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RENZIANI ALL’ATTACCO DI SAVIANO: LEOPOLDA SFIGURATA DALLE ACCUSE DELLO SCRITTORE ALLA BOSCHI

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

RENZI FURIOSO, ORDINE DI SCUDERIA: RISPONDERE A TONO

A Palazzo Chigi, Matteo Renzi è furioso. Ma vuole giocare d’attacco, dice chi gli ha parlato in queste ore.
Dopo più di mezza giornata di pesante silenzio, a metà  pomeriggio dà  ordine ai suoi di rispondere a muso duro a Roberto Saviano, autore del post contro il conflitto di interessi di Maria Elena Boschi, il post che gli ha imbrattato la Leopolda al via stasera a Firenze.
Tanto imbrattato che il ministro Boschi, padrona di casa alla Leopolda, potrebbe arrivare solo in tarda serata.
I suoi sottolineano che è impegnata al lavoro sulla legge di stabiltà . Comunque, la linea di Palazzo Chigi è che Saviano è fuori strada, non c’è atto del governo che provi favoritismi nei confronti del padre del ministro, Pier Luigi Boschi, alla guida di Banca Etruria per otto mesi, commissariata a novembre, una delle quattro banche salvate dal decreto del 22 novembre.
E’ il decreto che porterà  in piazza, domenica qui vicino alla Leopolda, gli investitori arrabbiati per aver perso i risparmi depositati in obbligazioni che valgono carta straccia. Un gran pasticcio, di portata mediatica e reale.
Ma Renzi passa al contrattacco. Come di solito fa quando viene attaccato, quando l’attacco gli fa male, come tutti quelli che ha sferrato Saviano al governo.
Nella enews diffusa in queste ore offre un antipasto di ciò che dirà  in serata alla Leopolda. “I dati di Inps e Istat per un volta vanno d’accordo e ci dicono che il lavoro in Italia è tornato a crescere. Buono anche il dato sulla produzione industriale. Secondo me non sarà  un inverno fantastico per i gufi…Viva l’Italia”, scrive il premier intento a pulire l’immagine della sesta Leopolda, la seconda di governo, sfigurata dall’affaire banche.
E’ un affare passato in sordina all’inizio, deflagrante ora. Renzi lo raccontano imbufalito a Palazzo Chigi. Mentre si sfoga con i suoi sulla linea di attacco che per tutta la giornata tenta di mettere a punto.
Primo: non c’è un atto del governo che provi favoritismi verso il padre di Maria Elena Boschi, per otto mesi al vertice di Banca Etruria, una delle quattro banche interessate dal decreto, commissariata nel novembre scorso.
Secondo: “È impossibile per le regole Ue salvare in modo definitivo gli azionisti e obbligazionisti subordinati, ma stiamo lavorando a una soluzione”, continua a ripetere Renzi ai suoi, mentre maledice la “situazione legislativa che abbiamo ereditato”, come ci segnala il responsabile Giustizia del Pd David Ermini che stasera in collegamento tv dalla Leopolda con ‘Bersaglio mobile’ su La7 cercherà  di smontare le critiche. Terzo: ”La riforma del sistema del credito è quanto mai urgente come abbiamo visto, non solo nelle ultime ore, ma nell’ultimo anno con la riforma delle popolari”, ha detto Renzi parlando all’Accademia dei Lincei a Roma in mattinata.
Sono i tre capisaldi della linea di difesa e attacco pensata in queste ore convulse a Palazzo Chigi, tra i tentennamenti che si sciolgono a sera, poco prima dell’inizio della Leopolda: sì a Saviano bisogna rispondere.
E poi certo ci sono gli interventi in legge di stabilità , per stabilire una forma di ‘ristoro’ per i risparmiatori danneggiati.
Idea sulla quale il governo tira un respiro di sollievo visto che incassa il placet della Commissione Europea. “Sosteniamo le intenzioni del governo italiano di consentire ai risparmiatori di esigere compensazioni dalle banche per possibili vendite ingannevoli di obbligazioni” dice un portavoce della Commissione Ue.
E anche la commissione parlamentare d’inchiesta, decisa ieri in una triangolazione tra Renzi, il senatore renzianissimo Andrea Marcucci e il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda. Una commissione che secondo Ermini dovrebbe “indagare sul ruolo di vigilanza di Bankitalia, come è stato svolto fin qui e sulla legislazione che abbiamo ereditato…”.
Poi però c’è tutto il “problema politico che si è aperto”, come lo definisce un renziano doc a taccuini chiusi. Perchè è successo quello che nella cerchia del premier definiscono “l’inevitabile” che però crea un problema grosso proprio nelle regioni più care al Pd, alla vigilia delle amministrative 2016.
E su questo, confida una fonte vicina al premier, si può cercare la toppa in legge di stabilità , si può fare la commissione parlamentare d’inchiesta ma recuperare la fiducia evaporata è affare maledettamente difficile.
Sono tutti obiettivi molto ghiotti per l’opposizione variegata, disomogenea ma straordinariamente unita dalla contingenza.
Renzi lo sa, anche se nella cerchia dei suoi si fa notare che il Movimento 5 stelle è stato sempre contrario all’uso dei soldi pubblici per salvare le banche private: “Il governo non lo ha fatto, ora che propongono?”, è lo sfogo di un renziano di prima fascia.
Ma il problema principale di giornata è gestire l’inaugurazione della Leopolda in modo che sia comunque una festa. Non facile.
Ma Renzi nella enews insiste: “Per noi è una festa, come tornare a casa, da dove tutto è cominciato, uno spazio fisico ma soprattutto un luogo dell’anima per chi crede che fare politica sia una cosa bella, un servizio a tempo, un impegno civile. Chi viene per parlare di correnti, discussioni interne, posti di potere può restare a casa. Alla Leopolda sono di casa le idee, i sogni, anche le critiche”.
Oltre a Saviano la giornata però non è iniziata nel migliore dei modi.
Su Roma è piombata anche la critica del Financial Times alla soglia di tremila euro sul pagamento in contanti inserita in legge di stabilità . “Posizione confusa sull’evasione fiscale, l’Italia non può permetterselo”, scrive il quotidiano della City.

