Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
RISPARMI SULLE SEDI DI STAZIONI E CASERME, ELICOTTERI, MOTOVEDETTE, NUCLEI SUBACQUEI, CAVALLERIA, TELEFONIA E AUTO DI SERVIZIO… TUTTO PER “MIGLIORARE IL SERVIZIO”
Anche l’Arma è stata chiamata a fare la sua parte nella “spending review” generale.
E anche se l’imperativo è di mantenere inalterata la capacità operativa, e anzi se possibile aumentarla, questa volta si taglia sul serio.
Il comando generale dei carabinieri conta di risparmiare 113 milioni di euro, ma potrebbero essere di più perchè si stanno esaminando molte opzioni per quanto riguarda le sedi di stazioni e compagnie, abbandonando gli immobili presi in affitto negli anni e trasferendole in edifici demaniali oppure confiscati alla criminalità .
Un esempio per tutti: nei mesi scorsi si dava ormai per scontato che avrebbe chiuso la storica stazione “Via Veneto”, ospite di un immobile privato in via Boncompagni, il retro di una chiesa, in una posizione cruciale perchè a pochissima distanza dall’ambasciata americana, da diversi ministeri e dai grandi alberghi della Dolce Vita.
Troppo oneroso il canone di affitto.
Ma siccome un presidio in quel quartiere è davvero indispensabile, i carabinieri resteranno, sia pure traslocando in un altro edificio, a canone molto più ragionevole.
E’ uno sforzo corale, quello che riguarda gli immobili, in cui sono stati chiamati a darsi da fare sia i generali che comandano le Legioni, sia i comandi provinciali, fino ai marescialli che comandano le stazioni perchè si trovino soluzioni a costo zero o quasi.
Per una volta, insomma, sotto l’urto di una crisi che davvero non ha precedenti, la polizia e i carabinieri stanno affrontando il problema della riorganizzazione sul territorio. E lo fanno assieme.
Al proposito resta memorabile un’istantanea, il 2 giugno, poco prima della Parata: il generale Leonardo Gallitelli, comandante dell’Arma, in grande uniforme, è arrivato sottobraccio con il prefetto Antonio Manganelli, capo della polizia, in grisaglia ministeriale blu.
Confabulavano come vecchi amici che stanno riuscendo in un’operazione titanica.
Gli elicotteri, per dire, sono sempre stati un reparto a sè. Polizia e carabinieri avevano i loro. In nome della “spending review”, l’Arma ha deciso di sopprimere 3 Nuclei elicotteristici e di contrarre i numeri in quelli restanti, costosi in manutenzione e in uso.
Là dove restano i carabinieri, però, chiude la polizia. E viceversa.
Stesso discorso per le motovedette.
In futuro non capiterà più, salvo casi eccezionali, di vedere un’imbarcazione della polizia dondolarsi all’attracco accanto a una dei carabinieri.
L’Arma chiude la metà dei siti e mette in disarmo la metà dei natanti. Sostanzialmente restano attive solo le motovedette d’altura per le esigenze delle isole minori e del contrasto all’immigrazione clandestina.
Anche i reparti di subacquei vengono ridimensionati, in coordinamento con la polizia: ai carabinieri ne resteranno 3 in tutt’Italia.
La sforbiciata non risparmierà alcuni simboli.
La cavalleria ne esce ridimensionata. Viene quindi ridotto l’organico dello squadrone Corazzieri e vengono chiusi anche 4 Squadre a cavallo in giro perl’Italia.
I quadrupedi, purtroppo, costano molto in termini di stalle, veterinari, mangimi.
Ma i risparmi maggiori, quelli che determinano il successo o l’insuccesso dell’operazione, verranno da alcune iniziative che si potrebbero definire “manageriali”.
I nuovi software hanno permesso di sfoltire i reparti di comando, amministrativi e logistici e quindi daqui si risparmiano 2.337 militari che andranno a rafforzare la reteterritoriale.
Complessivamente, poi, i carabinieri fanno a meno di 9000 automobili.
Come tante famiglie qualsiasi, poi, i carabinieri investono sui telefoni cellulari (le cui tariffe convenzionate sono ottime) a discapito dei telefoni fissi; abbandonano le linee Isdn e Adsl private superate da nuovi acquisizioni di reti digitali e satellitari. Infine si sa provvedendo ad ammodernamenti in alcune caserme più significative in termini di risparmio energetico e impianti fotovoltaici.
