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BERLUSCONI E L’IPOTESI DEI SERVIZI SOCIALI

Agosto 4th, 2013 Riccardo Fucile

“VISITE DEGLI ASSISTENTI E ORARI FLESSIBILI”

Chiedere l’affidamento ai servizi sociali, magari a un istituto religioso, come quello di Suor Silviana, la zia Bice che lo consigliava nei momenti difficili.
Oppure no: «Andare in carcere». Da giovedì, giorno del giudizio, si cerca di capire cosa farà  Silvio Berlusconi.
In carcere non ci andrà , in virtù dei suoi 76 anni e della legge «svuotacarceri».
Entro metà  ottobre dovrà  però scegliere come scontare l’anno di pena (gli altri tre sono coperti da indulto): domiciliari o affidamento in prova ai servizi sociali.
«Perchè se poi mi affidassero ai servizi sociali, il massimo che potrei fare sarebbe andare di sera per strada a spiegare alle signorine che devono cambiare vita», era la frase che i retroscena gli attribuivano alla vigilia dell’udienza in Cassazione.
Nonostante il momento drammatico, non aveva perso il senso dell’ironia per ribadire, come ha fatto anche in un’intervista a Libero, che non accetterà  «di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato».
Eppure tra i domiciliari, che prevedono la permanenza in casa salvo particolari permessi, e l’affidamento ai servizi sociali, «quest’ultimo ha obblighi sicuramente più lievi, che il magistrato può modulare con maggiore flessibilità », assicura l’avvocato Corrado Limentani, esperto di esecuzione penale.
Se Berlusconi facesse richiesta di affidamento, e se il Tribunale di Sorveglianza lo accordasse, «dovrebbe vedere periodicamente gli assistenti sociali a cui è affidato, potrebbe subire il divieto di uscire dalla provincia di residenza senza permessi o di frequentare certi luoghi o certe persone, come i pregiudicati. Avrebbe però buona parte della giornata a disposizione (solitamente si va dalle 7 fino alle 22 o 23, dopodichè potrebbero arrivare i carabinieri a controllare che sia effettivamente in casa) per muoversi e lavorare, sempre che il magistrato non riscontri rischi di reiterazione del reato».
E soprattutto «potrebbe continuare a fare politica», spiega l’avvocato: anche restando presidente del suo partito, sia esso il Pdl o la prossima Forza Italia.
E a sentire gli esperti della materia, anche se chiedesse l’affidamento, non è scontato che nel futuro prossimo vedremo il Cavaliere impegnato nel volontariato o nel sociale, come abbiamo visto Cesare Previti, nel 2007, quando gli restavano da scontare un anno e 7 mesi, offrire consulenza legale gratuita a tossicodipendenti ed emarginati con il Ceis di Don Mario Picchi; o come Lele Mora, che presta servizio per Exodus di Don Mazzi.
«Un avvocato avveduto, di solito, consiglia al proprio assistito di fare attività  di volontariato: la solidarietà  come dimostrazione che si vuole risarcire la comunità », commenta Gianluca Maris, legale che ha seguito Mora e Fabrizio Corona.
Ma non è necessario: «È obbligatorio riparare il danno procurato alla vittima, ma in questo caso può essere risolto economicamente. E le necessità  dell’attività  politica di un leader di partito potrebbero giustificare ampi margini di movimento e libertà ».
Corona ottenne, quasi un anno fa, il permesso di rientrare anche all’una di notte: era il suo lavoro, nella sua società  in corso Como a Milano, a richiederlo (poi la misura fu revocata).
Berlusconi, insomma, potrebbe avere tutti i requisiti perchè i magistrati concedano l’affidamento in prova anche senza attività  di volontariato.
Il termine per la richiesta è il 16 ottobre, poi ci vorrà  qualche mese per la decisione del Tribunale di Sorveglianza.
Se no, per lui, scatteranno i domiciliari.

