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INTERVISTA A D’AGOSTINO: “BERLUSCONI DEVE CAPIRE CHE E’ FINITA”

Agosto 19th, 2013 Riccardo Fucile

“ERA UNO SPETTACOLO IGNOBILE, MA UNICO AL MONDO”… “CON MARINA LA DINASTIA ANDRA’ AVANTI, IL SUO GHOSTWRITER SARA’ DEL DEBBIO, POPULISTA, FURBO”

“Stiamo vivendo il Ferragosto del trapasso di Berlusconi. Gli storici lo ricorderanno così”. Roberto D’Agostino è a Sabaudia, “nella casa più bella del mondo, neanche 50 passi e dalla mia camera da letto arrivo al mare”.
Si diverte a immaginare il futuro politico, “anche se non c’è nulla da ridere. Però Berlusconi ci mancherà , soprattutto a noi cinici”.
Perchè?
Ogni estate la fabbrica del berlusconismo regalava abissi: bunga bunga, Apicella, Topolanek, bandana, Noemi, il vulcano che eruttava per gli ospiti. La fabbrica di cioccolato. Uno spettacolo unico, abietto, ignobile, unico al mondo.
E politicamente
Tragedia assoluta. Che ora è finita. Ora tutti i nodi, anzi i nudi, vengono al pettine. È il finale di Berlusconi. Rimarrà , ma dietro le quinte: come leader non c’è già  più. Ormai non sa più dove sbattere la testa asfaltata e catramata.
La nota di Napolitano non era così dura.
Infatti non è stato lui a metterlo nel loculo, ma lo spread. Cos’è lo spread? Non è il termometro della salute economica di un paese, ma ciò che sancisce la differenza tra l’epoca della dittatura della lira e quella dell’euro. Oggi lo spread ci dice che Berlusconi è morto.
Spieghi.
Berlusconi si dimette a novembre 2011 non per il bene del paese, ma per salvarsi il culo. Mediaset perde in un giorno 12 punti. Letta, Confalonieri, Doris e i figli gli fanno capire che, se non si dimette, di lì a poco dovrà  chiedere la legge Bacchelli.
E lo spread?
Nel momento delle dimissioni era a 575. Oggi è a 230: una cifra da paese normale, addirittura virtuoso. Eppure in Italia c’è il record del debito pubblico, la disoccupazione è alle stelle, le banche come Carige e MPS falliscono. Siamo prossimi al disastro , ma di colpo lo spread è guarito. Perchè? Perchè l’Europa ha deciso che Berlusconi è definitivamente il passato.
Quindi Letta andrà  avanti?
Piace all’Eurozona ed è lei che decide. Dunque il governino Letta-Napo tocca tenerselo. Vige l’articolo quinto: chi ha i soldi ha vinto. E chi ha i soldi è la Germania, che guida il branco. Come dicono i coatti romani, non puoi avere la siringa piena e la moglie drogata.
La siringa piena ce l’hanno i falchi o le colombe?
