Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
“CRITICA IL MURO DI TRUMP, ALLORA BUTTI GIU’ LE MURA VATICANE”… PECCATO CHE ESISTANO DA 1200 ANNI E CHE NON IMPEDISCANO IL LIBERO ACCESSO IN VATICANO: BASTA PERCORRERE VIA DELLA CONCILIAZIONE, FATTA COSTRUIRE DAL DUCE IN OCCASIONE DEI PATTI LATERANENSI (QUEL MUSSOLINI CHE CERTI CAZZARI SOVRANISTI LI AVREBBE MANDATI A SPACCARE LE PIETRE)
Come si permette il Papa di criticare il nuovo paladino della ggente il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump attaccandolo addirittura sulla questione del muro?
Papa Francesco — riportano alcune pagine Facebook di sedicenti sovranisti— ha criticato la decisione di Trump di far costruire un muro al confine tra USA e Messico facendolo pagare ai messicani (che però hanno risposto più o meno “no pago affitto”). In realtà il Papa non ha proprio detto che Trump è pericoloso anzi, ha detto di aspettare a vedere cosa succede e a proposito del muro ha spiegato che preferisce il dialogo «Cerchiamo un salvatore che ci restituisca la nostra identità e ci difendiamo con muri, fili spinati o con altri mezzi dagli altri popoli che ci possono togliere l’identità . E questo è molto grave. Per tale ragione dico sempre: dialogate fra di voi, dialogate fra di voi»
La pagina Facebook Italiani Difendiamo la Nostra Patria animata dall’ineffabile e Fond. Mauri che già abbiamo imparato a conoscere per il suo lavoro su pagine razziste ci spiega che il Papa è un grandissimo ipocrita che predica bene e razzola male.
Dopo accurate analisi satellitari infatti Mauri ha scoperto che il Vaticano nasconde un segreto che nessuno conosce: è circondato da un muro.
E non un muro qualunque un muro altissimo, di mattoni, impenetrabile. Nessuno era a conoscenza che Papa Francesco, mentre invitava al dialogo e a “costruire ponti” (magari per far arrivare gli immigrati dall’Africa senza che si bagnino i piedini???), aveva fatto costruire un muro spesso quattro metri e alto sei.
Nessuno lo sapeva perchè in effetti quelle sono le Mura Leonine dal nome di Leone IV, il pontefice che ordinò la costruzione della cinta muraria attorno al Vaticano nella seconda metà dell’800 (non nel senso di diciannovesimo secolo, ma di nono secolo). Sono più o meno milleduecento anni che le Mura esistono, anche se il tracciato attuale è diverso da quello originario visto che nel corso dei secoli altri papi hanno messo mano al percorso e alle fortificazioni ma di fatto più meno con la fine delle Guerre d’Indipendenza e la Breccia di Porta Pia (che però è sulle mura aureliane) le mura vaticane non hanno più alcuno scopo difensivo.
Anche perchè i razzisti dell’Internet non si sono accorti che per arrivare a San Pietro è possibile percorrere Via della Conciliazione fatta costruire — strano che non se ne siano ricordati — durante il Fascismo per celebrare la firma dei Patti Lateranensi tra il Regno d’Italia e la Santa Sede.
Nei commenti tra i molti che se la prendono con quel pacifinto di Bergoglio c’è anche chi fa notare che le cose non sono assolutamente comparabili, il che dovrebbe essere superfluo se pensate che molte città italiane hanno una cinta muraria ma evidentemente Mauri non ha finito le elementari e spiega che “è solo un esempio” per spiegare che “in Vaticano non entra neanche una mosca senza permesso”.
Cosa che è lo stesso falsa visto che non solo si può entrare in Vaticano senza permesso o senza visti ma che anche l’accesso a Piazza San Pietro, alla Basilica è libero e che per altri luoghi (ad esempio i Musei Vaticani) è sufficiente un biglietto.
(da “NextQuotidiano”)
Non fanno differenza quelli che ricordano che anche l’Arabia Saudita sta costruendo una enorme e costosissima barriera per impedire l’accesso dei migranti: l’Arabia Saudita non è un paese democratico ma al tempo stesso ha accolto un certo numero di rifugiati siriani.
Riguardo al muro con il Messico è bene precisare che delle barriere e dei reticolati esistono già . Le prime furono fatte costruire a inizio Novanta durante l’amministrazione di George Bush padre (quindi tra il 1989 e il 1993) dalle autorità di polizia delle città statunitensi il cui territorio confina con il Messico, si trattava per lo più di recinzioni che servivano a rendere “più difficile” o a “scoraggiare” il passaggio degli immigrati attraverso certi settori della frontiera in particolare in prossimità dei centri abitati oppure per evitare che i migranti saltassero dai ponti situati sul confine per entrare in territorio statunitense.
