Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
ALBERT RIVERA, LEADER DI CIUDADANOS E “FIDANZATO DI SPAGNA”, E’ L’UOMO CHE PUO’ OSCURARE LA VITTORIA DEI POPOLARI DI RAJOY
Un altro leader atipico si affaccia alla ribalta dell’Europa.
È Albert Rivera, leader del movimento spagnolo dei Ciudadanos, che alle elezioni politiche di domenica potrebbe rottamare in via definitiva il bipolarismo spagnolo, già incrinato due anni fa dal fenomeno Podemos.
I sondaggi della vigilia gli attribuiscono un incredibile 18,2 per cento. Sarà lui l’arbitro della partita per un governo di coalizione con i Popolari di Rajoy (25 per cento) che potrebbe lasciare i socialisti di Pedro Sanchez (21 per cento) all’opposizione insieme alla sinistra di Podemos (19 per cento).
Rivera in tre o quattro anni è diventato il “fidanzato di Spagna”.
Un recente e bizzarro test del La Vanguardia lo ha indicato non solo come il più bello ma anche come il più affidabile in una relazione d’amore, il migliore nel parlare l’inglese e il più amato dagli accademici.
Con calcolata abilità (o ambiguità , secondo molti) ha costruito il suo racconto oltre le categorie di destra e di sinistra, rifiutando ogni etichetta novecentesca a cominciare da quella di “liberale”, che forse sarebbe la migliore per definirlo.
Il suo trampolino di lancio sono state le proposte contro la corruzione e una speciale disinvoltura nell’uso dei media — nel 2006, candidato presidente in Catalogna, posò nudo per un manifesto elettorale suscitando un putiferio — ma soprattutto la rivalutazione dell’orgoglio spagnolo e la battaglia contro l’indipendentismo catalano.
Il fidanzato di Spagna, per paradosso, preoccupa soprattutto l’area progressista, alla quale sottrae voti promettendo un cambiamento senza traumi nè salti nel buio in economia e un allargamento dei diritti individuali, dall’eutanasia alla legalizzazione della cannabis.
“È la nemesi di Iglesias, la criptonite che può indebolirlo”, dice chi lo accusa di essere un prodotto di laboratorio delle èlite economiche.
Insomma, una merce ben confezionata per tagliare la strada a Podemos, grazie anche a un programma di riforme istituzionali e sociali che rieccheggia il Renzi rottamatore prima maniera: abolizione di province e Senato e accorpamento dei Comuni sotto i 5mila abitanti per finanziare integrazioni pubbliche agli stipendi più bassi e sei mesi di permesso retribuito alle neo-mamme.
Così, se i numeri dei sondaggi fossero confermati, la categoria dei populismi europei (ma possono ancora essere definiti così?) si arricchirebbe di una nuova opzione: gli estremisti di centro.
Con un minimo comune denominatore rispetto ad altre esperienze di segno diametralmente opposto come il Front Nazional e Syriza, e cioè la riaffermazione del primato nazionale, l’orgoglio identitario dell’essere spagnoli, francesi, greci.
Questa riscoperta di forme di sovranismo — “sentimentale” prima che politica — è stata finora combattuta dalle forze tradizionali nel nome dell’irreversibilità della costruzione europea così come la conosciamo, ma prima o poi si dovrà trovare una mediazione tra la difesa acritica del sistema e gli stati d’animo di fasce sempre più larghe delle opinioni pubbliche di tutto il Vecchio Continente.
Il giovane Rivera, il rivoluzionario borghese che si ispira apertamente ad Adolfo Suarez, accusato dalla sinistra di essere “una sottomarca della destra” e dalla destra di essersi “venduto alla sinistra” offre una possibilità inedita. In controtendenza rispetto ai leader che chiedono meno Europa per riscattare i loro Paesi, vuole una polizia europea, un servizio segreto europeo, un esercito europeo, regole fiscali europee, con il dichiarato obbiettivo di sottrarre gli spagnoli a un destino sudamericano e portarli alla pari “con la Danimarca, la Germania, la Svezia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, i migliori Paesi del mondo”. Insomma, un ultrà dell’europeismo, visto come connessione indispensabile per lo sviluppo di chi finora ha giocato in serie B.
