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ORE DECISIVE, BERLUSCONI E LA PAURA DELLA GRAZIA CHE DIVENTA UN BOOMERANG

Agosto 13th, 2013 Riccardo Fucile

SUL TAVOLO ANCHE L’ACCETTAZIONE DELLA SENTENZA

Il chiarimento su quello che sarà  o non sarà  possibile fare per restituire «l’agibilità  politica» di Berlusconi richiesta, quasi pretesa, da tutto il Pdl, arriverà  entro Ferragosto.
Oggi o domani infatti Giorgio Napolitano diffonderà  una sua dichiarazione, che sta mettendo a punto in queste ore, per dare risposta ai molti interrogativi che il caso della condanna dell’ex premier ha suscitato.
Un lavoro, quello di studio della situazione e di chiarimento dei punti focali della vicenda, che il capo dello Stato aveva già  annunciato nel suo incontro con i vertici di Pdl prima e di Pd poi, e che va avanti da diversi giorni.
Il caso è stato esaminato in tutte le sue sfaccettature, tenendo conto della casistica giuridica esistente e assieme della situazione politica delicatissima e tesa che si è venuta creare in questo particolare momento della vita del Paese.
Napolitano, per mettere a punto la sua analisi, ha lavorato a stretto contatto con il suo consigliere per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia, Ernesto Lupo, ex presidente di Cassazione.
E che un suo pronunciamento sia imminente deve essere noto anche all’entourage di Berlusconi, ai suoi consiglieri più fidati che, a partire da Gianni Letta, mantengono rapporti e consultazioni molto strette con il Quirinale in queste ore difficili.
Tanto è vero che proprio ieri ad Arcore, ormai quartier generale stabile di Berlusconi che al momento non intende affatto godersi qualche giorno di relax in Sardegna, si è tenuto un lungo summit fra lo stesso ex premier, Gianni Letta e gli avvocati Longo e Ghedini.
L’argomento sul tavolo è sempre lo stesso: come muoversi per ottenere la migliore condizione possibile per un leader politico che, come ripetono i suoi «rappresenta dieci milioni di italiani» ma da ottobre potrebbe essere costretto agli arresti domiciliari e all’esclusione, con decadenza dalla carica di senatore, da qualunque atto pubblico e politico?
Raccontano che soprattutto da Letta e Coppi sia stata ribadita a Berlusconi la necessità  di non alzare i toni, ma anzi di favorire con il suo comportamento – magari anche con le dimissioni da senatore o comunque con la «presa d’atto della condanna» – un percorso che porti alla grazia presidenziale.
Servirebbe sangue freddo, pazienza, la richiesta esplicita di grazia e dunque il silenziatore per i falchi o comunque l’esclusione della linea che porta alla minaccia del voto un giorno sì e l’altro pure.
Un provvedimento di clemenza, grazia o commutazione della pena, a Berlusconi servirebbe anche per evitare guai futuri, gli ha consigliato soprattutto Coppi, e questo perchè se nei prossimi mesi arrivassero altre condanne, almeno non si sommerebbero a quella già  esistente.
E però, Berlusconi è parso piuttosto scettico, se non decisamente contrario all’ipotesi di chinare «ancora una volta la testa, dopo averlo fatto tante volte senza alcun risultato, l’ultimo permettendo la nascita del governo».
E questo perchè, è stata l’analisi che pure si è fatta nel vertice, non è detto che l’eventuale «aiuto» che potrebbe fornire Napolitano a Berlusconi con un suo atto di clemenza porti davvero alla «agibilità  politica» pretesa dal leader del Pdl.
Infatti, è stata una delle ipotesi prese in considerazione nell’entourage di Berlusconi, il presidente potrebbe eventualmente concedere la grazia o commutare la pena in sanzione pecuniaria, ma magari lasciando intatte le pene accessorie che pure prima o poi saranno decise dalla Corte d’appello di Milano.
Oppure, è ancora il ragionamento che si fa ad Arcore, potrebbe appunto concedere la libertà  personale al Cavaliere ma lasciando che la legge Cancellieri-Severino – che prevede decadenza e incandidabilità  per pene sopravvenute -, faccia il suo corso.
Il risultato? «Per avere uno sconto di pena di 9 mesi, che tanti in realtà  dovrà  scontarne effettivamente Berlusconi, rischiamo di legittimare con il nostro sì la sua uscita definitiva dalla politica…», dice uno dei fedelissimi che ha parlato ieri con Berlusconi.
Per questo, in attesa delle parole di Napolitano, Berlusconi continua ad essere amareggiato, nervoso, arrabbiato e – dicono – più vicino alle posizioni dei falchi che a quella delle colombe.
Certo, anche lui sa che «ottenere le elezioni sarà  difficilissimo», e continua a dire che «non voglio che mia figlia Marina si candidi, non voglio che la massacrino come hanno fatto con me».
E però la tentazione di rompere resta forte.
A Napolitano tocca ora il delicatissimo compito di fornire risposte che difficilmente, anche se «equilibrate» come si prevede, metteranno d’accordo tutti.

Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)

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AVERE IL NOME SULLA LISTA: L’ULTIMA BATTAGLIA DI BERLUSCONI

Agosto 13th, 2013 Riccardo Fucile

LA GIUNTA SI APPRESTA A CACCIARLO DAL SENATO, LE URNE SONO UN MIRAGGIO, E NITTO PALMA SUGGERISCE DI ATTACCARSI AL TAR

Mai come stavolta l’intreccio tra le faccende private di Silvio Berlusconi e la vita del Paese ha prodotto un groviglio praticamente inestricabile: la decadenza dal seggio e la vita del governo, la richiesta di un salvacondotto e la candidatura di Marina, la minaccia del voto anticipato e la decisione della Consulta sull’incostituzionalità  del Porcellum shakerate con la sua incandidabilità .
Un bailamme incomprensibile. In attesa della “soluzione alessandrina” al nodo berlusconiano, ecco un piccolo riassunto della situazione.
Ineleggibilità .
A stare alle dichiarazioni del Pd (ieri, per dire, il capogruppo Speranza e il ministro Delrio), per l’ex Cavaliere non c’è speranza di sfangarla: alla fine l’aula del Senato voterà  — entro ottobre, pare — la sua decadenza dal mandato parlamentare sulla base del decreto legislativo Severino (è ineleggibile chiunque sia stato condannato a due anni).
Questo in attesa che la Corte d’Appello di Milano riveda la sentenza sull’interdizione dai pubblici uffici, altro motivo di decadenza.
Il salvacondotto.
Il famoso segnale sull’agibilità  politica di Berlusconi non arriva e probabilmente non arriverà  nemmeno col colloquio tra Gianni Letta e il capo dello Stato previsto domani. Il Quirinale non può e non vuole fare nulla in questo momento: “Analfabetismo istituzionale”, è il commento che venne riservato dal Colle a chi chiedeva la grazia subito dopo la condanna del leader del Pdl.
Incandidabilità .
È la questione che più preme all’ex premier e ai suoi colonnelli: se non sarà  in lista al prossimo giro, la sua carriera politica è finita e per i suoi sono dolori (meno voti e una successione che prefigura già  l’implosione del partito).
Le speranze, per il nostro, sono al lumicino pure qui.
Ieri il presidente della Giunta per le elezioni del Senato, Dario Stefà no, è stato netto: “In caso di nuove elezioni Berlusconi non si può candidare”. Il dlgs Severino è infatti molto chiaro: all’articolo 2 prevede che, sempre per una condanna superiore ai due anni, siano gli Uffici elettorali costituiti presso i tribunali (per la Camera) e le Corti d’Appello (per il Senato) a depennare l’incandidabile “in occasione della presentazione delle liste ed entro il termine per la loro ammissione”, “anche d’ufficio”
Il problema è che solo il nome di Silvio Berlusconi sulla scheda è la soluzione che mette tutti d’accordo e per questo i “tecnici” del Pdl stanno studiando le soluzioni possibili: “Quando uno si trova in una situazione di incandidabilità  — ha spiegato ieri l’ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma — la Corte d’Appello deve sospenderlo dalle liste elettorali, ma si può agire davanti al giudice amministrativo. Alla fine è molto probabile che il Tar respingerà  il ricorso visto che la legge Severino sul punto è chiarissima, ma si può fare”.
Tradotto: se si va subito ad elezioni si impedisce alla Giunta un pronunciamento di ineleggibilità , poi si ricorre al Tar contro l’Ufficio elettorale e si chiede di sospendere quella decisione in attesa della sentenza di merito .
Quest’ultima sarà  sfavorevole, ma intanto il nome finisce sulla scheda e Silvio può farsi la sua campagna elettorale.
A quel punto, forte dei suoi milioni di voti, Berlusconi invocherà  la forza del voto popolare che tutto guarisce.
Un po’ arzigogolato — e quasi impossibile visto che il Tar non è competente sulle elezioni politiche — ma è l’unica possibilità  che resta.
A meno che non si dia retta a Calderoli: “Per me è eleggibile e basta”.
Legge elettorale.
È l’altro corno del dilemma del voto anticipato. Napolitano ha già  fatto sapere che non si voterà  col Porcellum, su cui peraltro pende una decisione della Consulta (9 dicembre), che probabilmente riterrà  incostituzionale il premio di maggioranza trasformando così la legge elettorale in un proporzionale puro.
Tra Pd e Pdl, però, non c’è accordo sulle modifiche: i democratici propongono un premio automatico per chi supera una soglia minima di voti (40 o 45%) o, se nessuno la raggiunge, l’assegnazione tramite un ballottaggio tra le prime due liste.
Il centrodestra vuole, invece, solo la soglia minima: con le percentuali di oggi, significherebbe le larghe intese per sempre.
Questo, in ogni caso, comporta che la finestra elettorale più probabile è tra febbraio e marzo 2014, ma con un Berlusconi ormai agli arresti domiciliari e da mesi fuori dal Senato.
Se pure ci fosse un accordo sulla rapida approvazione della nuova legge, diciamo entro ottobre, non si potrebbe comunque votare prima di dicembre, con l’ex Cavaliere sempre nella situazione di cui sopra. In mezzo, per dire, c’è da approvare la Finanziaria.