L’Arma si fa “green” e intanto risparmia anche sulla bolletta.
Francesco Grignetti
(da “La Stampa”)
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
L’ANALISI DELL’ISTITUTO CATTANEO CONFRONTA LE REGIONALE 2010 E LE ULTIME COMUNALI… LA DIASPORA DAL CARROCCIO SUPERA QUELLA DEL PDL
Ora, nel complesso meccanismo dei flussi elettorali indicativo del nomadismo da un partito all’altro, l’istituto Cattaneo di Bologna individua un contributo «pari a zero» del Pdl a vantaggio del grillino Federico Pizzarotti che, invece, ha messo il turbo grazie soprattutto ai voti scippati alla Lega e all’Idv.
In altre parole, il caso Parma – secondo l’analisi curata da Piergiorgio Corbetta e Pasquale Colloca – evidenzia che il flusso diretto verso il Movimento 5 Stelle non è il frutto di una ferita sanguinante aperta nel partito di Alfano: su 100 elettori che nel 2012 hanno votato il grillino Pizzarotti, infatti, solo due anni prima (regionali del 2010) in 26 preferivano la Lega, in 18 l’Idv, in 7 il Pd. E zero il Pdl.
A Parma, gli ex azzurri e la componente di An hanno puntato tutto sulle liste civiche (64 su 100), sulla conferma del voto al Pdl (21), sul centro sinistra (8), sull’astensione (7).
Il disorientamento ha dunque provocato una mezza diaspora nel centro destra senza però alimentare il boom del Movimento 5 Stelle.
L”Istituto Cattaneo ha messo a raffronto le regionali del 2010 e il primo turno del 2012 – considerato «politicamente più pregnante» di quello con le comunali 2007 – e questa scelta non esclude che poi, al ballottaggio, molti voti di pidiellini delusi dalla pessima amministrazione di centro destra uscente siano finiti a valanga sul candidato di Beppe Grillo.
Prendendo in considerazione i risultati di Monza, Verona, Genova, Piacenza e Parma, il tasso di fedeltà degli elettori del Pdl sprofonda sotto il 50%, fatta eccezione per Piacenza (76): mentre a Monza su 100 elettori che nel 2010 avevano votato Pdl, ben 18 hanno addirittura scelto il candidato di centro sinistra, 12 si sono astenuti e 7 hanno indicato la Lega.
Al Carroccio, tuttavia, è andata peggio: fatto salvo il successo di Tosi a Verona – con un tasso di fedeltà del 96% – molti ex elettori leghisti si sono rifugiati (temporaneamente?) in casa del Movimento 5 Stelle (38 su 100 a Parma), in quella delle liste civiche (30) e in quella del centro sinistra (16).
A Piacenza, poi, un quinto dell’elettorato leghista è confluito sul candidato di centro sinistra mentre il 17% si è fatto convincere dal Movimento 5 Stelle.
In media il tasso di fedeltà degli elettori leghisti non ha superato il 40%.
Eppure – osserva l’Istituto Cattaneo – «l’espressione del malumore dell’elettore della Lega verso il proprio partito è diversa da quello dell’elettore Pdl, nel senso che esprime un chiaro sentimento di protesta anti sistema: se si sommano i voti che dalla Lega sono andati al Movimento 5 Stelle e all’astensione, a Genova e a Monza si supera la metà dei voti in precedenza attribuiti alla Lega».
E se all’emorragia subita dalla Lega si somma quella sofferta dall’Idv, si arriva a un dato eloquente: «Quattro elettori attuali su 10 del M5S, due anni fa avevano votato Idv o Lega». Tutto ciò, insistono i ricercatori del Cattaneo, «a dimostrazione di una certa matrice comune alla base delle motivazioni politiche della prima Lega, quella di «Roma ladrona», e della prima Idv, quella di tangentopoli, e le nuove istanze del Movimento fondato da Beppe Grillo.
A conferma di questa tendenza, dai flussi verso il M5S emerge l’importante contributo di elettori che nel 2011 si erano parzialmente sganciati dai partiti maggiori votando per «il solo candidato» presidente della Regione senza votare alcun partito o al massimo votando per liste minori che lo appoggiavano.
