Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
PARTE SECONDA DELLA STRATEGIA DELLA ROMA: MINACCIARE VENDITA DEI CALCIATORI MIGLIORI… POVERA RAGGI, IERI HA PROVATO A CONSERVARE QUATTRO VOTI DI FACINOROSI, OGGI NE PERDE ALTRETTANTI DEI TIFOSI
“Una catastrofe per la Roma”: Pallotta non ha usato mezzi termini per definire gli scenari che si vanno delineando.
Venerdì la Roma, Parnasi e la giunta Cinquestelle s’incontreranno per discutere definitivamente la questione stadio: grottesco che, a 5 mesi dal primo incontro con Pallotta, Raggi e il M5s non abbiano ancora preso una decisione.
Certo, se Grillo confermerà il suo postulato (“Stadio sì, ma su un’altra area”), sarà inevitabile la rottura totale.
PALLOTA RIVEDREBBE L’IMPEGNO
Non solo la causa da 1 miliardo – cifra da accantonare subito a bilancio, facendo collassare il Comune – che intenterebbero i proponenti. O il milione di cittadini furiosi. Ma la responsabilità della sopravvivenza della Roma.
L’azionista Usa “non è mai venuto meno agli impegni assunti”. Ma se saltasse il progetto stadio, Pallotta rivedrebbe inevitabilmente il suo coinvolgimento nel club.
Lo ha detto lui stesso, nemmeno troppo tra le righe: “Se non ci fosse un esito positivo sarebbe catastrofico per il futuro della Roma, per il calcio italiano, per la Capitale e per i futuri affari in Italia”.
Vuole dire che il messaggio dell’amministrazione farebbe crollare gli investimenti nel paese, nella città e quelli nella squadra. Anche i suoi. Collassando le possibilità per la Roma di avvicinarsi ai ricavi della Juve, che attualmente la doppia o quasi.
VIA I BIG
Le leggi economiche sono semplici: o si aumentano i ricavi o si tagliano i costi. In questa stagione Pallotta ha già versato 78 milioni di euro.
Senza stadio come può pensare di fare altrettanto se – ed è probabile – servirà nuovamente far fronte ai fabbisogni del club?
L’alternativa, da bilancio, è il realizzo degli “asset”, ossia la cessione dei calciatori, realizzando plusvalenze milionarie.
Senza stadio – che non garantirebbe ricavi immediati, ma può garantire la certezza di una programmazione a lungo termine – la tentazione Inter per Manolas, già concreta, diventerebbe irrinunciabile.
Ma a rischio sarebbero più o meno tutti i big: come sedersi a ritoccare il contratto di Nainggolan? Come soddisfare le richieste di Strootman? Come rinunciare a un’offertona per Rudiger? Come garantire una squadra competitiva a Spalletti?
RISCHIO “CATASTROFE”
Chi vuole convincersi che l’unica vittima della “catastrofe” sarebbe Pallotta, s’illude: le conseguenze di una rottura politica tra proponenti e amministrazione sul progetto Tor di Valle ricadrebbero a pioggia sulla Roma.
Si potrebbe auspicare l’ingresso di capitali dalla Cina: contatti ce ne sono stati nel recente passato (Pallotta chiese 100 milioni per il 10%) ma sono morti quasi sul nascere. E poi, chi è l’investitore che entrerebbe in un club senza la certezza di poter aumentare i ricavi con lo stadio?
Insomma, se Grillo insisterà sulle proprie posizioni, non solo per il Comune ma anche per la Roma il futuro sarebbe un gigantesco punto interrogativo. Sono sicuri, i Cinquestelle, di voler correre (anche) questo rischio?
TIFOSI IN RIVOLTA, TUTTI AL CAMPIDOGLIO
Tanto grottesca la situazione, da scatenare i tifosi giallorossi. Oggi, venerdi,, nella giornata dell’incontro fissato tra il Campidoglio e i proponenti del progetto dell’impianto sportivo a Tor di Valle, i supporter giallorossi si daranno appuntamento per una manifestazione sotto Palazzo Senatorio. Una protesta che sta nascendo sui social: “Domani alle 11 saremo al Campidoglio”, scrive più di un supporter sul web.