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A GIULIANO FERRARA: “MARINA SAREBBE LA VENDETTA PERFETTA”

Agosto 13th, 2013 Riccardo Fucile

“VERREBBERO GIORNALISTI DA TUTTO IL MONDO A RACCONTARE LA DYNESTY”…. “RENZI NON SI CANDIDEREBBE”

Nel suo buen retiro in Maremma, «dove si sta un incanto», Giuliano Ferrara sta scrivendo il copione di un film, con grandi attori e grandi effetti speciali.
È il copione che potrebbe diventare la scena politica dei prossimi mesi e, perchè no, dei prossimi anni.
«Ma pensa che spettacolo, Silvio Berlusconi agli arresti domiciliari che si vendica con il sangue della figlia dell’ingiustizia subita». Ride, si diverte come un matto a raccontare (lo fa quasi tutti i giorni sul suo Foglio) un possibile «grande romanzo politico, di più, sarebbe una tragedia greca, una cosa bellissima: il padre che si vendica attraverso la figlia che vince pure le elezioni. Sarebbe la voie royale per restare testardamente in gioco. Intanto pensa cosa succederebbe già  se Marina si candidasse, dicendo la storia di mio padre deve continuare: piomberebbero in Italia giornalisti di tutto il mondo a raccontare la formidabile dinasty berlusconiana. E poi l’incubo…». (adesso Ferrara sghignazza).
L’incubo di chi?  
«Ma come l’incubo di chi? Della sinistra no! Immaginati il faccia a faccia Marina Berlusconi-Nicola Zingaretti».
E che c’entra il presidente della Regione?  
«Perchè, secondo te Matteo Renzi si candiderebbe? Si andrebbe a rinchiudere nella Torre di Arnolfo e cosa resterebbe da mettere in campo al Pd? Questo è il vero incubo di mezz’estate del Pd. Che spettacolo grandioso! Non so se Marina ne abbia voglia, vedo che smentisce, esattamente come fece il padre nell’autunno del 1993… Attenzione, io non ho informazioni privilegiate da Arcore».
Non hai sentito Berlusconi in questi giorni?  
«Guarda, se vuoi fare un’intervista politica hai sbagliato persona. Se vuoi sapere indiscrezioni per fare un retroscena chiama altri. Io ti dico come la penso io, quello che mi auguro accada, poi chissà . Ma al posto degli amici del Pdl o di quello che è diventato, Forza Italia, vedo manifesti in giro per l’Italia, insomma, al loro posto non continuerei a cincischiare, a parlare di grazia, di partito, tessere e cose del genere. Farebbero bene a preparare il lancio della prima premier donna e la sinistra si beccherebbe tra i denti il fenomeno berlusconiano che si prolunga di generazione in generazione. Non starei lì a parlare di soluzione politica, salvacondotti. Lascerei i Franceschini e gli altri del Pd e del Pdl ad almanaccare di cavilli giuridici. La soluzione per sanare la grande ingiustizia inflitta al Cavaliere c’è: la famiglia, come i Kennedy, i Bush, i Ghandi. Marina, la sublime storia di un’avventura berlusconiana che un modesto novelliere della politica come me sta sognando in Maremma».
Quindi Marina perchè si chiama Berlusconi?  
«Il contenuto è la persona stessa».
E i contenuti di un progetto politico?
«Il programma è una variabile ma secondaria. La storia è Berlusconi che si perpetua, lo vuoi capire o no? Marina mi piace perchè è un’altra grande storia di una inaudita avventura politica. Silvio offre una figlia alla Patria, appunto come i Kennedy, i Bush, i Ghandi fino a Sonia. Il resto è una politica noiosa, una barba infinita, il fenomeno che è stato Renzi, i convegni democristiani di Lavarone. Tutta roba che non mi intriga. Mi eccita pensare la storia di una ingiustizia e il riscatto del Cavaliere».
In galera o agli arresti domiciliari, però. Non sarebbe fuori gioco?  
«Ma come fuori gioco? E’ il massimo del gioco politico, il massimo che si può pretendere dalla vita: la primogenita, manager, volitiva, la goccia del padre, che sta al fianco del padre che risponde ai giornalisti. Loro le chiedono: “suo padre è in galera per frode fiscale». E lei: “mio padre è la vittima di una magistratura politicizzata, è in carcere o agli arresti domiciliari per la sentenza che si chiama Esposito”. E l’Imu? “io che sono una manager conosco bene come vanno le cose dell’economia”. E via così».
Senza partiti.  
«Ancora con questa solfa. Con Berlusconi si è passato dalla democrazia dei partiti alle leadership carismatiche».
E Marina ha la stoffa di una leadership carismatica?  
«E’ presto per dirlo. Si tratta di metterla alla prova, sperimentarla, ma il solo fatto di sperimentarla sarebbe l’enorme novità  di questa estate e dei prossime anni. Su, signori del Pdl, basta cincischiare con gli intrugli della clemenza…».
Non ci credi alla clemenza del Quirinale?  
«A me sembra improbabile, forse sarebbe giusto un atto di clemenza, ma mi sembra improbabile».

Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)

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MERCEDES, FANGO E BUGIE: IL GIORNALE ALL’ASSALTO DI ESPOSITO

Agosto 13th, 2013 Riccardo Fucile

IL QUOTIDIANO DI FAMIGLIA DEL CONDANNATO DI ARCORE SCRIVE MENZOGNE CONTRO IL PRESIDENTE DELLA CASSAZIONE CHE LO HA GIUDICATO SULL’EVASIONE MEDIASET: ECCO QUALI

Dopo la condanna di Silvio Berlusconi a 4 anni di carcere, Il Giornale di Alessandro Sallusti ha dedicato una ventina di pagine al 72enne presidente della sezione feriale della Cassazione.
Il 3 agosto parte Stefano Lorenzetto con un articolo basato sul suo ricordo di una cena del 2009 con il giudice Antonio Esposito: “Così infangava Berlusconi il giudice che l’ha condannato” è il titolo.
Il pezzo viene pubblicato solo dopo la condanna, nonostante il direttore Sallusti fosse informato da giorni.
Quando il magistrato Ferdinando Imposimato, presente alla cena, dice al Fatto di non aver sentito nulla del genere, Lorenzetto lo fulmina: Imposimato era lontano e poi è troppo amico di Esposito per essere credibile.
La prova? “Una fonte affidabile mi assicura che il figlio fu registrato all’anagrafe con il nome di Ferdinando proprio in onore di Imposimato”.
La fonte è attendibile perchè intrattiene ‘relazioni confidenziali ‘ con Esposito.
Peccato che non abbia svelato a Lorenzetto un altro segreto: Ferdinando è il nome del padre di Antonio.
Il Giornale picchia duro anche dopo la pubblicazione dell’intervista di Esposito al Mattino.
Nella sua smentita il giudice nega di avere risposto a una domanda sulla motivazione della condanna di Berlusconi.
La frase “Berlusconi condannato perchè sapeva” effettivamente non è farina del suo sacco e la sua risposta (riportata fedelmente dal Mattino) seguiva una domanda diversa e generale .
Ma per Sallusti è “Il giudice bugiardo”. Dopo l’8 agosto Il Giornale pubblica tre pagine al giorno piene di accuse: Esposito fa il doppio lavoro a Sapri ed è stato trasferito d’ufficio dal CSM.
Esposito accettava Mercedes in regalo e si appropriava di fascicoli sui vip per smania di protagonismo.
Il giudice replica con i provvedimenti del CSM e dei giudici che hanno smontato le accuse riportate dal Giornale.
La lettura incrociata di articoli e comunicati spiega bene come funziona la stampa berlusconiana.
IL CASO ISPI
“Aveva un doppio lavoro, amministrava una scuola”
Il Giornale spara l’8 agosto in prima pagina: ‘Lo strano doppio lavoro del giudice bugiardo’. Nell’articolo si legge: “Quando Antonio Esposito non sta in Cassazione fa un altro lavoro. Un doppio lavoro. (…) Esposito veste i panni del responsabile amministrativo di un pezzo di un’università  telematica. Insieme alla moglie avvocato e alla figlia, il magistrato risulta referente per lo sportello Salerno/2 della Unicusano, ateneo privato romano (…) sul sito web dell’università  come contatto per Sapri c’è proprio il numero di cellulare dell’alto magistrato. Illecito? No, magari no. Magari il buon giudice ha il via libera, l’ok, del Csm. Magari è normale”.
