Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
CAPURSO NON CI STA ALLA SMENTITA DI BERDINI E FORNISCE I DETTAGLI: “HA DETTO CHE LA RAGGI E’ CIRCONDATA DA UNA BANDA DI ASSASSINI, IO PER EVITARGLI PROBLEMI HO SCRITTO SOLO BANDA… E CONFERMO CHE HA DETTO CHE SI VEDEVA CHE RAGGI E ROMEO ERANO AMANTI”
Federico Capurso, che ha firmato l’articolo della Stampa in cui l’assessore all’urbanistica Paolo
Berdini riportava giudizi offensivi e millanterie nei confronti di Virginia Raggi è intervenuto a L’Aria che tira dopo gli insulti che sono arrivati anche a lui da Berdini su Rainews.
Nella chiacchierata con Myrta Merlino Capurso spiega che le dichiarazioni di Berdini sono arrivate durante un colloquio faccia a faccia con l’assessore: «Tra l’altro lui sapeva benissimo che sono un giornalista perchè la deontologia ci impone di dichiararlo».
Capurso spiega che è andato a incontrare Berdina all’uscita di un dibattito sulle politiche abitative a cui l’assessore aveva presenziato: «Una volta rilette non potevo non scriverle», dice.
Capurso dice anche che Berdini non ha detto che la Raggi si è messa intorno “una banda”, ma “una banda di assassini”: lui ha preferito togliere la precisazione per alleggerire la posizione.
Sulla Raggi precisa: «Sì, ha detto che non capisce, è inadeguata al ruolo che ricopre. Ha detto anche che secondo lui Raggi e Romeo sono amanti e gli ha dato come prova il fatto che il secondo o il terzo giorno che è entrato in Campidoglio ha detto che si vedeva che erano amanti».
Paolo Berdini a Rainews ha sostenuto invece di non aver rilasciato alcuna intervista e ha detto del giornalista “questo mascalzone ha registrato un colloquio privato“. Confermando così di aver pronunciato quelle frasi. “Il fatto che io abbia detto a miei tre amici che la Giunta Raggi è impreparata posso confermarlo: mi ci metto anche io tra questi. Questa città è messa in ginocchio. Non ci aspettavamo che si fosse arrivati a questo punto con il baratro”.
La Stampa, in una nota, ha confermato quanto scritto da Capurso.
(da “NextQuotidiano“)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
CAMPIDOGLIO SOTTO SHOCK: “DALL’INIZIO SI E’ CIRCONDATA DI UNA CORTE DEI MIRACOLI”
Questa mattina l’assessore del Comune di Roma Paolo Berdini ha smentito di aver rilasciato delle dichiarazioni al nostro giornale sulla giunta di Virginia Raggi.
“La Stampa” conferma parola per parola il colloquio con l’assessore Berdini pubblicato nell’edizione odierna a firma del giornalista Federico Capurso.
Se umanamente si può comprendere l’imbarazzo dell’assessore, questo comunque non giustifica in alcun modo gli inaccettabili giudizi che Berdini ha pronunciato sul collega per cercare di smentire quanto riferito.
Lo hanno chiamato «eretico», «comunista», ma Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica di Roma, è un uomo difficile da incasellare. Di certo anarchico, nel suo approccio con il Movimento 5 stelle: quasi esterno alla giunta grillina, libero dalle briglie nel dire sempre ciò che pensa e con una guerra da vincere, quella per evitare speculazioni edilizie nel progetto per lo stadio della Roma.
Ora che la sua battaglia rischia di naufragare, e che la sindaca Virginia Raggi è sempre più incatenata dal commissariamento politico di Beppe Grillo e dalle vicende giudiziarie, Berdini sente il bisogno di sfogarsi, anche se non riesce a darsi una risposta, per come si sia arrivati a questo punto.
«Non lo so, è stato fatto un errore dopo l’altro». Prima con la nomina di Raffaele Marra, poi la polizza di Romeo, «e se è uscita questa cosa su L’Espresso, fra qualche giorno magari ne esce un’altra. Non si può dire che sia finita la musica».
Si stringe nella giacca, mentre dopo una giornata di lavoro tenta di fare il punto. «Trovo la situazione esplosiva, questa città non tiene».
Ma le risposte non arrivano. Forse, c’è bisogno di tornare al principio di questa avventura, «quando i Cinque stelle mi hanno chiesto aiuto per affrontare alcune battaglie insieme. Anche per questo, non ho fatto gli esami con il direttorio. L’unico assessore, credo, ad essere entrato di diritto, ma non mi aspettavo tutto questo».