È questa l’operazione ardita che domenica passerà al vaglio dell’elettorato spagnolo, ed è su questo crinale che Madrid potrebbe assistere alla fine, dopo trent’anni, dell’ininterrotta alternanza di governo tra Popolari e Socialisti: l’ennesimo segnale del declino del modello bipolare che arranca in tutta Europa, e che ovunque, nonostante sia blindato da leggi elettorali quasi impenetrabili, barrage e lussuosi premi di maggioranza, deve in qualche modo arrendersi a nuovi soggetti.
Flavia Perina
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
“POSSIBILE CHE CON IL GOVERNO IN DIFFICOLTA’ FINIAMO SUI GIORNALI PER LE LITI?”
Per la seconda volta in poco più di due settimane Silvio Berlusconi è costretto a intervenire per ribadire la sua “fiducia” a Renato Brunetta, il capogruppo nel mirino. La verità è che quel che resta di Forza Italia è paralizzato dai veti incrociati.
E che tra quei veti, il più pesante, arriva dalle donne del cerchio magico che avrebbero sbarrato la strada all’idea che a sostituirlo sia Mara Carfagna.
L’indiscrezione, secondo cui il Cavaliere è pronto a “dimissionare” l’ex ministro, ha mandato in scena ad Arcore un film già visto molte volte: sin dalla mattina insistenti telefonate dell’interessato per chiedere una pubblica smentita.
Che arriva, poco dopo le 10.30, a nome dell’ufficio stampa: una di quelle rituali, fatta con lo stampino e in cui il nome del capogruppo non viene nemmeno accennato.
La nota si limita, infatti, a definire il retroscena “completamente fuori dalla realtà dei fatti”.
Non abbastanza per placare l’ira di Brunetta, raccontano.
Che a quel punto avrebbe preteso, e ottenuto, un ulteriore comunicato a firma di Silvio Berlusconi, dal tono meno formale ed esplicitamente in suo sostegno. “Leggo su un giornale di gossip politico — afferma l’ex premier – un articolo che racconta, come quasi quotidianamente accade, cose mai successe. Confermo la mia piena fiducia al presidente Renato Brunetta chiamato sempre più spesso a esercizi di sopportazione. Confido che ci riesca anche questa volta”.
E non solo, visto che l’ex ministro avrebbe sollecitato anche al leader leghista Matteo Salvini una precisazione rispetto all’apprezzamento mostrato poco prima sull’ipotesi Carfagna.
La smentita del leader azzurro, comunque, ha l’immediato effetto di “congelare” la querelle intorno al capogruppo.
Perchè soltanto di congelamento si tratterebbe. Silvio Berlusconi sa benissimo che la faccenda non può dirsi accantonata e lo sa perchè quotidiane e costanti sono le lamentele che gli arrivano sulla gestione del gruppo. Anzi, dei gruppi.
Perchè neanche l’arci-nemico di Brunetta, ossia il suo omologo al Senato Paolo Romani, può dire di essere ben saldo sulla sedia.
In troppi, infatti, considerano la sua linea troppo morbida rispetto all’esecutivo di Matteo Renzi.
Il leader azzurro, al telefono con alcuni deputati, si dice amareggiato: “Ma è possibile – si sarebbe lamentato – che anche quando il governo è in difficoltà come ora, Forza Italia riesce a finire suoi giornali perchè litiga?”.
Ma le discussioni dentro il partito sono diventate il pane quotidiano. Ogni giorno c’è un caso, ogni giorno un nuovo nervo viene allo scoperto.
Ed è per questo, che al di là delle smentite di rito, Silvio Berlusconi aveva effettivamente cominciato a sondare alcuni deputati sull’ipotesi di sostituire Renato Brunetta con Mara Carfagna.
D’altra parte, appena due settimane fa, l’ex ministro era finito ‘sotto processo’ in una riunione di gruppo per la sua gestione poco democratica e per aver trasformato la nota politica del “Mattinale” in un libello a suo uso e consumo.
Tanto che alla fine è stato costretto ad accettare di chiuderlo e “restituirlo” a Berlusconi. Lo statuto, però, non prevede strumenti per sfiduciarlo. Ergo: o si dimette sua sponte o non se ne può fare niente.
“Non lo farà nemmeno con le bombe”, spiega un deputato. Lo stesso Berlusconi si sarebbe sfogato con alcuni fedelissimi: “Non so come fare, temo le reazioni violente di Renato”.
Ma c’è un altro freno: il cerchio magico non vuole che quel posto sia occupato da una donna, soprattutto se questa donna è Mara Carfagna.