Il Giornale torna sul tema tre giorni dopo per ricostruire il procedimento disciplinare subito dal giudice alla fine degli anni novanta sulla scorta di una relazione redatta da un allora giovane capitano dei Carabinieri della stazione di Sapri: “Alla fine — scrive Il Giornale — è stata proprio la gestione dell’Ispi a determinare il trasferimento.
‘Dovrebbe essere provato — si legge nel provvedimento — che Esposito svolga attività  ulteriori rispetto a quella dell’insegnamento per il quale è stato autorizzato dal Csm’ (…) Esposito — scrivono i consiglieri — poteva essere reperito sistematicamente presso i locali della scuola e i collegamenti con l’Ispi venivano tenuti anche in pretura’”.
IL TRASFERIMENTO
“Rete di affari” e troppo protagonismo, per questo fu spostato
Il titolo de il Gironale dell’11 agosto non lascia adito a dubbi: “La rete di affari di Esposito: ecco perchè fu trasferito”.
Il titolo sintetizza così la motivazione del trasferimento: “Con la sua scuola guadagna centinaia di milioni che gli permettono di avere una Jaguar, una villa a Roma e un motoscafo”.
Secondo Il Giornale: “Il 7 aprile del ’94 il plenum del Csm approvava a maggioranza la proposta di trasferimento d’ufficio dell’allora pretore di Sala Consilina, che venne destinato alla Corte d’Appello di Napoli”.
Il Giornale entra nei dettagli: “Sulla scuola di formazione i consiglieri si soffermano a lungo, ipotizzando che il particolare tenore di vita del magistrato che risultava ‘proprietario di un villino a Roma, di una Jaguar e di un motoscafo avallassero l’ipotesi che l’Ispi avesse consentito la realizzazione di guadagni nell’ordine di centinaia di milioni’”.
Inoltre, secondo Il Giornale, Esposito era accusato di avere “gravemente mancato ai propri doveri”.
Il CSM, lo aveva trasferito perchè “aveva celebrato nel ’91 un procedimento penale contro Maria Pia Moro per interruzione di pubblico servizio ‘senza che tale procedimento fosse compreso tra quelli a lui assegnabili’”.
CAMERA
L’interrogazione del Pci lo accusa di “faziosità ”
Anche una interrogazione parlamentare comunista è stata riciclata a distanza di 33 anni e promossa a sentenza sotto il titolo de Il Giornale: “Il magistrato inchiodato pure alla Camera”. Gli inviati a Sapri di Sallusti hanno recuperato il testo dell’atto del 1980 firmato dai deputati PCI Alinovi, Amarante e Vignola: “L’operato di Esposito è oggetto di universale riprovazione da parte della popolazione del mandamento per i comportamenti asociali e per la faziosità ”.
MERCEDES
Cene a sbafo e un’auto di lusso in regalo
L’accusa più velenosa contro Esposito è quella del sottotitolo del Giornale dell’11 agosto: “Spuntano una Mercedes gratis e le cene a sbafo”.
Nell’articolo si ricostruiscono le accuse rivolte da un consigliere del CSM a Esposito: “Sarebbe stata portata, per conto della ditta Palumbo (un costruttore della zona, ndr), una Mercedes di colore beige acquistata” da un direttore romano di banca “con chiavi nel cruscotto, sotto l’abitazione del dottor Esposito”.
IL GIUDICE REPLICA PUNTO PER PUNTO E INCHIODA I FALSARI