Nessuno di loro. Costruiscono castelli di sabbia che il mare porta via. I Verdini e le Santadechè non sono falchi, ma catafalchi. Appartengono anche loro all’età  della lira. Sono già  dentro i loculi, come Berlusconi. Il trapasso è per tutti.
Anche per Alfano e Schifani? Dall’esclusione di Berlusconi guadagnerebbero spazio.
Dopo il casino kazako, Alfano non vedrà  più un ministero neanche in tivù. Sarà  per sempre l’uomo senza quid. Lui come gli altri sono dipendenti, figure minori di un movimento liquido.
Che succederà  a settembre?
Nulla. Qualcuno regalerà  a Berlusconi un Alka-Seltzer per digerire l’impossibilità  della agibilità  politica. Non ci sono grazie che possano salvarlo: è finita un’epoca. Napolitano non manderà  mai al voto l’Italia senza legge elettorale, e proprio per questo nessuno farà  mai la legge elettorale.
E se Berlusconi fa saltare il banco?
Napolitano fa un altro governino, stavolta di scopo, e si va avanti almeno fino al 2015. Nel frattempo il Pdl capisce che Berlusconi deve ritirarsi nel suo giardino dorato di Arcore e che, non avendo leader carismatici, deve affidarsi al mito della eredità  del sangue.
Marina.
Sì. Così la dinastia Berlusconi va avanti. Come i Bush, come i Kennedy. Gli Anni Ottanta hanno sancito il culto del leader personalistico e la fine del comitato centrale di stampo comunista. Le dinastie sono mitiche a prescindere. I Kennedy mica erano geni. Erano depravati. JFK prima si scopava Marilyn, poi la fece uccidere dal mafioso che gli passava le donne.
Marina ha smentito un suo futuro politico.
Lo ha fatto come favore a Napolitano. Ha già  pronto anche il “negro”, il ghostwriter che le scriverà  i discorsi: Paolo Del Debbio. La vera rivelazione della tivù. Populista, furbo. Il padre aveva come consiglieri Letta e Confalonieri, Marina avrà  Del Debbio.
E Renzi?
Il Pd, in quanto partito, fatica ad accettare la figura leaderistica. Renzi è il meno peggio, ma non è Berlinguer e potrebbe essere destabilizzato dalla dirigenza.
E Grillo?
Da buon italiano, è riuscito a portare in Parlamento dei rappresentanti mediocri e imbarazzanti, come Crimi o Lombardi. Davvero non c’era niente di meglio? Grillo e Casaleggio lo hanno fatto apposta, perchè nessuno li offuscasse. Come Berlusconi. Anche i Di Battista e le Marta Grande sono già  finiti.
Eppure lei passa per grillino.
Per Grillo è tutto un problema di ego. Il male dell’Italia non è l’economia, ma l’egonomia. Con me Grillo ha chiuso quando non ha appoggiato Prodi al Quirinale, insistendo con Rodotà . Se la sua linea politica è quella di Bartali, ‘L’è tutto da rifare’, ero capace anch’io”.