La soluzione potrebbe essere quella di elezioni ‘democratiche’ sia in un ramo che nell’altro del Parlamento. Insomma, interrompere la prassi delle nomine per acclamazione. Dopo la smentita di oggi, però, la situazione resta in stand by: difficile possa accadere qualcosa prima delle vacanze di Natale.
Cresce però la richiesta al leader azzurro di convocare gli organismi di Forza Italia o di istituire una sorta di direttorio che lo affianchi.
“Qui — dice Maurizio Gasparri ad Huffington — siamo tutti in discussione tranne Silvio Berlusconi. Ma in questa fase nel partito manca un filtro. Nel Pdl c’erano i tre coordinatori invece ora tutte le tensioni finiscono per scaricarsi nei gruppi. Servirebbe una sorta di camera di decompressione che faccia delle istruttorie da sottoporre poi alle decisioni finali di Berlusconi”.
Anche il senatore Altero Matteoli la pensa così: “Mi pare — sostiene – che nel partito ci si stia rendendo conto della necessità di tornare sul territorio, darsi una organizzazione e riprendere a discutere negli organismi interni. Solo discutendo si risolvono gli equivoci o si confrontano linee politiche diverse. Poi, spetta al leader trovare la sintesi”.
(da “Huffingonpost”)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
BRUNETTA ISOLATO: “SERVONO NUOVI CAPIGRUPPI NON IMPOSTI”
Nel giro di pochi giorni Silvio Berlusconi ha dovuto tirare di nuovo il freno a mano sul caso Brunetta.
Dopo aver stoppato l’iniziativa di Elio Vito, che a Montecitorio insieme a buona parte del gruppo parlamentare aveva chiesto di sfiduciare l’ex ministro, l’ex Cavaliere ha smentito di aver chiesto a Mara Carfagna la sua disponibilità a diventare presidente dei deputati, come scritto oggi da Repubblica.
Una smentita chiesta dallo stesso Brunetta, cui è venuto un travaso di bile leggendo il quotidiano di Ezio Mauro.
“Vedo su un giornale di gossip politico un articolo che racconta, come quasi quotidianamente accade, cose mai successe. Confermo la mia piena fiducia al presidente Brunetta chiamato sempre più spesso a esercizi di sopportazione. Confido che ci riesca anche questa volta”, ha scritto Berlusconi in una nota.
Ascoltando le voci che arrivano da Montecitorio, però, è del tutto verosimile che l’ex premier stia sondando possibili sostituti di Brunetta, in primis proprio l’ex ministro delle Pari opportunità , che venerdì ha compiuto quarant’anni.
Carfagna, infatti, occupa da anni un posto fisso nel cuore di Berlusconi, che la considera seria e affidabile. E lei, dopo un periodo di appannamento, ora è considerata di nuovo in ascesa.
“Sarebbe un’ottima capogruppo, perchè ha capacità di ascolto e mediazione che Brunetta se le sogna. E, dando la sua disponibilità a ricoprire il ruolo, ora tra i due a Montecitorio sarà guerra aperta”, confida un deputato azzurro.
L’ex Cav, come si è visto, per il momento frena e rimanda la questione a dopo le feste di Natale.
Qualcuno ricorda che Berlusconi non ha mai cambiato un capogruppo in vita sua. Di certo, però, la situazione non può continuare così, con i presidenti alla Camera e al Senato che, non solo non si rivolgono la parola da settimane, ma si insultano un giorno sì e l’altro pure sulle pagine dei giornali.
Le parole di Romani sulla “Boschi che si è difesa benissimo”, per esempio, hanno fatto infuriare di nuovo Brunetta, che l’ha considerata l’ennesima bocciatura della sua linea.
“Il problema è che se Berlusconi cambia alla Camera, poi gli si pone il problema di come ricompensare Brunetta, cosa non facile visto che non siamo al governo e posti da distribuire non ce ne sono”, continua il deputato azzurro.
Detto questo, però, l’ex Cav è stufo di questa storia, anche perchè “Berlusconi vuole vicino a sè persone che gli risolvano i problemi, e non gente che glieli crea, e Brunetta è un portatore sano di problemi”.
Il capogruppo alla Camera, insomma, appare sempre più isolato.
Da tempo anche Gianni Letta e Fedele Confalonieri, vicini a Romani, spingono per una linea politica più soft nei confronti del governo.
Il Mattinale, intanto, continuerà a farlo Renato Farina, ma non più sotto lo stretto controllo di Brunetta.
