Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
E NON SI TROVA IL NUOVO ASSESSORE ALL’URBANISTICA… PER LO STADIO LA BASE GRILLINA VUOLE LA CONSULTAZIONE SUL BLOG
Ancora stallo in Campidoglio nella ricerca del nuovo assessore all’Urbanistica dopo le dimissioni irrevocabili di Paolo Berdini.
Il sindaco Virginia Raggi cerca un sostituto che per il momento non si trova e il rischio è che si ripeta ciò che è successo con il posto del titolare del Bilancio rimasto vacante per diverso tempo.
In più, a pesare sulla scelta, c’è il dossier Stadio della Roma, su cui i consiglieri capitolini del Movimento 5 Stelle sono riuniti in una sorta di assemblea permanente per decidere la linea da seguire. Ma un punto di caduta appare essere ancora lontano.
Dopo le dimissioni di Berdini, che ha sbattuto la porta puntando il dito proprio contro l’impianto a Tor di Valle, ora la maggioranza si trova a dover prendere una decisione sul da farsi e in pochi giorni. Un indirizzo condiviso non c’è.
Da un lato ci sono i consiglieri cosiddetti “ambientalisti”, che non sarebbero soddisfatti dalla revisione del progetto presentata martedì dai proponenti al tavolo delle trattative, in quanto il taglio delle cubature sarebbe troppo lieve.
Sono almeno dieci i consiglieri contrari, ma la pattuglia appare destinata a crescere. Tra questi, secondo quanto si apprende, ci sarebbero Pietro Calabresi, Daniele Diaco e Roberto Di Palma.
Il punto però è che con loro c’è buona parte della base M5S vicina alle questioni che riguardano la salvaguardia del verde.
Dunque, se è vero che la maggior parte dei consiglieri è con Virginia Raggi a favore della chiusura dell’accordo con la società , seppur con diverse sfumature, è anche vero che i 5Stelle si trovano a dover fare i conti con gli iscritti che chiedono tra l’altro una consultazione sul blog.
Non è escluso che molti di loro partecipino al sit-in organizzato per martedì sotto il Campidoglio da Italia Nostra contro lo Stadio e per la salvaguardia del paesaggio.
Per il momento le ipotesi in campo restano due.
La prima, è portare avanti la trattativa raggiungendo un punto di caduta sulla riduzione di cemento e poi valutare la necessità di una variante urbanistica.
Questo atto secondo un’idea che circola tra alcuni consiglieri comunali M5S non sarebbe per forza necessario, in quanto la delibera (approvata nell’era Marino) che sancisce l’utilità pubblica del progetto potrebbe essere interpretata anche come variante al Piano regolatore.
La seconda ipotesi è approvare una delibera che annulli l’utilità pubblica, come richiesto dalla base in fibrillazione in questi giorni.
Sui possibili risvolti delle diverse mosse sono stati chiesti e si attendono pareri legali dall’avvocatura capitolina.
Tutto il percorso appare più complicato in mancanza dell’assessore all’Urbanistica, che ancora per qualche giorno non ci sarà .
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
LO STADIO E’ SOLO IL 14% DELLE CUBATURE PREVISTE, L’86% E’ DEDICATO AD APPARTAMENTI ED ALBERGHI
Partiamo da queste parole: “Lo stadio della Roma (quando se lo compra) è un regalo al costruttore quando se lo compra. Punto (il calcio è solo una scusa)”. A scrivere queste parole non è stato uno dei molti ambientalisti che si è opposto, giustamente aggiungiamo noi, allo stadio della Roma, ma il sindaco di Roma, Virginia Raggi, in un tweet del 18 dicembre 2014.
Dunque, se il M5S era dichiaratamente ostile allo stadio, tanto da votare contro la delibera presentata ai tempi della giunta Marino nel 2014, cosa è cambiato da allora? La tesi per giustificare l’opera è la seguente: noi non c’entriamo, ce la siamo ritrovata tra le mani e se non andiamo avanti rischiamo cause milionarie.
Verrebbe da dire che anche ai tempi delle Olimpiadi di Roma si minacciavano cause milionarie da parte del comitato promotore e dallo stesso Giovanni Malagò, presidente del Coni, il quale evocò esplicitamente la fattispecie del danno erariale, stimato per 20 milioni di euro.
Ma questo non scoraggiò la giunta Raggi dal votare contro le Olimpiadi di Roma.
Due pesi e due misure, questo pare evidente.
Nei giorni scorsi i deputati pentastellati, che oramai presenziano quotidianamente gli schermi televisivi a tutte le ore, affermano chiaramente che lo stadio della Roma è un loro obbiettivo, e che si farà , come ha dichiarato di recente Alessandro Di Battista. Era nel programma del M5S?