IL CASO ISPI
“Insegnava gratuitamente, il Csm lo aveva autorizzato”
Il Giornale omette di dire — replica Esposito — che tutte le dichiarazioni di questo ufficiale (il capitano dei Carabinieri, ndr) più volte “rettificate e parzialmente difformi” tra di esse erano state smentite addirittura da numerosi militari della sua stessa compagnia e da un militare della Guardia di Finanza.
Così conclusivamente motiva il CSM: “(…)contrariamente a quanto affermato dal capitano l’Ispi non era una società  di capitali, il cui amministratore unico era la moglie del dr. Esposito, ma era un’associazione culturale senza scopo di lucro.
A proposito dell’attività  svolta dal dr. Esposito presso l’Ispi non è stato confermato quanto riferito dal teste, sia pure sulla base di notizie informalmente acquisite, di “impressioni”, di “conclusioni personali” in merito al ruolo di direttore, amministratore o organizzatore di Esposito, a un suo asserito potere di stabilire chi doveva essere ammesso e chi non doveva.
È emerso, infatti, che “il magistrato svolgeva esclusivamente attività  d’insegnamento, non si occupava in alcun modo direttamente o tramite la moglie dei profili gestionali dell’istituto, non ha mai fatto parte del consiglio d’amministrazione dell’ISPI”.
Inoltre l’incarico era “ritualmente comunicato al Csm, autorizzato ed espletato gratuitamente”.


IL TRASFERIMENTO

Accuse smentite dagli organi competenti già  tredici anni fa
Il trasferimento d’ufficio da Sala Consilina a Napoli del 1994 venne annullato dal Tar del Lazio nel 1996 per “un progressivo sfaldarsi delle tesi accusatorie”.
Nel 1998 il Giudice della Sezione Disciplinare del CSM dà  ragione di nuovo a Esposito e nel 2000 il CSM torna sulla materia e sostiene che l’attività  di Esposito presso l’ISPI è di “esclusivo impegno didattico, senza interessi patrimoniali, regolarmente autorizzata e di nessun intralcio per il normale svolgimento delle funzioni giudiziarie”.

Anche sulla questione della “smania di protagonismo”, Il Giornale fa un buco nell’acqua.
Il Csm così afferma: “Conclusivamente la celebrazione dell’udienza del 12/11/91 — Procedimento Fidia Moro — da parte del Dott. Esposito ebbe a rappresentare un atto di doverosa assunzione di responsabilità  del dirigente di un ufficio giudiziario in assenza di un collega e non certo una disdicevole forma di protagonismo di cui manca in atti qualsiasi prova. Anzi gli elementi probatori raccolti sono di segno esattamente opposto in quanto i testi hanno univocamente riconosciuto l’imparzialità  e la correttezza del Dott. Esposito”.

MERCEDES
Fu comprata nel ’77, era del ’71 Aveva fatto 300mila km
Esposito ricorda che “la Mercedes 220D del 1971 è stata acquistata regolarmente nel 1977 con 300 mila km percorsi”.
La vicenda “è stata archiviata perchè “si è accertato, con prova orale e documentale, l’assoluta legittimità  dell’acquisto”.
Esposito ha rinunciato alla prescrizione ottenendo l’archiviazione del Gip nel 1996.
Mentre il CSM ha archiviato nel 1997 sulla base di “univoche acquisizioni documentali” come “l’assegno bancario di Esposito”.

CAMERA
Il Consiglio superiore scrisse: “Un complotto contro di lui”

Il Giornale omette: “L’inchiesta apertasi a seguito delle interrogazioni venne archiviata dal Csm”.
La motivazione descrive “un vero e proprio complotto contro Esposito (…) oggetto di un attacco scorretto nelle forme e illecito nei contenuti da parte di un gruppo di persone che per soddisfare un loro sentimento di vendetta (…) non hanno esitato a costruire a tavolino gli elementi di accusa ed a coinvolgere nell’operazione anche rappresentanti del Parlamento”.

Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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MARCO TRAVAGLIO: CSM: CIECHI, SORDI E MUTI