«Questa componente – conclude il Cattaneo – vale mediamente un quinto del Movimento 5 stelle».
La diaspora degli elettori del Pdl, dunque, ha premiato a Genova e a Parma le liste civiche, la Lega Verona, l’astensione a Genova Piacenza e Monza: «Un elettorato, quello del Pdl, che sparpagliandosi in tutte le direzioni ha manifestato un comune disorientamento di base».
Il Movimento 5 Stelle ha pescato con le sue reti anche nelle acque del Pd: a Genova, a Verona, a Piacenza e a Monza.
Però l’attrazione fatale per i grillini l’hanno avuta, oltre a leghisti e dipietristi, i militanti della sinistra radicale.
Grillo, poi, ha fatto breccia, unico caso, nel Pdl a Verona ma non a Parma, come invece si era creduto in un primo momento.
Dino Martirano
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
OGNI ANNO PREVISTE USCITE PER 283 MILIARDI, LA META’ SERVE SOLO PER FARLI FUNZIONARE
Spese dei ministeri ancora sotto pressione per garantire il successo della prima fase della spending review , quella che dovrebbe assicurare risparmi non più per 4,2 bensì per 5 miliardi.
La correzione, resasi necessaria per i danneggiamenti del terremoto in Emilia, dovrebbe essere varata nella riunione di lunedì del Comitato interministeriale, guidato dal premier Mario Monti.
In questa sede saranno abbozzate le linee guida del decreto legge che
dovrebbe essere varato a fine mese e che punta a scongiurare l’aumento delle aliquote Iva, a ottobre, di almeno un punto, oltre a garantire risorse per il dopoterremoto.
Ma come si recupereranno queste cifre?
Ridurre la spesa pubblica di 5 miliardi tra giugno e dicembre del 2012 equivale ad avere circa 8,5 miliardi di risparmi strutturali dal 2013.
Tre miliardi dovrebbero derivare dal taglio della spesa di cui si sta occupando il commissario Enrico Bondi.
Il resto dovrebbe essere recuperato da ulteriori tagli alla spesa corrente dei ministeri.
Il Servizio del bilancio del Senato ne ha analizzato tutte le voci di
spesa, pari a 283 miliardi (comprensivi di stipendi) sui 779 complessivi spesi dallo Stato.
Metà delle risorse, cioè 108 miliardi, servono al semplice
funzionamento della «macchina», rispetto ai 36 miliardi che vanno in conto capitale.
Il servizio studi ha segnato con un cerchietto gli stanziamenti più
consistenti rispetto al totale previsto dai vari ministeri per il 2012.
Ad esempio sui 79 miliardi spesi dal ministero dell’Economia si evidenziano i trasferimenti a società pubbliche: 1,8 miliardi a Ferrovie, Anas e Enav; 4,3 miliardi all’Inps a copertura del disavanzo fondo pensioni per il personale Fs. Curioso il dato dei versamenti alle confessioni religiose, pari a 1,1 miliardi. Tra le spese di funzionamento, spiccano quelle legate al potenziamento della lotta all’evasione fiscale: 1,4 per l’attività della Guardia di finanza e 2,6 per la repressione di frodi e violazioni fiscali.
Il ministero dello Sviluppo che costa 7 miliardi, ne spende 6,6 in spesa in conto capitale.
Il servizio studi segnala alcune spese di funzionamento: 17 milioni di trasferimenti all’Autorità per la concorrenza e i mercati, 122 milioni trasferimenti all’Ice, 158 milioni dotazione capitale Enea.
Il ministero del Lavoro che esprime una spesa da 100 miliardi ne versa ben 98 in interventi di politica sociale; 300 milioni vanno al funzionamento degli uffici territoriali.
Sui 7 miliardi spesi dalla Giustizia, 3,2 servono al funzionamento dei Tribunali, un cerchietto segnala una spesa di 848 milioni in spese per intercettazioni.
Sul miliardo e sette speso dagli esteri pesa per 579 milioni il funzionamento delle sedi estere e per 461 milioni i contributi a organismi internazionali.
Sui 44 miliardi per l’Istruzione 40 vanno alle spese per l’istruzione scolastica e 444 milioni alle università : si segnalano 269 milioni per il sostegno alla scuola paritaria e 84 milioni alle università private.
Sul conto da 11 miliardi dell’Interno, 486 milioni sono da addebitare al funzionamento delle Prefetture.