Come noto, la Rete non dimentica niente e qualcuno si è preso la briga di andare a leggere il programma elettorale del M5S a Roma presentato nel 2016.
Al di là delle generiche linee programmatiche, in nessun punto si parla dello stadio della Roma, e le priorità del M5S per la città erano piuttosto diverse: si parla di valorizzazione delle aree verdi e potenziamento delle piste ciclabili, e a pagina 25 dove sono elencate le politiche sociali l’obiettivo è “il superamento e la chiusura graduale dei campi rom”, proposito disatteso poichè la giunta Raggi ha dato il via al bando per lo stanziamento dei fondi per i sei campi rom ancora attivi, e allo stesso tempo ne ha autorizzato la costruzione di uno nuovo.
Attenzione, anche qui non è fake news, ma atti ufficiali del Campidoglio che chiunque può reperire dal sito del comune di Roma.
Lo diciamo perchè ormai chiunque osi contraddire la parola del M5S o di Beppe Grillo, viene minacciato di querele, quindi prima o poi ci si aspetta di finire nella black list scritta da Di Maio; accade anche questo ai tempi del ministero della Verità a 5Stelle.
Ora veniamo al discorso delle cubature dello stadio della Roma: attualmente l’86% è ancora dedicato ad alberghi ed appartamenti, mentre il 14% allo stadio.
La Raggi dichiara che sta lavorando per “trovare una via di mezzo”. Di grazia, che vuol dire via di mezzo?
Se lo stadio non corrisponde ai criteri di pubblica utilità , non si fa, punto, come disse la stessa Raggi nel 2014.
Se anche le cubature degli alberghi e dei palazzi fossero ridotte del 25%, come si ipotizza, resta il fatto che lo stadio è opera marginale in questo progetto.
Qui si vuole costruire un intero quartiere attorno allo stadio, evidentemente.
Sul blog di Grillo scrivono che “non ci sarà assolutamente nessuna colata di cemento”. Forse nell’ingegneria edilizia del M5S avranno trovato il modo per fare palazzi di Tetra Pack, ma ci risulta che sia ancora il cemento il materiale ancora utilizzato nelle costruzioni.
Quindi, è del tutto chiaro che siamo di fronte ad una speculazione edilizia che serve a far guadagnare fondamentalmente tre soggetti: Unicredit, la banca creditrice con il proprietario del terreno, Luca Parnasi, per l’appunto il proprietario del terreno, e James Pallotta, proprietario del futuro stadio della Roma.
Non c’è nessuna pubblica utilità , ed è una delle più grandi speculazioni immobiliari che Roma ricordi da 25 anni, come ha sostenuto l’assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, che per questo ha dato le sue dimissioni irrevocabili.
Nemmeno le giunte Rutelli-Veltroni arrivarono a tanto.
A questo punto non è ardito chiedersi cosa garantisce che il M5S non andrà al governo con il Pd dopo le elezioni politiche, anche se al momento esclude qualsiasi alleanza?
Se gli impegni elettorali vengono traditi così palesemente a livello locale, perchè dovrebbe andare diversamente a livello nazionale?
Dichiarano un obbiettivo, e poi fanno l’esatto contrario. E se lo scrivi, ti querelano , è questo il messaggio che diffonde il M5S.
E ora si passa dalla stampa persino alla rete. Querele per siti web, come ieri formiche.net, e non solo per giornali, querele per tutti.
Questa si chiama intimidazione e nessuno in politica si era mai spinto a tanto.
Paolo Becchi
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
ANDARE AL CONGRESSO E PERDERLO NON CONVIENE ALLA MINORANZA: RENZI GARANTIREBBE LORO SOLO LA PERCENTUALE DI POSTI CORRISPONDENTE ALL’ESITO CONGRESSUALE… CON IL PROPORZIONALE E LA PROSPETTIVA DI ARRIVARE A UN 8-10% PRENDEREBBERO PIU’ POLTRONE
Eccoci qua, davanti all’ennesima possibile scissione nel centro-sinistra. A memoria ne ricordo almeno 5, e pensare che la prima volta che ho votato è stato nel 1995.
Non c’era più la Democrazia Cristiana e nè il Partito Comunista Italiano. Da allora ne ho, e ne abbiamo, davvero viste parecchie.
Ma questa scissione “minacciata” dalla minoranza del Partito Democratico, e capitanata dai candidati al congresso – Speranza, Emiliano e Rossi – e gestita da dietro le quinte da Bersani e D’Alema, è forse la più forte mai avvenuta a mia memoria politica.
Una scissione che nei fatti ha preso seriamente corpo solo nelle ultime settimane, e che nel balletto di dichiarazioni si percepiva già da prima del 4 dicembre, voto che ha dato coraggio a coloro che intendevano allontanarsi dal partito guidato da Matteo Renzi.