Andrea Scanzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LETTA RILANCIA SULLA RIFORMA ELETTORALE MA SI PREPARA A CERCARE ALTRE MAGGIORANZE

Agosto 19th, 2013 Riccardo Fucile

DAL MATTARELLUM ALLA SOGLIA PREMIO: RESTA UN MURO TRA PD E PDL

E il premier, prima di intervenire in prima persona con una proposta di palazzo Chigi, ha già  messo in preallerta il ministro delle Riforme.
Gaetano Quagliariello è pronto a convocare un tavolo con gli esperti della maggioranza per iniziare a scalare il muro che divide Pd e Pdl sul Porcellum.
Un ruolo di “facilitatore” che il ministro, pur con tutte le cautele, ammette a mezza bocca: «Qualche idea ce l’abbiamo, se serve daremo una mano»
Si parte ufficialmente il 2 settembre al Senato, dove è stata votata la procedura d’urgenza.
E dove il Pdl, visti i numeri, ha un potere d’interdizione. Il Pd, almeno ufficialmente, non cerca forzature e intende discutere della riforma del Porcellum con Scelta Civica e i berlusconiani
«Ora nessuno ha più alibi – dice la presidente Anna Finocchiaro – e dal primo settembre in Senato si entra nel vivo».
Già , ma nessuno al momento si fa illusioni sul fatto che i partiti della maggioranza, da soli, siano in grado di arrivare al risultato.
Il problema è sempre lo stesso.
Il Pd vorrebbe il ritorno al Mattarellum o il doppio turno. Il Pdl è disposto al massimo a ritoccare il Porcellum introducendo una soglia alta per ottenere il premio di maggioranza.
E così da settimane e non se ne esce.
Anche perchè, dietro la discussione sulla legge elettorale, è celata la vera partita in corso, quella sulla durata del governo Letta.
«La riforma della legge elettorale serve per andare a votare senza fare le riforme costituzionali – riassume Quagliariello – o è solo una safety net, una rete di sicurezza, nel caso si verifichi un incidente? Il punto è tutto lì».
Un dialogo tra sordi, aggravato dall’incombere del voto nella giunta delle immunità  sul caso Berlusconi.
Il Cavaliere è infatti ormai proiettato verso la crisi di governo e in queste condizioni ipotizzare un accordo elettorale in commissione è illusorio.
A meno che il Pd non inizi a guardare oltre il recinto chiuso della maggioranza
È proprio questa l’ipotesi che si sta affacciando in queste ore di tensione sempre più aspra con il Pdl.
Con la prospettiva di una crisi di governo causata dal Pdl, anche la legge elettorale potrebbe diventare materia di discussione con le opposizioni di Sel e M5S.
Persino una base di discussione iniziale, la cornice di un possibile accordo minimo di governo con Grillo nel caso saltassero le larghe intese.
A quel punto tutto tornerebbe in discussione.
Persino proposte che, al momento, sembrano destinate a restare nel cassetto per l’ostilità  del Pdl.
Luciano Violante, ad esempio, ha reso pubblica una sua idea di doppio turno di coalizione.
In sostanza sarebbe un sistema elettorale proporzionale con voto di preferenza e sbarramento al 5%.
Il premio di maggioranza andrebbe solo a chi raggiunge una soglia altissima del 40-45%, in caso contrario si andrebbe a un ballottaggio tra i primi due (partiti o coalizioni).
Il “Violantellum” ha già  ottenuto il gradimento di Scelta Civica e di Sel, tuttavia è stato bocciato da Grillo.
Che finora non ha mai espresso contrarietà  verso il Mattarellum.
Dunque, sperano i sostenitori del vecchio sistema uninominale, potrebbe essere proprio la legge Mattarella la base di discussione per un’intesa allargata a Grillo e Vendola.
Dopotutto alla Camera i 5stelle votarono la mozione Giachetti che chiedeva di accelerare sul Mattarellum.
Nel Pdl la possibilità  di un accordo sulla legge elettorale appare molto remota.
«A Berlusconi – riferisce chi è stato in queste ore ad Arcore – la questione della legge elettorale non interessa per niente».
Ma questa insistenza di Enrico Letta sulla riforma elettorale ha fatto alzare le antenne. Dopotutto arriva dopo che già  Napolitano, in quella nota in cui escludeva le elezioni anticipate, aveva chiarito che «è essenziale procedere con decisione anche a una rapida revisione della legge elettorale ».
Il timore è che il capo dello Stato e il premier, continuando a sventolare l’urgenza di una riforma elettorale, stiano in realtà  facendo balenare davanti al cancello di Arcore lo spettro di una nuova maggioranza.

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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MA L’ADDIO DEI MINISTRI POTREBBE NON BASTARE AL CAVALIERE

Agosto 19th, 2013 Riccardo Fucile

I MEMBRI DEL GOVERNO PRONTI A DIMETTERSI… L’IPOTESI CHE UN LETTA BIS POSSA NASCERE GRAZIE AI CINQUESTELLE E A UNA SPACCATURA NEL PDL

