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LA UE ACCUSA: “LE 4 BANCHE SALVATE VENDEVANO PRODOTTI INADATTI, GOVERNO RESPONSABILE”

Dicembre 10th, 2015 Riccardo Fucile

RENZI IN IMBARAZZO: “PENSIAMO A FORMA DI RISTORO, MA NON POSSIAMO SALVARE TUTTI”

Le quattro banche salvate dall’Italia, CariChieti, CariFerrara, Cassa Marche e Banca Etruria, “hanno venduto prodotti inappropriati a persone che forse non sapevano cosa compravano” e questo ha avuto “conseguenze molto dure e difficili”.
È secco e chiaro il giudizio del commissario Ue ai servizi finanziari Jonathan Hill, che però ha difeso il fatto che devono essere rispettate le regole sugli aiuti di stato previste nell’Unione.
E attribuisce la responsabilità  del salvataggio al governo italiano: “È il governo italiano a essere alla guida” del processo di salvataggio “ed ha la responsabilità  per questo. Il governo ha discusso a lungo con la Commissione, in particolare con la Direzione generale concorrenza” che ha “ritenuto che le misure prese erano compatibili con la legislazione Ue” sui salvataggi bancari.
“Questo si collega a una questione più ampia” prosegue Hill “sulla tutela dei consumatori e di come possiamo costruire un mercato più forte dei prodotti finanziari al dettaglio. Dobbiamo avere cittadini che si sentono sicuri nell’investire per questo – ha concluso hill – ci servono sistemi che garantiscano che le persone sanno cosa comprano”.
“E’ impossibile per le regole europee salvare in modo definitivo gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati” ha detto Renzi. “Tuttavia stiamo cercando di poter individuare una soluzione che tenga aperto anche per costoro, e soprattuto per gli obbligazionisti, una soluzione che permetta, nei limiti delle regole europee, di avere una forma di ristoro. Vedremo le modalità , se sarà  possibile, ma ci stiamo lavorando”.
Renzi si è detto favorevole a una commissione d’inchiesta parlamentare “su ciò che è avvenuto nel sistema bancario italiano ed europeo negli ultimi dieci anni”

(da agenzie)

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ISTAT: IN AUMENTO I SENZA FISSA DIMORA, LA POLITICA CHIUDE GLI OCCHI

Dicembre 10th, 2015 Riccardo Fucile

SONO PER LA MAGGIOR PARTE UOMINI, PIU’ DELLA META’ STRANIERI

Sono oltre 50.700 le persone senza fissa dimora in Italia, in aumento rispetto alle 47.648 stimate nel 2011.
La stima arriva dall’Istat sulla base di coloro che nei mesi di novembre e dicembre 2014, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna nei 158 comuni italiani in cui è stata condotta l’indagine.
L’Istat che nel 2014 ha realizzato la seconda indagine sulla condizione delle persone che vivono in povertà  estrema, a seguito di una convenzione tra Istat, ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (fio.PSD) e Caritas Italiana
La percentuale.
Tale ammontare corrisponde al 2,43 per mille della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall’indagine, valore in aumento rispetto a tre anni prima, quando era il 2,31 per mille (47 mila 648 persone).
Il collettivo osservato dall’indagine include tuttavia anche individui non iscritti in anagrafe o residenti in comuni diversi da quelli dove si trovano a gravitare.
Circa i due terzi delle persone senza dimora (il 68,7%) dichiarano di essere iscritte all’anagrafe di un comune italiano, valore che scende al 48,1% tra i cittadini stranieri e raggiunge il 97,2% tra gli italiani.
I confronti.
La quota di persone senza dimora che si registra nelle regioni del Nord-ovest (38%) è del tutto simile a quella stimata nel 2011, così come quella del Centro (23,7%) e delle Isole (9,2%); nel Nord-est si osserva invece una diminuzione (dal 19,7% al 18%) che si contrappone all’aumento nel Sud (dall’8,7% all’11,1%)
Le caratteristiche.
Rispetto al 2011, vengono confermate anche le principali caratteristiche delle persone senza dimora: si tratta per lo più di uomini (85,7%), stranieri (58,2%), con meno di 54 anni (75,8%), anche se, a seguito della diminuzione degli under 34 stranieri, l’età  media è leggermente aumentata (da 42,1 a 44,0), o con basso titolo di studio (solo un terzo raggiunge almeno il diploma di scuola media superiore).
I single.
Cresce rispetto al passato la percentuale di chi vive solo (da 72,9% a 76,5%), a svantaggio di chi vive con un partner o un figlio (dall’8% al 6%); poco più della metà  (il 51%) dichiara di non essersi mai sposato.
La durata.
Anche la durata della condizione di senza dimora, rispetto al 2011 si allunga: diminuiscono, dal 28,5% al 17,4%, quanti sono senza dimora da meno di tre mesi (si dimezzano quanti lo sono da meno di 1 mese), mentre aumentano, le quote di chi lo è da più di due anni (dal 27,4% al 41,1%) e di chi lo è da oltre 4 anni (dal 16% sale al 21,4%).
“La crisi della casa – commenta Mario Marazziti, presidente della commissione Affari Sociali della Camera – è uno dei grandi temi da affrontare con soluzioni vere. L’incremento non sorprende vista anche la fragilità  dei nuclei familiari che aumenta in tempi di difficoltà  economiche. Quindi purtroppo è un incremento atteso e fortunatamente non gigantesco. Ma bisogna immaginare nelle grandi città  piani straordinari di edilizia sociale, recuperando il patrimonio pubblico. E rendendo affittabile a prezzi accessiblili anche parte del patrimonio sfitto. Forse occorre immaginare un sistema di garanzia pubblica per quei proprietari di case che preferiscono tenere sfitti i loro beni, piuttosto che fidarsi, e rischiare l’insolvenza”.