CORI E INSULTI CONTRO RAGGI E GRILLO DURANTE MATCH CON IL VILLAREAL
“Vogliamo lo stadio di proprietà “: così l’Olimpico contesta Raggi e Grillo. Dopo la chiusura del leader del Movimento Cinque Stelle alla costruzione dell’impianto giallorosso a Tor di Valle, i tifosi della Roma rispondono per le rime ai vertici del Movimento.
Subito dopo il fischio di iniziò dal match di ritorno contro gli spagnolo del Villarreal, la Curva Sud ha intonato due cori in sequenza dai contenuti irripetibili
A seguire anche la tribuna Tevere ha fatto sentire la propria voce mandando “a quel paese” Virginia Raggi.
Un’altra protesta romanista è in programma dopo la partita nel centro storico. Si tratta del secondo blitz al grido “Basta meline, famo ‘sto stadio” in quattro giorni, dopo il flash mob di martedi organizzato dai Roma Club al Circo Massimo.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
DRAMMA DELLA GELOSIA, TESTIMONIA PURE LA VOTINO: “NON MI E’ MAI PIACIUTA, ERO A DISAGIO CON LEI, HO DETTO A MARONI CHE NON MI SEMBRAVA CORRETTO FARLA LAVORARE CON NOI”
Momenti di tensione in aula, al processo a carico di Roberto Maroni quando arriva il momento della testimonianza di Maria Grazia Paturzo, la donna che ha beneficiato di un contratto di consulenza, secondo l’accusa, ottenuta grazie alle pressioni di Maroni, oltre a un viaggio, poi saltato, a Tokyo al seguito del governatore per promuovere Expo.
In aula, la teste ha negato – come invece sostiene la procura – “di aver mai avuto una relazione con il governatore Maroni”.
Subito dopo è stata chiamata a dare spiegazioni su sms molto intimi scambiati con il presidente della Regione.
Paturzo ha spiegato che se “si vedono altri sms, si può capire che io comunico così?”. Il presidente della Quarta sezione in due occasioni ha ricordato alla Paturzo “che in questa aula lei deve dire la verità “.
In precedenza, nel corso dell’udienza di oggi era stata sentita la portavoce del governatore, Isabella Votino, interrogata come testimone.
La Votino, rispondendo alle domande del pm Eugenio Fusco, ha ricordato il “disagio nel lavorare con la Paturzo, con cui non mi sono trovata mai bene”.
Votino, incalzata dalle domande del pm, non solo ha spiegato di aver avuto “delle riserve” sulla Paturzo “dettate dalla precedente collaborazione al ministero dell’Interno, in quanto non ci eravamo trovate bene” e di essersi lamentata con Maroni (“farla lavorare con noi mi sembra scorretto”), ma anche di essersi trovata nelle condizioni di dover decidere se andare o meno anche lei in delegazione a Tokyo: “Ero a disagio e non ero contenta per la presenza di Maria Grazia Paturzo ed ero combattuta – ha aggiunto – tra il senso del dovere che mi diceva di partire e il fatto che non mi sentivo tranquilla anche perchè mia madre era ricoverata in ospedale”.
Se non ci fosse di mezzo un reato e un bel po’ di spese pazze su cui il Tribunale vuole vedere chiaro, sarebbe un bel romanzo rosa.
Alla vigilia di quel viaggio a Tokyo poi sfumato per gli impegni del Governatore o perchè il Comune si rifiutò di pagare il biglietto da 7000 euro alla Paturzo i nervi a Palazzo Lombardia erano tesissimi.
Isabella Votino ne parlò pure con un’amica l’avvocato Cristina Rossello, nota per essere pure il legale di Silvio Berlusconi nella causa contro la ex moglie Veronica. Cristina Rossello sfuma sulle tensioni e sulle confidenze ricevute dalla portavoce del Governatore: «Penso che ci fosse un problema di gelosia professionale». Giuseppe Sala il sindaco di Milano, sentito come testimone, riconferma di non aver dato il via libera al viaggio a Tokyo in classe business di Maria Grazia Paturzo, ritenendo che la spesa sarebbe stata ingiustificabile: «Lei ha avuto un ruolo insignificante in Expo».