Un coraggio che è stato rafforzato ancor di più dalla sentenza della Consulta che, bocciando il ballottaggio e restituendo di fatto un sistema proporzionale con capilista bloccati, ha messo su un problema non da poco, che è quello della possibile costituzione di micro partiti – “nanetti” li chiamava Sartori – che con un semplice 3% alla Camera possono fare il bello e il cattivo tempo di governi e coalizioni politiche.
Ecco dunque la vera ratio della scissione paventata da Bersani, D’Alema e co.
Una questione solamente di poltrone, avrei potuto usare il termine potere, ma avrei rischiato di nobilitare l’intento, che di fatto di nobile non ha nulla, politicamente parlando
Mi spiego.
Se la minoranza decidesse di rimanere nel Partito Democratico e andare a congresso, nel caso di sconfitta rischierebbe di prendere una percentuale molto simile a quella presa al congresso del 2013, risicando ancora di più il loro “potere” percentuale all’interno del partito.
Con una percentuale piccola, restando nel Pd, avrebbe meno margini di “occupazione di spazi” sia negli organismi dirigenziali, sia nell’assegnazione dei capilista che dei nomi nelle liste politiche.
Ora, il ragionamento è semplice.
Se i sondaggi mi danno intorno all’8-10%, perchè non correre da soli e prendere tutti i parlamentari con una lista a parte, piuttosto che “dividerla” con la maggioranza e con Renzi?
Posso prenderne di più e gestirli ancora meglio.
Ecco, questo il motivo della scissione, ed è inutile che stiamo a parlare di conferenze programmatiche, di congressi lenti, di date o di prospettiva politica, agli strateghi della minoranza interessa poco, è solo lo specchietto per le allodole.
Agli italiani poi importa ancora meno della scissione e delle manovre della minoranza.
Un congresso infine non dovrebbe spaventare nessuno, soprattutto i D’Alema e i Bersani che con i congressi ci sono cresciuti.
Quindi il ragionamento politico c’entra poco con la scissione, calassero giù la maschera e dicessero le cose come stanno, visto che la melina va avanti da troppo tempo, e secondo me una ammissione di intenti, chiara e trasparente, farebbe recuperare un po’ di stima politica a chi, in queste ore, minaccia la scissione dai canali televisivi e poi nelle direzioni ritratta con un imbarazzante “era una battuta”.
Fate un congresso politico e trasparente e chi ha più filo, faccia più tela.
Tommaso Ederoclite
(da “Huffingtonpost”)
argomento: PD | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
“BERSANI E I SUOI CERCANO OGNI MOTIVO PER ROMPERE, LO FARANNO DI FRONTE A QUALUNQUE OFFERTA, ORMAI NON C’E’ RITORNO”
Matteo Renzi è dispiaciuto. Ma pensa che ormai non ci sia più nulla da fare con Pierluigi Bersani, l’avversario interno, l’ex segretario che se lui gli diceva “gufo”, gli rispondeva con la “mucca in corridoio”.
Metafore zoologiche di altri tempi, cui Renzi pensa pure con nostalgia ora che gli sembrano passate, andate forse per sempre, a due giorni dall’assemblea nazionale che farà scoccare l’ora fatidica del congresso del Pd 2017 e insieme quella della scissione del Pd.
Inesorabile per il segretario che sente di aver fatto tutti i passi possibili per evitarla.
Renzi passa la giornata al Nazareno con i suoi.
Si consulta con il vice Lorenzo Guerini, ascolta dal capogruppo alla Camera Ettore Rosato il resoconto della riunione dei deputati ieri sera. C’è anche Matteo Orfini nella sua stanza. E Matteo Richetti. E a pomeriggio inoltrato arriva anche Maurizio Martina. Ci sono contatti continui con Dario Franceschini, attivissimo per evitare il patatrac.
E con Andrea Orlando. Persino lui, ormai attestato su una esplicita linea critica con Renzi, riconosce che stavolta è la minoranza che dovrebbe fare un passo avanti.
“Dalla maggioranza ieri e oggi sono arrivati segnali importanti — scrive Orlando su Facebook – È fondamentale che ne arrivino da subito anche dalla minoranza. Solo così si può ricostruire il filo del dialogo. Credo che tutta la minoranza veda le conseguenze disastrose di una scissione. Si inizi a lavorare a partire dalle aperture che ci sono state in queste ore”.
Al Nazareno la parola più pronunciata è “ormai”. Della serie: Bersani e i suoi cercano ogni motivo per rompere, vogliono rompere e lo faranno di fronte a qualunque offerta. Ormai è fatta, non c’è nulla che il segretario possa tentare per evitare la rottura.
Renzi e i suoi sono convinti così. Per questo in vista di domenica la linea non tentenna. L’assemblea lancerà il congresso con primarie entro il 7 maggio, prima che scatti la campagna elettorale per le amministrative.