(da “Huffingtopost”)

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IL RETROSCENA: BANCA ETRURIA SPOLPATA TRA FIDI AI CONSIGLIERI E YACHT FANTASMA

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

NATO NEL 1882, L’ISTITUTO E’ DA LUSTRI IL CROCEVIA TRA MASSONERIA E FINANZA CATTOLICA PER FINANZIAMENTI E ACQUISTI DISSENNATI… EX AMMINISTRATORI SI SONO AUTOCONCESSI PRESTITI PER 185 MILIONI E GETTONI DI PRESENZA DA 14 MILIONI IN 5 ANNI

“Come è umano lei!” Se non ci fosse già  la mestizia per un morto suicida, verrebbe da usare le parole di Giandomenico Fracchia ne “La belva umana” per giudicare “le misure di tipo umanitario” annunciate dal ministro Pier Carlo Padoan a favore dei risparmiatori più poveri, il parco buoi che con le obbligazioni “subordinate” di quattro banche ha perso tutto
Ruggisce la Chimera di Arezzo verso i 13 ricchi ex amministratori e 5 ex sindaci di Banca Etruria che invece probabilmente non restituiranno mai i 185 milioni che si sono auto-concessi con 198 posizioni di fido finiti in “ sofferenza” e in “incaglio”, settore che in banca curava Emanuele Boschi, fratello del super-ministro Maria Elena.
Nè, visti i precedenti, restituiranno i 14 milioni riscossi di gettoni negli ultimi cinque anni. Figurarsi poi i 20 primi “sofferenti” per oltre 200 milioni.
A cominciare da Francesco Bellavista Caltagirone dell’Acqua Antica Pia Marcia, “un dono fatto all’Urbe dagli dei”(Plinio il Vecchio) esposta con le sue controllate per 80 milioni o la Sacci (40 milioni) della famiglia Federici, passata adesso all’ Unicem, o la Finanziaria Italia Spa del Gruppo Landi di Eutelia (16), o ancora la Realizzazioni e Bonifiche del Gruppo Uno A Erre (10,6) , l’Immobiliare Cardinal Grimaldi, titolare di un mutuo di 11,8 milioni a 40 anni, una durata che non esiste sul mercato, e l’ Acquamare srl (17,1) sempre del gruppo Bellavista Caltagirone.
Tra le storie più deliranti tra quelle nelle quali ci si imbatte percorrendo i sentieri delle quattro banche fallite, la più sconclusionata è quella del panfilo più lussuoso al mondo che doveva essere costruito dalla Privilege Yard Spa a Civitavecchia, lungo 127 metri e già  opzionato — si diceva – da Brad Pitt e Angelina Jolie.
Dal 2007, quando fu costituito il pool di banche capeggiato dall’Etruria, esiste solo il rendering della nave di carta e la società  è fallita con un buco di 200 milioni.
L’inventore del bidone si chiama Mario La Via, che si definisce “finanziere internazionale”, e che esibiva come suoi soci l’ex segretario generale dell’Onu Perez de Cuellar, il sultano del Brunei e Robert Miller, azionista di Louis Vuitton e CNN. L’inaugurazione del cantiere fu benedetta dal cardinale Tarcisio Bertone.
Nel consiglio figuravano Mauro Masi, ex direttore generale della Rai, Giorgio Assumma, ex presidente della Siae, e il tributarista Tommaso Di Tanno.
Per non farsi mancare niente, tra gli sponsor c’era anche Giancarlo Elia Valori, l’unico massone espulso a suo tempo dalla P2 di Licio Gelli. D’altro canto, la Banca Etruria è da lustri teatro dello scontro e anche degli incontri d’interessi tra finanza massonica e finanza cattolica.
Quasi tutte storie che vengono dalla notte dei tempi.
La Banca dell’oro, come era chiamata per il ruolo nel mercato dei lingotti, nasce nel 1882 in via della Fiorandola come Banca Mutua Popolare Aretina.
Ma è cent’anni dopo, nel 1982, che comincia l’espansione con l’acquisto della Popolare Cagli, della Popolare di Gualdo Tadino e della Popolare dell’Alto Lazio, feudo di Giulio Andreotti che era sull’orlo del default.