Forza Italia, insomma — dove oltretutto questa settimana è partito il licenziamento collettivo di tutti gli 81 dipendenti – sta vivendo uno dei periodi più difficili della sua storia. E il dramma, per loro, è che non s’intravede una via d’uscita.
A riprova del malessere generale quest’anno, per la prima volta, non ci sarà la tradizionale cena di Natale di Berlusconi con i parlamentari. “Si rischia che qualcuno si tiri i coltelli”, è la battuta che gira a Palazzo Grazioli.
E se anche una fedelissima berlusconiana come Laura Ravetto arriva a esporsi con la richiesta di “due nuovi capigruppo eletti da noi e non imposti dall’alto”, significa che il malessere covato dalle truppe per troppo tempo è venuto tutto a galla.
Prova ne sia anche la richiesta di istituire una direzione nazionale del partito, auspicata pure da Romani e Toti, che finora l’ex Cav si è sempre rifiutato di avallare perchè la considera una sorta di commissariamento alla sua leadership.
Nel frattempo trovano conferma le voci di nuovi abbandoni: Renata Polverini alla Camera, Enrico Piccinelli ed Emilio Zuffada al Senato. Tutti guardano a Verdini, che di questi tempi è molto bravo a fare promesse sul futuro a gente che sa di non avere sbocchi per la prossima legislatura.
Berlusconi, dal canto suo, osserva, ascolta tutti, tentenna, nicchia, prende tempo e non decide.
Un giorno è convinto che un suo ritorno in campo risolleverebbe le sorti del partito, un altro si lascia prendere dallo sconforto e guarda a possibili successori cui passare il testimone (Della Valle?).
E comunque va avanti a forza di rinvii, senza strategia e senza una linea politica chiara.
Come si è visto in Parlamento sul voto di sfiducia alla Boschi sul conflitto di interessi per il salva-banche. E come s’intuisce dallo psicodramma sui candidati alle amministrative, dove ancora si brancola nel buio.
E tutti i suoi preferiti vengono bocciati o dai sondaggi (Sallusti) o dai veti degli alleati (Marchini).
Gianluca Roselli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
2,1 MILIONI AL PERSONALE E 900.000 EURO AL DG BRONCHI… L’OMBRA DEL RICICLAGGIO SU 20.000 CONTI
Ventisette settembre 2013. Banca Etruria sta affondando, e nemmeno troppo lentamente.
Le sofferenze sui crediti hanno superato i due miliardi di euro e alle filiali sul territorio è stato dato l’ordine di vendere 110 milioni di obbligazioni subordinate. L’ultima, disastrosa, mossa per tenere a galla il “Titanic”.
Eppure, quel 27 settembre, il consiglio di amministrazione della Popolare si sente in vena di delibere generose.
Scrivono gli uomini di Bankitalia nel verbale della terza, e ultima, ispezione. “La banca ha elargito 2,1 milioni di euro di premi per il personale per il conseguimento di traguardi importanti”.
E ancora: “Negli ultimi cinque anni gli emolumenti per tutti i membri del cda ammontano a 14 milioni di euro”.
Non sono semplici osservazioni, ma fatti che spingono l’ispettore della vigilanza Giordano di Veglia a chiedere l’avvio di una procedura di sanzione per anomalie nelle “politiche e prassi di remunerazione e incentivazione” del gruppo bancario.
Tutto il cda potrebbe essere multato, compresi il presidente Lorenzo Rosi, il suo vicario Alfredo Berni e il vicepresidente Pier Luigi Boschi. Il padre del ministro delle Riforme.
I PREMI E CONSULENZE
Il verbale che riassume gli esiti del lavoro del pool ispettivo dall’11 novembre al 27 febbraio non riguarda soltanto la gestione dissennata del credito deteriorato (le fidejussioni inefficaci, la media esageratamente alta di 550 pratiche in mano a ciascuno funzionario, le documentazioni carenti, i ritardi), di cui Repubblica ha dato conto ieri.
La parte delle spese deliberate dal Cda è altrettanto corposa.
Si parte dai 2,1 milioni di premio a pioggia su tutti i dipendenti (in media è circa un migliaio di euro a testa) per “importanti traguardi raggiunti” che non si capisce bene quali siano.
Se di incentivazione si tratta, non si può non legare il premio ai maggiori sforzi che in quell’anno i manager della Popolare chiedevano ai loro lavoratori, tra cui anche quello di piazzare le rischiose subordinate.
Gli ispettori segnalano anche i 15 milioni di euro spesi in “consulenze e servizi” di cui non si ha “piena rendicontazione” e i 14 milioni per gli emolumenti complessivi del cda dal 2008 al 2013.