Renato Benedetto
(da “il Corriere della Sera”)

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L’ULTIMA TRINCEA DI BERLUSCONI: UN SALVACONDOTTO DAL GOVERNO

Agosto 4th, 2013 Riccardo Fucile

IL PDL PENSA A UNA AMNISTIA CHE PASSI ATTRAVERSO IL GOVERNO LETTA

La strada della grazia è ormai sbarrata, il Colle è inespugnabile, non c’è assedio, piazza che lo possa, condizionare, ricattare.
Il piano del Cavaliere è già  un altro e passa per la sopravvivenza del governo Letta. «Proviamo a tenerlo in vita, ma solo a condizione che si faccia la riforma della giustizia e che il Pd accetti di chiudere lì la guerra dei vent’anni».
Un’amnistia, insomma, o un qualche salvacondotto.
Che possa cancellare con un colpo di spugna l’onta della condanna definitiva, sono tornati in cima ai desiderata di Silvio Berlusconi.
È la ragione per cui nella giornata di ieri l’ordine di scuderia è stato quello di abbassare i toni, non più la manifestazione a due passi dal Quirinale ma davanti la residenza del leader, non più minacce di crisi di governo ma disponibilità  a sostenerlo ancora, non più ministri barricaderi, ma silenti, anzi del tutto assenti dal selciato arroventato dall’afa di oggi pomeriggio in via del Plebiscito.
Conseguenza anche del messaggio che il presidente Napolitano, di ritorno dai giorni in Alto Adige, ha recapitato a Berlusconi tramite Gianni Letta: spazzare via la grazia dal tavolo di discussione, abbassare i toni, pena la cancellazione dell’incontro coi capogruppo di domani.
Ecco perchè Berlusconi si riposiziona.
«L’unica strada che abbiamo è raggiungere una accordo politico con il Pd, se vogliono la pacificazione devono dimostrarlo e concordare con noi la riforma della giustizia» ha insistito l’ex premier già  nel vertice notturno di venerdì, dopo l’assemblea coi gruppi, quando ad ascoltarlo erano rimasti Alfano, Verdini, Santanchè, Lupi, i capigruppo ma anche la figlia Marina e Fedele Confalonieri.
Proprio col braccio destro di sempre e con l’amata figlia, oltre che con la fidanzata Pascale, ha ripreso ieri mattina la via di Arcore.
Il leader ha garantito ai promotori della manifestazione – trasformata nel giro di poche ore in pacifico sit-in – che oggi pomeriggio ci sarà .
In realtà , eviterà  di farsi coinvolgere, la strategia ora è quella dell’inabissamento.
Il suo rientro a Palazzo Grazioli è previsto nel tardo pomeriggio, è assai probabile che si faccia vedere dai simpatizzanti sotto casa ma che non parli, come avvenuto un mese fa alla manifestazione davanti Villa San Martino ad Arcore.
Del resto, nella telefonata di fuoco che è intercorsa nella tarda serata di venerdì con il capo dello Stato Napolitano, Berlusconi si è impegnato a mantenere le distanze da qualsiasi comportamento «irresponsabile».
Il Quirinale non sente ragioni, non ammette colpi di testa.
«Presidente, non sono stato io a invocare la grazia, non ho alcuna intenzione di far cadere il governo» ha spiegato Berlusconi a Napolitano, raccontano.
Impegnandosi «ad abbassare da subito i toni». Pur insistendo sul fatto di aver «subito una profonda ingiustizia».
E i toni sono di fatto cambiati nell’arco delle ultime 24 ore.