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
SE VUOI ESSERE “PADRONA A CASA TUA”, IMPARA PRIMA A RISPETTARE GLI USI E IL PROTOCOLLO DI QUANDO VUOI FARTI INVITARE A CASA DEGLI ALTRI
“Il velo non lo metto”. Così Marine Le Pen, avvisata il giorno prima dall’ufficio del Mufti del Libano, Abdellatif Deriane, che per protocollo avrebbe dovuto coprirsi il capo, annulla l’incontro.
Ma più che una protesta è sembrato un comizio strumentale alla campagna elettorale alle presidenziali. Infatti, la leader del Front National si è presentata circondata da giornalisti.
Neanche “la più alta autorità sunnita del mondo — ha dichiarato la politica riferendosi alla sua visita al grande Imam di Al-Azhar al Cairo, Ahmed al-Tayeb, nel 2015 — non aveva avuto la stessa pretesa”, ha tuonato dal portone sotto l’ufficio del religioso libanese, rigorosamente filmata.
Il video, poco dopo, è finito su internet provocando l’esaltazione dei sostenitori francesi e nostrani del nazionalismo più puro che hanno visto questo gesto come il segnale della intransigenza della Le Pen verso l’islam.
Ma qui bisogna cominciare con una considerazione.
Proprio la Le Pen è la fautrice — nonchè insegnante di Salvini — del “a casa mia si seguono le mie regole”.
E visto che si doveva incontrare con la più importante guida religiosa sunnita libanese, che aveva avuto la cortesia di avvisarla per tempo, 24 ore prima, che si doveva mettere un semplice velo sul capo — non un burqa — doveva rispettare quanto richiesto dal proprietario di casa.
Almeno per essere coerente al suo mantra “a casa mia comando io”.
Ma i toni da guerra, o meglio da crociata della Le Pen, che ha detto di voler “preservare la presenza dei cristiani in Medioriente”, ricordando gli avi colonizzatori francesi, non sono andati giù neanche ai cristiani.
In particolare a quelli che non hanno gradito il suo “fondamentalismo” contro l’Islam, visto che loro, i cristiani, ci convivono da 1400 anni e sono memori di ciò che ha prodotto l’intolleranza: una guerra civile dove si uccideva anche in base all’appartenenza religiosa.
Quei toni da stadio, la mancanza di conoscenza della complessità del Medioriente, della convivenza fra le fedi, possono andar bene in una riunione del partito del Front National in via Vichy.
Non certo in paesi fragili che fanno di tutto per cercare una strada di coesistenza.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
L’UDC DIVENTERA’ UN CONTENITORE IN CUI FAR CONFLUIRE I “FIGLIOL PRODIGHI”
Ormai tutti bussano alla porta di Arcore.
Nonostante l’inagibilità politica, è tornato centrale il ruolo di Silvio Berlusconi. E fra tutti quello che chiedono un incontro, un caffè, una colazione di lavoro, c’è stato anche Lorenzo Cesa, europarlamentare e attuale segretario dell’Unione di centro.
La scorsa settimana, nella Capitale, il Cavaliere ha conversato a lungo, «come solo sanno fare due moderati», con Cesa.
Fra i due il link non si è mai interrotto, e anche nei giorni della deriva renziana dell’Udc Cesa è sempre rimasto un riferimento per la galassia berlusconiana.
Così Cesa ha varcato l’ingresso di palazzo Grazioli assieme a una delegazione udiccina ed è stato ricevuto con tutti gli onori del merito dal padrone di casa. «Dobbiamo fare un’area di centro per rafforzare la parte più moderata in modo da bilanciare l’ala lepinista», è stato l’incipit del ragionamento di Berlusconi.
L’idea di quest’ultimo è di far sì che l’Udc diventi l’ala sinistra della coalizione di centrodestra.
Un contenitore dentro cui dovranno confluire tutti i drappelli centristi nati in questi ultimi anni e figli della diaspora berlusconiana.
Da Alfano a Verdini, passando per tutti quei parlamentari nostalgici dello Balena Bianca e di una «Cosa di Centro».