E comincia il trentennio del padre-padrone Elio Faralli, classe 1922, massone, che rinunciò alla presidenza con una buonuscita di 1,3 milioni e un assegno annuale di 120 mila euro perchè a 87 anni non facesse concorrenza alla sua ex banca.
Scomparso nel 2013 e sostituito dal cattolico Giuseppe Fornasari, ex deputato democristiano, Faralli sponsorizzò tutte le prime venti operazioni in sofferenza di cui abbiamo dato conto, salvo 20 milioni deliberati ancora per la nave di carta durante la presidenza Fornasari.
Risale poi al 2006 l’acquisto di Banca Federico Del Vecchio. Doveva essere la boutique bancaria che portava in Etruria i patrimoni delle ricche famiglie fiorentine, ma si è rivelata un buco senza fondo.
Un giorno Faralli si rinchiuse da solo in una stanza col presidente della Del Vecchio e ne uscì con un contratto di acquisto per 113 milioni, contro una stima di 50, mentre mesi fa veniva offerta in vendita a 25 milioni.
“La Banca Etruria non si tocca,” andava proclamando il sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani, nipote del leader storico della Democrazia Cristiana Amintore e figlio del leader locale Ameglio, alla vigilia di lasciare l’incarico per trasferirsi nella poltrona di membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura.
Un sindaco aretino, chiunque egli fosse, era costretto a difendere “per contratto” l’icona bancaria cittadina, 186 sportelli e1.800 dipendenti, con un modello fondato su un groviglio di interessi intrecciati tra loro.
Lo stesso modello ad Arezzo, come nelle Marche, a Chieti e Ferrara, con banchieri improvvisati, politici locali, imprenditori, azionisti, grandi famiglie feudatarie, truffatori, a spese dei piccoli correntisti spinti ad acquistare prodotti a rischio per loro incomprensibili.
Ma il mito della banca semplice, radicata sul territorio, per clienti semplici, dove tutti si fidano, si è infranto definitivamente un mercoledì del febbraio scorso, quando ad Arezzo di fronte ai capi- area convocati per avere comunicazione dei tragici dati di bilancio irrompono due commissari nominati dalla Banca d’Italia, Riccardo Sora e Antonio Pironti.
Il presidente vuole annullare la riunione , ma i commissari dicono: “No, la riunione la facciamo noi.” E di fronte ai dirigenti esordiscono così: ”Qualcuno in Consiglio d’amministrazione insiste nel non voler capire bene la situazione”.
E dalla sala si alza un commento:”Meglio i commissari che il geometra”, che non è altri che il presidente commissariato Lorenzo Rosi, affiancato dal vice Pier Luigi Boschi.
Ma la Banca d’Italia finalmente muscolare non fa miglior figura. Passano due o tre giorni e si scopre che il commissario di Bankitalia Sora è indagato a Rimini, dove era stato commissario della locale Cassa di risparmio per l’acquisto di azioni proprie “a un prezzo illecitamente maggiorato”.
Adesso, le polemiche tutt’altro che ingiustificate sulla Banca d’Italia, che era finora un tabernacolo inviolabile, si spostano dritte dritte sul governo Renzi.
Il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo evoca i 238 miliardi di aiuti alle banche messi dalla Germania, che poi ha promosso i vincoli per impedire interventi analoghi agli altri paesi, contro il nostro miliardo.
E lamenta gli inadeguati poteri d’intervento e sanzionatori. Ma non spiega perchè il commissariamento non fu fatto dopo la terribile ispezione del 2010 o dopo quelle altrettanto tragiche del 2013 e 2014.
Quanto al governo, ci ha messo non più di venti minuti per approvare il Salva-banche. Ma, attenzione. Così com’è, c’è chi teme che rischi di provocare altri monumentali guai.

Alberto Statera
(da “La Repubblica”)

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SALVA BANCHE, DOPO IL DANNO ARRIVA LA BEFFA: “ARBITRO SUI RIMBORSI? LA CONSOB CHE NON VIGILO'”