Poi, forse, i volti delle persone con cui si è dovuto interfacciare in questi mesi tornano rapidi alla mente, dai consiglieri ai vertici del Movimento, fino a Virginia Raggi e a Salvatore Romeo, al centro dell’ultimo ciclone abbattutosi sul Campidoglio, e non riesce a tenersi: «Sono proprio sprovveduti. Questi secondo me erano amanti. L’ho sospettato fin dai primi giorni, ma mi chiedevo: “com’è che c’è questo rapporto?”». Mentre lo dice, il suo sguardo non è quello dell’insofferenza, ma della stanchezza, quasi arreso a certi comportamenti.
«E poi, questa donna che dice che non sapeva niente, ma a chi la racconti? La sua fortuna è stata che non ci fosse nessun reato. Lei era anche già separata al tempo, e allora dillo! Ma possibile che questa ragazza non debba uscire mai?».
Il problema del Campidoglio però, per Berdini non sembra quello di una eventuale relazione tra Raggi e Romeo, sulla quale peserebbe il sospetto, tutto politico, che Romeo abbia potuto approfittare della situazione per diventare capo staff della sindaca, con conseguente stipendio triplicato, in barba alle battaglie grilline contro le parentopoli, per la meritocrazia e così via.
Il problema, per il professore “anarchico” di Roma, sembra essere proprio la Raggi: «Su certe scelte sembra inadeguata al ruolo che ricopre. I grand commis dello Stato, che devo frequentare per dovere, lo vedono che è impreparata. Ma impreparata strutturalmente, non per gli anni. Se vai, per dirne una, a un tavolo pubblico e dici che sei sindaco di Roma, spiazzi tutti. Lei invece…» – e nell’esitazione, Berdini si accarezza i baffi, prima di tirare un sospiro che nulla ha del sollievo – «Mi dispiace. Mi dispiace molto».
«Se lei si fidasse delle persone giuste… Ma lei si è messa in mezzo a una corte dei miracoli. Anche in quel caso, io glie l’ho detto: “sei sindaco, quindi mettiti intorno il meglio del meglio di Roma”. E invece s’è messa vicino una banda».
È forte il sapore del rimorso e della rabbia per non essere stato ascoltato quando, da mesi, aveva avvisato la sindaca dei pericoli che Marra e il Raggio magico portavano con sè. «Io sono amico della magistratura, Paolo Ielo lo conosco benissimo, è un amico, ma lei è stata interrogata otto ore. Anche lì c’è qualcosa che non mi torna». «Come se ne esce? Non lo so. Io questo non lo so».
E si allontana nella notte romana.
Federico Capurso
(da “La Stampa”)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
SE CONVOCHERA’ IL CONGRESSO, SPARIGLIERA’ LE CARTE AL CANTIERE DELLA SINISTRA DI D’ALEMA
La linea viene trasmessa dai colonnelli più alti in grado del renzismo: il leader Pd non forzerà la mano
sul voto a giugno per non spaccare il partito.
O meglio: cercherà un accordo con tutte le componenti sulla legge elettorale e sui tempi del voto; ma se non lo troverà – e non sarà facile raggiungerlo vista la babele di posizioni in campo – non romperà con tutte le correnti pur di andare a votare subito. Anzi in quel caso concederà alla sinistra il congresso, leggermente anticipato nella tempistica, per convocare i gazebo sulla leadership in autunno invece che a dicembre.
Un modo per creare da una parte seri problemi al cantiere della sinistra in costruzione sotto la regia di D’Alema, «visto che molti nostri compagni sarebbero tentati di restare nel partito per combattere la battaglia congressuale», ammette uno di quelli presenti alla manifestazione di sabato 28 gennaio a Roma.
Ma anche per sparigliare i giochi accettando le richieste di Bersani, che non vuole votare a giugno e chiede di fare il congresso.
Evitando così di fornire alla fronda interna argomenti per una scissione che evidentemente sarebbe una iattura sotto il profilo elettorale.
Gli alleati più stretti del segretario negano alcuna preoccupazione in merito, («come fanno Bersani e i suoi a spiegare che fanno una scissione per un problema di date?», chiede il presidente Orfini.
«E poi non avrebbero gran seguito, visto che la nostra gente non vuol sentire parlare di divisioni».