(da agenzie)

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BANKITALIA SCARICABARILE SU BRUXELLES MA HA CHIUSO GLI OCCHI PER DECENNI

Dicembre 10th, 2015 Riccardo Fucile

NON HA USATO I SUOI POTERI PER INTERVENIRE SU GESTIONI CLIENTELARI E MODALITA’ FRAUDOLENTE

Se un merito si può attribuire al tardivo e sciagurato decreto salva-banche varato dal governo Renzi il 22 novembre scorso, è quello di aver svelato — ammesso che ce ne fosse ancora bisogno — l’assoluta irrilevanza dell’Italia nell’ambito dell’Eurozona e la pochezza delle argomentazioni autoassolutorie con cui la politica e la Banca d’Italia cercano ora di scaricare il barile delle responsabilità  su Bruxelles.
Illuminante da questo punto di vista l’audizione in commissione Finanze di Carmelo Barbagallo, capo della vigilanza di Via Nazionale.
E’ una disarmante ammissione di impotenza (e di colpevolezza) su tutta la linea: dalla presunta impossibilità  della Vigilanza di intervenire sulle situazioni più gravi, lamentando la cronica assenza di poteri, alla sonora bocciatura europea delle proposte italiane volte a introdurre meccanismi differenti dal “bail-in”, fino ad arrivare all’oggi quando, a frittata fatta, Bankitalia si interroga sull’opportunità  di vietare il collocamento degli strumenti più rischiosi alla clientela retail.
Oggi appunto, a fronte della rabbia montante di migliaia di correntisti truffati e di un’assai grave crisi di fiducia che rischia di minare alle fondamenta l’intero sistema bancario con dei costi altissimi per tutti.
Il fatto incredibile è che il rischio che ciò accadesse era ben presente e chiaro: “Il bail-in — ha detto Barbagallo in audizione — può acuire — anzichè mitigare — i rischi di instabilità  sistemica provocati dalla crisi di singole banche. Esso può minare la fiducia, che costituisce l’essenza dell’attività  bancaria” trasferendo i costi della crisi “dalla più vasta platea dei contribuenti a una categoria di soggetti non meno meritevoli di tutela — piccoli risparmiatori, pensionati — che in via diretta o indiretta hanno investito in passività  delle banche”.
Proprio per questo, nell’ambito dei negoziati sulla direttiva per le risoluzioni delle crisi bancarie, la Banca d’Italia aveva proposto “un approccio alternativo al bail-in, in base al quale si sarebbero potute imporre perdite ai creditori solo in presenza di apposite clausole contrattuali di subordinazione” o l’eventuale rinvio dell’applicazione del bail-in al 2018 in modo da consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse successivamente all’entrata in vigore della direttiva
A frittata fatta Bankitalia si interroga sull’opportunità  di limitare la vendita degli strumenti più rischiosi
Ma, come informa Barbagallo, nessuna delle due richieste è stata accolta nella versione finale della direttiva.
Di qui la dimostrazione della totale irrilevanza dell’Italia in ambito europeo su un tema tanto delicato e tanto strategico, considerata anche l’enorme diffusione che le obbligazioni bancarie (sia senior sia subordinate) e le azioni delle banche popolari hanno presso il pubblico, soprattutto a causa delle modalità  anche fraudolente con cui sono state collocate dalle banche stesse.
Modalità  sulle quali, peraltro, le autorità  di vigilanza hanno colpevolmente chiuso gli occhi per decenni.
Di bail-in si è iniziato a parlare per la prima volta nel 2012-2013 con la crisi bancaria di Cipro (dove per la prima volta è stato utilizzato) e i negoziati sulla direttiva non sono durati poco, ma l’Italia — vuoi per debolezza, vuoi per sottovalutazione o forse per incapacità  — non è riuscita a difendere i propri interessi e a tutelare il risparmio delle famiglie.
Risparmio minacciato non tanto dalla direttiva di Bruxelles, quanto piuttosto dalla gestione clientelare delle banche stesse che — sommata alla crisi — ha portato ad accumulare crediti in sofferenza per oltre 200 miliardi.