Da giorni infatti Berlusconi è il più corteggiato di tutto l’arco costituzionale.
Tutta colpa, avrebbe ironizzato il leader di Fi, «del risultato referendario e della scissione del Pd, che favoriscono la nostra area. Abbiamo infatti la vittoria a portata di mano».
Ecco perchè in tanti oggi sognano di tornare fra le fila azzurre, ma «qui — scherza – sono rimasti soltanto posti in piedi».
D’altro canto, «come potrei accettare tutte queste richieste? Solleverei il polverone nel partito».
E allora la strategia sarebbe stata messa a verbale in queste termini. Il Cavaliere è più che felice che Cesa e i suoi tornino in orbita centrodestra, ma dovranno fungere da camera di compensazione o come, malignamente riferisce qualcuno, «da discarica». Dunque, porte aperte sì, ma non all’interno di Fi.
La mossa del Cavaliere è stata già messo in atto quando si è trattato di discutere sul ritorno di due pezzi di novanta: Giuseppe Esposito, Ncd fino a pochi giorni, e fedelissimo di Renato Schifani, e Riccardo Conti, uomo di Verdini e democristiano tendenza Fanfani.
I due, raccontano, desideravano tornare ad indossare la maglia azzurra, ma i vertici di Fi si sarebbero messi di traverso.
Una strategia che potrebbe trovare seguito nei prossimi giorni quando altri deputati e senatori di rito alfaniano o verdiniano — si fanno già i nomi di Saverio Romano, Pippo Pagano, Francesco Colucci, Eva Longo, Giuseppe Galati, Guido Viceconte – potrebbero lasciare i rispettivi gruppi.
E confluire nell’Udc di Cesa. Gli eredi della Balena Bianca non si fermano, seguono le indicazioni di Berlusconi e stanno provando ad ingrossare il partito sul territorio. Con le truppe siciliane di Totò Cuffaro e quelle campane di Ciriaco De Mita.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
A SECONDA DEI GIORNI PARI O DISPARI CAMBIANO LINEA
“Passa un’altra norma che danneggia i cittadini e gli utenti. Appena nasce un’iniziativa commerciale che va incontro alle esigenze dei cittadini, il governo fa di tutto per boicottarle. Dunque su Flixbus passa la legge che lo affossa. Poi, di fronte all’evidenza della sua assurdità , il governo si impegna a modificarla. Quando? Non è dato sapere. Mentre per i tassisti si è precisato che in un mese si correrà ai ripari, per gli autobus low-cost non è dato sapere”, lo dichiarano i deputati M5S in Commissione Trasporti.
I grillini hanno contestato la cosiddetta norma Flixbus, approvata nel passaggio del decreto milleproroghe in Senato, che prevede che le autorizzazioni sulle tratte interregionali per il servizio di trasporto di autobus possano essere concesse solo a raggruppamenti di imprese guidate da operatori economici la cui principale attività è il trasporto di passeggeri su strada.
Contro questa norma ha subito protestato la società tedesca di autobus extra-urbani che, sulla base di una piattaforma digitale, effettua servizi di trasporto low-cost in tutta europa e che, con la stretta, si trova ad essere fuorilegge.
La norma è stata confermata nel testo del decreto milleproroghe su cui il governo ha incassato la fiducia ma l’esecutivo ha tuttavia accolto un ordine del giorno che lo impegna a sopprimere la novità , con il primo provvedimento utile.
I Cinque Stelle, che hanno difeso le ragioni dei tassisti contro Uber durante i sei giorni di sciopero delle auto bianche, questa volta si schierano a difesa dell’azienda che consente i viaggi extraurbani low-cost su gomma.
“La ratio è quella di azzoppare un concorrente solo perchè dà fastidio a qualcuno “, sottolinea la deputata M5S Mirella Liuzzi che è intervenuta in Aula.
“Non mi stupirebbe che questa attività di lobby provenga dall’Associazione nazionale autotrasporto: siamo vittime di “prenditori” che odiano la concorrenza e non sanno cogliere le sfide e gli stimoli per migliorare servizio: Flixbus offre tariffe variabili e wifi”.