Agosto 13th, 2013 Riccardo Fucile

DI FRONTE AL LINCIAGGIO ILLEGALE DI ESPOSITO, IL CSM NON FA IL PROPRIO DOVERE: TANTO VALE SCIOGLIERLO

Quando il giudice Mesiano, reo di aver condannato il gruppo Berlusconi a risarcire De Benedetti per lo scippo Mondadori, fu pedinato e linciato da Canale5 e dagli altri house organ della ditta per i suoi calzini turchesi, il Csm intervenne in sua difesa con una pratica a tutela contro attacchi “che possono condizionare ciascun magistrato, specie quando si tratti di decidere su soggetti di rilevanza economica e istituzionale”.
Il vicepresidente Mancino denunciò il “clima invivibile dove il potere è forte e può intimidire”.
E persino il presidente Napolitano evidenziò “le inquietanti connotazioni della vicenda”.
Era solo quattro anni fa, ma pare un secolo.
Da due settimane, da quando ha letto la sentenza di condanna per B. nel processo Mediaset che gli era toccato in sorte, il presidente della Cassazione Antonio Esposito viene manganellato dal Giornale e altri fogliacci.
Decine di pagine con accuse infamanti fondate sul nulla: tutto falso, tutte menzogne.
Eppure intorno a lui tutto tace.
Tace Napolitano, troppo occupato a riflettere sull’“agibilità  politica”del pregiudicato e a riceverne gli emissari.
Tace Vietti, solitamente così garrulo.
Non tace purtroppo il ministro Cancellieri, che sguinzaglia gl’ispettori come ai tempi di Biondi e Mancuso, mentre il Csm apre un fascicolo disciplinare contro Esposito.
Illegale .
L’ordinamento giudiziario 269/2006 sanziona “le dichiarazioni o interviste che riguardino soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione”, non quelli chiusi da sentenza definitiva. Come il processo Mediaset.
Il giudice Esposito è solo, lasciato in pasto ai linciatori da chi, per legge, dovrebbe difenderlo. Se il Csm, dal presidente e dal vicepresidente in giù, non se la sente di fare il proprio dovere, tanto vale scioglierlo.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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“NON MI DIMETTERO'”: SUMMIT DI BERLUSCONI CON I LEGALI NEL FORTINO DI ARCORE

Agosto 13th, 2013 Riccardo Fucile

E PARTE LA CAMPAGNA D’AGOSTO DI FORZA ITALIA

Con Ghedini e l’intero staff legale – che, come il cliente, non è andato in vacanza – Silvio Berlusconi è assorbito dalla valutazione delle possibili vie d’uscita dal cul de sac in cui è finito dopo la condanna definitiva.
Sono ore in cui la sopravvivenza del governo, le minacce di crisi, passano in secondo piano, primum vivere.
Poche, per non dire nulle, le speranze che ormai l’ex premier ripone in un effettivo «contributo» alla soluzione da parte del Quirinale.
Mentre a breve la giunta del Senato potrebbe conclamare la decadenza e entro il 15 ottobre gli si potrebbero chiudere alle spalle le porte di casa per i domiciliari (se non accetterà  i servizi sociali).
D’umore nero, per nulla confortato dal silenzio del Colle e dalle rassicurazioni di ministri e colombe, il leader della rediviva Forza Italia è intenzionato tuttavia a vendere cara la pelle.
«Non mi dimetterò da senatore, su questo punto non cedo» è una delle conclusioni tratte con gli avvocati proprio alla luce della situazione in cui si trova.
Rinunciare da subito alla carica parlamentare (e alle immunità  che comporta) prima di qualsiasi pronunciamento della giunta farebbe venir meno una posizione di garanzia ma al contempo un potere «contrattuale», è stato il ragionamento maturato con Ghedini.
Già , contrattuale, perchè al pari di una trattativa stanno affrontando l’intera vicenda nel chiuso di Villa San Martino.
Non escludendo a questo punto nulla, appunto.
Sul pessimismo di queste ore di Berlusconi ha avuto il suo peso, raccontano i pochi che hanno avuto modo di parlargli al telefono, le dichiarazioni di giornata di Dario Stefà no, presidente della Giunta per le elezioni del Senato che esclude in modo categorico la possibilità  di una ricandidatura anche dovesse aprirsi la crisi e si dovesse andare al voto anzitempo.
Sebbene su questo punto gli avvocati hanno fornito le loro garanzie, sostenendo che comunque a decidere sulla eleggibilità  sarebbe la Corte d’Appello di competenza e, in caso di esito negativo, resterebbe aperta la via del ricorso al Tar.
Carte bollate su carte bollate, insomma, che non lasciano affatto tranquillo il Cavaliere.
E infatti, mentre i promotori della nuova campagna di comunicazione, da Verdini alla Santanchè, festeggiano da ieri l’avvio del battage in tutta Italia, lui è assai meno entusiasta, sembra: «Tutto rischia di essere vanificato, campagna compresa, se mi impediscono di correre ».
Perchè è tutta centrata attorno alla sua persona, non solo graficamente, la campagna da 1.500 manifesti che da lunedì a giovedì saranno affissi in tutta Italia, con i dieci aeroplani che voleranno sulle località  balneari il giorno di Ferragosto con la scritta “Forza Italia, Forza Silvio”.
Un crescendo anche sul web con un appuntamento forte tra un mese.
«Stiamo organizzando una grande manifestazione a Milano per settembre – racconta Daniela Santanchè – Sarà  la conclusione di questo processo di ritorno alle origini che avviato da Berlusconi dal palco di via dell’Umilità ».
Nei manifesti non compare il nome del leader, sarà  un modo per tenersi aperta l’alternativa della figlia Marina se lo spettro della incandidabilità  si farà  reale?
La presidentessa di Fininvest e Mondadori continua a escluderlo. E così il padre.
«Ha dimostrato di saperci fare come imprenditrice e come donna, la vedrei benissimo – continua Santanchè, di casa ad Arcore – Ma in questa fase il presidente è titolare inamovibile e irrinunciabile per noi, sarà  lui il leader».
In questa fase, appunto.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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NAPOLITANO ENTRO DOMANI RISPONDERA’ AL CAVALIERE