L’unica cosa destinata a cambiare è la data di lancio della candidatura di Renzi al Lingotto di Torino: il segretario l’ha annunciata per il secondo weekend di marzo, ma si è dimenticato di verificare la disponibilità della location. Che infatti che per quei giorni è occupata da iniziative concertistiche. Possibile rinvio in vista.
Ad ogni modo, il ‘congresso subito’ sbatte contro Bersani che, in esclusiva su Huffpost, alza il tiro, torna al suo punto di partenza, insiste col congresso in autunno dopo amministrative che prevedibilmente non faranno esultare nè il Pd, nè il suo segretario.
Insomma, Bersani fa saltare anche la fragile intesa raggiunta ieri sulla conferenza programmatica da tenersi insieme al congresso, chiesta da Orlando che infatti oggi difende ancora la mediazione raggiunta.
“Sembra che l’obiettivo sia la scissione e non il congresso”, tira le fila Rosato in riferimento al fatto che “i bersaniani l’avevano chiesto il congresso e ora che lo facciamo non lo vogliono?”.
“Ormai il vincolo di fiducia è saltato…”, dice Richetti, conversando in un corridoio del Transatlantico dopo aver incontrato Renzi al Nazareno. La sua è una presa d’atto. Richetti è un renziano che non ha mai nascosto critiche al leader, fino al punto di incrinare i rapporti, poi recuperati prima del referendum.
E ora racconta: “Ieri in assemblea di gruppo ho anche dato ragione a Bersani, roba che lui non s’aspettava: è sobbalzato sulla sedia. Ma gli ho dato ragione sul governo: ok lo appoggiamo fino al 2018, ci sono tante cose da fare. E anche sulla legge elettorale: è vero, dobbiamo discutere a fondo. Ma il congresso no. Insomma: Renzi è stato sconfitto al referendum, il minimo che possiamo fare è un congresso prima delle amministrative. Perchè non lo vogliono?”.
Mentre Richetti parla, passa il bersaniano Nico Stumpo che gli dà una pacca sulla testa e se la ride. Si abbracciano. “Ma vedi se dovremo pure far finta di stare in due partiti diversi!”, dice Richetti.
Al di là delle simpatie personali, sembra che il destino politico sia segnato. Sembra che la macchina si sia messa in moto e nessuno riesca a fermarla. E’ solo una questione di quanti saliranno a bordo.
Domanda fondamentale perchè la risposta dirà che primarie del Pd saranno.
Chi saranno infatti gli avversari di Renzi, se se ne vanno tutti da Rossi a Emiliano a Speranza, i tre che dopodomani, alla vigilia dell’assemblea del Pd, hanno lanciato una sorta di ‘assemblea della scissione’?
“E’ in corso un accompagnamento coatto all’uscita del Pd”, ci dice in Transatlantico il deputato pugliese Dario Ginefra, al fianco di Emiliano in questa battaglia, “Sta prevalendo un’idea dirigista del Pd”.
Davvero è così? Aspetta di capirlo anche Orlando. Perchè dall’entità della scissione dipende anche la sua candidatura alle primarie. Per ora, la mediazione del Guardasigilli permette ai renziani di caricare su Bersani.
“Matteo Renzi si è già fermato. Ha deciso di anticipare il congresso per rendere libera e vera la discussione politica e programmatica del Partito Democratico. Adesso si fermi Bersani e la paventata scissione”, dice la senatrice Francesca Puglisi, renziana di Areadem.
“Caro Pierluigi Bersani, in politica si può essere irresponsabili in molti modi. Il peggiore consiste nel perseguire la rottura mentre si dice di voler cercare l’unità ; nel chiudere la porta in faccia agli altri fingendo di lottare per tenerla aperta”, dice Dario Parrini, segretario del Pd Toscana e deputato.
Ora il cerino è nelle mani di Bersani. Sull’altra riva ad aspettare Renzi, Orlando e anche Dario Franceschini che invece non si rassegna alla scissione e anche ieri sera ha tentato mediazioni all’assemblea del gruppo, predicando premio di coalizione e chiedendo che non fosse messo in votazione il documento del bersaniano Lattuca contro i capilista: “Troppo divisivo”.
Sulla legge elettorale comunque è tutto da rifare, a cominciare dal calendario d’aula. “Non vorrei stesse prevalendo il ‘meno siamo, meglio stiamo’, visto che si potrebbe votare col proporzionale”, dice Ginefra alludendo ai posti in lista, argomento nascosto di ogni tesi congressuale.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: PD | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
INUTILE INCONTRO BERSANI-GUERINI
Meno uno all’assemblea di sabato a Testaccio, dove si presenteranno assieme Emiliano-Speranza-Rossi e allo studio c’è già il nome della Cosa che nascerà dalla rottura del Pd.