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

L’AUTORITHY CHE NON HA TUTELATO GLI INVESTITORI SARA’ CHIAMATA A DECIDERE CHI AVRA’ O MENO UN RISARCIMENTO

Al danno provocato a obbligazionisti e azionisti di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti il governo Renzi vuole aggiungere ora anche la beffa. Secondo indiscrezioni, l’emendamento che il governo presenterà  oggi in commissione Bilancio alla Camera per istituire un fondo di solidarietà  a favore dei risparmiatori truffati dai quattro istituti prevede il coinvolgimento diretto della Consob nel ruolo di arbitro, chiamato a valutare caso per caso se i titoli sono stati collocati o meno in modo fraudolento.
Cioè si affiderebbe il ruolo di arbitro proprio all’authority che avrebbe dovuto vigilare sulle modalità  con cui sono state collocate azioni e obbligazioni subordinate e non l’ha fatto e che proprio per questo rischia di doverne rispondere sia in sede civile che penale.
Un vero “capolavoro”.
Ma non basta: il governo potrebbe essere costretto a fare subito marcia indietro, visto che da Bruxelles fanno presente che non è ammissibile che i risparmiatori traditi vengano risarciti dallo Stato (il fondo, che avrebbe una dotazione iniziale di circa 80 milioni, conterebbe su 40 milioni di contributo statale) e osservano che il fallimento di una banca e le perdite subìte dagli obbligazionisti non possono essere considerate una “crisi umanitaria come quelle provocate da alluvioni o altri disastri”.
Una bocciatura preventiva, insomma, da parte della Commissione Ue, che invita l’Italia a seguire la strada già  utilizzata con successo da altri Paesi in casi analoghi.
Il riferimento è alla Spagna, che non ha utilizzato fondi pubblici per rimborsare i risparmiatori truffati, ma ha istituito appunto un arbitro terzo e indipendente anche rispetto alle autorità  di controllo.
Intanto, il direttore generale della Banca d’Italia, nonchè presidente dell’Ivass Salvatore Rossi è intervenuto in difesa del governatore Ignazio Visco sostenendo che Via Nazionale non ha alcun potere di “vietare la vendita di obbligazioni subordinate agli sportelli” e ha ricordato che “a vigilare sulla sollecitazione al risparmio è un’altra Autorità ”.
Cioè la Consob, appunto, la quale dal canto suo si limita a ribadire che nei prospetti sono riportati con evidenza i rischi e che nel dicembre 2014 mise in guardia le banche sul collocamento di prodotti finanziari complessi, comprese le obbligazioni subordinate.
Un po’ poco, tanto più che del cosiddetto bail-in se ne parlava già  da almeno tre anni e che in tutto quel periodo la commissione guidata da Giuseppe Vegas si è ben guardata dall’accertarsi a chi e come venissero vendute le obbligazioni subordinate.
Quanto alle banche, Rossi è arrivato al paradosso di sostenere che “i risultati della Vigilanza vanno misurati sull’intero sistema”, sottolineando che “il numero e la dimensione delle crisi bancarie in Italia sono state una frazione rispetto a quanto accaduto in Spagna, Germania, Francia e Olanda”.
Paradosso perchè mentre gli altri Paesi — come è stato costretto ad ammettere lo stesso Rossi — hanno giocato d’anticipo utilizzando per la risoluzione delle crisi anche fondi europei (solo Madrid ne ha utilizzati 60 miliardi, di cui 8 forniti dalla stessa Italia), noi non abbiamo fatto nulla, con il risultato che oggi ci troviamo con una zavorra di oltre 200 miliardi di sofferenze, quattro banche sostanzialmente fallite, due — Veneto Banca e Popolare Vicenza — in condizioni disastrate e tante altre sull’orlo del burrone. E la colpa di questo non è certo solo la crisi, ma soprattutto le modalità  clientelari con cui si eroga il credito in Italia e la totale assenza di controlli, persino nei cosiddetti campioni nazionali, come di recente ha mostrato il caso Unicredit-Palenzona.
Per i risparmiatori truffati, la via maestra per ottenere giustizia e risarcimenti non passa da un fondo istituito in fretta e furia e largamente incapiente, ma dai tribunali e dalle cause collettive che le associazioni dei consumatori stanno preparando e che inevitabilmente chiameranno in causa le autorità  di controllo.
Mentre le quattro neo-banche, ripulite dalle sofferenze, chiedono invano fiducia alla clientela (si moltiplicano le voci di corsa agli sportelli, con centinaia di clienti che chiudono i conti e cambiano istituto), da Bene Vagienna arriva una buona notizia: un cliente e socio da lunga data della locale banca di credito cooperativo è riuscito a rientrare in possesso dei suoi averi grazie all’intervento del Comitato SvegliamociBene.
La storia è interessante perchè il socio, deluso dal comportamento della banca in seguito all’insediamento del commissario, aveva chiuso i conti e chiesto di recedere dalla compagine sociale.
La banca ha tergiversato per mesi, contravvenendo ai principi di correttezza e di buona fede, ma alla fine — grazie all’intervento del team legale del comitato — ha dovuto adempiere al suo dovere.
Altre azioni sono state avviate dal Comitato che ha altresì allo studio una class action contro il commissario e la Banca d’Italia.

Paolo Fior
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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CUCCHI, PM DI ROMA: “PESTATO DAI CARABINIERI DELLA STAZIONE APPIA”

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

RICHIESTA DI INCIDENTE PROBATORIO PER CHIEDERE UNA NUOVA PERIZIA MEDICO LEGALE: “MANOMESSI I VERBALI”