Si evidenziano 54 milioni per la protezione collaboratori di giustizia e 200 milioni per i servizi di accoglienza a stranieri.
Costa 7,5 il ministero delle Infrastrutture e trasporti, di cui 5,5 in investimenti, tra gli interventi, 581 milioni di sgravi per le imprese armatoriali.
La Difesa pesa 19 miliardi, 17 dei quali per il suo funzionamento, tra gli investimenti più cospicui, 1,9 miliardi per la costruzione e l’acquisizione di impianti e servizi.
Antonella Baccaro
(da Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
IL TRASPORTO SECONDO MORETTI: “O SI AUMENTANO LE TARIFFE O I CONTRIBUTI O NON SI PUO’ ANDARE AVANTI, POSSIAMO SOLO INTERROMPERE IL SERVIZIO”
Le regioni italiane rischiano di restare senza treni locali nel 2013 per mancanza di fondi.
A lanciare l’allarme è l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti nel corso di un convegno.
“Nel 2013 – afferma – se non ci saranno soldi a bilancio non faremo il servizio regionale”.
“O si aumento le tariffe o i contributi oppure non si può andare avanti. Se non ci sono i soldi noi non possiamo ricapitalizzare, possiamo solo interrompere il servizio, cosa che comporta una denuncia penale. Ci denuncino pure e poi vediamo cosa succede”, ha dichiarato Moretti.
Il numero uno delle Ferrovie ha poi spiegato che, per quanto riguarda il servizio regionale, i cosiddetti “ricavi per passeggero/chilometro” in Italia sono di 10,8 centesimi di euro contro i 17,2 centesimi del trasporto su gomma”. Moretti ha poi citato la Germania, con ricavi per passeggero/chilometro a 20 centesimi e la Francia, i cui ricavi sono di 22 centesimi.
Situazione assai diversa è quella inglese, che vede ricavi per passeggero variare da “33 a 42 centesimi chilometro”.
In sostanza, ha spiegato l’ad di Fs, in Italia il trasporto su gomma viene riconosciuto al 70% in più rispetto al treno.
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
IL LEADER MORSELLO CERCA CANDIDATI PER LE PROSSIME REGIONALI… NESSUN DIALOGO CON L’ATTUALE CLASSE DIRIGENTE, GRILLINI COMPRESI
“Ci basta un solo deputato per risolvere i problemi».
Ne è convinto Martino Morsello, presidente del movimento dei Forconi, il gruppo di agricoltori che a gennaio ha paralizzato per una settimana la Sicilia bloccando i trasporti di merci e carburante.
Per questo pochi giorni fa ha annunciato sulla pagina Facebook del movimento la ricerca di candidati da presentare alle prossime elezioni regionali siciliane, previste per ottobre, dopo l’annuncio di dimissioni a luglio del governatore Raffaele Lombardo.
Una decisione presa nonostante il risultato non esaltante delle consultazioni amministrative nei tre Comuni in cui i Forconi hanno corso con una lista propria.
Pochi ma precisi i requisiti richiesti adesso agli aspiranti: radicamento sul territorio, capacità personali e nessuna appartenenza ai partiti tradizionali che «dovrebbero essere smembrati».
Candidati di estrema destra o estrema sinistra, non importa.
Purchè siano «uomini anti-sistema», spiega.
Fondamentale è invece la condivisione del programma, i cui punti principali sono già stati diffusi.
Al primo posto restituire alla regione «la sovranità alimentare e militare».
«La Sicilia dev’essere dichiarata isola biologica e la maggior parte dei prodotti agricoli devono essere prodotti e consumati qui», spiega Morsello.
Per farlo, basterà ridurre i costi di produzione.
Tra tutti, la benzina: bandiera del movimento, sin dalla sua nascita, è infatti la necessità di abbassarne il prezzo a 0,70 centesimi di euro.
La ricetta è presto detta: «Ridurre gli sprechi della casta e coniare una moneta nostra». In parallelo, bisognerà cacciare le basi straniere dall’isola, «siano esse degli Stati Uniti o della Nato».
«Perchè la Sicilia, centro del Mediterraneo e della cultura internazionale, non può essere oppressa così», si sfoga. Importante, infine, introdurre il reddito di cittadinanza: «un compenso per quei giovani che non sono così fortunati da avere amici nei partiti che li sistemino».