Tutto è ammesso, per carità , peccato che il giorno precedente sostenessero la tesi opposta contro Uber.
E la scusa che che “i taxi fanno servizio pubblico non di linea” e non c’entrano nulla “con aziende private che fanno servizio extraurbano” è semplicemente ridicola.
E’ ovvio che fanno servizi diversi, ma il principio di liberalizzazione del mercato contro i monopoli è il medesimo: o si sta con le lobby o con la libera concorrenza.
Possibilmente non a giorni alterni.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
GENOVA: A CAUSA DEI TAGLI DI BILANCIO PORZIONI RIDOTTE E CHI ARRIVA TARDI RESTA SENZA MANGIARE
La torta di riso è finita… Polizia a dieta forzata. Pasti sgradevoli perchè serviti freddi o scotti. Porzioni di primi e secondi da fame. E chi arriva tardi non mangia.
Il sindacato Siap insorge contro la scarsa quantità di cibo di cui usufruiscono i colleghi all’interno delle mense e punta il dito contro la ditta che ha in appalto il servizio: “Minaccia i dipendenti di trasferimento se non accettano la riduzione dell’orario”, interviene il segretario provinciale Roberto Traverso.
La questione ha origini lontane, perchè già un anno e mezzo fa il sindacato aveva segnalato al ministero dell’Interno le sforbiciate al menù.
«Ora la situazione è diventata insostenibile, alcuni colleghi mi hanno detto che si porteranno da casa un panino».
Sono duemila i poliziotti che ogni giorno vanno a mangiare nelle sei “Mense di Stato”: a Sturla e Cornigliano, nella caserma del Reparto Mobile di Bolzaneto, al Lagaccio (Polfer), in via Saluzzo alla Foce e Sampierdarena (dove ci sono le sedi della Stradale).
«È da troppo tempo che stiamo sensibilizzando a fare in modo che il servizio possa essere il più accettabile possibile. Recentemente, abbiamo scritto al questore Sergio Bracco, il nostro punto di riferimento provinciale. Il prossimo passaggio sarà quello di rivolgerci alla prefetta Fiamma Spena — va avanti il combattivo Traverso — per intervenire a Roma, con il ministero, su due aspetti: il rispetto dell’appalto e la difesa delle lavoratrici».
Ma cosa succede nelle cucine? «Le grammature non vengono rispettate, quindi la classica fettina di carne si riduce a un sottile quadratino di pochi centimetri. Il pesce è tutto lische, mentre la pasta, che dovrebbe essere un piatto essenziale, che fa bene e riempie, spesso non è condita a dovere. Di un bianco smorto… Non sto parlando di sugo con astice, ma di semplice pomodoro! Eppure cosa costerebbe aumentare le dosi di trenta grammi visto che la pasta non è certo un piatto per ricchi?».
Capita, più che altro a chi è di Volante o di ordine pubblico ed è impegnato in un servizio che si prolunga oltre l’orario, di sedersi al tavolo e trovare poco o niente da mangiare.
Pane e acqua? «Quando le razioni sono finite ci si deve accontentare di due fette di mozzarella e una scatoletta di tonno: 80 grammi che non bastano neppure per un ragazzino!».
Sulla qualità per ora nulla da eccepire sul servizio offerto dalla ditta Dussmann, che ha appalti in tutta Italia oltre che con la Polizia di Stato, ma sulla quantità sì.
«L’ultima lettera l’abbiamo ricevuta dalla Stradale, che ci ha segnalato il problema delle dosi e ci chiedeva di intervenire sul mancato rispetto di quello che prevede l’appalto. Internamente abbiamo segnalato alla commissione paritetica provinciale le carenze. Poi sarà l’amministrazione a porre il problema alla ditta. Se non vengono rispettate le regole, allora si può addirittura togliere l’appalto. Ma questo è l’ultimo step».
Ritornando al menù, non è solo questione di peso. «In primo luogo, un menù scarso vuol dire un pasto meno nutriente e completo — va avanti Traverso riferendosi a proteine e calorie —; poi quando si paga si deve ricevere quello che è previsto. Al contrario, l’amministrazione ha dato in appalto un servizio, ma la ditta non lo fornisce».