Se il Cavaliere rompe, un minuto dopo i ministri del Pdl annunciano le dimissioni.
Ma il rischio per Berlusconi è che quel gesto, più che la fine della legislatura, segni l’inizio di una nuova partita
Il «merito», se di merito si può parlare, è della distribuzione dei posti in Parlamento.
E visto che i banchi del Pdl confinano con quelli del Cinque Stelle, i segnali che Berlusconi s’è sentito confermare sui «vicini» grillini vanno tutti nella stessa direzione.
«Presidente, da quello che capiamo l’aria è molto diversa dall’inizio della legislatura», gli ha garantito giorni fa al telefono uno dei vertici dei gruppi del Pdl.
E «a prescindere dal fatto che rimarranno all’opposizione, è sicuro che tra i grillini sono tantissimi quelli che non vogliono il ritorno alle urne».
Ritorno alle urne che, sempre secondo quanto raccolto dagli «informatori» del Cavaliere, «in questo momento non sarebbe in cima neanche ai pensieri di Grillo e Casaleggio»
Come se non bastasse la nota in cui Giorgio Napolitano ha escluso lo scioglimento delle Camere, insomma, adesso Berlusconi ha un’altra paura.
La paura di un’«aria nuova», dalla quale potrebbe venir fuori – a dispetto della volontà  berlusconiana – un governo nuovo.
E non un governo politico, con quella maggioranza di centrosinistra più M5S che aveva in mente Bersani.
Piuttosto quel «Letta bis» evocato ieri, per la prima volta, da un esponente del Pd
L’ex bersaniana Alessandra Moretti, che sta per firmare la mozione «pro governo Letta» che Francesco Boccia presenterà  al congresso, l’ha detto chiaro e tondo di fronte alle telecamere di Rainews24 : «Se il Pdl dovesse abbandonare, credo che Letta potrebbe essere incaricato nuovamente a verificare una nuova maggioranza che non escludo possa essere formata».
E «le condizioni» evocate dalla deputata del Pd, naturalmente, rimandano a quella strana profezia in cui s’è cimentato ieri l’altro il suo compagno di partito Felice Casson, che sta al Senato: «Se Berlusconi rompe, un gruppetto più o meno grande di suoi senatori potrebbe smarcarsi…»
A Palazzo Chigi escludono qualsiasi operazione di «scouting» nel campo pidiellino.
E la frase che Enrico Letta ripete a ogni pie’ sospinto – «Non governo a tutti i costi» – significa anche che il presidente del Consiglio non ha alcuna intenzione di andare a convincere uno per uno i senatori berlusconiani a divincolarsi dall’abbraccio del «capo».
Ma è un fatto che, tra Pd e Pdl, qualcuno ha cominciato in anticipo a fare i conti col pallottoliere del Senato.
Conti che non hanno nulla a che fare con il voto della Giunta per le elezioni, visto che la maggioranza che voterà  a favore della decadenza di Berlusconi è granitica e inscalfibile.
Conti che, piuttosto, rimandano alla ricerca in Aula di nuovi numeri per governare.
In fondo, se Berlusconi staccasse la spina, basterebbero una ventina di senatori per far nascere un nuovo esecutivo con lo stesso premier uscente
Già , Berlusconi. A cavallo di Ferragosto, l’ex premier ha sentito tutti i ministri.
«Qualsiasi cosa decida di fare, prima ne parlerò con voi», è stato il messaggio-fotocopia recapitato ad Alfano e Quagliariello, a Lupi e alla De Girolamo.
In cambio, da ciascuno di loro il Cavaliere s’è sentito confermare che – nel caso in cui da Arcore partisse l’operazione «fuori tutti» annuncerebbero immediatamente le dimissioni dall’esecutivo.
Nel pacchetto di mischia, qualcuno spera che i tempi del voto della giunta che deciderà  sulla decadenza dell’ex premier vengano dilazionati e che la partita finisca ai supplementari. Ma tutti sanno che, a Palazzo Madama, potrebbe prima o poi maturare una svolta clamorosa.
Sempre che, come profetizza il pd Nicola Latorre, «Berlusconi non faccia quello che io scommetto che farà ».
E cioè «dimettersi prima che la giunta per le autorizzazioni voti la sua decadenza».
Confermando quindi una nuova fiducia, anche se «a tempo», al governo.

Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)

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SILVIO PENSA GIA’ AL VOTO: “MA ENRICO FINIRA’ CON ME”

Agosto 19th, 2013 Riccardo Fucile

“IL PD HA SCELTO DI FARMI FUORI”…. I LEGALI: “DECADENZA ILLEGITTIMA”