Insomma, anche se si cerca di far passare il refrain che non sia un gran problema, è innegabile che una scissione di Bersani e compagni, uniti a D’Alema e a spezzoni della sinistra, al di là dei numeri che potrebbe ottenere nelle urne, farebbe rischiare a Renzi un risultato ben al di sotto del 30% ora raffigurato dai sondaggi alla voce Pd. Preoccupante pure sotto il profilo della classifica elettorale: in pratica il Pd renziano rischierebbe di arrivare secondo dopo i 5Stelle, con tutto quel che ne conseguirebbe.
Ma non solo: il concetto espresso da vari maggiorenti come Fassino e Guerini – che non sarebbe pensabile allearsi con chi ha spaccato il Pd – porterebbe su un sentiero altamente scivoloso sulle coalizioni possibili dopo il voto; e sui numeri in Parlamento per ottenere una maggioranza con cui sostenere un governo.
«Matteo comunque cercherà di ricucire su tutto, dai tempi del voto alla legge elettorale», dicono i colonnelli.
«La nostra convinzione è che votare a giugno sia meglio che a febbraio 2018, ma non a scapito del paese e del partito». Parole che fanno capire come sia in corso una riflessione sui pro e contro di una forzatura. Che a quanto pare non ci sarà .
Dunque se non si troverà alcun accordo sulla legge elettorale a breve, il segretario Pd non dovrebbe operare uno strappo per andare a votare lo stesso con le leggi uscite dalla Consulta.
Che ancora deve partorire le sue motivazioni, attese tra venerdì e lunedì prossimo. In ogni caso la Direzione, servirà a tastare il polso di tutte le anime. «Io andrò come sempre, ma deciderò se parlare dopo aver sentito cosa viene detto», fa sapere Bersani. Giovedì sera riunirà tutta la sua corrente con Speranza, Epifani, deputati e senatori al gran completo.
«Si possono discutere le proposte e non gli indovinelli», dice Bersani, alludendo alle tante versioni girate in questi giorni. E negando di aver in programma un incontro con Renzi. I mediatori renziani all’opera fanno però sapere che la proposta sul premio di coalizione vale solo per l’oggi, perchè se non si vota a giugno, la «mozione Renzi» andrà al congresso con la linea della vocazione maggioritaria del Pd e di una legge elettorale che dia un vincitore e alleanze chiare la sera del voto. Insomma, Berlusconi, Alfano, ma anche Bersani, sono avvisati.
Carlo Bertini
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
ERA STATA BOCCIATA LA DELIBERA DELLA FUSIONE TRA AMIU E IREN… ORA AUMENTERANNO LE TASSE COMUNALI, RINGRAZIANDO CENTRODESTRA E M5S
Nessun passo indietro, almeno per ora. Secondo le ultime notizie indiscrete in arrivo da Palazzo Tursi pare che il sindaco Marco Doria abbia deciso di restare al suo posto. Con quali obiettivi lo si capirà nelle prossime ore.
Lo spettro delle dimissioni si era concretizzato ieri sera, dopo che il consiglio comunale aveva bocciato la delibera sulla fusione fra Amiu e Iren Ambiente , e dopo che lo stesso Doria aveva manifestato l’intenzione di dimettersi. Ma questo scenario sembra al momento accantonato.
Il post di Doria su Facebook
«I cittadini genovesi dovranno sopportare nel 2017 un aumento della Tari che sarà molto pesante».
Lo scrive il sindaco di Genova durante la notte sulla sua pagina Facebook. «L’assemblea ha bocciato una proposta seria dell’amministrazione su Amiu che, con la partecipazione di Iren, avrebbe permesso investimenti in impianti, una prospettiva di lavoro per l’azienda e quindi garanzie per i suoi dipendenti. Ricordo a tutti – dice il sindaco – che Iren è una società italiana controllata da comuni italiani; è dunque una società pubblica. Sarebbe stato possibile con questa soluzione contenere i costi della tariffa a carico dei cittadini e dilazionare negli anni gli aumenti che sono necessari – e obbligatori per legge – per la messa in sicurezza della discarica di Scarpino».
«Un voto irresponsabile del centrodestra, del M5S e di altri consiglieri eletti nella maggioranza, che peraltro nel suo programma elettorale indicava la necessità di un socio industriale per Amiu – ricorda – apre una crisi seria. Per Amiu e i suoi lavoratori innanzitutto. L’azienda ha un contratto di servizio che scade nel 2020 e solo con un’aggregazione industriale come quella prevista sarebbe stato possibile prolungarlo dando maggiori garanzie ai suoi lavoratori». «Più che mai a mio parere serve alla città una coalizione di persone responsabili. Oggi non c’è stata», conclude.