A parte la pancia vuota, in ballo c’è anche il posto di lavoro di tante dipendenti dell’azienda. «Gliel’hanno detto chiaramente: se non accettate una diminuzione dell’orario di servizio dobbiamo trasferirvi. Quindi non interveniamo solo per i nostri problemi, ma anche per loro, per solidarietà , perchè sono con noi ogni giorno nelle nostre caserme. Senza contare che i tagli al personale peggioreranno il servizio».
Le lamentele dei colleghi aumentano giorno dopo giorno. «Quando si parla del panino da casa, vuol dire che il servizio è insufficiente — conclude il segretario provinciale del Siap, Roberto Traverso — e che la pazienza è finita. Non si può garantire un pasto con una mozzarella e due pezzetti di tonno e costringerci a un digiuno forzato. Non mi resta che dire che siamo alla frutta, ma delle volte neppure la troviamo»
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
FORSE, ARISTOTELE, VA “CORRETTO”… NON ARRENDIAMOCI ALLA DECANTAZIONE DEL NULLA
Ragionare sui macro-sistemi è sempre complicato. Le analisi comparative non sempre aiutano ed anche quelle strettamente analitiche possono risultare fallaci.
Forse, è molto più agevole farlo rispetto al singolo individuo, all’uomo medio, a realtà più circoscritte.
Dal “particolare” all’”universale”, insomma, e sempre “a patto” che il metodo sia corretto, che sia l’unico seriamente praticabile e che non ci si chiuda a riccio cedendo alla lusinga delle tesi preconcette…
Nelle ultime settimane abbiamo celebrato il ricordo di uomini che in nome della razionalità , della ragione e dello sviluppo del metodo scientifico, hanno sacrificato la propria vita, anche finendo sul rogo.
Leggi i giornali. Leggi vari ragionamenti. Leggi dei post sparsi qua e la nella “piazza social” e ti chiedi se quei sacrifici abbiano avuto davvero senso.
Ti chiedi cosa sia realmente rimasto alla nostra umanità di quell’appassionato, verace e prorompente impegno… Forse poco. Pochissimo. Forse, soltanto dei frammenti. Forse, addirittura, quasi niente…
Forse bisognerebbe “rivedere” anche Aristotele. Il “moto circolare”, il susseguirsi delle forme”, non riguarda soltanto le forme di Stato o di Governo. Forse riguardano la stessa umanità .
Quasi come se essa, “girando su stessa”, fosse assurdamente capace di ritornare finanche “al punto di partenza”.
Cose bizzarre avvengono in questi giorni.
“Il vecchio dalla chioma bionda”, dall’altra parte del mondo, prova ad asfaltare anni di crescita civile. Si avvenura finanche nei sentieri “dell’edilizia di concetto”. Immagina mura. Mura alte e spesse. Le vorrebbe ovunque. E’ confuso. Gira e rigira su se stesso. Cede alla rabbia ed (anche) alla pura. Ma il popolo l’ha votato. Quel popolo è sovrano. Povero popolo…
In “casa nostra”, invece, qualche gigolò, prima si arricchisce vendendosi a vari preti, poi, non si sa perchè, sente il dovere “etico” e “morale” di dover scrivere addirittura un libro (che promoziona in ogni dove) pur di “illuminare” il mondo con la narrazione dei fatti. E, poi, festini “strani”. Festini “alternativi”…
Alternativi quasi quanto quelli di una parte della sinistra che anzichè ragionare seriamente sui problemi del paese, involge a sofisticatissime conquiste (“interne”) del potere.
La verità — o almeno una sua possibile “variabile” — è che libertà non è messa a repentaglio soltanto dalla follia degli estremisti armati, ma anche (e soprattutto) dagli attacchi subdoli. Dai dogmi indimostrabili. Dall’irrazionalità rabbiosa di chi ha costruito – e costruisce, a tutti i livelli, ed in tutti i contesti possibili ed immaginabili – il proprio potere soltanto sulle frottole, sulle cose non dimostrate, sul “sentito dire”.
Sono un uomo di “fede”, ma la mia “fede” non mi farà mai chiudere gli occhi di fronte alla realtà .