“Nella notte tra il 15 ed il 16 ottobre 2009 Stefano Cucchi fu sottoposto a un violentissimo pestaggio da parte di carabinieri appartenenti al comando stazione di Roma Appia”.
Lo scrive la procura di Roma in una richiesta di incidente probatorio per chiedere al gip una nuova perizia medico legale sulle lesioni patite da Cucchi.
Stefano morì nell’ospedale Pertini di Roma il 22 ottobre 2009, una settimana dopo il suo arresto per droga. La richiesta di incidente probatorio è stata inoltrata nel quadro degli accertamenti bis avviati dal procuratore Giuseppe Pignatone e dal sostituto Giovanni Musarò.
“Leggendo queste cose mi immagino cosa avrà  potuto soffrire Stefano in quella notte – ha detto la sorella, Ilaria – Noi non abbiamo mai smesso di sperare e a questo punto possiamo dire che finalmente io e la mia famiglia ci stiamo avvicinando alla verità “.
“Fu scientificamente orchestrata una strategia finalizzata a ostacolare l’esatta ricostruzione dei fatti e l’identificazione dei responsabili per allontanare i sospetti dai carabinieri appartenenti al comando stazione Appia”, si legge nella richiesta di incidente probatorio.
Nell’inchiesta sono indagati cinque carabinieri della stazione Roma Appia: si tratta di Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco (tutti per lesioni personali aggravate e abuso d’autorità ), nonchè di Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini (per falsa testimonianza e, il solo Nicolardi anche di false informazioni al pm).
In particolare, ai primi tre si contesta, dopo avere proceduto all’arresto di Cucchi per detenzione di droga e dopo aver eseguito una perquisizione domiciliare, “spingendolo e colpendolo con schiaffi e calci, facendolo violentemente cadere in terra” – si legge nel capo d’imputazione – di avergli cagionato “lesioni personali, con frattura della quarta vertebra sacrale e della terza vertebra lombare”.
Nello specifico, scrive il pm nella premessa alla richiesta inoltrata al gip, “non si diede atto della presenza dei carabinieri Raffaele D’Alessandro e di Alessio Di Bernardo nelle fasi dell’arresto di Stefano Cucchi. Il nominativo dei due militari infatti non compariva nel verbale di arresto, pure essendo gli stessi pacificamente intervenuti già  al momento dell’arresto di Cucchi e pur avendo partecipato a tutti gli atti successivi”. Un fatto anomalo al quale si aggiunge un’altra circostanza che sembrerebbe volta ad un tentativo di allontanare ogni sospetto dagli indagati: “Fu cancellata inoltre ogni traccia di passaggio di Cucchi dalla compagnia Casilina per gli accertamenti fotosegnaletici e dattiloscopici al punto che fu contraffatto con bianchetto il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento”. Inoltre, si legge ancora, che “nel verbale di arresto non si diede atto del mancato fotosegnalamento”.
Stefano Cucchi, infine, sempre secondo gli inquirenti, “non non fu arrestato in flagranza per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale perpetrato presso i locali della compagnia carabinieri di Roma Casilina nè fu denunciato per tale delitto, omissione che può ragionevolmente spiegarsi solo con il fine di non fornire agli inquirenti alcun elemento che potesse spostare l’attenzione investigativa sui militari del comando stazione carabinieri di Roma Appia”.
Quanto accaduto nella stazione Casilina, si legge ancora, “fu taciuto agli altri Carabinieri che avevano partecipato all’arresto di Stefano Cucchi”. Per quanto riguarda gli indagati Mandolini e Nicolardi, rispettivamente Comandante e appuntato scelto della Stazione Carabinieri Appia all’epoca dei fatti, sono indagati per aver taciuto davanti ai giudici della Corte d’Assise ciò che sapevano in merito alle condizioni di salute di Stefano Cucchi e delle responsabilità  dei carabinieri accusati del pestaggi.
La richiesta di una nuova perizia medico-legale, in sede d’incidente probatorio (il cui esito avrebbe valore di prova in un eventuale processo) è basata sulle risultanze di una consulenza del radiologo Carlo Masciocchi, il quale nelle radiografie ha trovato una frattura lombare recente sul corpo di Cucchi. Per gli inquirenti questo elemento di novità  “rende necessaria una rivalutazione dell’intero quadro di lesività  anche ai fini della sussistenza o meno di un nesso di causalità  tra le lesioni patite da Stefano Cucchi a seguito del pestaggio, e poi la morte”.

(da “La Repubblica”)

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FINANCIAL TIMES CONTRO RENZI: “POSIZIONE CONFUSA SULL’EVASIONE FISCALE”

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

“L’ITALIA NON PUO’ PERMETTERSELO”

Verso Matteo Renzi questa volta dal Financial Times arriva una critica netta: sull’evasione fiscale il governo “adotta una posizione confusa” e “non può permettersi questo lusso”.
Scrive il quotidiano londinese. “La dimensione dell’economia sommersa da tempo è diventata uno dei principali ostacoli alla modernizzazione del Paese. Oggi vale circa un quinto del prodotto interno lordo. Dovrebbe essere l’obiettivo di qualsiasi primo ministro combattere questo problema (..). Stranamente, il governo di Matteo Renzi sta andando nella direzione opposta”.
Il riferimento del Financial Times è alla decisione di alzare il tetto del contante da 1000 a 3000 euro.
“Questa mosa – rileva l’Ft – non ha senso. Le transazioni di contanti sono molto più difficili da tracciare di quelle attraverso le carte di credito o i bonifici. Renzi fornisce così una grande possibilità  a singoli e organizzazioni che sono abili a eludere il fisco. Questa scelta dà  poi più margine di azione alle piccole imprese nel non dichiarare i propri profitti”.
Da un lato, ricorda il quotidiano, il governo è sembrato impegnato nel sconfiggere l’economia sommersa introducendo una misura che costringe i commercianti ad accettare i pagamenti elettronici anche per le transazioni più piccole. Dall’altro quest’anno, il premier “ha alzato la soglia di non punibilità  per le tasse evase da 50 mila a 150 mila euro”.
“L’Italia – scrive il Financial Times- non può permettersi una linea così confusa sull’evasione fiscale.