“Al pD non basta la condanna in Cassazione, adesso ne vogliono una seconda, buttarci fuori dal governo per mettersi con Grillo”. “Ma vedranno di che pasta è fatto Berlusconi”.
Sempre chiuso ad Arcore, nella peggior estate della sua vita, il Cavaliere non è affatto un uomo indeciso e tremebondo, incerto sulla strada da seguire. Per nulla.
Ha le idee chiare e già  si prepara alla prossima campagna elettorale. Poche tappe.
Contrastare l’iter della decadenza come manifestamente incostituzionale, niente memoria in giunta per il 28 agosto, ma un florilegio di costituzionalisti per sostenere la manifesta forzatura giuridica.
Poi attaccare il Pd intenzionato a votargli contro: “È una decisione politica, non tecnica. Ma sappiano già  da ora che un minuto dopo il voto in giunta, io faccio cadere il governo, non tengo bordone a chi si presta a una clamorosa violenza delle regole giuridiche. Vadano pure con Grillo, il governo durerà  poco, già  vedo il voto a febbraio-marzo e lì si vedrà  chi sono io”
Il combattente non demorde. Ieri, quando ha letto le dichiarazioni di Letta, ha subito detto: “Avete visto che ho ragione? Il governo è un morto che cammina. Chiedono una nuova legge elettorale perchè sanno che il voto è vicino e hanno paura della nostra forza. Ma non c’è più spazio per fare concessioni, à  la guerre comme à  la guerre…”.
Lo dice in privato come l’ha detto in pubblico poche ore prima quando ha telefonato al coordinatore Pdl della Lombardia Mario Mantovani che stava a Bellaria, tra i militanti, per raccogliere firme in suo favore.
“Andate avanti con coraggio, io resisto. Farò fino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani. Non vi farò fare assolutamente brutte figure. Prepariamoci al meglio”
Una difesa-offesa in tre tappe.
La prima mossa si gioca a fine mese. L’amico-avvocato Niccolò Ghedini ha convinto il Cavaliere che la legge Severino non può essere sicuramente applicata a lui perchè approvata a dicembre 2012 – è la sua tesi – non ha valenza retroattiva sia che venga interpretata come una sanzione penale, sia amministrativa.
Se è penale incappa nel principio del favor rei, se è amministrativa nella legge 689 dell’81 che, all’articolo 1, esclude comunque la retroattività .
Dunque Berlusconi non deve presentare una memoria difensiva che avvalorerebbe la legittimità  della discussione in giunta.
L’idea è tutt’altra, dimostrare con pareri giuridici che il Senato sta seguendo una via palesemente e manifestamente illegale.
Dopo tante critiche alle leggi ad personam fatte da Silvio, stavolta lui attacca il Pd perchè volutamente “utilizza la Severino contra personam”.
I suoi consiglieri sono proprio convinti che il Pd stia sbagliando tutto, perchè potrebbe bloccare il voto sulla decadenza, aspettare comunque sia le motivazioni della sentenza che soprattutto la decisione sull’interdizione, lasciare che la Severino sia applicata semmai quando ci saranno le prossime elezioni.
Allora toccherebbe all’ufficio elettorale bloccare la candidatura di Berlusconi e il Pd “non si sporcherebbe neppure le mani”
Ma s’innesta proprio qui la convinzione dell’ex premier che quello della giunta “è un processo politico”, in cui non conterebbero affatto le regole, ma solo l’obiettivo da raggiungere. Berlusconi non fa che dire ai suoi: “Il Pd considera già  morto il governo Letta, guarda all’alleanza con M5S, usa la giunta del Senato come killer contro di me”.
Qui s’innestano la seconda e la terza mossa di Silvio per sopravvivere politicamente. Innanzitutto gli uomini del Cavaliere stanno facendo carte false per mettere le mani sul nastro dell’intervista al Mattino del giudice Antonio Esposito, il presidente del collegio Mediaset in Cassazione.
Non c’è amico o avvocato di Berlusconi che non ripeta che quel nastro “è decisivo” perchè dimostra come il processo sia “una farsa”, un “perfetto imbroglio”, una “truffa”. Un processo politico
La terza carta in serbo sono le elezioni anticipate. Lì punta Berlusconi, perchè è sicuro di vincere, non gli importa nulla di poter essere candidato perchè tanto farà  campagna elettorale lo stesso.
“Il mio popolo non mi tradirà  e questa volta mi darà  la piena maggioranza”.
A quel punto, non ci saranno più problemi. Via con la riforma della giustizia, della Consulta, del Csm, del sistema disciplinare, via l’azione penale obbligatoria, puniti i magistrati che parlano coi giornalisti, via la legge Severino.
Nei progetti faraonici di Berlusconi la questione della decadenza diventa solo l’occasione per precipitare Letta nella botola: “Se lo ricordi, un minuto dopo il voto in giunta lui dovrà  lasciare Palazzo Chigi…”.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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QUEL FACCIA A FACCIA DI LETTA CON LUPI