Ci sono poi i 185 milioni di euro di prestiti concessi con il fido dai consiglieri, di cui 18 milioni finiti in perdita (due pratiche, una da 5,6 milioni e l’altra da 3,4 milioni sono intestate al consigliere Luciano Nataloni, indagato dalla procura di Arezzo per “conflitto di interessi” insieme a Lorenzo Rosi).
LIQUIDAZIONE DA 900 MILA EURO AL DG
Un paragrafo a parte è dedicato alla buonuscita del direttore generale Luca Bronchi, che è stato in carica fino al primo luglio 2014. Per lui il cda delibera una ricca liquidazione da 900 mila euro, nonostante il 2013 si fosse chiuso con una perdita di 300 milioni di euro, e nel 2014 il bilancio sarà ancor più disastroso con 517 milioni di buco.
Secondo il verbale ispettivo di Bankitalia, Bronchi deve essere sanzionato per “carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi”. E’ l’unico, nell’elenco degli amministratori per cui si chiede la multa, cui è stato dedicato un paragrafo a parte e le contestazioni a suo carico sono una decina. Le controdeduzioni dei manager sono state già redatte e portate a Palazzo Koch, che ora ha tempo fino a marzo per decidere se procedere lo stesso con la sanzione e, nel caso, valutarne l’entità .
CONTROLLORI NON CONTROLLANTI
Sotto accusa poi è stato messo tutto il collegio dei sindaci, proprio per “mancanza di controlli”.
Per cui rischiano i cinque componenti, tra cui c’è un nome noto: Massimo Tezzon. E’ stato il direttore generale della Consob, l’authority che vigila sulle operazioni di Borsa (che ha autorizzato l’emissione delle subordinate anche nel caso Etruria, ndr), dal 1999 al 2008.
E’ entrato nella Popolare dopo essersi dimesso dalla Consob e ha già avuto una sanzione: 84 mila euro nella precedente “tornata” in cui fu multato da Bankitalia anche il padre del ministro Boschi per 144 mila euro.
CLIENTI SCONOSCIUTI
Nel verbale ispettivo, poi, c’è un ampio capitolo che analizza come Banca Etruria si è adeguata alla normativa antiriciclaggio.
Anche questo, a quanto pare, era un punto debole. Nella precedente ispezione (la seconda, nel 2013) erano saltati fuori rapporti con clienti da regolarizzare.
Scrive Di Veglia: “A dicembre 2014 permangono circa 25mila rapporti da regolarizzare (di cui 5.000 conti correnti e 5.000 dossier titoli), sui quali sono state effettuate, nel secondo semestre 2014, 1.200 forzature con 360 operazioni di importo superiore ai 1000 euro.
Anche l’individuazione del titolare effettivo presenta anomalie: a dicembre i rapporti continuativi per i quali il titolare effettivo è stato dichiarato inesistente ammontano a più di 20.000”.
Ma in quel dicembre di un anno fa, la normativa antiriciclaggio era l’ultimo dei problemi di Banca Etruria.
Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
TESTA A TESTA PSOE-PODEMOS PER IL SECONDO POSTO
L’ultimo sondaggio ‘vietato’ pubblicato oggi in Andorra – in Spagna sono proibiti da lunedì – vede in aumento il vantaggio del Pp del premier Mariano Rajoy sul Psoe di Pedro Sanchez e su Podemos di Pablo Iglesias, al testa a testa per il secondo posto.
Il sondaggio Gesop realizzato fra mercoledì e venerdì, ossia per buona parte dopo l’aggressione subita a Pontevedra mercoledì da Rajoy, colpito con un pugno al volto per strada da un giovane radicale di 17 anni, vede il Pp in crescita dal 25,8% di ieri al 26,6%. L’aggressione potrebbe avere innescato una reazione di solidarietà verso il premier.
Il Psoe al 20,8% e Podemos al 20,1% sono in lotta per il secondo posto in voti.
Prosegue la flessione di Ciudadanos di Albert Rivera, dato al 16%.
Secondo Gesop il Pp otterrebbe 111-115 seggi su 350 nel Congresso dei deputati, il Psoe 82-86, Podemos 70-74, Ciudadanos 47-51.
Questi dati confermano il rischio di instabilità politica del paese dopo il voto di domenica.