Una proposta condivisa da Forza nuova ma che, secondo Morsello, piacerebbe anche all’estrema sinistra. «Dividere dal punto di vista ideologico — spiega — significa dare ancora potere ai partiti tradizionali. Che lo useranno sempre e solo per i privilegi della casta».
Il bacino elettorale preferenziale dei Forconi saranno i piccoli centri siciliani. Quelli che meglio hanno risposto alla loro prima esperienza politica, le appena trascorse elezioni amministrative a Palermo — dove hanno
ottenuto solo lo 0,28 per cento dei voti -, a Marsala con l’1,47 per cento e a Raffadali, in provincia di Agrigento, dove il movimento ha portato a casa il 3,41 per cento delle preferenze.
Risultati incoraggianti, li definisce Morsello.
Tranne che nel capoluogo, «che però non fa testo, perchè è una metropoli, con troppi abitanti e troppa burocrazia».
Anche i candidati alle prossime elezioni regionali saranno quindi espressione dei piccoli centri, «non superiori ai 20mila abitanti e meglio ancora se agricoli».
Ancora misterioso invece il nome del candidato alla guida della regione siciliana.
Il movimento sta lavorando per allargare la sua rete, rivolgendosi a realtà non solo locali. Forza Nuova, a cui da sempre i Forconi vengono reputati vicini, ha già dato la sua disponibilità .
Due i nuovi interlocutori principali, secondo quanto riferito da Morsello: il ferrarese Fernando Rossi — un passato nei Comunisti italiani, oggi portavoce del movimento Per il bene comune — e Pippo Scianò, segretario del Fronte nazionale siciliano, «il capo dell’indipendentismo isolano che vedrebbe di buon occhio una nostra candidatura».
Ma Scianò frena e smentisce Morsello. «Siamo interessati ai Forconi come fenomeno politico e sociale, ma senza alcuna alleanza, almeno al momento», chiarisce.
Soprattutto a causa della presenza di Forza nuova. «Noi vogliamo l’indipendenza della Sicilia — spiega — Come possiamo essere interessati a stare insieme a una partito nazionalista?».
Nessun dialogo è previsto da parte del movimento con l’attuale classe politica. I partiti tradizioni — Pd, Pdl, Udc, Mpa — «hanno la responsabilità di averci portato allo sfacelo solo per privilegiare una casta, la loro».
E non va meglio con gli outsider rivelazione delle passate consultazioni: il MoVimento 5 stelle. A cui i Forconi dicono di «guardare con attenzione».
Ma non senza un po’ di diffidenza.
Un esempio? «Il caso del neo-sindaco di Parma che voleva introdurre una moneta popolare ma ci ha ripensato».
La spiegazione si fa complottista. «Aldo Moro è stato ammazzato dalla grande finanza internazionale perchè voleva coniare una monetapopolare». Rischio che il primo cittadino parmense non si sarebbe sentito di correre.
Ai Forconi, invece, come recita lo slogan della loro costola nazionale servono uomini «pronti a fare quello che gli altri non vogliono fare».
Claudia Campese
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
IL GRUPPO VALLE-LAMPADA AVREBBE AVUTO RAPPPORTI DI AFFARI NEL SETTORE DEI VIDEOPOKER CON LA ATLANTIS DEL LATITANTE CORALLO, BENEFICIARIO DI UN FINANZIAMENTO DA 148 MILIONI EROGATO DALL’ISTITUTO DI CREDITO…PER I GIUDICI IPOTESI RICICLAGGIO
I soldi della Banca popolare di Milano alla Atlantis del latitante Francesco Corallo, concessionaria dei Monopoli di Stato per videopoker e slot machine.
E la Atlantis, a sua volta, avrebbe dato in concessione alcune sale giochi ad aziende di Giulio Giuseppe Lampada, arrestato a Milano il 30 novembre per associazione mafiosa, con l’accusa di essere la mente economica del clan Valle, legato ai Condello di Reggio Calabria.
E’ un’indiscrezione che trapela dall’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari l’ex presidente dello storico istituto bancario milanese Massimo Ponzellini.
Tra le accuse mosse a Ponzellini c’è appunto un finanziamento di 148 milioni di euro, che nelle carte i pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici definiscono “incomprensibile” e in odore di “riciclaggio”, alla Atlantis Betplus di Francesco Corallo, attualmente latitante.
