applicazione delle regole sismiche del 2003 aveva proceduto a rilento perchè, paradossalmente, era rimasta pure in vigore la possibilità di far riferimento alle norme precedenti.
«Ed è a causa di tutti questi ritardi – precisa una nota dell’Ingv – che nelle zone colpite in questi giorni si è accumulato un notevole deficit di protezione sismica, che è in parte responsabile dei danni avvenuti».
E aggiunge come un avvertimento che «una situazione analoga interessa un notevole numero di Comuni, localizzati principalmente nell’Italia settentrionale».
Una Carta ancora da fare
Resta un altro punto emerso con decisione negli ultimi giorni.
E cioè l’opportunità di trasformare l’attuale mappa del pericolo sismico che segnala appunto il potenziale pericolo di una zona in base alle statistiche dei terremoti già avvenuti in passato, in una mappa del rischio sismico il quale deve tener conto dei parametri economici dell’area; cioè deve considerare oltre gli insediamenti abitativi anche quelli produttivi.
Questo è uno sforzo ancora da compiere e che deve coinvolgere ingegneri, economisti ed esperti vari.
Solo a quel punto esisterebbe il preciso valore di rischio da cui partire per scrivere dei regolamenti anche più restrittivi, ad esempio, negli insediamenti industriali mettendoli al riparo dai possibili danni dai quali oggi non sono tutelati proprio per una regolamentazione insufficiente.
Giovanni Caprara
(da “Il Corriere della Sera“)
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Giugno 2nd, 2012 Riccardo Fucile
DA BANKITALIA ALLA MAGISTRATURA LA SEGNALAZIONE DI UN DECINA DI OPERAZIONI… ANCHE UNA SUORA NEI RAPPORTI
Flussi finanziari transitati su conti correnti dello Ior e poi finiti su altri conti aperti presso banche italiane ed estere.
Depositi intestati a preti e suore che sarebbero stati utilizzati per «ripulire» il denaro o quantomeno per occultarne la provenienza.
Mentre non sono ancora sopite le polemiche per la destituzione del presidente Ettore Gotti Tedeschi, c’è un’altra vicenda che rischia di aizzare lo scontro interno al Vaticano.
E di far emergere un nuovo scandalo sulla gestione dell’Istituto delle Opere Religiose.
Perchè sono almeno una decina le segnalazioni di operazioni sospette già analizzate dall’Uif, l’Ufficio di informazione finanziaria di Bankitalia e poi trasmesse alla magistratura e alla Guardia di Finanza per gli accertamenti di tipo penale.
E tutte riguardano prelati che avrebbero accettato di fare da prestanome per passaggi di denaro con finalità che appaiono ancora oscure.
Le varie relazioni trasmesse dagli analisti di Via Nazionale riguardano conti diversi, ma non si può escludere che almeno alcune possano essere collegate tra loro e riguardare operazioni illecite per le quali era necessario un frazionamento su depositi diversi.
Per questo si è deciso di riunirle in un unico filone e di svolgere accertamenti paralleli anche per stabilire eventuali connessioni tra persone diverse e soprattutto tra beneficiari diversi, almeno apparentemente.
Al momento si sa che le movimentazioni che hanno generato allarme sono state segnalate da istituti di credito italiani ed esteri e soltanto la ricostruzione dei vari passaggi ha consentito di stabilire che una delle «tappe» era interna alla Santa Sede.
Un meccanismo ben individuato due anni fa dalla Procura di Catania che accertò come Antonino Bonaccorsi, fratello del boss Vincenzo condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa, era riuscito a «ripulire» 300 mila euro di provenienza illecita facendoli depositare sul conto aperto dal figlio prete, don Orazio, presso lo Ior grazie al collegamento homebanking e dunque all’utilizzo dei codici di sicurezza assegnati proprio al prelato.
Un «sistema» che le indagini condotte dal pool di magistrati romani coordinato dal procuratore aggiunto Nello Rossi ha ricostruito in tutte le sue fasi, anche se i rapporti tra l’Italia e la Città del Vaticano in questa materia hanno subito fasi alterne e attualmente la collaborazione sembra entrata in una fase di stallo.
Le varie «Sos» (segnalazioni operazioni sospette), sono scattate quando su alcuni conti correnti di normali banche sono stati notati prelevamenti e depositi di somme ingenti che non trovavano giustificazione rispetto al normale andamento oppure che erano stati frazionati proprio nella speranza di non alimentare sospetti.
E invece i primi accertamenti hanno consentito di scoprire che i soldi venivano spostati su conti dello Ior e poi riaccreditati per tentare di farne perdere le tracce.
Nella maggior parte dei casi la causale parla genericamente di beneficienza.
Esattamente la «voce» che usava Don Evaldo, il prete a disposizione della «cricca» dei Grandi eventi, quando ridistribuiva il denaro che gli era stato affidato da funzionari e costruttori.
Numerose operazioni sono state effettuate online e proprio questo ha generato il sospetto che in realtà i prelati siano soltanto dei prestanome disponibili a consegnare i codici di accesso ai proprietari del denaro.
Per identificare i reali beneficiari e stabilire la provenienza dei soldi bisognerà adesso ricostruire rapporti e legami dei preti e delle suore coinvolti.
Una verifica che, visto quanto sta accadendo in Vaticano, rischia di avere clamorose conseguenze.
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 2nd, 2012 Riccardo Fucile
IL TASSO AD APRILE VOLA AI LIVELLI DEL 2004…SU BASE TRIMESTRALE ADDIRITTURA AL DATO DEL 1999….IN UN MESE I DISOCCUPATI SONO CRESCIUTI DI 38.000 UNITA’
Vola la disoccupazione in Italia.
Ad aprile i senza lavoro sono il 10,2% in rialzo di 0,1 punti percentuali su marzo e di 2,2 punti su base annua.
Tradotto: in un mese, tra marzo e aprile, hanno perso l’impiego 38mila persone.
E così quello annunciato oggi dall’Istat è il tasso più alto da gennaio 2004, quando l’Istituto di statistica iniziò la rilevazione delle serie storiche mensile.
Quando alle rilevazione trimestrali il dato è il più altro dall’inizio del 2000.
Ancora più dura la sentenza su base trimestrale.
I senza lavoro nei primi tre mesi dell’anno sono saliti al 10,9%: con una crescita di 2,3 punti percentuali su base annua. E registrando il tasso più altro dal primo trimestre del 1999.
Ancora una volta, però, il conto più alto è quello pagato dai giovani tra i 15 e i 24 anni: ad aprile i senza lavoro sono il 35,2%, in diminuzione di 0,8 punti percentuali su marzo, ma un aumento di 7,9 punti su base annua.
In particolare, secondo i dati dell’Istat, è disoccupato più di un giovane su tre di coloro che partecipano attivamente al mercato del lavoro.
Complessivamente il numero dei disoccupati ad aprile è salito a 2 milioni 615mila, il livello più alto dall’inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004) e, guardando al trimestrale, dal secondo trimestre del 1999.
Il rialzo è dell’1,5% su marzo (+38mila unità ), ma su base annua l’aumento è del 31,1%: 621mila unità .
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