La fotografia della giornata è questa: al termine dell’incontro mattutino con Pier Luigi Bersani, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini riferisce ai suoi: “I fili si stanno spezzando tutti”.
Tutti i colloqui di oggi, tra pontieri più o meno attendibili, hanno prodotto l’ennesimo sterile balletto di date sul congresso.
L’ultima offerta è stata: congresso a maggio, anche inoltrato compresa la conferenza programmatica invocata da Andrea Orlando (e non solo). La risposta dei bersaniani è stata questa: acqua fresca.
Proprio il guardasigilli, che oggi avrebbe dovuto incontrare Renzi, subito dopo pranzo è partito per un’iniziativa politica a Pescasseroli, segno che al momento la trattativa è interrotta.
È in questo quadro che Pier Luigi Bersani scrive all’HuffPost una lunga e articolata lettera appello, in cui mette in fila le richieste politiche di questi giorni: una fine ordinata della legislatura, con voto nel 2018; la definizione di alcuni impegni del governo per “correggere le cose che non hanno funzionato”; congresso nei termini statutari, ovvero a ottobre.
Dunque, dopo le amministrative. Non prima, come vuole l’ex premier che finora ha trattato la data, ma tenendo invalicabile questo spartiacque.
In Transatlantico Arturo Scotto (Sinistra Italiana) legge la lettera sull’I-Phone e la mostra a un collega: “Guarda, Pier Luigi sta preparando la rottura”.
Al momento l’idea su cui sono già in corso parecchie riunioni prevede che sabato, all’iniziativa di Testaccio, sarà presentato un documento che, in sostanza, fa propri questi concetti, benedetto dagli applausi di una kermesse che di ora in ora si sta trasformando in dimensioni e impatto politico.
Al Teatro Vittoria i posti sono circa seicento. Dice un organizzatore: “Dobbiamo mettere i maxi-schermi fuori, arriverà gente da tutta Italia. Quelli del nord si chiedono a quel punto che ci andranno a fare domenica all’assemblea del Pd”.
La risposta è: a presentare il documento manifesto, che a quel punto sarà bocciato.
E questa dovrebbe essere la formalizzazione della rottura. Almeno questa è l’idea su cui si lavora in queste ore.
Determinati gli ex ds, a partire da Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani.
Più prudenti quelli vicini a Michele Emiliano temono che il governatore della Puglia possa essere risucchiato dalla Ditta.
Anche per questo è in atto un ragionamento approfondito sul nome, su cui sono a lavoro i dirigenti politici e gli sherpa di società di comunicazione.
Massimo D’Alema, ad esempio, ha suggerito di evitare la parola “partito” e di utilizzare la parola “movimento” più in sintonia coi tempi e che dia l’idea di una “costituente” aperta, larga, plurale. E accogliente.
Forse con un richiamo all’Ulivo già dal nome, in modo che si capisca subito che non è la riedizione di una “Cosa rossa” o “Cosa 3”.
In parecchi in questi giorni hanno avuto contatti con Giuliano Pisapia, nell’auspicio di coinvolgerlo nell’avventura con suo Campo Progressista.
Riferisce chi ha parlato con lui: “Giuliano è consapevole, basta vedere le sue dichiarazioni in tv di ieri, che se dal Pd esce la sinistra e il Pd diventa il partito di Renzi, non può fare la foglia di fico del renzismo. Il punto è che in parecchi attorno a lui, da Tabacci e Franco Monaco, lo vogliono su una posizione autonoma. Il dialogo di questi giorni serve appunto a costruire un percorso assieme”.
Da tempo alla Camera non si vedeva Franceschini presidiare il territorio come oggi. Perchè addirittura persino tra i suoi serpeggia l’inquietudine. Per non parlare degli altri. La corrente dei turchi è implosa. Quella di Martina quasi, con Cesare Damiano che sente il richiamo della foresta. E che ha la maggioranza all’interno della corrente Sinistra è cambiamento.
Tra gli ex ds è l’ora del tormento, ma in parecchi sono turbati: Beppe Fioroni, ad esempio. Molto. E con lui i Pop-dem, ovvero gli ex Popolari che lo seguono.
Il pallottoliere dice che il nuovo gruppo parlamentare alla Camera al momento è sopra quota 40, compresi gli ex Sel di Arturo Scotto. Oltre venti al Senato.
C’è chi vorrebbe i gruppi già lunedì, ma potrebbe slittare di qualche giorno. Meno uno all’assemblea di sabato.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Bersani | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
SGOMBERATA LA SEDE DEL COMITATO
“La sindaca Raggi affossa una delle 5 stelle, quella dell’acqua pubblica”. È l’accusa del Forum dei Movimenti protagonista della campagna referendaria del 2011 e che da anni lotta per la ripubblicizzazione del servizio idrico in tutta Italia.