Ma dal momento che potevano essere facilmente scavalcate, o aggirate sconfinando a qualche chilometro di distanza, non sono state molto utili come deterrente per l’immigrazione clandestina.
Durante la presidenza di Bill Clinton venne iniziata invece dal governo federale la costruzione di una serie di barriere (non sono mai state chiamate muri ma al di là della differenza semantica la funzione pratica è la medesima) che facevano parte di una serie di “operazioni” per il contenimento dell’immigrazione clandestina (i loro nomi erano Operation Gatekeeper in California, Operation Hold-the-Line in Texas e Operation Safeguard in Arizona).
Di nuovo si trattava di barriere e recinzioni lunghe qualche decina di chilometri che non erano affatto sufficienti per chiudere tutto il confine tra USA e Messico che invece è lungo poco più di tremila chilometri.
Più che un muro queste barriere hanno funzionato come deviatori di flusso, deviando il traffico di droga e di persone al di fuori dei sobborghi delle grandi città di confine. Nel 2006 il Congresso approva il Secure Fence Act che viene successivamente firmato dal presidente George W. Bush e che prevedeva la costruzione di una nuova doppia barriera continua lunga 1126 chilometri i cui lavori di costruzione terminarono nel 2011 quando Obama annunciò che la costruzione della barriera era “sostanzialmente ultimata“.
Non è del tutto vero però perchè anche se come prevede la legge — firmata tra gli altri da Barack Obama e Hillary Clinton che all’epoca erano senatori — la barriera è stata eretta per tutta la sua lunghezza per mancanza di fondi e in seguito ad un emendamento che la giudicava non necessaria non è stata ultimata la costruzione della seconda barriera che dovrebbe correre parallela alla prima (solo 50 chilometri sono a “doppio strato”).
Durante la campagna elettorale Trump ha detto che anche la Clinton voleva costruire un muro, la Clinton ha replicato che quando ha votato a favore del Secure Fence Act ha votato per la costruzione di una barriera che copre un terzo della lunghezza totale del confine e che non ha mai parlato di muro.
La legge del 2006 tra le altre cose autorizzava il segretario alla Homeland Security a non tenere conto delle leggi federali che avrebbero potuto impedire la costruzione della barriera e a poter espropriare i terreni dei privati cittadini che si trovavano sul tracciato.
Il punto è che barriera, doppia barriera o muro lo scopo è quello di bloccare il passaggio delle persone e quindi le si può chiamare come si vuole ma la funzione che assolvono questi dispositivi è la stessa.
Una barriera non è “più gentile” di un muro. Poi si può discutere dell’utilità di costruire una barriera che lascia scoperti due terzi del confine o del costo di erigere un enorme muro, ma i fatti sono che anche Hillary Clinton e Obama hanno ritenuto che una barriera fosse utile a fermare l’immigrazione clandestina.
Oggi come allora chi si oppone alla barriera, oltre a considerarla uno strumento razzista di segregazione ne evidenziano i costi non solo di costruzione ma anche di mantenimento (e il fatto che serviranno molti più uomini per presidiarla) e la totale inutilità perchè fino ad ora molte persone hanno trovato un modo per superarla (e migliaia sono morte provandoci).
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
NOVE SIGLE HANNO FIRMATO IL PATTO PER UN ISLAM ITALIANO, RISPETTOSO DELLE NOSTRE LEGGI E CHE RESPINGE OGNI RADICALISMO
Dieci punti. E forse il più importante alla fine è proprio il decimo: quello che riguarda i finanziamenti in funzione antiterrorismo e antiriciclaggio.
La Grande Moschea di Roma, insieme ai rappresentanti delle Associazioni e delle Comunità islamiche cui aderiscono circa il 70% dei musulmani in Italia, hanno firmato al Viminale – insieme al ministro dell’Interno Marco Minniti – il “Patto Nazionale per un Islam italiano”.
Nove sigle (Cii., Uami, Ass. Pakistana “Muhammadiah”, Cici, Ass. Cheikh, Ahmadou Bamba, Ucoii,Ass.madri e bimbi somali, Coreis, Ass. Imam e guide religiose) si sono impegnate a bandire ogni forma di radicalismo religioso, a garantire un integrazione concreta nel contesto istituzionale italiano (compreso l’utilizzo della lingua italiana a partire dai sermoni del venerdì) e soprattutto ad “assicurare massima trasparenza nella gestione e documentazione dei finanziamenti, ricevuti, dall’Italia o dall’estero, da destinare alla costruzione e alla gestione di moschee e luoghi di preghiera”.