Non mi renderà mai supino alla presunta regola del “così è: punto e basta”! Dirò sempre no. Dirò sempre che non è ancora abbastanza. Disobbedirò…
Perchè una cosa è arrendersi al cuore, “a quelle ragioni che la ragione stessa non capirà mai”; ben altra cosa è accettare – senza “colpo ferire” – la decantazione del nulla.
Qua e la si vedono frammenti di redivivo medioevo. Freddo. Sterile. Puerile… Processi “alle streghe” e finanche agli “stregoni”, come se l’umanità stesse perdendo il senno. Anche per buona parte della politica è così, purtroppo: il futuro è molto nebuloso…
Pensavo a “il nome della Rosa”. Un vecchio libro. Ne fecero finanche un libro. Sembra essere stato scritto oggi, però. Drammaticamente attuale.
Proprio come i versi di una canzone… Molto spesso, “l’evoluzione, inciampa…”
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
IN ARRIVO I SONDAGGI SUL NOME… CECILIA GUERRA CAPOGRUPPO AL SENATO
La frenesia del numero. Al momento pallottoliere in mano a Roberto Speranza segna “quota 50”, tra deputati e senatori.
Così suddivisi: trentasette a Montecitorio, tredici a Palazzo Madama.
In Transatlantico non si vedono scissionisti. Riunioni a oltranza, perchè il D-day dell’annuncio è domani, quando con le firme nero su bianco, Roberto Speranza si presenterà in conferenza stampa. E annuncerà il nome dei nuovi gruppi.
Entro stasera dovrebbero arrivare i risultati dei sondaggi fatti su una serie di ipotesi. “Democratici e progressisti”, al netto delle rivelazioni degli sherpa, ha avuto scarso successo nei brain storming, perchè sa di vecchio e poi la sigla sarebbe Dp, che evoca democrazia proletaria: “Ragazzi — ha detto Scotto in una riunione — anche per motivi scaramantici, eviterei”. “Democratici e socialisti”, (sigla Ds) “Socialisti e democratici”, alcune ipotesi dei bersaniani che si muovono su uno schema tradizionale.
Massimo D’Alema ha suggerito “Uguaglianza e libertà ”, per poi chiamare il nascituro soggetto “Movimento per l’uguaglianza e la libertà ”, per non dare l’idea di un ennesimo partitino in tempo di antipolitica.
Arturo Scotto, ex Sinistra Italiana, ha buttato lì una carta ad effetto: “E se chiamassimo questa cosa con un nome secco tipo ‘Dignità ‘ o tipo ‘Rispetto’, che dite? Senza mettere nè la parola democratico, nè socialista”. Una bestemmia.
Appena arriveranno i sondaggi l’ultima scelta. Nel frattempo è arrivata una rilevazione di Piepoli.
Dà il 7 per cento, con un diciotto potenziale. L’esperto di numeri Nico Stumpo ha avuto la stessa reazione di ieri sera al secondo goal della Juve col Porto: “Significa che il 10 è possibile. Per essere all’inizio è buono”.
Frenesia, perchè occorre mettere un punto fisso. Al Senato la partita è chiusa.
In tredici aderiranno, tutti bersaniani di stretta osservanza. Pare anche trovata la quadra sul capogruppo, anzi sulla capogruppo che sarà Cecilia Guerra, economista, grande cultura di governo, già sottosegretario e viceministro nei governi Monti e Letta.
Alla Camera il processo è più complicato. 17 sono i parlamentari che seguiranno Arturo Scotto e Alfredo D’Attorre.
I bersaniani, al momento, sono venti. Dopo Errani anche un altro uomo di governo, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, ha annunciato che lascerà il Pd.
Tra i parlamentari semplici, non c’è Andrea Giorgis, che ha spiegato in più di un colloquio, riferiscono i big della Ditta, la sua intenzione di tornare all’Università : “Ci sto pensando se lasciare o no il Pd” dice all’HuffPost. Tormentato anche il giovane Lattuca.