Francesco è figlio di Gaetano Corallo, uomo di Nitto Santapaola condannato negli anni Ottanta nel processo per l’assalto politico-mafioso al casino di Sanremo.
La Atlantis Betplus è una delle dieci concessionarie ufficiali dei Monopoli di Stato per la gestione di videopoker e slot.
Ora la storia potrebbe arricchirsi di un nuovo capitolo imbarazzante, se venisse confermato anche il rapporto economico tra Atlantis e il gruppo Valle-Lampada.
Diversi esponenti della famiglia Valle, originaria di Reggio ma trapiantata da decenni nel milanese, sono stati arrestati per associazione mafiosa, usura e altri reati nel luglio del 2010, e attualmente sono sotto processo.
A novembre del 2011 sono finiti in carcere Francesco Lampada, marito di Maria Valle, e suo fratello Giulio Giuseppe.
Quest’ultimo, considerato la mente economica del clan, anche con l’accusa di associazione mafiosa.
Nella galassia imprenditoriale dei Valle-Lampada le “macchinette” del gioco d’azzardo di Stato sono un pilastro fondamentale.
“Nel febbraio 2010, secondo i Monopoli, le macchine” riconducibili ai Valle-Lampada a Milano e provincia “erano divenute 347, collocate in 92 locali”, scrivono gli investigatori nell’ordine di custodia. “Per un fatturato “dai 25 ai 50 mila euro al giorno”.
Secondo l’accusa, il business è gestito in modo completamente illegale, con le macchinette scollegate dalla rete telematica dei Monopoli (un modo per abbattere la quota di guadagni da girare allo Stato) e pagamenti in nero alla concessionaria Gamenet.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
PROPRIO MENTRE IL SINDACO DORIA COMINCIA A ESSERE OGGETTO DI CRITICHE PER SCELTE SBAGLIATE, LA COALIZIONE DEL “TERZO PO(L)LO” FINISCE ARROSTO: DOPO IL TRADIMENTO DEGLI UDC, ANCHE MUSSO LASCIA IL POSTO DA CONSIGLIERE…LA BRILLANTE OPERAZIONE “DELL’OPPOSIZIONE VIRTUALE” ORA E’ QUASI CONCLUSA
Eletto da poche settimane, il sindaco della torre d’avorio del centrosinistra genovese, Marco Doria, non ne sta azzeccando una e i suoi elettori cominciano a essere molto critici su alcune sue scelte.
Giova ricordare che il sindaco precedente, Marta Vincenzi, era stata eletta al primo turno con 158.000 voti, Doria al secondo turno con appena 114.000.
Appena eletto Doria si è arenato nella composizione della giunta, nominando in particolare due assessori “originali”: Francesco Oddone che non voleva mollare la poltrona in Datasiel e Isabella Lanzone che vuole mantenere il part time alla Asl, entrambi per mere e poco nobili ragioni economiche.
Non un bel biglietto da visita: se poi si aggiunge l’aumento dell’Imu, lo snobismo di disertare molti incontri in cui un sindaco, nella sua veste istituzionale, non può non essere presente, l’atteggiamento di chi decide sempre per conto suo, l’esclusione dalla giunta dell’Idv e della Fed. della Sinistra, il vento del consenso sembra soffi contro il neosindaco di Genova.
Non si contano le critiche che gli vengono rivolte tramite la stampa cittadina dal suo stesso elettorato.
Per fortuna sua, nella cosiddetta opposizione si sta anche peggio.
Grillini a parte, già dilaniati dalle polemiche tra base ed eletti e in attesa che Burlando tiri le fila delle marionette, vediamo che succede nel centro destra.
Il candidato sindaco del Pdl ha già salutato la compagnia, dimettendosi subito, mentre il gruppetto dei cinque sopravvissuti è gia diviso in sei spifferi.
Vinai pare punti al Parlamento, come compensazione del sacrificio compiuto nell’immolarsi alle Comunali, con grande felicitià di deputati e senatori Pdl uscenti, già dimezzati sulla carta.
La lista civica Musso avrebbe dovuto essere un mix di lista personale di Musso, Udc e Fli: trascorso neanche un mese dal voto, come avevamo previsto a suo tempo, dei quattro eletti due formano il gruppo Udc e si sganciano per essere pronti a passare con Doria nel momento più remunerativo, uno rimane in attesa sul filo, l’altra è la sorella di Musso.