Agosto 19th, 2013 Riccardo Fucile

POI IL RICHIAMO ALL’ALA DURA DEL PD

«Non abbiamo più margini, nè io nè Angelino nè gli altri». L’espressione di Maurizio Lupi è grave, quasi rassegnata.
È un messaggio di sconforto quello che porta ad Enrico Letta.
Gli «altri» sono i ministri del Pdl, la pattuglia governativa del partito del Cavaliere, compreso il vicepremier. Tutti vorrebbero che il governo proseguisse, ma sono sempre più consapevoli della propria impotenza.
In una saletta della Fiera di Rimini, prima dell’intervento pubblico del presidente del Consiglio, le poche battute che scambiano il premier e il suo ministro non sono all’insegna dell’ottimismo.
Poco dopo, dal palco, il capo del governo pronuncerà  parole dure, anche contro il suo partito.
I «professionisti del conflitto», coloro che preferiscono «lo scontro permanente al merito dei problemi», che lucrano «rendite» e carriere rinverdendo ogni volta che possono «la tradizione dei guelfi e dei ghibellini», sono anche a sinistra.
Forse più a sinistra che a destra, con tanto di esegesi autorizzata da Palazzo Chigi
Non è poco per il diplomatico Enrico Letta, il passaggio sulla presunta «superiorità  morale di tanti», nel gioco del permanente conflitto politico, è fin troppo chiaro per non essere diretto agli esponenti del Pd, a tutti coloro che anche a sinistra preferiscono la retorica, il proclama, le patenti di legittimità  o moralità  al confronto politico basato sul merito
È un modello che sembra parafrasato da Sciascia: allora erano i professionisti dell’antimafia, categoria che si occupava, a detta dello scrittore, di proclamare e dare patenti piuttosto che agire contro il crimine organizzato.
A detta di molti la categoria è più viva che mai in quel settore, per il premier è più che attiva anche in Parlamento, nel dibattito politico, anche nel suo partito, oltre che in quello del Cavaliere.
Una categoria per cui «conta solo il nemico, per cui il conflitto scusa e consente tutto, lasciando di lato i problemi reali del Paese»
Un mese fa alla Camera, nel corso di una commemorazione di Beniamino Andreatta, Letta aveva coniato un’altra espressione, quella dei «vocianti», di tutti coloro che hanno il gusto di sfasciare più che di costruire, secondo una logica di breve periodo, tesa a vincere nel confronto fatto di dichiarazioni piuttosto che nelle urne
Parole e argomenti del premier, a caldo, vengono valutati positivamente nel Pdl, forse anche Berlusconi resterà  soddisfatto, ma che a giudicare dall’espressione di Lupi rischiano di essere tardivi.
Letta dal palco dice che sarebbe un delitto fare cadere il governo, che c’è una missione da portare a termine, che solo coloro «che non credono nella propria identità , nei propri valori, non sono in grado di apprezzare il valore dell’incontro, ne hanno paura»: incontro inteso fra partiti e tradizioni e diverse, quella strana maggioranza che sostiene il suo sforzo di governo, la voglia di traghettare il Paese verso una stagione di ritrovato sviluppo, almeno sino alla fine del semestre italiano di presidenza della Ue
Basterà ?
La delegazione del Pdl al governo si sente impotente, incapace di invertire lo stato delle cose.
Il sospetto di Alfano e di Lupi è focalizzato su un progetto di esecutivo alternativo, Pd e grillini insieme, quello che non riuscì a Bersani e che potrebbe tornare attuale con la condanna giudiziaria contro Berlusconi e la conseguente decadenza da senatore.
Una crisi senza voto, un’altra maggioranza. Mario Mauro, altro ministro presente al Meeting, non ci crede: Grillo ed Epifani insieme sembra al momento fantapolitica.
E poi chi guiderebbe un nuovo governo?
Letta da parte sua tira dritto e nasconde le preoccupazioni: si è scagliato contro i professionisti del conflitto, magari i sospetti di Lupi ed Alfano sono suggestioni che maturano insieme ai proclami dei professionisti, frutto di un clima di diffidenza che di sospetti si nutre.
Nel viaggio in macchina che lo riporta a Roma, nel tardo pomeriggio, ci tiene a ribadire che non entra e non vuole entrare nel dibattito precongressuale del Pd.
Ritiene forse di arrivarci, al congresso, ancora in carica.
Ha meno paure, forse, dei suoi ministri.

Marco Galluzzo
(da “il Corriere della Sera“)

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