Fatto salvo per le intemperanze di Sandro Bondi e la fiammata sulla «guerra civile», ovvio, che a Palazzo Grazioli ridimensionano a una sortita autonoma del coordinatore. Ecco allora che i ministri Lupi, Lorenzin, Quagliariello, De Girolamo, che nel pomeriggio in sequenza chiamano il capo per sapere se presentarsi o meno oggi al sit-in, subiscono lo stop dallo stesso Berlusconi.
È lui a invitare a non andare, «per non prestarsi a strumentalizzazioni, per tenere fuori il governo».
Linea che poi in serata il ministro Lupi andrà  a ufficializzare davanti alle telecamere del Tg1 e che, del resto, il vicepremier Angelino Alfano aveva anticipato ore prima al presidente del Consiglio Enrico Letta.
I due sono rimasti in contatto per tutto il giorno e da mattina a sera il premier si è sentito rassicurare sul fatto che l’evocazione del voto anticipato, fatta il giorno prima dal Cavaliere all’assemblea dei gruppi Pdl, non era altro che una provocazione per reagire alla condanna.
Nel Pdl i malumori restano, la spaccatura tra falchi e colombe è tornata palpabile, in serata la notizia dell’assenza dei ministri ha indispettito Gasparri e tanti altri.
La tensione è stata altissima per tutto il giorno nella sede di via dell’Umiltà , dove sono stati chiamati in fretta e furia tutti i coordinatori comunali del Lazio per tentare di portare davvero qualche migliaio di persone nel pieno di una domenica d’agosto, la sfida dei falchi è ad alto rischio.
«Non sarà  una manifestazione contro Letta tanto meno contro Napolitano, ma di solidarietà  al nostro leader» tiene a precisare Mariastella Gelmini.
Berlusconi certo non rema contro i barricaderi. Ai ministri dice di non muoversi, di attendere («Fino a lunedì restiamo fermi, io non dirò nulla»), dall’altro lato tiene accesa la fiamma della piazza.
Del resto, in privato, con gli avvocati Ghedini e Longo studia la legge Severino sulla incandidabilità  (per condanne superiori a due anni) per sondare la praticabilità  del «piano B», ovvero la possibilità  di candidarsi nonostante la condanna (un solo anno da scontare), qualora si votasse a ottobre.
Quando ancora l’interdizione non avrà avuto la «ratifica» del Senato.
E di voto si torna a parlare con insistenza sulla sponda leghista.
Roberto Maroni dopo aver sentito al telefono Berlusconi ha raccontato ai suoi di averlo trovato «molto determinato, per nulla abbattuto, vispo e combattivo: la storia della grazia è un ballon d’essai, nel Pdl sapevano dall’inizio che, per come l’hanno messa, Napolitano non poteva che dire no».
Per l’ex ministro dell’Interno è la conferma che tutte le tensioni ora si riversano sul governo, «noi ci prepariamo alla crisi e alle elezioni, che adesso sono lo scenario più probabile, da metà  ottobre può succedere di tutto».
Se Silvio Berlusconi sarà  fuori gioco, la figlia Marina è già  pronta al suo fianco.
Non lo ha lasciato un secondo nelle ultime 48 ore, spesso mano nella mano, raccontano, al fianco del padre provato.
Secondo tanti, nel partito, ormai in procinto di raccogliere anche lo scettro in politica.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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“COSI’ SALTA TUTTO”: E BERLUSCONI RALLENTA