Ora si dimette anche Enrico Musso, candidato sindaco e torna a fare il senatore in vista delle prossime elezioni.
Insomma degli avversari di livello di Doria non rimane nessuno, tutti desaparecidos: l’elettore genovese ringrazia.
Fli non ha ottenuto neanche un consigliere, alla fine di una operazione condotta con raro acume (rinunciando a presentare il proprio simbolo, ha perso dal tappo e dalla spina).
Quello che è ancora più significativo è che, a fronte della diaspora e della fuga degli Udc, Fli regionale non abbia nulla da dire.
D’accordo che il silenzio è d’oro, ma una volta l’anno magari una analisi l’elettore se la attende.
Parole zero, autocritica zero, dimissioni zero, interventi da Roma zero.
Temperatura e passione politica siberiana, insomma.
State coperti.
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
SI PARLA DI “ALTRE PERSONE” CHE SAREBBERO COINVOLTE… SOSPESO IL PRESIDE DELLA “MORVILLO FALCONE” PER ACCERTAMENTI AMMINISTRATIVI
“La presenza di altre persone sul luogo del delitto, almeno nelle fasi preparatorie, che avrebbero aiutato Giovanni Vantaggiato nell’attentato a Brindisi, sarebbe confermata dalle dichiarazioni dello stesso indagato e da testimoni”.
Sono le prime indicazioni dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Lecce Ines Casciaro per la bomba alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi, che il 19 maggio scorso provocò la morte di Melissa Bassi e ferì altre 5 sue compagne di scuola.
Nell’ordinanza si cita la testimonianza di una persona che ha dichiarato di aver notato verso l’1 e 30 del 19 maggio nei pressi del chiosco vicino all’istituto “un uomo che spingeva un bidone della spazzatura munito di ruote tenendolo dalla parte delle maniglie, inclinato verso il suo corpo, e che andava in direzione della scuola”.
La descrizione della corporatura e dell’abbigliamento fatta dal testimone non coincide con la fisionomia di Vantaggiato.
Questa circostanza, insieme al fatto che l’arrestato più volte nel corso dell’interrogatorio ha utilizzato il plurale e quindi “ha implicitamente ammesso la presenza di almeno un altro complice”, confermerebbe secondo il gip che Vantaggiato non ha agito da solo.
In relazione al movente della strage il gip sostiene che l’arrestato “voleva effettuare un gesto dimostrativo nei confronti del mondo intero perchè vittima di truffe che lo hanno messo in ginocchio economicamente”.
“L’attentato – scrive il gip – era rivolto proprio ad attirare l’attenzione delle istituzioni e del legislatore sul punto ed era finalizzato ad esprimere la sua rabbia, affinchè si trovi un sistema idoneo per tutelare chi, a causa di inadempimenti artatamente predisposti, subisce ingenti danni’.
“Lo stato – ha affermato Vantaggiato – non tutela chi subisce truffe”.
La svolta nelle indagini sull’attentato di Brindisi – a quel che si è appreso nelle ultime ore – maturò la notte precedente il fermo di Vantaggiato, ora reo confesso.
Quella notte era stato ascoltato infatti, come persona informata dei fatti, Cosimo Parato, imprenditore agricolo di Torre Santa Susanna imputato in un processo per una truffa denunciata dallo stesso attentatore.
In quella occasione Parato avrebbe dato ai carabinieri elementi utili per le indagini. Era rimasto infatti vittima di un attentato il 24 febbraio 2008, quando fu fatta esplodere una bomba sistemata sul sellino della sua bicicletta, e l’ordigno era confezionato con bombole di gpl, la stessa modalità utilizzata a Brindisi.
Parato, ascoltato dagli investigatori, fece riferimento ai rapporti commerciali con Vantaggiato e a dissapori intercorsi tra loro, indicandolo come possibile autore del gesto,
Intanto è stato sospeso per ragioni di opportunità dall’ufficio scolastico regionale della Puglia Angelo Rampino, preside della scuola stessa. Il preside sarebbe dovuto rientrare oggi dalle ferie, che aveva preso subito dopo l’attentato, per presiedere alle attività di scrutinio.