La stella dell’acqua pubblica “cade” a Roma stamattina, quando i vigili inviati dal dipartimento patrimonio del comune fanno capolino al Rialto, lo spazio occupato in via Sant’Ambrogio.
L’edificio ospita anche la sede romana del Comitato Acqua Pubblica e il Forum ambientalista, e viene sgomberato, spiegano dal Forum, “impedendo l’accesso a tutti coloro che da anni quotidianamente fanno vivere uno spazio altrimenti abbandonato”.
Ed è subito polemica, visto che l’acqua pubblica è uno dei significati delle cinque stelle del Movimento di Beppe Grillo, insieme a mobilità sostenibile, sviluppo, connettività e ambiente.
“Gli uffici stanno agendo sull’onda di vecchie determine dirigenziali”, spiega Simona Savini, attivista del comitato romano per l’acqua pubblica. “La nostra era del 2015”. Queste determine “riguardano gli spazi di Roma che si trovano in una situazione simile alla nostra: magari non hanno avuto una concessione, o l’hanno avuta e non è mai stata finalizzata. Una storia che parte da lontano, dalle giunte precedenti”.
L’accusa, però, da parte di alcuni è anche per questa amministrazione: perchè i cinque stelle si dicono contro gli sgomberi, ma a Roma negli ultimi mesi gli sgomberi non sono mancati.
Perchè l’acqua pubblica è un pilastro del programma grillino, ma la sede degli attivisti viene sgomberata. “È qui che si è fatta la storia del movimento dell’acqua che ha portato alla vittoria del referendum del 2011”, si legge in una nota del Forum dei movimenti per l’acqua pubblica. Vittoria “spesso rivendicata dalla stessa giunta Raggi e dal Movimento 5 stelle. Evidentemente la loro prima stella si è prosciugata”.
L’assessore “ha ribadito che la sua volontà politica non è quella di sgomberare questi spazi”, conferma Simona Savini dal Forum dopo l’incontro avuto nel pomeriggio proprio con Mazzillo. “Noi, però, siamo stati sgomberati oggi e non rientriamo in questa memoria. Non solo: lo stesso assessore ci ha detto di non essere convinto dell’efficacia della memoria stessa. Non è convinto che gli uffici la riterranno sufficiente per annullare le determine dirigenziali già fatte e quindi per gli sgomberi già decisi dai dirigenti”.
Nel 2011, quando oltre 26 milioni di italiani hanno detto no alla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali, la sindaca di Roma Virginia Raggi ha fatto campagna referendaria attiva per l’acqua pubblica.
Ma oggi, dicono gli attivisti, il bilancio della sua amministrazione per Roma è di “immobilismo”.
Acea, la multiutility che fornisce il servizio idrico e di cui Roma Capitale è azionista di maggioranza con il 51%, “sta agendo come meglio crede”, aggiunge Simona Savini.
“È partita alla conquista dell’acqua del centro Italia, realizzando quel progetto renziano di privatizzazione del servizio idrico che eravamo riusciti a bloccare fino ad adesso. In assenza di atti politici concreti da parte della giunta”.
Un esempio? “Ha acquisito la parte privata di Acqualatina, passando sopra alla volontà di intere comunità locali visto che i comuni – con sindaci anche M5S – avevano fatto una delibera per ripubblicizzare, senza che il socio di maggioranza, il Comune di Roma, compiesse degli atti concreti”.
O “inconcreti”: “Nonostante le nostre richieste, la sindaca Raggi non ha mai fatto dichiarazioni pubbliche. Dicono che il rischio sarebbe quello di far ballare il titolo in borsa e di essere denunciati per aggiotaggio”.
Dal M5S non si sbottonano. “Ovviamente gli uffici competenti agiscono in base alla legge e alle norme di riferimento: Corte dei conti e procura potrebbero chiedere conto di eventuali danni erariali”, giacchè le situazioni come quella della sede del Forum per l’acqua pubblica era “non formalizzata”.
E su Acea? “È una società quotata in borsa. Presto ci sarà un indirizzo politico, visto che c’è un piano di riorganizzazione di tutte le partecipate”.
Dal Forum si dicono “arrabbiati”, ma non si sentono traditi. “Non ci eravamo sposati con nessuno. Forse sono gli elettori e i deputati Cinque Stelle a sentirsi traditi, visto che molti hanno votato il movimento di Grillo proprio per quella stella del loro simbolo”, conclude Simona Savini.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL NUMERO UNO DI RISCOSSIONE SICILIA IN COMMISSIONE ANTIMAFIA…E POI STIAMO A LITIGARE CON LA UE PER 3 MILIARDI
Tutto nasce dalle dichiarazioni che Fiumefreddo, confermato lo scorso aprile alla guida dell’ente che gestisce la riscossione sull’isola, ha fatto mercoledì in commissione Antimafia.