Agosto 4th, 2013 Riccardo Fucile

SVOLTA DOPO UNA TELEFONATA DI GIANNI LETTA…. L’IDEA DI UN DISCORSO IN SENATO

«Adesso abbassiamo i toni. Evitiamo che i ministri siano presenti in piazza. Magari può fare un salto Angelino, precisando che sta lì come segretario del partito. Se decido di andare, sarà  solo per abbassare i toni».
Non solo. «La manifestazione va spostata da Piazza Santi Apostoli perchè dobbiamo evitare in ogni modo che un pezzo del corteo si stacchi e vada verso il Quirinale».
L’ultima svolta di Silvio Berlusconi arriva alle 13 di ieri.
E la regola di ingaggio di «abbassare i toni nei confronti del governo e soprattutto del presidente della Repubblica» viene impartita a tutto lo stato maggiore del partito. «Soprattutto», si premura di far sapere il Cavaliere, a chi «farà  interviste in tv».
E così alle 13 in punto, quando la pila di lanci d’agenzia generata dalla «guerra civile» di Sandro Bondi ha occupato il famoso scrittoio di Arcore, il Cavaliere impone lo stop.
Ne prende atto Mariastella Gelmini, che interviene ai microfoni di Tgcom24 per precisare che «quella di domani» (oggi, ndr ) sarà  «una manifestazione di pace». Segue a ruota Renato Brunetta, che prima del tramonto dirà  al Tg4 che col caos post-Cassazione «il governo non c’entra».
Per non parlare dei ramoscelli d’ulivo di Renato Schifani, a metà  pomeriggio, e Maurizio Lupi, in serata. Tutti segnali di pace di cui, per espressa volontà  del «Presidente», anche i telegiornali Mediaset devono tenere conto.
Come se fosse quella la linea editoriale, almeno fino a nuovo ordine.
A portare Berlusconi lontano dalla «linea Bondi» è stata una telefonata con Gianni Letta, che l’ha raggiunto ad Arcore all’ora di pranzo.
Fino a quel momento, il Cavaliere aveva guardato con un misto di passione e ansia alle polemiche seguite alla turbolenta giornata di venerdì.
Ma quando sente l’eminenza grigia del berlusconismo, che da quarantott’ore sta facendo la sponda tra il nipote premier e la diplomazia quirinalizia, l’ex presidente del Consiglio viene attraversato da un brivido.
Proprio perchè, stavolta, il messaggio che gli arriva dall’amico di una vita è carico di oscuri presagi. «Se andiamo avanti così, a minacciare la guerra civile e a tirare per la giacchetta Napolitano, dopo la manifestazione Enrico sale al Quirinale e rimette il suo mandato nelle mani del presidente».
E addio, è il sottotesto, sia al giochino di pressioni sull’esecutivo, sia al dibattito sulla riforma della giustizia, sia al miraggio di battere la via della grazia.
È quello, la fine della telefonata con Gianni Letta, l’esatto momento in cui Berlusconi si produce nella terza inversione a U in tre giorni.
«Colomba» giovedì dopo la sentenza della Cassazione, «falco» venerdì, «colomba» di nuovo ieri.
E oggi? È molto probabile che, alla fine, il Cavaliere torni a Roma in tempo per partecipare all’adunata dei suoi. Per molti addirittura sicuro.
Di certo c’è che, in caso di arrivo a Roma, nel canovaccio ci sarà  quell’excursus sulla «storia della magistratura dal 1993 a oggi» di cui ha già  parlato nel videomessaggio post-condanna.
Di certo c’è che si parlerà  di riforma della giustizia. Ma gli attacchi al governo e al Quirinale, a meno di colpi di scena, verranno tenuti da parte
Perchè è ancora indeciso, Berlusconi. Molto indeciso.
«Comprensibilmente oscillante, vista la botta che ha avuto», per usare le parole che Fabrizio Cicchitto ha affidato l’altro giorno ad alcuni amici del Pd.
La linea di battere tutte le strade per «arrivare al voto entro ottobre», con lui stesso candidato premier (se possibile) o in subordine la figlia, rimane aperta.
Come aperta, al netto del Quirinale, rimane la via di giocarsi fino in fondo la partita – impossibile o meno che sia – della «grazia».
Tanto aperta che qualcuno, tra i suoi, ipotizza che il premier ne parli presto – in un senso o nell’altro – in prima persona.
Ma la condizione necessaria, ancorchè non sufficiente, per ambire al provvedimento di clemenza è una «richiesta al Colle» dei figli di Berlusconi o dei suoi avvocati. In entrambi i casi, l’appello è come se arrivasse dal Cavaliere in questione.
Che tanto non esclude quest’ipotesi da lasciar circolare, nella sua cerchia ristretta, l’idea di un «discorso importante» da tenere in Senato forse prima della chiusura estiva.
Basta ad alimentare il ritorno in campo della scelta delle dimissioni, che Letta gli aveva suggerito come primo passo? Chissà .
Di certo non arresta la ridda di rumor che, nelle ultime ore, arriva da Arcore.
Dove si dice che l’ex premier sia stato raggiunto anche da una telefonata solidale dell’ex moglie Veronica Lario.

Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera“)

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