Quello dei finanziamenti, nell’ultimo anno, è divenuto un problema macroscopico in Italia, vista la crescita esponenziale del numero e della grandezza delle nuove moschee su tutto il nostro territorio .
E vista l’esplosione di stragi terroristiche in tutta Europa con centinaia di morti e feriti – dalla fine del 2015 – la tracciabilità dei flussi si è trasformata in una questione di sicurezza nazionale.
L’ultimo Rapporto Annuale dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia ha messo in evidenza inoltre che nella galassia di segnalazioni scaturite da anomalie finanziarie ce ne sono molte “rilevate su rapporti intestati a organizzazioni senza scopo di lucro, di matrice religiosa e/o caritatevole (centri culturali islamici, associazioni, fondazioni, Onlus, etc.)”.
L’Accordo firmato al Viminale potrebbe insomma contribuire a colmare un ritardo di anni e anni.
Dopo che nel 2009 erano stati recepite in Europa le nuove direttive AML/CFT – contro il riciclaggio ed il finanziamento al terrorismo – seguite all’attacco alle Torri Gemelle e il recente inasprimento dei controlli delle FIU nazionali sotto la guida di Europol.
Adesso ad esempio gli ingenti finanziamenti provenienti dal Qatar (un Paese che sulla base dei documenti diplomatici pubblicati da Wikileaks, dei dossier di centri studi come la Brookings Institutution di Washington e le denunce del leader russo Vladimir Putin nel corso del G20 di Antalya della fine del 2015, è sospettato di avere legami con l’Isis) potranno essere monitorati più da vicino.
Per la costruzione delle moschee dell’Ucoii, la Qatar Charity (una Ong connessa al fondo sovrano del Qatar) ha impegnato 25 milioni di euro in tre anni: sono serviti per costruire 43 moschee, tra cui quelle di Ravenna, Catania, Piacenza, Colle Val d’Elsa, Vicenza, Saronno, Mirandola e acquistare un complesso edilizio a Centocelle a Roma dove costruirne un’altra per circa 800 fedeli.
Mentre la Grande Moschea di Roma riceve prevalentemente finanziamenti dall’Arabia Saudita.
In Italia comunque principale beneficiaria dei soldi qatarini (che finanziano anche l’organizzazione dei Fratelli mussulmani) è appunto l’Ucoii.
Quindi la firma dell’Accordo da parte dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia potrebbe essere un passo importante nel senso della trasparenza, anche se dovrà essere ancora ratificato dall’Assemblea generale dell’ Unione, come ha annunciato il presidente Izzeddin Elzir presidente della comunità islamica italiana ed iman di Firenze.
“È con sommo orgoglio che la comunità islamica italiana ha deciso di firmare col ministero dell’Interno un patto nazionale per un islam italiano. Questo e’ per noi dell’Ucoii — ha affermato — un ulteriore riconoscimento da parte delle istituzioni, perchè l’accordo si basa proprio sui patti di cittadinanza che la nostra comunità ha già sperimentato con successo a Firenze e Torino.”
La Qatar Charity è in ogni caso una fondazione molto nota, che collabora spesso con istituzioni o altre organizzazioni internazionali come la Bill & Melinda Gates Foundation.
Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha definito l’Accordo appena sottoscritto “uno straordinario investimento sul futuro del nostro Paese che produrrà vantaggi anche materiali”. “Si tratta – ha aggiunto – di un atto particolarmente importante che parte dal presupposto che si possono avere religioni differenti e tuttavia siamo tutti quanti italiani. È – ha spiegato ancora Minniti – un patto che allude in prospettiva ad un’intesa. L’hanno firmato associazioni che hanno storie e sensibilità differenti e che in altri momenti non avrebbero sottoscritto un documento comune. Tutti i firmatari si sono impegnati a rifiutare qualunque forma di guerra e di terrorismo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
UNA TROLLATA EUROPEA CON TANTO DI FRECCIA
Una “trollata” europea. Protagonista è il deputato laburista britannico Dance Seb che, durante l’intervento dell’ex leader dell’Ukip, Nigel Farage, ha esposto un cartello con scritto: “He’s lying to you”. Ovvero: “Vi sta mentendo”.
La scena ha assunto tratti comici visto che sul cartello Seb ha aggiunto una freccia ad indicare proprio Farage.
L’euroscettico ha tenuto un discorso di tre minuti durante il quale ha spronato a un rapporto costruttivo con il presidente Usa Donald Trump.
”Ho deciso che dovevo fare qualcosa – ha spiegato Seb al Guardian – e ho visto quel pezzo di carta. So che non è stato un comportamento da parlamentare ma ho sentito il bisogno di trasmettere quel pensiero”.