Parlamentare più, parlamentare meno, è il nucleo dei bersaniani rimasti. Che non si allarga e paga qualche travaglio singolo: “Chiudiamo a 20 -21, è quello che ci aspettavamo” sussurrano dalla sala riunioni.
In parecchi hanno chiesto a Roberto Speranza di fare il capogruppo, perchè la questione è delicata. Si tratta di amalgamare gli ex Pd che si immolerebbero sulla stabilità di governo e gli ex Sinistra Italiana, che finora non hanno votato la fiducia: “È un processo graduale — ha spiegato Arturo Scotto — in cui è prevedibile che in una prima fase non tutto il gruppo si comporti sulla fiducia allo stesso modo”.
Altri però hanno chiesto a Roberto di non ingabbiarsi in Parlamento: “C’è da costruire il partito in giro per l’Italia, non puoi stare alla Camera”.
Il lìder maximo, Massimo D’Alema, ha suggerito di dare il senso della novità a partire dalla scelta dei capigruppo e di non dare rappresentanza solo alla Ditta.
Il suggerimento porta a Francesco Laforgia, parlamentare milanese che si è sganciato dall’area Cuperlo .
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 23rd, 2017 Riccardo Fucile
I SINDACI SI SCHIERANO CON IL COMMISSARIO: “DOPO SEI MESI AD ARQUATA NEANCHE UNA CASETTA”
L’ammissione del commissario Vasco Errani, per il quale – come riporta Il Fatto Quotidiano – “non si è fatto nulla su casette, macerie e viabilità ” trova sponda nei sindaci dei paesi devastati dai terremoti degli ultimi sei mesi.
Secondo il responsabile del governo per la ricostruzione in realtà “la ricostruzione non esiste proprio. Non è possibile – ha detto durante una riunione registrata da Panorama – che per fare le casette, che non devo fare io, si aspetti il fabbisogno definitivo. Bisogna darsi un’organizzazione, una nuova governance”.
E infatti il sindaco di Arquata Aleandro Petrucci conferma: “A me ancora, dopo sei mesi dal sisma, non hanno detto se l’area scelta per i villaggi va bene”.
Ecco che poi Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, comune distrutto dalle scosse del 24 agosto che hanno causato quasi trecento morti, osserva contattato dall’Huffpost: “Oggi mi fa piacere che, quello che avevo detto tre mesi fa, viene fuori. Ho sempre detto che nella fase di emergenza un uomo solo al comando non basta, serviva una task force e invece niente. In tempi di guerra ci vogliono procedure di guerra. Noi stiamo andando avanti con tante difficoltà “.
Tra tutti i Comuni forse Amatrice è quello che sta facendo qualche passo avanti in più rispetto agli altri: “Ci sono 32 cantieri aperti, ma su alcune procedure, l’ho detto in tempi non sospetti, la catena è farraginosa. La vera partita – dice ancora il primo cittadino – non sono le casette è il fatto che tutto quel mondo delle micro imprese potranno vivere solo se ci sarà l’esenzione delle tasse e dei contributi. Mi aspetto un provvedimento ad hoc per una no tax area”.
Secondo Pirozzi, “il commissario ha voluto gettare un sasso nello stagno, per smuovere il governo perchè qualcosa non sta funzionando”.
Sempre contatto dall’Huffpost si sfoga il sindaco Aleandro Petrucci: “Errani tutti i torti non li ha. Ci sono ritardi da parte delle regioni, tempi lunghi. I tempi si stanno allungando e se ciò che ha detto può servire da sprone ha fatto bene a dirlo. Se invece lo diciamo noi sindaci veniamo richiamati dall’alto. Io mi sento trascurato”.
E pensare che sono passati sei mesi e ancora ad Arquata non ci sono casette in legno: “Forse tra un po’, tra dieci giorni vedremo la prima, ma un conto è mettere le casette, un conto è abitarle”, spiega Petrucci, che aggiunge: “Ad Arquata devono costruire sei villaggetti e ancora non hanno detto se l’area va bene. Quando si faranno le gare di urbanizzazione? Se non costruiscono le casette non tornano gli alunni e le famiglie. È finito il territorio”.
Ritorna così la paura che i territori vengano abbandonati per sempre.
(da “Huffingtonpost“)
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