Ora, stretto dalla morsa del bail-in, il governo non sa più come uscirne e ribalta le colpe su Bruxelles, cercando di tamponare la perdita di consensi nei territori annunciando provvedimenti a parziale ristoro delle perdite subite dai detentori di obbligazioni subordinate emesse da Banca delle Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti.
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha parlato di “aiuti umanitari” e di sostegno a chi a causa delle perdite subite si trovi in condizioni di indigenza.
Non un risarcimento, dunque, ma un’elemosina.
E che la parola risarcimento faccia paura lo dimostra il fatto che nella bozza di subemendamento presentata dal Pd per costituire un Fondo di sostegno agli obbligazionisti   è scritto a chiare lettere che “i benefici derivanti dalle prestazioni del Fondo non sono cumulabili con eventuali altri proventi di carattere risarcitorio o indennitario connesso agli stessi”.
Un modo per scoraggiare i risparmiatori truffati dal far causa alle banche e a Consob e Bankitalia per gli omessi controlli.
Responsabilità  precise in questa situazione però le ha anche la politica, come ha sottolineato Barbagallo in Commissione Finanze: “In più occasioni la Banca d’Italia ha pubblicamente sollecitato interventi normativi che vietassero il collocamento degli strumenti più rischiosi presso i piccoli risparmiatori, limitandolo a operatori specializzati”.
Sollecitazione caduta appunto nel vuoto.
Ma il decreto salva-banche e la gestione della risoluzione della crisi da parte della Banca d’Italia mettono in luce anche un altro inquietante aspetto: l’opacità  della procedura.
La direttiva europea è stata recepita dall’Italia senza includere i necessari aspetti di trasparenza a tutela dei creditori delle banche che si sono visti azzerare il capitale. Non solo: Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi hanno anticipato la liquidità  necessaria per far fronte all’intervento del Fondo di Risoluzione con un finanziamento a 18 mesi “a tassi di mercato”, tassi che guarda caso vengono tenuti rigorosamente riservati facendo sorgere il legittimo sospetto che le “primarie banche finanziatrici” guadagneranno un bel po’ di quattrini a rischio zero, visto che oltretutto il finanziamento è garantito in ultima istanza dalla Cassa Depositi e Prestiti (anche in questo caso la garanzia è prestata a non meglio precisate “condizioni di mercato”).
Infine, le eventuali plusvalenze realizzate con la cessione dei crediti in capo alla bad bank verranno destinati a non meglio specificati “compiti istituzionali” in capo al Fondo.
Ma la trasparenza non dovrebbe essere d’obbligo, tanto più in una situazione in cui migliaia di risparmiatori incolpevoli ci hanno rimesso il capitale?
Come si può dar retta al presidente delle quattro nuove banche-ponte che chiede una relazione “intensa e duratura” con i clienti quando è noto che entro pochi mesi le attività  verranno vendute?
Servirebbe più serietà  e meno ipocrisia: alla vigilanza sono stati attribuiti nuovi e più incisivi poteri rispetto al passato, ma non risulta che ad oggi siano mai stati utilizzati. Quanto al passato, anche recente, i fatti stanno a dimostrare che in determinati casi si è vigilato ben poco (due esempi per tutti sono quelli di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza) e nulla si è fatto per impedire che continuassero determinate pratiche di collocamento di azioni e obbligazioni, nè tantomeno per informare i soci dei rilievi fatti in merito alle modalità  di fissazione del prezzo delle azioni.
Più comodo, certo, provare a scaricare le colpe su Bruxelles.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SALVA BANCHE, IL SUICIDIO DEL PENSIONATO: “AVEVA PERSO I RISPARMI, LE ACCUSE IN UNA LETTERA”