Il vicepresidente dell’Europarlamento David Sassoli non è intervenuto e al termine della dichiarazione ha richiamato Farage: “Onorevole, la richiamo a un atteggiamento rispettoso”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
ALLA GARBATELLA L’INIZIATIVA DELLO CHEF RUBIO E DI ERRI DE LUCA: POSSIBILE CON 5 EURO DONARE UN PRANZO A CHI NON PUO’ PERMETTERSELO
A Napoli lo chiamano “caffè sospeso”: si tratta di un’antica usanza, ormai quasi del tutto abbandonata, di pagare al bar due espressi, ma consumarne uno, lasciando l’altro “in attesa”, con la possibilità di essere richiesto da persone bisognose, che non potrebbero permetterselo.
Attinge a questa tradizione partenopea l’idea del “Pasto sospeso”, lanciata dallo spazio sociale autogestito “Casetta Rossa” di Roma, in collaborazione con la Fondazione Erri De Luca.
Con una donazione diretta o attraverso bonifico, è possibile donare uno o più pasti del valore di 5 euro alle migliaia di migranti in transito che attraversano Roma, ospitati da Baobab Experience, e a quanti vivono nella Capitale in condizioni di disagio e povertà .
Nel cuore della Garbatella questo giovedì l’esperimento ha avuto inizio con due ospiti d’eccezione.
Ai fornelli l’estro culinario e carismatico dello chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini, accompagnato, dallo scrittore Erri De Luca. Un’accoppiata inedita, che si è cimentata nella preparazione di un pranzo dagli echi esotici: un menù che richiama, attraverso la mescolanza di ingredienti e culture diverse, l’idea d’integrazione.
“Abbiamo preparato una zuppa di legumi e ortaggi, con delle spezie che ricordino i paesi di provenienza degli ospiti del Baobab”, racconta chef Rubio, “È un lancio per qualcosa che esiste già sotto altre forme. Un segnale forte che forse può dare vita ad altro. Questo periodo, utilizzando la metafora del deserto, ci vede sempre più distanti dai nostri concittadini e dalle persone che hanno veramente bisogno. Li abbiamo messi noi in queste condizioni e dobbiamo cercare di rimediare”.
L’iniziativa ha coinvolto gli ospiti del Baobab Experience con lo scopo anche di riaccendere i riflettori sull’emergenza accoglienza nella Capitale: “Noi andiamo avanti, nonostante le difficoltà . Ma siamo preoccupati per quello che accadrà nella primavera prossima, perchè gli sbarchi continuano anche adesso, nonostante l’inverno e nonostante il freddo”.
“Spesso il deserto siamo noi”, dice Erri De Luca, “Abbiamo la possibilità di offrire l’indispensabile a chi ne è privo. È alla portata di tanta gente. È la circolazione della fraternità ”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
IL CASO POLIZZE DI ROMEO FA ESPLODERE IL M5S, ISCRITTI FURIOSI, GRILLO E CASALEGGIO PRENDONO TEMPO
Un interrogatorio fiume con colpo di scena. Proprio mentre il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituito Francesco Dall’Olio pongono a Virginia Raggi una domanda dopo l’altra, in quanto indagata per abuso d’ufficio e falso nell’ambito delle nomine, si viene a sapere, grazie a un articolo dell’Espresso, che la Procura sta facendo chiarezza anche su una polizza vita a favore del sindaco di Roma stipulata dal fedelissimo Salvatore Romeo nel gennaio 2016.
Si tratta di un investimento di 30mila euro di cui Raggi ha beneficiato. Qualche mese dopo, ad agosto, Romeo viene promosso capo della segreteria e il suo stipendio viene triplicato
Convocata dalla Procura, non in Tribunale ma negli uffici della polizia al Polo Tuscolano nella speranza di tenere lontani taccuini e telecamere, Raggi si ritrova a dover rispondere non solo sulla nomina a capo del dipartimento Turismo del fratello di Raffaele Marra, ex braccio destro del sindaco ora in carcere, ma anche della polizza vita che le è stata regalata dall’altro suo fedelissimo, che Grillo ha voluto che venisse allontanato subito dopo l’arresto di Marra. L’argomento della polizza è stato oggetto di domanda ma non di contestazione
Attorno al sindaco di Roma c’è quindi un grande caso giudiziario ma c’è anche un enorme caso politico.