L’alto numero di elettori indecisi, fra il 20% e il 40% secondo le stime, può però ancora significativamente alterare nelle urne domani le previsioni dei sondaggi.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
NEL BIENNIO 2013-2014 I REDDITI PIU’ PENALIZZATI SONO STATI QUELLI PIU’ BASSI… CON I SOLDI UTILIZZATI PER LO SGRAVIO IRPEF SI SAREBBE POTUTA ELIMINARE L’INDIGENZA GRAVE DI MILIONI DI ITALIANI
La grave crisi economica iniziata nella seconda metà dello scorso decennio sembra ormai superata ed è possibile tracciare un primo bilancio delle perdite sui redditi delle famiglie.
Il conto non è stato ripartito “alla romana”, cioè in parti uguali tra tutti, ma a sopportarlo maggiormente è stata la fascia più povera della popolazione.
Le politiche adottate dal governo negli ultimi due anni hanno reso ancor più grave la situazione, con interventi come il bonus di 80 euro che non hanno favorito il riequilibrio della distribuzione dei redditi.
Due conti per capire a chi è andata peggio
Secondo l’indagine della Banca d’Italia il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2014 è stato di 30.525 euro, in crescita dello 0,5% rispetto al 2012.
Considerando che nel biennio 2013-2014 il deflatore dei consumi finali delle famiglie è aumentato dell’1,4%, il reddito reale e il relativo potere di acquisto si sono ridotti dell’1%.
Mettendo in fila le famiglie italiane dalla più povera alla più ricca e dividendole in dieci parti uguali (decili), è andata peggio alle famiglie più povere, quelle che provano a sbarcare il lunario con 6.511 euro all’anno (542 euro al mese).
Anzichè essere maggiormente tutelate, le famiglie del primo decile hanno accumulato tra il 2006 e il 2014 una perdita del 32% del reddito disponibile reale, il doppio di quella subita dalle famiglie italiane nel loro complesso.
Se tra il 2006 e il 2008 il reddito delle famiglie povere era diminuito del 7,6%, nel 2010 del 3,8% e nel 2012 del 13,4%, quanto accaduto negli ultimi 2 anni ha dell’incredibile.
I nuclei familiari del primo decile hanno avuto una contrazione del reddito da 7.268 a 6.511 euro, con una perdita del 10,4% nominale e 11,7% reale (cioè sempre tenendo conto anche dell’aumento dei prezzi).
Tra il 2012 e il 2014 non tutti ci hanno rimesso, visto che i redditi dal secondo all’ottavo decile sono aumentati tra lo 0,6% e l’1,5% reali.
Sul risultato incide anche la differente composizione, con una percentuale di non occupati presenti nella fascia più bassa che passa dal 28,8% del 2012 al 39,8% del 2014.
È possibile anche dare un volto alle famiglie che compongono il primo decile, a partire dalle caratteristiche del capofamiglia.
Si tratta di nuclei familiari in prevalenza a conduzione femminile (il 56,3% rispetto al 35,2% medio); senza lavoro (il 39,8% rispetto al 5,6%); che vivono nel meridione (il 55,2% rispetto al 32,5%); di età inferiore ai 40 anni (il 45,7 % rispetto al 27,2%); di cittadinanza straniera (il 18,6% rispetto al 6,1%); monocomponenti (il 55,4% rispetto al 29,3%); con un titolo di studio che non supera la licenza elementare (il 36,5% rispetto al 22,5%).
Le misure sbagliate dopo la mazzata di Monti
Dopo le misure di austerità imposte da Monti per far fronte al grave lascito di Berlusconi sui conti pubblici, i governi Letta e Renzi che gli sono succeduti non hanno saputo mettere in campo politiche efficaci di lotta alla povertà .
Il bonus di 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti con un reddito compreso tra circa 8.100 e 26.000 euro, introdotto da Renzi a ridosso delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e confermato con la legge di Stabilità 2015 ha, semmai, contribuito ad aumentare le disuguaglianze, considerando che gli incapienti non ne hanno potuto beneficiare. A riceverlo sono stati il 21,9% dei nuclei familiari, ma solo il 3,1% degli appartenenti al primo decile ne ha potuto usufruire e la proporzione cresce all’aumentare del reddito, raggiungendo proporzioni superiori al 30% per gli appartenenti all’ottavo e nono decile, che con redditi tra i 40 e i 50mila euro all’anno, non avevano certo necessità di sostegno economico.