(da agenzie)

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IL COSTRUTTORE ALLA LEGHISTA: “DAI FOTTIAMO LO STATO SUL PONTE”. LE TELEFONATE DELLA VOTINO PER OTTENERE LA PENALE

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

PONTE SULLO STRETTO, I PADANI E IL MILIARDO IN REGALO A SALINI DOPO CHE MONTI AVEVA FATTO UN DECRETO PER EVITARE UN ESBORSO ABNORME

La Lega Nord che non ti aspetti va in scena alla fine del 2012.
Le intercettazioni dei pm di Reggio Calabria sorprendono Isabella Votino, portavoce dell’allora segretario Roberto Maroni, mentre muove il suo partito per favorire Impregilo, capofila del consorzio Eurolink, aggiudicatario dell’appalto da 3 miliardi e 800 milioni per il Ponte sullo stretto.
L’amministratore delegato Pietro Salini voleva le penali da un miliardo   per la mancata costruzione.
Votino lo aiuta a tentare di “fottere” lo Stato ma alla fine sono Monti e Napolitano che lo “fottono” con la fiducia sul decreto.
Il governo Monti si ritrova una polpetta avvelenata: se entro 540 giorni dall’approvazione del progetto, lo Stato non fa partire il ponte, Eurolink può chiedere le penali.
Il termine scade il 2 novembre 2012. Monti blocca tutto con un decreto. A Impregilo e soci andranno solo i costi di progettazione più il 10%. Salini è infuriato.
La mattina del 2 novembre cerca disperatamente un’informazione.
Salini (S): Ti devo chiedere una cosa. Il decreto del consiglio dei ministri deve essere controfirmato dal Presidente della Repubblica però un tempo fisico c’è… un giorno passa, se lo terrà  anche più giorni! (…) allora per entrare in vigore la legge – al di là  del fatto che io poi la impugno – comunque deve essere pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il giorno dopo che entra in vigore no… quindi già  se non hanno pubblicato oggi… già  sono fottuti perchè il giorno dopo non ci sta… se la pubblicano sabato, io sabato faccio comunque la lettera e li ho fottuti.
Votino (V):Qual è il decreto, scusami, è quello lì ultimo, che mi informo?
S : Te l’ho dato ieri sera, hanno fatto ieri sera un decreto che è quello di proroga del Ponte di Messina. Non gli dire niente della Gazzetta Ufficiale per carità  se no lui si mette in agitazione.
V: Ma no, capirai chi vuoi che riconduca la mia domanda a te. Cioè proprio sarebbe una cosa generica per sapere se è sul tavolo di Napolitano e quando firma ci interessa sapere?
S: No quello non mi interessa. Basta che non ha firmato. Basta che non l’ha fatto oggi per me è già  sufficiente perchè domani è sabato no (…)
V: Quindi tu…a lunedì secondo te per fotterli, scusa la volgarit�
S: E certo! No ma io gliela faccio sabato. Glielo faccio sabato lo scherzetto…. domani
La portavoce di Maroni chiama subito l’ignaro capo di gabinetto del ministro dell’Interno, Giuseppe Procaccini, che lavorava al suo fianco quando Maroni era ministro.
Procaccini promette di informarsi. Tutto è inutile: il decreto entra in vigore subito.
Il recesso di Impregilo, presentato il 10 novembre, ora è in salita.
Un mese dopo però alla Camera c’è il secondo tempo: il decreto deve essere convertito in legge e la Lega viene richiamata al fianco dei costruttori romani del ponte tra Sicilia e Calabria grazie alla campana Votino. Luisa Todini (ex europarlamentare FI e allora consigliere Rai, nonchè presidente della società  Todini, gruppo Salini-Impregilo) chiede con un sms all’amica Isabella di contattare Manuela Dal Lago (69 anni, ex presidente della provincia di Vicenza e allora parlamentare leghista, ndr) perchè “è la presidente della commissione Attività  produttive sotto cui passa la valutazione dell’articolo 34 del Cresci-Italia e con cui voglio Ponte e soprattutto la penale. Come posso sapere la sua posizione? Baci”.
Salini detta al telefono la linea a Isabella (“bisogna a tutti i costi fermare questa operazione assurda di legiferazione che invade il campo contrattuale, neanche i bolscevichi”).
Il 10 dicembre 2012 c’è una girandola di telefonate.
Dal Lago si sente chiedere da Votino: “Vorrei sapere qual è la nostra posizione sul Ponte di Messina”.
La leghista della prima ora parte in quarta: “Noi siamo sempre stati contrari al Ponte”. Votino le spiega come va il mondo nella Lega di Maroni: “Non è la questione del ponte ma il punto è un altro: la penale. Che praticamente quelli lì che in qualche modo si erano… in qualche modo rischiano di perdere un sacco di soldi”.
Dal Lago trasecola: “Come tanti, scusa? Noi abbiamo fatto… o… aspetta un momento, ti passo Silvia ”.
Luisa Todini tuona con l’amica Isabella: “Neanche nel Burundi”. E lei come un soldatino: “Sì ma adesso ho parlato con la Dal Lago e lei mi ha fatto parlare con un funzionario. Allora ti dico deve dare il parere la commissione presieduta da Mario Valducci (Pdl, ndr). Mario mi ha detto: ‘Io poi ho presentato l’emendamento per abolire questo articolo’”.
Poi Isa richiama Luisa: “Ho parlato con Manuela Dal Lago e lei ha verificato. Mi ha detto che il nostro emendamento assolutamente non cancella le penali (…) lei mi ha detto guarda nel caso tu fammi sapere perchè io intanto verifico qual è l’andazzo generale dopodichè ci si può mettere d’accordo magari con Valducci. Perchè io come presidente non credo di poterlo presentare. Però magari di farlo presentare a qualcuno un emendamento che sopprime eventualmente che cancella la cancellazione delle penali”.
Luisa Todini è felice: “Adesso faccio mandare tutto quello che avevano preparato i legali a Milano”.
E Votino: “Ok va bene se hai qualcosa mandalo. Bacio”.
L’11 dicembre Votino chiama Dal Lago per conoscere l’iter del decreto: alla fine Monti mette la fiducia e Impregilo resta a bocca asciutta.
“Salini Impregilo —precisa ora la società  — è interessata a mettere la propria esperienza al servizio del Paese per la realizzazione del ponte, e non ad incassare la penale. Quando la Salini acquisì Impregilo nel prezzo era compreso anche il valore del contratto del ponte, successivamente cancellato con una ingiusta legge dello Stato fatta per annullare la clausola contrattuale che prevedeva il pagamento di una penale. È interesse di tutti che in Italia vengano rispettati accordi e contratti”.
Al Fatto risulta che Matteo Renzi e Pietro Salini si stiano parlando riservatamente per riaprire la partita. E la Lega? Matteo Salvini a settembre ha servito così la palla ai meridionali: “Lasciamo decidere a siciliani e calabresi con un referendum”.

Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL SERVO SCIOCCO TOTI DEDICA A MARONI LA FONTANA COLORATA DI VERDE MA ERA STATA TINTA PER “DONIAMO COLORE” DELL’UNITALSI

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

SU FB IL POST DEL GOVERNATORE CHE SI APPROPRIA DELLA FONTANA DI PIAZZA DE FERRARI COME SE L’AVESSE FATTA COLORARE LUI IN ONORE (SI FA PER DIRE) DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE LOMBARDIA… MA NON SI ACCORGE CHE ALLA BASE C’E’ UNA TARGHETTA CHE LO RIDICOLIZZA

La visita di Maroni a Genova per l’ennesima sceneggiata sulla “sinergia” tra Liguria e Lombardia stavolta non si è tinta di giallo, ma di verde.
Più che di verde speranza però si tratta di verde miseria, tanto risulta squallido il servilismo sciocco di Toti nei confronti del suo ospite.
Per celebrare degnamente la comparsata, Toti all’ora di pranzo posta la foto della fontana di Piazza di De Ferrari, prospiciente la sede della Regione Liguria,   tinta di verde con la seguente frase: “Il nostro “benvenuto” a Maroni nel giorno in cui si insedia la cabina di regia tra Liguria, Piemonte e Lombardia. ‪#‎ilventoècambiato‬”.
Sarà  anche cambiato il vento, ma non le palle che Toti continua a raccontare ai liguri, visto che il tentativo di accreditarsi la colorazione della fontana naufraga miseramente davanti alla realtà .
E’ sufficiente leggere la targhetta alla base della fontana (foto a destra) per capire che la nuova tinta “speranza” è in occasione dell’iniziativa “Doniamo colore”, una raccolta fondi a favore di Unitalsi, l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari.
Una iniziativa che nulla ha a che vedere con la visita di Maroni quindi e con l’appropriazione indebita di Toti.
L’unico trait-d’union rimane il richiamo tra i miracoli di Lourdes e uno sprovveduto miracolato che per grazia ricevuta è divenuto governatore della Liguria.