Non è stata ancora chiusa la vicenda sul presunto dossier redatto da Raggi, insieme a Daniele Frongia ed Enrico Stefà no, per far fuori Marcello De Vito dalle comunarie, che ora Beppe Grillo si trova a fare i conti con questa nuova storia. I più ortodossi chiedono al leader M5S di accelerare, anzi vorrebbero che fosse Grillo stesso a prendere in mano la situazione e a tutelare l’immagine del Movimento sospendendola da M5S nell’attesa che il sindaco chiarisca i fatti che le vengono contestati. “Altrimenti – afferma una deputata romana all’Adnkronos – questo diventa davvero il ‘Movimento 5 Raggi’ altrochè che stelle”. E se la sindaca dovesse sostenere di essere all’oscuro della presunta polizza a suo favore? “Intestata a sua insaputa? No, grazie. Non ci stiamo a fare gli Scajola di turno”.
In tanti, nelle chat interne dei deputati e dei senatori, si chiedono se Raggi abbia preso nuovamente in giro Grillo e se era a conoscenza del fatto che la Procura, come scrive L’Espresso, stesse indagando anche sulle polizze e quindi se lo ha tenuto nascosto o meno al leader. In Campidoglio, i consiglieri sembrano scioccati.
L’assessore Paolo Berdini, a domanda precisa, risponde: “Questo non me lo potete chiedere”. Il presidente dell’assemblea capitolina De Vito, amareggiato senza dubbio dalla lettura delle chat della Raggi contro di lui, dice che non ne sapeva nulla e di “chiedere ai diretti interessati”.
Anche il capogruppo Paolo Ferrara ne era all’oscuro: “Di questo non so nulla. Vedremo quello che succederà e poi faremo le valutazioni”.
I contatti tra Grillo e Davide Casaleggio, sulla linea Genova-Milano, sono frenetici. Si attende cosa scriverà Virginia Raggi su Facebook e come e se chiarirà la vicenda della polizza.
Al momento le strade che i vertici del partito stanno vagliando sono due: o dire che Romeo è già stato allontanato e che il Campidoglio ha intrapreso un nuovo corso oppure sottoporre il caso al giudizio della Rete ed eventualmente sospendere il sindaco.
Se Grillo dovesse decidere per la prima via, la guerra interna che gli ortodossi scateneranno sarà senza esclusione di colpi.
Intanto i vertici del Movimento hanno contattato legali, per comprendere i risvolti giudiziari di questa nuova vicenda, ma anche esperti, per capire meccanismi e funzionalità delle polizze assicurative che sarebbero state intestate a sindaca ed altri esponenti M5S.
Cercano quindi una via d’uscita ma la tensione resta alta, anche perchè i ‘duri e puri’ del M5S sono pronti a dare battaglia, indipendentemente dalla difesa portata avanti della prima cittadina.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
LA PROCURA INDAGA SU ALTRE POLIZZE A FAVORE DI DIRIGENTI GRILLINI… LA GIUNTA ORA RISCHIA DI ESSERE TRAVOLTA
Salvatore Romeo, il fedelissimo di Virginia Raggi diventato capo della segreteria della sindaca lo scorso agosto, nel gennaio del 2016 è andato dal suo promotore finanziario e gli ha indicato un nuovo beneficiario per alcune polizze vita da lui sottoscritte qualche tempo prima, con un investimento di 30 mila euro.
Nome e cognome del fortunato: “Virginia Raggi”.
Qualche mese dopo la strana operazione finanziaria (le polizze vita in genere vengono fatte a favore di parenti, mogli e figli) è proprio la Raggi, diventata da poco sindaca di Roma, a promuovere Romeo triplicandogli lo stipendio.
La connection della polizza da 30 mila euro, scoperta dagli inquirenti che stanno indagando sulle nomine della sindaca grillina e che L’Espresso è in grado di rivelare, rischia ora di precipitare la Raggi e il suo pupillo in un nuovo, e più profondo, abisso. Politico e giudiziario.
Perchè evidenzia come la procedura borderline con cui Romeo è stato nominato segretario del primo cittadino (il funzionario capitolino, con uno stipendio da 39 mila euro lordi l’anno, si è prima messo in aspettativa e poi è stato riassunto dall’amica a 110 mila euro l’anno, scesi a 93 dopo polemiche di fuoco e l’intervento dell’Anac di Raffaele Cantone) si è realizzata in presenza di pregressi legami economici tra la sindaca e il suo collaboratore.
Così, dopo l’accertamento patrimoniale effettuato dalla polizia, sia Romeo, su la cui nomina i pm indagano da mesi, sia la sindaca, che finora è indagata per abuso d’ufficio e falso solo per la vicenda della nomina del fratello di Raffaele Marra a capo del dipartimento per il Turismo, rischiano di vedersi improvvisamente aprire un nuovo, e più pericoloso, fronte giudiziario.
Il do ut des, se non spiegato da giustificazioni plausibili, rischia di portare a contestazioni molto più gravi dell’abuso d’ufficio.