Una misura elettorale senza effetti sui consumi
Le famiglie intervistate dalla Banca d’Italia hanno dichiarato di aver speso il 90% dell’importo ricevuto, ma si tratta di una percezione che non trova riscontro nell’evidenza che l’85% delle famiglie beneficiarie ha conseguito nel 2014 un risparmio superiore al bonus ricevuto e che, quindi, aveva comunque disponibilità economiche per spendere.
È un fatto, poi, che oltre ad essere iniquo, il bonus si è rivelato inefficace per il rilancio della domanda interna, a giudicare dall’evoluzione del quadro macroeconomico, che vede una crescita debole dei consumi privati, sia nel 2014 che nel 2015.
Con i dieci miliardi di euro spesi per finanziare a regime il provvedimento si sarebbe potuta eradicare la povertà assoluta, migliorando le condizioni di vita di alcuni milioni di italiani.
Anche nella legge di Stabilità 2016 si preferisce, invece, insistere con misure che sembrano avere solo l’obiettivo di massimizzare il consenso elettorale.
Franco Mostacci
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI LEGAMBIENTE: “I PIU’ MALMESSI IN ABRUZZO”
Treni regionali vecchi, scarsi, in ritardo e malandati. Un servizio locale lento e poco efficiente, nonostante le tariffe aumentino.
A sostenerlo è Legambiente che, presentando la campagna Pendolaria 2015, ha stilato la top 10 delle peggiori linee ferroviarie regionali in Italia.
Sono circa tre milioni i pendolari, ossia quei cittadini che utilizzano tutti i giorni il treno per raggiungere il posto di lavoro o di studio.
Ma potrebbero essere molti di più: “La situazione di degrado generale spinge purtroppo i cittadini all’uso dell’auto privata, con aggravio dei costi, del traffico veicolare e dell’inquinamento”, scrive Legambiente.
Tremila e trecento i treni attualmente in servizio nelle singole regioni. “I convogli hanno un’età media pari a 18,6 anni.
La regione con la più alta età media dei treni è l’Abruzzo, con 28,3 anni, e dove l’84,7 per cento dei mezzi circolanti ha più di 20 anni”.
Le realtà locali devono poi fare i conti con continue riduzioni di budget: “Dal 2010 a oggi”, continua il rapporto, “si possono stimare tagli pari al 6,5% nel servizio ferroviario regionale proprio quando nel momento di crisi è aumentata la domanda di mobilità alternativa più economica rispetto all’auto. Il record di aumento del costo dei biglietti si è verificato in Piemonte, con un +47%”.
Il dossier di Legambiente cerca anche di individuare i responsabili: “Manca una regia nazionale rispetto a un tema che non può essere delegato alle Regioni, senza controlli. Da Berlusconi a Renzi, chi è stato al governo in questi anni ha una forte responsabilità rispetto alla situazione che vivono i pendolari. Rispetto al 2009 le risorse dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 25%, con la conseguenza che le Regioni, alle quali sono state trasferite nel 2001 le competenze sui treni pendolari, hanno effettuato tagli al servizio e un aumento delle tariffe”.
“Un cambio di rotta delle politiche di mobilità ancora non si vede. Nella legge di Stabilità non c’è nessuna risorsa per l’acquisto di nuovi treni o per il potenziamento del servizio, mentre gli stanziamenti erogati dalle Regioni sono talmente risibili da non arrivare, in media, nemmeno allo 0,28 per cento dei bilanci” dichiara il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini.
Contrariamente agli altri Paesi europei, “in Italia negli ultimi 20 anni neanche un euro è stato investito dallo Stato per l’acquisto di nuovi treni” si legge ancora nel dossier.
Ecco la classifica, in ordine decrescente, delle dieci peggiori linee ferroviarie regionali compilata dal rapporto Pendolaria 2015: Roma-Lido di Ostia: è sua la palma del più cattivo tratto pendolare dell’anno. “Il servizio ferroviario di questa linea suburbana gestita da Atac”, dice Legambiente, “risulta totalmente inadeguato per i circa 100mila pendolari quotidiani. Corse che saltano senza che venga fornita un’adeguata informazione, frequenze oltre i 40 minuti, convogli vecchi e sovraffollati spesso privi di aria condizionata, stazioni non presidiate”
Alifana e Circumvesuviana: il dossier segnala “precarietà dei mezzi, assenza di aria condizionata, sediolini e carrozze antiquate e scarso servizio di pulizia”. E la Circumvesuviana è “una delle ferrovie più colpite dai tagli degli ultimi anni, con treni fatiscenti e vagoni stracolmi”
Chiasso-Rho: si tratta di una linea prolungata da Milano a Rho in occasione dell’Expo. “Ci sono quasi 50mila pendolari che lamentano frequenti ritardi e tempi di percorrenza paragonabili a quelli del secolo scorso: per fare 60 chilometri si impiega oltre un’ora e mezza”.