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I PAGLIACCI: LEGA, FORZA ITALIA E PD, NESSUNO VOTO’ CONTRO IL BAIL-IN AL PARLAMENTO EUROPEO

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

ORA SI CONTENDONO I TRUFFATI DEL SALVABANCHE, MA I TRUFFATORI SONO ANCHE LORO… E LA DIRETTIVA VENNE VOTATA POI ANCHE ALLA CAMERA DA FRATELLI D’ITALIA, NCD, UDC E IDV

Ieri, sotto i portici di via Roma, Matteo Salvini con la felpa “Arezzo”, ha arringato uno sparuto gruppo di militanti e curiosi dicendo: ” Sulle banche siamo stati cornuti
e mazziati dall’Europa, se Renzi ha fegato lo accompagno io a Bruxelles e facciamo la battaglia insieme”.
Avrebbe dovuto aggiungere “per la prima volta”, se fosse onesto.
Il suo nome infatti non compare tra i contrari nella votazione all’Europarlamento che ha dato l’ok alla direttiva 59 del 15 maggio 2014: quella che ha introdotto il bail-in, il meccanismo che impone di far pagare le crisi bancarie in primis ad azioni e creditori. Nessun europarlamentare leghista si è opposto: tutti astenuti, compreso Mario Borghezio che ieri chiedeva all’Ue un’inchiesta su PopEtruria.
E il Pd? Ieri Renzi ha annunciato misure di ristoro per i risparmiatori, ma “con un principio chiaro: le regole sulle banche le ha fatte l’Europa, purtroppo non le scriviamo noi”.
Loro le approvano soltanto: il gruppo di europarlamentari quasi al completo (da Sergio Cofferati alla candidata alle primari Pd milanesi Francesca Balzani, a Gianni Pittella) a Bruxelles ha votato sì.
E così han fatto tutti i deputati Dem nel corso di quest’anno al Senato (14 maggio) e alla Camera (2 giugno) con la legge di delegazione che autorizzava il governo a recepire la direttiva.
Stessa sorte – al Senato – per Forza Italia, che anche a Bruxelles votò sì compatta (e ora attacca Renzi e l’Ue).
Votarono a favore anche Idv, Udc, Ncd, Fratelli d’Italia (il cui capogruppo alla Camera Fabio Rampelli accompagnava ieri Salvini ad Arezzo) etc.
Non mancava nessuno.
La votazione avvenne agli sgoccioli della vecchia legislatura europea, iniziata nel 2009 quando i 5Stelle non c’erano ancora .

(da agenzie)

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LA POLIZIA VIETA LA LEOPOLDA ALLE VITTIME DEL SALVA BANCHE: NON DISTURBARE IL MANOVRATORE

Dicembre 11th, 2015 Riccardo Fucile

VOLEVANO PROTESTARE NEL PIAZZALE DAVANTI ALLA LEOPOLDA MA SONO STATI CONFINATI A MEZZO CHILOMETRO DI DISTANZA

L’appuntamento è per domenica dalle 10 alle 13 in via il Prato 42, a Firenze, a circa 500 metri dalla Leopolda.
“Ci tengono lontani dalla Leopolda, come se potessimo mettere a repentaglio la sicurezza di Matteo Renzi, ma noi ci saremo uguale”.
Il Comitato “vittime del Salva banche” non arretra, i risparmiatori danneggiati saranno alla Leopolda domenica a manifestare fuori dalla ex Stazione mentre, dentro, il segretario del Pd e premier Matteo Renzi celebrerà  la sesta edizione della kermesse fiorentina.
Proprio a Renzi le “vittime del Salva banche” lanciano un appello, che si legge nel volantino della manifestazione: “Caro Renzi, il gruppo la invita ad ascoltare le testimonianze di chi ha perso tutto a causa del decreto salva-banche. Ci contiamo”.
Inizialmente questi rappresentanti dei circa 130 mila risparmiatori che hanno perso i propri risparmi nel salvataggio di Banca Marche, Banca Etruria, Carife e Carichieti, avevano chiesto di poter manifestare nel piazzale proprio davanti l’ingresso del “tempio” del renzismo.
“La questura di Firenze – raccontano – ha negato l’autorizzazione alla manifestazione di fronte la Stazione Leopolda per motivi di sicurezza, rilegando la manifestazione in una zona più lontana, come se i tanti risparmiatori truffati, molti dei quali anziani, potessero mettere seriamente a repentaglio la sicurezza del premier. Nonostante questa censura il gruppo procederà  sia con la manifestazione di domenica sia con tante altre iniziative volte a far sentire la voce delle vere vittime di tutto questo meccanismo, i cui contorni sono ancora da chiarire”.
Domenica quindi, mentre Renzi dentro la Leopolda farà  il suo discorso di chiusura, fuori, tenuti a distanza, i piccoli risparmiatori che hanno perso i propri soldi con il decreto Salva banche urleranno la loro rabbia, come una settimana fa davanti alla Camera dei deputati, con fischietti, cori, “banche salvate, risparmiatori truffati”, e al collo i cartelli con le cifre perse.
Una manifestazione ancor più carica di rabbia dopo il suicidio di Luigino D’Angelo, il pensionato di Civitavecchia che si è ucciso dopo aver perso 110 mila euro in obbligazioni subordinate della Banca Etruria.
Proprio in queste ore il governo è però al lavoro per trovare una soluzione proprio per questi piccoli risparmiatori beffati. L’idea è quella di un fondo di solidarietà  e di risarcimenti caso per caso.
Una soluzione che però, a detta di alcune delle “vittime del Salva banche” verrebbe accolta solo come una “mancia” che non basterebbe per tutti.
La soluzione, che sarà  annunciata questa sera dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in commissione Bilancio alla Camera, potrebbe dunque dare solo più vigore alla manifestazione di domenica.

(da “Huffingtonpost”)

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