«Come mai Romeo, dimessosi dopo gli arresti di Marra a metà dicembre, ha immobilizzato 30 mila euro in una polizza vita, la cui beneficiaria è Virginia Raggi?», si chiedono da qualche giorno gli inquirenti dopo aver avuto accesso ai documenti bancari del funzionario grillino.
Difficile, per ora, dare una risposta esauriente alla curiosa operazione finanziaria. Anche perchè Romeo non ha investito denari solo nella polizza vita di cui è beneficiaria la sindaca: dal 2013 in poi, da quando si è reinventato un’attivista del Movimento Cinque Stelle diventando riferimento imprescindibile della Raggi e dell’assessore (ed ex vicesindaco) Daniele Frongia, Romeo ha investito circa 100 mila euro su una decine di polizze vita.
I cui beneficiari, ancora una volta, non sono parenti e cugini, ma altri soggetti. Tra cui politici e altri attivisti del movimento: tra i beneficiari delle polizze di Romeo ci sono, per esempio, tal Andrea Castiglione (online c’è un omonimo che animava nel 2013 il meet up del M5S del comune di Fonte Nuova, a due passi da Roma), un consigliere grillino del VII Municipio e tale Alessandra Bonaccorsi. Il sospetto è che possa trattarsi dell’ex consigliere VIII Municipio eletta nel M5S che a febbraio 2016, prima del voto alle comunali, è passata con la Lista Marchini.
I magistrati romani stanno adesso cercando di capire la struttura dei business finanziari di Romeo (che non risulta sia ricco di famiglia), se i soldi fossero davvero i suoi o fossero investimenti fatti per conto terzi, oltre a studiare le clausole delle polizze in merito ai beneficiari.
Secondo ipotesi di scuola che circolano tra chi è vicino al dossier, ma che restano ancora tutta da verificare, gli investimenti in polizze potrebbero nascondere tentativi di infiltrare e condizionare le “comunarie” organizzate dal Movimento Cinque Stelle che individuarono il candidato sindaco di Roma.
Comunarie che Virginia Raggi vinse con 1.764 voti, superando Marcello De Vito, secondo classificato, di poche centinaia di preferenze.
Primarie grilline, va ricordato, che come ha già scritto l’Espresso lo scorso dicembre furono pesantemente inquinate dal dossier fasullo presentato da Raggi e Frongia contro Marcello De Vito.
Una macchina del fango guidata da mani esperte (secondo Roberta Lombardi dietro il dossier che screditò De Vito potrebbe addirittura esserci dietro Marra, per adesso la procura ha aperto un fascicolo senza iscrivere nessuno) che azzoppò la candidatura dell’attuale presidente del consiglio capitolino lanciando quella della Raggi.
In quest’ottica tornano di moda le parole di Carla Raineri, ex capo di gabinetto silurato dalla Raggi e nemica giurata dei dioscuri Romeo e Marra, che qualche settimana fa ha detto sibillina: «Marra e Romeo hanno portato una montagna di voti alla Raggi, poi sono passati all’incasso, come avviene in questi casi. Però, forse, la questione non si limita solo a questo. Ho la sensazione che ci sia anche di più».
Possibile che la sindaca non sapesse che Romeo la aveva fatta beneficiaria di una polizza vita da 30 mila euro?
Non lo sappiamo, e non sappiamo ancora se la procura ha contestato durante l’interrogatorio la questione delle polizze.
È certo però che il legame tra i due fedelissimi Romeo-Marra e la sindaca è rimasto indissolubile per mesi. Contro tutto e contro tutti.
Virginia ha scavato la sua fossa politica (e giudiziaria) dallo scorso settembre, da quando ha difeso Marra a spada tratta di fronte alle inchieste dell’Espresso , che evidenziavano i favori economici ottenuti dall’ex dirigente di Alemanno dal costruttore Sergio Scarpellini, un’inchiesta giornalistica che ha poi portato a quella giudiziaria e all’arresto di entrambi lo scorso dicembre.
La Raggi ha poi protetto Romeo con la stessa veemenza. Tanto che molti hanno ipotizzato che dietro il rapporto strettissimo ci fossero ricatti indicibili.
Tra la vicenda Marra e quella della polizza vita a suo favore, la partita di Virginia e dell’intero Movimento Cinque Stelle è alla stretta finale.
Le bugie dette sono troppe, le spaccature interne non più risanabili.
Si vedrà se Beppe Grillo avrà ancora la forza e la voglia di difendere la sua sindaca, o se la abbandonerà al suo destino.
Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso”)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
LEGA 11,5%, FORZA ITALIA 10,5%, FDI 4,5%, S.I. 3%
Nonostante l’accerchiamento a Matteo Renzi, il Pd resta il primo partito italiano.
Lo dice un sondaggio dell’Istituto Piepoli pubblicato dal quotidiano la Stampa.
Il Partito democratico infatti si attesta al 32% con una live flessione rispetto alla settimana precedente (- 0,5%).
Le intenzioni di voto per i partiti fanno segnare un calo dello 0,5% del Pd (al 32%), di Forza Italia (al 10,5%), di Fratelli d’Italia (al 4,5%) e di altri partiti del centrodestra (all’1,5%).
Di contro cresce di poco (lo 0,5%9 la Lega Nord (all’11,5%) e altri partiti.
Stabili Sinistra italiana (3%), altri partiti di Centrosinistra (3%) e MoVimento 5 stelle (27%).
Quasi 7 italiani su 10 non pensano che cambieranno idea una volta ai seggi elettorali.
La fiducia nel leader mostra qualche cambiamento rispetto all’ultima rilevazione. Scende del 2% il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (al 61%), resta uguale il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni (46%).
Seguono Matteo Renzi (38%), Luigi Di Maio (28%) e Silvio Berlusconi (17%).
(da agenzie)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
NELLA FAIDA ROMANA DEL M5S NON SI SALVA NESSUNO… IN CHAT LA RAGGI ESULTA PER LE DIMISSIONI DI MINENNA… LO SFOGO DI DE VITO
Chissà come si sente Roberta Lombardi ora, ripensando a quella sera del gennaio 2016 in cui ha salvato Virginia Raggi.
Sì: la sindaca, che domani dovrebbe essere interrogata dai pm nell’ambito dell’inchiesta sulle nomine, è stata graziata dalla sua acerrima nemica e da un altro big, Alessandro Di Battista.
In quel covo di veleni che è diventato il M5S a Roma, ci mancava solo una guerra sporca di dossier e le successive coperture collettive «per salvare il Movimento».
Per capire i contorni di una vicenda, anche questa finita in mano ai magistrati, è obbligatorio ricostruirne le tappe più importanti.
Il 19 marzo 2015, l’allora consigliere comunale Marcello De Vito chiede un accesso agli atti alla Direzione Edilizia – Unità operativa condoni, del Dipartimento di programmazione urbanistica, per avere maggiori informazioni sul seminterrato intestato a F. B., in via Cardinal Pacca, zona Aurelio. Secondo le segnalazioni di una fonte, la richiesta di condono e di agibilità per sanatoria sarebbero state protocollate grazie a una mazzetta.
Il 28 dicembre 2015 gli allora consiglieri Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefà no, in una riunione con i consiglieri municipali M5S, accusano De Vito di abuso d’ufficio. Siamo nei mesi precedenti alle primarie per scegliere il candidato di Roma e già si sa che sarà una sfida a due tra Raggi e De Vito.
La questione arriva ai vertici del M5S. Il 7 gennaio 2016 ha luogo un’altra riunione: questa volta, oltre a De Vito, sono presenti anche Lombardi, Di Battista, Carla Ruocco, Paola Taverna, due dei quali esponenti del direttorio nazionale, oltre ai responsabili della comunicazione Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi.
Della cordata Raggi-Frongia-Stefà no, viene mandato a parlare il più debole dei tre, Stefà no: «Abbiamo sentito un avvocato. Ci ha detto che si potrebbe profilare l’ abuso d’ufficio per Marcello».
Di Battista va su tutte le furie: «Avete sentito un avvocato a nome di chi?», gli urla contro. «E chi sarebbe l’avvocato?», chiede De Vito. I tre non rispondono. Ma da chi avevano avuto la soffiata?
Questa è la parte oggi più interessante della storia anche agli occhi degli inquirenti che, dopo Lombardi e De Vito, dovrebbero sentire Di Battista e Ruocco.
I sospetti nei mesi cadono su due nomi che l’Italia avrebbe imparato a conoscere: Salvatore Romeo e Raffaele Marra, entrambi dipendenti del Campidoglio.
Il che confermerebbe la vicinanza con Raggi e Frongia, di cui diventeranno i fedelissimi, già molti mesi prima della vittoria del M5S a Roma.
Nello specifico De Vito sospetta di un dirigente vicino a Romeo.
La sera stessa della riunione, comunque, De Vito invia una mail in cui spiega che tutto nasce da una richiesta dei consiglieri regionali. Poi inoltra un’altra mail dell’avvocato del M5S Paolo Morricone a cui si era rivolto per l’accesso agli atti.
Il legale oggi spiega: «Probabile anche che sia stato Marra, ma non ci sono prove. Di certo è stata una manovra contro De Vito».