A seguire nella classifica dei peggiori: Verona-Rovigo, Reggio Calabria-Taranto (che collega quaranta centri urbani e turistici); Messina-Catania-Siracusa; Taranto-Potenza-Salerno (“su questa linea di oltre 200 km di fondamentale importanza per i collegamenti interni tra Puglia, Basilicata e Campania, la situazione è ferma a 50 anni fa. E i convogli non raggiungono i 50 km/h di velocità media”); Novara-Varallo (“Addio ai treni lungo questa linea dal settembre 2014″); Orte-Foligno-Fabriano: che ha “pesanti criticità a volte persino a causa delle foglie che creano problemi di aderenza delle ruote del locomotore sulla rotaia”; e infine la Genova-Acqui Terme.
Maurizio Di Fazio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
UN PASTO COMPLETO A 10 EURO, MA SE NON PUOI SALDARE IL CONTO SI PUO’ FARE QUALCHE LAVORETTO
A Monza apre una Trattoria Popolare, che propone una cucina per tutti.
O meglio per chi si trova in difficoltà e per gli emarginati.
Dietro ai fornelli del locale di via Montegrappa, 48, in zona San Rocco, c’è lo chef Paolo Longoni, un passato da giornalista e una passione per la cucina e per tendere la mano agli altri.
Ed è proprio questo lo spirito del locale: favorire l’accesso al cibo sano e di qualità per i cosiddetti nuovi poveri, che non si rivolgono ai tradizionali canali di aiuto.
Così chi non ha i soldi per saldare il conto si vede arrivare tra le mani un vaucher orario.
“Con quello può svolgere piccoli lavoretti nel locale, dare una mano in cucina per saldare il conto”, spiega Lo chef.
I prezzi per un pasto completo sono popolari, come vuole il nome del locale: intorno ai 10 euro, ma se qualcuno vuole lasciare qualcosa di più, quei soldi verranno messi a disposizione di quanti non possono pagare il conto per interno.
Gabriele Cereda
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 19th, 2015 Riccardo Fucile
IL PADRE DEL MINISTRO RISCHIA DI ESSERE INDAGATO
Undici rilievi. Undici segnalazioni su irregolarità e criticità del management di Banca Etruria, commesse quando già l’istituto di credito navigava in acque difficili.
E che inevitabilmente coinvolgeranno il padre di Maria Elena Boschi, prima consigliere di amministrazione, poi, dal 2014, presidente della banca.
Il contenuto della relazione degli ispettori della Banca d’Italia, oltre a far tremare i manager, potrebbe portare a nuovi sviluppi politici nel caso.
Perchè, come scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, la relazione verrà inviata alla procura entro Natale.
Ed è un passo ufficiale che può far finire nel registro degli indagati tutti i membri del Cda, come già avvenuto per il presidente Lorenzo Rosi e il consigliere Liciano Nataloni per conflitto d’interesse, sulla base di una verifica effettuata per ordine di Palazzo Koch tra il 14 novembre 2014 e il 27 febbraio 2015.
Fideiussioni, consulenze, operazioni immobiliari, finanziamento: nel dossier c’è l’elenco dei motivi che hanno portato l’istituto al dissesto.
Un vero e proprio atto d’accusa dal quale tutti devono adesso difendersi.
È anche per questo che la calendarizzazione della mozione di sfiducia al ministro delle Riforme è avvenuta in tempi relativamente rapidi.
Per chiudere la partita, almeno dal punto di vista parlamentare, prima che la faccenda si ingarbugliasse ulteriormente. Il perchè è presto detto:
Nella nuova relazione ci sono undici punti dei quali dovrà rispondere l’ex vicepresidente e attengono l’intera gestione patrimoniale visto che l’attività degli ispettori è stata in realtà un’attività di controllo ad ampio spettro, dunque relativa a una verifica generale.
E se l’aula di Montecitorio ha già archiviato la pratica, un’eventuale iscrizione nel registro degli indagati di Pierluigi Boschi renderebbe il clima politico rovente.
Rischiando di ammaccare ulteriormente la finora solidissima immagine della figlia.
(da “Huffingtonpost”)
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