Per prima cosa c’è il totale monstre dei tributi non riscossi negli ultimi 10 anni, quantificato in 52 miliardi di euro, 30 dei quali già prescritti.
Poi l’accusa ai Comuni — in testa Catania con 19 milioni, seguita da Messina, Siracusa e Palermo — che sono “i maggiori debitori” e fanno “resistenze fortissime”.
E la denuncia che “in Sicilia gli appalti pubblici, qualunque sia la stazione appaltante, si tengono con autocertificazioni relative alla cosiddetta regolarità fiscale” che “sono tutte false”.
Infine la “battaglia con alcuni deputati regionali che non pagavano e non erano perseguiti, anche per importi milionari”, ma questo era noto: lo scorso anno Fiumefreddo ha disposto il pignoramento delle indennità dei deputati dell’Assemblea regione siciliana, avendo scoperto che 64 membri su 90 avevano pendenze col fisco. L’avvocato ha parlato anche di “gestione opaca” per cui “il poveretto paga mentre si tendono a salvaguardare i grandi capitali“.
Da uno studio sui grandi evasori è emerso che le categorie interessate “erano dedite a ortofrutta, onoranze funebri, appalti, carni, settori infiltrati tradizionalmente da Cosa Nostra. Alcuni nomi sono famigerati e in testa alle evasioni ma nessuno li ha mai cercati, una situazione di sostanziale impunità “.
E ancora: “A Trapani la Riscossione da più di 15 anni non riesce a nominare un responsabile, all’ultimo hanno puntato la pistola e lasciò l’incarico”.
Ora servono misure straordinarie a salvaguardia dei 22 miliardi di euro a rischio di prescrizione, visto che 30 si sono già dissolti causa prescrizione.
Inutile sottolineare che tutti partiti si stracciano le vesti e invocano l’intervento delle Istituzioni (cioè loro).
Fingono di accorgersi solo adesso del degrado morale e politico che ha permesso questo scempio fiscale, salvo “coprire” da decenni il malaffare.
Si parla di intere zone della Sicilia controllate dalla mafia dove gli agenti della riscossione non possono neppure entrare per notificare una ingiunzione.
Ogni anno su 5,7 miliardi di tasse si riscuotono in media 400 milioni, pari all’8%.
C’è bisogno di aggiungere altro?
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
UNIONE CONSUMATORI: “NORMA ATTUALE IMPEDISCE QUALSIASI FORMA DI CONCORRENZA, NON E’ VERO CHE SI DANNEGGIANO I TAXISTI, SI AMPLIA SOLO L’OFFERTA INTERCETTANDO UNA NUOVA DOMANDA DI SERVIZI”
Tassisti sulle barricate contro un emendamento al decreto Milleproroghe che, è la loro accusa, favorisce il noleggio con conducente e i servizi di mobilità basati su piattaforme online come Uber.
La norma contestata, approvata mercoledì in commissione Affari costituzionali, rimanda infatti al 31 dicembre 2017 il termine entro cui il ministero dei Trasporti deve emanare il provvedimento contro l’esercizio abusivo del servizio taxi e Ncc.
La proposta di modifica, che ha come prima firma quella della senatrice Linda Lanzillotta (Pd), sospende quindi l’efficacia dell’articolo della legge quadro sul Trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea che affronta questo aspetto.
Rinviato anche il “divieto di sosta in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia esercito il servizio di taxi”.
Vale a dire che le auto che fanno di servizio Ncc continueranno a non essere obbligate a tornare in rimessa tra una corsa e l’altra.
Si tratta dell’undicesima proroga consecutiva, motivata, secondo i tecnici del Senato, dai “timori per la limitazione della libertà di concorrenza nel settore che la sua applicazione avrebbe comportato”.
Resta quindi operante la legge del 1992 che pone minori vincoli per l’attività di Ncc e altri servizi.
Già nel 2015 l’Autorità di regolazione dei trasporti ha chiesto al Parlamento di intervenire sulla materia, consentendo anche i servizi come Uber e rendendo più facile la circolazione degli Ncc.
In vista del voto di fiducia sul decreto nell’aula di Palazzo Madama, sono andate in scena proteste e blocchi del servizio taxi in tutta Italia e il garante degli scioperi ha annunciato che aprirà un procedimento per valutare se le manifestazioni, decise senza preavviso, siano legittime.
Il Codacons denuncia “gravissimi disagi” ai danni degli utenti e ha intenzione di depositare un esposto urgente alle procure della Repubblica di Roma, Milano e Torino.