De Vito pretende provvedimenti per il comportamento scorretto dei colleghi. Chiede l’esclusione, almeno dalle candidature a Roma.
E’ arrabbiato, vuole anche sporgere querela e prepara un esposto. Qualcuno lo stoppa, però. A sorpresa si scopre che è Lombardi: «Facciamolo per il bene del Movimento», gli dice.
I vertici M5S decidono di coprire tutto. Lombardi non può sapere che con quella decisione è lei a spianare la strada a Raggi.
Per De Vito, sconfitto alle primarie e divenuto presidente dell’assemblea capitolina, uno smacco unito alla delusione nei confronti di Di Battista: «Sì mi ha difeso – confiderà in seguito – ma poi anche lui ha coperto tutto».
Intanto emergono altre conversazioni dalla chat «Quattro amici al bar» in mano ai pm che indagano sulle nomine in Campidoglio.
Come quella in cui Raggi, Frongia, Romeo e Marra festeggiano le dimissioni di Carla Raineri da capo di gabinetto e di Marcello Minenna da assessore al Bilancio con faccine, cuoricini, trombette.
Dalla chat emerge anche un retroscena su Raffaele Guariniello, l’ex che pm di Torino che offre la sua consulenza a Raggi sulle questioni ambientali: era stato ribattezzato dai 4 in modo poco carino, Guè Pequeno, il rapper milanese conosciuto come «Il Guercio».
(da “La Stampa”)
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Febbraio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
PER LA RAGGI “LA LOMBARDI DEVE FARE PACE CON IL SUO CERVELLO”
E anche questa volta, come nelle conversazioni in mano ai pm di Roma che indagano sulle nomine effettuate in Campidoglio, dalle chat in cui a parlare è Virginia Raggi esce fuori tutto il veleno interno al M5S romano, spaccato in fazioni irriducibili.
A rivelare i nuovi dettagli della guerra dei dossier tra i grillini capitolini è il sito Affariitaliani.it che cita una fonte anonima tra i consiglieri pentastellati.
La chat è della fine del 2015 e racconta della campagna di Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefà no contro Marcello De Vito, già candidato sindaco del M5S nel 2013 contro Ignazio Marino e uomo vicino a Roberta Lombardi, la 5 Stelle più nota a Roma fino a quel momento.
Raggi, Frongia, Stefà no e De Vito, al tempo, sono i quattro consiglieri di minoranza del Movimento in Campidoglio. Raggi sfiderà De Vito, sostenuta dagli altri due, alle primarie.
Sarà lei a vincere e a diventare sindaco. Frongia sarà nominato vicesindaco (poi declassato ad assessore dopo l’arresto di Raffaele Marra, per volere di Beppe Grillo ) e De Vito presidente dell’assemblea capitolina.
Il giorno dell’insediamento, il 7 luglio 2016, appaiono tutti sorridenti e felici come una famiglia unita. Qualche mese prima, si scopre ora, tra di loro è battaglia aperta, a un passo dalla denuncia in procura.
Tutto viene fermato e taciuto per volontà dai big del Movimento che erano stati chiamati in causa (Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Roberta Lombardi e i capi della comunicazione Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi).
De Vito viene accusato di abuso d’ufficio e processato dal gruppo di consiglieri comunali e municipali, persuasi soprattutto da Raggi e da Frongia dei peccati del loro collega. Viene definito «inaffidabile come candidato sindaco», proprio qualche settimana prima della sfida online con Raggi.
Sono frasi dure, che lo condannano, senza che nessuno nutra alcun dubbio sulla sua innocenza.
La colpa? Aver compiuto un accesso agli atti su richiesta di Paolo Morricone, avvocato del M5S in Regione, per verificare se un presunto condono in un seminterrato della zona Aurelia fosse stato autorizzato dietro una mazzetta. «Ragazzi scusate ma per verificare il pagamento di una mazzetta fai un accesso agli atti? E perchè non vai dalla polizia» è il commento sarcastico di Raggi in chat.
Nei mesi successivi De Vito considererà queste manovre una congiura per farlo fuori. A partecipare con veemenza alla fazione accusatrice c’è anche Veronica Mammì, moglie di Stefà no, assessorina al VII Municipio ed ex assistente della deputata Federica Daga: un curriculum che l’ha fatta finire in cima alle cronache sulla parentopoli pentastellata in Parlamento e nella Capitale.
Ovviamente nel j’accuse in chat – in cui però De Vito non può dire la sua perchè non invitato – non manca un pensiero al vetriolo di Raggi per la sua odiatissima compagna di partito, quella Lombardi che per la futura sindaca «deve fare pace con il suo cervello».
(da “La Stampa”)
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