Dicembre 10th, 2015 Riccardo Fucile

IL 68ENNE DI CIVITAVECCHIA AVEVA PERSO 100.000 EURO AFFIDATI ALLA BANCA DELL’ETRURIA

La lettera viene trovata dai familiari soltanto mercoledì 9 dicembre: 11 giorni dopo il suicidio.
Poche righe scritte al computer, nelle quali D. L., pensionato 68enne di Civitavecchia, ex operaio dell’Enel, racconta di aver perso 100mila euro (suddivisi tra obbligazioni, un lingotto d’oro e contanti) che aveva affidato alla Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, filiale di Civitavecchia.
Uno dei quattro istituti in crisi “risolti” dal governo con il decreto Salva banche, che ha azzerato il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate emesse dagli istituti, E i risparmi di una vita azzerati dal giorno alla notte sono stati il motivo — secondo quanto riportato da Etruria News — per cui il 28 novembre scorso ha deciso di prendere una corda e impiccarsi nella sua villetta.
A ritrovare il corpo è stata la moglie, che ha avvertito la polizia e chiamato i soccorsi. La notizia del ritrovamento della lettera nel pc dell’uomo viene riportata dalla testata online locale: il direttore Paolo Gianlorenzo racconta che quello lasciato dal 68enne “è un atto di accusa nei confronti della banca Etruria. Il signore era un correntista da 50 anni e da mesi cercava di rientrare in possesso dei suoi soldi: aveva anche proposto alla banca di accontentarsi di una somma più bassa”.
Non solo: “L’uomo accusa l’istituto di credito Etruria di avergli cambiato il profilo da basso ad alto rischio e di avergli addirittura mandato un funzionario da Arezzo per rassicurarlo che i suoi risparmi sarebbero stati in buone mani”.
Secondo l’Ansa, invece, la lettera è stato ritrovata dalla moglie di fianco al corpo il giorno stesso del suicidio.
Il gruppo Vittime del Salva-Banche ha scritto una nota di condoglianze alla famiglia, come le associazioni di consumatori Adusbef e Federconsumatori, che parlano di “esproprio criminale del risparmio anticipato del bail-in”.
Adesso le associazioni chiedono al procuratore capo di Civitavecchia, Gianfranco Amendola, di aprire un’indagine per verificare se il decreto sulla risoluzione delle quattro banche sia “compatibile con le norme penali e con la Costituzione”.
E, secondo quanto si apprende, la procura di Civitavecchia ha già  puntato la sua lente sulla vicenda.
Il Codacons ha invece deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Civitavecchia per il reato di istigazione al suicidio.
“Chiediamo alla Procura di Civitavecchia di aprire una indagine sulla base dell’art. 580 del Codice Penale, volta ad accertare eventuali responsabilità  di terzi nel suicidio del pensionato — afferma il presidente Carlo Rienzi — In particolare vogliamo sapere se eventuali comportamenti di organi pubblici o soggetti privati abbiano potuto in quale modo contribuire al tragico gesto, spingendo l’uomo alla disperazione e quindi al suicidio”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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BLITZ CONTRO I CASALESI, SINDACO EX FORZA ITALIA IN FUGA

Dicembre 10th, 2015 Riccardo Fucile

ARRESTATI IN 21, RICERCATO IL PRIMO CITTADINO DI DUCENTA… SEQUESTRATO UN CENTRO COMMERCIALE AL CENTRO DI APPALTI IRREGOLARI A FAVORE DEL BOSS ZAGARIA

Il sindaco di Trentola Ducenta (Caserta) Michele Griffo è ricercato da questa mattina: nei suoi confronti c’è un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso esterno al clan dei Casalesi.
La misura è una delle 28 emesse dal gip di Napoli nell’ambito di un’inchiesta sui ‘colletti bianchi’ fiancheggiatori del clan che ha portato anche al sequestro del centro commerciale Jambo.
La struttura, che vale 60 milioni di euro, è considerata dagli inquirenti al centro di appalti irregolari a favore del gruppo del boss Michele Zagaria.
In carcere per associazione a delinquere di stampo camorristico, concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, estorsione, falsità  materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, abuso d’ufficio, truffa e turbata libertà  degli incanti sono finite 24 persone e sono quattro i destinatari di misure restrittive, tra cui l’ex sindaco del comune casertano Nicola Pagano.
Tra gli arrestati anche un dirigente del Comune e un architetto.
Le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli, hanno portato alla luce un complesso sistema criminale finalizzato al riciclaggio dei proventi dei delitti commessi dagli indagati.

(da agenzie)

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