La sospensione – che è un provvedimento cautelativo e non disciplinare – è stata disposta in attesa che si concludano gli accertamenti amministrativi avviati nei confronti del preside per i contenuti di alcune interviste rilasciate nei giorni successivi all’attentato.
Dovrà essere confermata entro il 18 giugno dal capo dipartimento all’Istruzione del ministero.
La sospensione, a quanto si è appreso, è legata al comportamento in servizio avuto dal dirigente scolastico dopo l’attentato e non è connessa alle indagini in corso.
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Giugno 11th, 2012 Riccardo Fucile
ELEZIONI LEGISLATIVE: L’ONDA ROSA NON SFONDA…IL PARTITO DI SARKOZY REGGE, MA LA SINISTRA AL BALLOTTAGGIO PUNTA ALL’EN PLEIN
Buone notizie per Francois Hollande. Nessuna sorpresa è uscita dalle urne del «terzo turno» elettorale francese, il primo delle legislative a cinque settimane dalla vittoria socialista alle presidenziali.
Pur senza «onda rosa», la sinistra ha confermato in modo netto la sua supremazia sulla destra e il Partito socialista non esclude, al ballottaggio di domenica prossima, di poter conquistare la maggioranza assoluta.
Le cifre parlano di una gauche che nel suo insieme (socialisti, Verdi e Front de gauche) totalizza il 46,3% dei voti contro il 33,9 della destra (Ump e alleati) e il 14% del Fronte nazionale.
Da solo, il Ps ottiene il 34,9, praticamente alla pari con l’Ump, ma per il peso delle circoscrizioni è nettamente avanti e potrebbe mettere insieme da solo i 289 seggi necessari per la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale.
In ogni caso, automatico è l’appoggio dei Verdi (4,9%), che hanno la loro leader Cecile Duflot già nel governo.
Il Front de gauche, che dovrà affrontare la seconda delusione consecutiva del suo leader Jean-Luc Melenchon, battuto da Marine Le Pen nel duello all’ultimo sangue di Henin-Beaumont, rimarrà ai margini ma il suo appoggio non sarà indispensabile.
Fine annunciata per i centristi del MoDem, che non arrivano al 2% e il cui leader, Francois Bayrou, quasi certamente è eliminato ed esce di fatto dalla politica dopo 25 anni.
Molto bassa l’affluenza, con una partecipazione al voto del 57,52%, e questo dato fa calare la percentuale di triangolari al secondo turno, gli scontri a tre in cui per lo più il candidato della sinistra e quello della destra devono vedersela con un terzo incomodo del Fronte nazionale.
Sarà una settimana di trattative serrate.
A destra si inneggia alla mancata «onda rosa» socialista e si invitano gli elettori a non rassegnarsi, come fa Alain Juppè, l’ex ministro e sindaco di Bordeaux che non si è candidato.
Per il momento, sembra che l’Ump non voglia concedere «assegni in bianco» alla sinistra dove non sarà presente al ballottaggio e che condizioni il suo appoggio contro un candidato dell’estrema destra al fatto che in quella circoscrizione la sinistra non abbia appoggiato un candidato del Front de gauche.
Oltre alla battaglia di Henin-Beaumont, dove la Le Pen inneggia alla vittoria personale (48%), ma sa che quasi certamente non ce la farà domenica prossima contro l’avversario socialista appoggiato dall’arco repubblicano dei partiti, le altre sfide personali non hanno riservato troppe sorprese.
Segolene Royal, nonostante il suo avversario dissidente socialista non si sia ritirato e confermi la sua presenza al secondo turno in una triangolare, è in situazione favorevole e ce la dovrebbe fare.
Tutti gli altri ministri che rischiavano il posto – la regola vuole che se si perdono le elezioni non si possa mantenere la carica nel governo – sono in posizione piuttosto tranquilla per il secondo turno, dalla ministra della Cultura Aurelie Filippetti a quella della Salute, Marisol Touraine.
Sono già eletti direttamente al primo turno in sei, compreso il premier Jean-Marc Ayrault, che ha lanciato un appello agli elettori affinchè esaudiscano la richiesta di Hollande di avere «una maggioranza ampia, solida e coerente».
Se poi fosse assoluta, i socialisti affronterebbero questi cinque anni in salita con la certezza di non dover negoziare il proprio programma nemmeno con l’alleato più fedele.
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