A Roma i conducenti, che già dal 2014 si oppongono alla diffusione di servizi come Uber, hanno manifestato lungo corso Rinascimento, dove la circolazione è stata fermata e le linee del bus deviate. In tutta la Capitale, compresi gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino, il servizio è bloccato, così come alla Stazione centrale di Milano. Secondo il rappresentante di Usb taxi Riccardo Cacchione la norma “comporta una sorta di deregolamentazione del servizio di noleggio con conducente. Se passa, le limitazioni territoriali per gli Ncc saranno fortemente ridotte”. Per Alessandro Genovese di Ugl taxi “questa è una sanatoria pro Uber e pro abusivi”.“Non si tratta di una sanatoria, ma di colmare un vuoto normativo e favorire forme di trasporto innovativo come la sharing economy”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“La normativa attuale è antidiluviana ed impedisce qualunque forma di concorrenza e di innovazione. Ecco perchè il legislatore, per una volta, dovrebbe non farsi condizionare dalle solite proteste di piazza dei tassisti e fare il proprio dovere. Nessuna norma danneggia i tassisti. Vanno semplicemente regolamentati i Servizi tecnologici per la mobilità che consentono di intercettare una nuova domanda di servizi. I giovani, infatti, utilizzano poco i taxi e preferiscono le piattaforme di sharing. Si tratta, quindi, di ampliare l’offerta, per intercettare una nuova domanda, che altrimenti resterebbe inevasa”, conclude Dona.
L’unione chiede l’individuazione nelle regioni degli ambiti territoriali di riferimento per tutti i servizi di trasporto di passeggeri non di linea, la possibilità di praticare sconti e cumulare licenze, l’eliminazione per il servizio di noleggio con conducente dell’obbligo di rientrare in rimessa dopo ogni singolo servizio e la previsione, per servizi come Uber, di requisiti di idoneità del guidatore e del veicolo, assicurazione per responsabilità civile aggiuntiva, conducente con più di 21 anni e almeno 3 anni di guida, riconduzione al regime del lavoro occasionale delle prestazioni dei conducenti non professionisti.
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Lavoro | Commenta »
Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
SEPARATI OTTERREBBERO PIU’ VOTI CHE UNITI NEL PD… RECUPERO A SINISTRA A DANNO DEL M5S… RESTA DA VALUTARE L’INCOGNITA PISAPIA
Se la scissione non si riuscisse a evitare, il Pd renziano reggerebbe l’urto. Sul tavolo del segretario (quasi dimissionario) Matteo Renzi arriva infatti un sondaggio che dà il suo partito senza la sinistra al 27%. Mentre un’ipotetica lista da Bersani-D’Alema a Vendola arriverebbe al 7%.
Sebbene ancora del tutto virtuale, si tratta comunque di una prima fotogafia di quanto potrebbe valere un Pd scisso a guida renziana.
A scattarla l’istituto di ricerche Emg diretto da Fabrizio Masìa, il sondaggista di Enrico Mentana arruolato lo scorso autunno anche da Palazzo Chigi (“dopo aver vinto una regolare gara”, tiene a specificare).
Per la precisione, il sondaggio è stato condotto la scorsa settimana su un campione rappresentativo di italiani composto da oltre 2000 persone.
“Il Pd, che attualmente si attesta attorno al 31%, con la scissione perderebbe 4 punti – spiega Masìa – in compenso la lista di Bersani e D’Alema potrebbe intercettare anche una piccola quota di elettori del M5S, quei rivoli di sinistra presenti in un soggetto trasversale come i Cinque Stelle che ritornano alle origini, magari attratti dalla presenza di big storici. Ovviamente questo è un dato iniziale, tutto da costruire: il potenziale potrebbe essere superiore e salire fino al 10-12%. O inferiore: pensiamo ad esempio alle ultime amministrative a Torino e Roma dove la sinistra di Airaudo e quella di Fassina non hanno superato il 4%, un risultato al di sotto delle aspettative. In ogni caso il Pd reggerebbe il colpo della scissione”.
“Ovviamente, tutto dipenderà anche dal sistema elettorale – chiarisce ancora Masìa – se ragioniamo in una logica proporzionale, una lista una separata può avere buoni risultati. Mentre in un sistema maggioritario potrebbe risultare schiacciata”.
Nella guerra dei sondaggi Giuliano Pisapia per il momento è fuori dai giochi, escluso dal conteggio in attesa delle sue prossime mosse (martedì ha lanciato il suo movimento Campo Progressista a Milano e ieri ha incontrato Renzi): “La lista di Pisapia è ancora un’incognita: bisognerà capire se preferirà dialogare con i vendoliani di Sel o con il Pd renziano”, afferma il direttore di Emg, che conclude: “La situazione è ancora molto liquida: va monitorata la ricomposizione del quadro politico all’interno dei Cinque Stelle e si dovrà vedere anche come si riorganizzerà il centrodestra”.
(da “La Repubblica”)
argomento: PD | Commenta »