Il paradosso
Va rimarcato che a Doria sono mancati alcuni voti della sinistra-sinistra, contrari alle privatizzazioni, e che il centrodestra ha votato contro pur essendo favorevole da sempre alle stesse.
Ma chiedere coerenza politica a un personaggio come Toti è pura fantascienza.
(da agenzie)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
11,3 MILIONI LA MEDIA DI TELESPETTATORI…TIZIANO FERRO INCANTA, FIORELLA MANNOIA EMOZIONA, RICKY MARTIN TRAVOLGE
Il festival debutta col botto: la prima serata è stata vista in media da 11 milioni 374 mila spettatori
con una media del 50,4% di share.
La prima parte della serata (dalle 21.14 alle 23.52) è stata seguita da 13 milioni 176 mila spettatori pari al 50.1%, la seconda parte (dalle 23.57 alle 00.54) da 6 milioni 177 mila con il 51.9%.
L’anno scorso la prima serata del festival di Conti aveva ottenuto nella prima parte 12 milioni 516 mila spettatori pari al 49.15% di share, nella seconda 5 milioni 907 mila con il 52.31%; la media era stata di 11 milioni 134 mila spettatori pari al 49.48% di share.
Molto bene ieri anche il Dopofestival, che ha avuto in media 2 milioni 596 mila spettatori con il 43.1%.
Il teatro Ariston è immerso nel buio. Al centro del palco, l’occhio di bue illumina Tiziano Ferro, che rende omaggio a Luigi Tenco a 50 anni della morte con un’emozionante interpretazione di ‘Mi sono innamorato di te’, prosegue l’orchestra con ‘Vedrai’
Il debutto di Maria De Filippi, la performance di Tiziano Ferro, la “copertina” di Maurizio Crozza. Lunga, ricca benchè non scoppiettante la serata si è aperta in chiave vintage, con una carrellata di successi italiani dagli anni Cinquanta a oggi, brani che non hanno vinto il festival ma sono diventati evergreen della musica italiana, da Nilla Pizzi a Nek, da Bobby Solo a Francesca Michielin.
Stra-applaudito l’omaggio di Tiziano Ferro a Tenco nel cinquantesimo della morte, Mi sono innamorato di te in versione acustica (e in bianco e nero), un successo anche il duetto con Carmen Consoli in Il conforto, uno dei brani di maggior successo del momento.
Undici i Campioni in gara, votati per metà dalla sala stampa e per metà dal televoto: alla fine, classifica provvisoria e tre nomi al ballottaggio: Clementino, Ron, Giusy Ferreri.
Standing ovation per “gli eroi del quotidiano”, i rappresentanti della Guardia di Finanza, della Croce Rossa, del Soccorso alpino, dell’Esercito, della Protezione e dei Vigili del fuoco che hanno prestato soccorso nei luoghi del terremoto e all’hotel Rigopiano.
Attualità ma in chiave satirica anche con Maurizio Crozza che nella prima delle sue “copertine” ha preso di mira Renzi, Virginia Raggi, Matteo Salvini.
Gran finale con Ricky Martin, il medley dei suoi successi è riuscito a far ballare l’Ariston.
Stasera scendono in campo gli altri 11 Campioni (Bianca Atzei, Chiara, Francesco Gabbani, Gigi D’Alessio, Marco Masini, Michele Bravi, Michele Zarrillo, Nesli e Alice Paba, Raige e Giulia Luzi, Paola Turci, Sergio Sylvestre).
Il voto è affidato per il 50% alla sala stampa e per il 50% al pubblico da casa con il televoto.
A fine serata la classifica temporanea che indicherà i tre a rischio eliminazione, che domani sera dovranno confrontarsi con i tre Campioni messi in standby dal voto della prima serata, ovvero Clementino, Ron e Giusy Ferreri.
I sei saranno impegnati domani in una gara supplementare, e dunque non prenderanno parte alla serata delle cover; con la gara supplementare usciranno definitivamente di scena due concorrenti, mentre i quattro ‘ripescati’ andranno al turno successivo di venerdì con gli altri 16 passati subito nelle due tranche di esibizioni di ieri e di oggi.
E stasera prende il via anche la gara delle Nuove Proposte: si esibiranno in quattro, altrettanti domani. La finale dei giovani è in programma venerdì. Quanto ai superospiti, saranno in scena Hiroki Hara, uno dei maghi più famosi al mondo, Francesco Totti, Keanu Reeves, Robbie Williams, Giorgia e Biffy Clyro.
(da “La Repubblica”)
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