Agosto 13th, 2013 Riccardo Fucile

POSSIBILE INCONTRO CON LETTA, POI LA DICHIARAZIONE UFFICIALE SU COME LA PENSA

Ormai ha messo a punto le sue valutazioni, dopo lunghe giornate di riflessioni, incontri, telefonate, e al massimo fra due giorni Giorgio Napolitano scioglierà  la “riserva” e spiegherà  come la pensa sul braccio di ferro ingaggiato fa Berlusconi per rivendicare un salvacondotto nonostante la sentenza della Cassazione.
E sarà  una dichiarazione ufficiale quella in cui, fra oggi e domani, il capo dello Stato metterà  in fila gli aspetti e le possibilità  formali di sua competenza sul caso, rispondendo così alla richiesta avanzata dal Pdl di un intervento per salvare l’ex premier.
Manca un unico tassello per completare il quadro che il presidente della Repubblica ha ormai quasi definito sul suo tavolo: un incontro a quattrocchi con Gianni Letta, l’uomo di collegamento fra il Colle e il Cavaliere, che con tutta probabilità  varcherà  domani i cancelli della tenuta di Castelporziano, dove Napolitano sta trascorrendo il periodo di vacanze estive.
È possibile perciò che proprio dopo questo incontro decisivo, che fa seguito a quelli con Brunetta- Schifani e con i vertici del Pd, arrivi la tanto attesa nota del Colle.
Il capo dello Stato, stretto fra il pressing del Pdl e il no del Pd, anche dopo aver sentito gli uffici giuridici del Quirinale che gli hanno preparato un dossier, ha deciso dunque di rompere il silenzio e di farlo con una dichiarazione: pubblicamente, per sottrarsi al balletto di indiscrezioni, ipotesi, trame, alle mille voci sulle intenzioni del presidente della Repubblica che scuotono i partiti e mettono in affanno il governo.
Una prima valutazione, magari non risolutiva, in cui il Colle farà  il punto sotto il profilo formale, senza accogliere i diktat del Pdl ma magari rinviando alcuni aspetti a ulteriori approfondimenti.
Con la necessità  politica di tenere il governo al riparo dalle ritorsioni.
Sentiero stretto, col centrodestra che invece minaccia rappresaglie sull’esecutivo in caso di decadenza di Berlusconi (e anche questo aspetto il capo dello Stato vuol chiarire con Gianni Letta), ma al Colle le soluzioni fin qui prospettate per non far uscire di scena l’ex premier apparirebbero non praticabili.
A cominciare dall’arma più forte e definitiva, quella della grazia, che il capo dello Stato può concedere solo in casi ben precisi.
E adesso non è certo quello del Cavaliere, come probabilmente il Quirinale stesso s’incaricherà  di chiarire nelle sue valutazioni.
Tante e troppe, poi, le delicate questioni ancora aperte per non far apparire un intervento pro-Berlusconi come una vera e propria ingerenza di Napolitano sulla magistratura e anche sul Parlamento.
Non sono ancora note nemmeno le motivazioni della Cassazione (con la polemica in corso sul presidente Esposito), resta ancora da ricalcolare la pena accessoria dell’interdizione davanti alla corte d’Appello di Milano, deve riunirsi ai primi di settembre la giunta per le elezioni del Senato sull’incandidabilità .
Ecco perchè, con una situazione “processuale” del Cavaliere non definita e tanto complicata, per il Quirinale metterci la mani appare un’operazione impossibile e fuori dalle regole.
In un contesto giuridico tanto “aperto” e in movimento, al Colle non resterebbe che restituire al mittente le richieste di salvare subito il Cavaliere.
L’agibilità  politica? Non sarebbe nei poteri di Napolitano.

Umberto Rosso
(da “La Repubblica”)

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