Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
INCONCEPIBILE NON SOLO DA UN PUNTO DI VISTA GIURIDICO, MA ANCHE LOGICO… O NON HA TROVATO GRILLO AL TELEFONO PER AVERE IL PERMESSO?
Nel comunicato con cui Paolo Berdini afferma di aver rimesso il mandato nelle mani della sindaca Virginia Raggi, ci sono da sottolineare un paio di circostanze molto interessanti che ci danno l’esatta dimensione della serietà dell’assessore:
“Ho incontrato Virginia Raggi in Campidoglio: le ho ribadito la stima che merita. Provo profonda amarezza per la situazione che si è venuta a creare. Ne ho preso atto e, pertanto, ho rimesso il mandato conferitomi dalla sindaca lo scorso luglio. Una conversazione carpita dolosamente da uno sconosciuto che non si è nemmeno presentato come giornalista e durante la quale avrei persino affermato di essere amico del procuratore Paolo Ielo che non ho mai conosciuto in vita mia”.
Federico Capurso ha dichiarato di essersi presentato come giornalista a Paolo Berdini, come del resto prevede la deontologia, come d’altronde è stato provato dall’audio messo in rete stasera.
Ma non è questo il punto.
Immaginiamo che invece Berdini abbia ragione e davanti a lui la settimana scorsa si sia presentato un quisque de populo chiedendogli cosa ne pensasse della Raggi. Berdini, come potete notare, nel comunicato non ha smentito di aver detto le frasi che ha detto sull’amministrazione. Così come la Raggi, del resto.
Ebbene, Berdini nel colloquio sulla Stampa ha sostenuto nell’ordine:
— che Virginia Raggi aveva una relazione con Salvatore Romeo
— che il problema della Raggi non era l’inesperienza, ma proprio l’incapacità
— che non è vero che la sindaca non sapesse niente delle polizze vita di Romeo
— che la sindaca si è messa vicino “una banda” (di assassini, ha precisato successivamente Capurso)
A questo punto la domanda sorge spontanea: ma Berdini è solito andare in giro a raccontare segreti (o per meglio dire: diffamazioni) dell’amministrazione e giudizi così netti sulle bande in Comune al primo che passa per strada?
E se così fosse, visto che le sue parole sembrano abbastanza inequivocabili, è sicura la Raggi che le dimissioni dell’assessore fossero da respingere?
Poi c’è un’altra questione, anche più interessante.
Respingere le dimissioni con riserva è un non senso giuridico dal momento che la riserva si appone all’accettazione delle dimissioni (come quando il Presidente della Repubblica accetta con riserva le dimissioni del presidente del consiglio invitandolo a restare in carica per il disbrigo degli affari correnti), non già alla loro reiezione.
La formula “Respingerle con riserva” sembra suggerire che le dimissioni siano respinte tout court ma ci si riservasse di accettarle.
In realtà la riserva serve ad evitare vuoti di potere e discontinuità amministrative causate dalle dimissioni di chi svolge pubbliche funzioni.
Respingere con riserva invece è anche inconcepibile dal punto di vista logico, oltre che giuridico, visto che riconfermare la piena fiducia al dimissionario (perchè di questo si tratta, altrimenti le dimissioni andrebbero “accettate con riserva”) e al tempo stesso subordinare questa fiducia ad una non meglio precisata riserva violerebbe il principio aristotetelico di non contraddizione.
Ma queste, nel momento in cui parliamo di un assessore che racconta a uno sconosciuto degli amanti della sindaca, sono purtroppo mere tecnicalità .
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
IN CHE MANI E’ FINITA ROMA: UN ASSESSORE CHE MENTE AI CITTADINI NEGANDO IL CONTENUTO DI UN’INTERVISTA RILASCIATA E DANDO DEL MASCALZONE AL CRONISTA DE “LA STAMPA”
Non per accanirsi, ma giusto per far rendere conto delle mani in cui si trova l’assessorato all’urbanistica di Roma, la Stampa alla fine pubblica l’audio del colloquio tra il giornalista Federico Capurso e Paolo Berdini.
L’assessore stamattina a Rainews aveva detto di non aver parlato con nessun giornalista ma con amici e che il colloquio era stato “rubato” .
Nel pomeriggio aveva corretto il tiro affermando che la persona con cui aveva parlato non si era presentato come giornalista.
Berdini aveva anche detto di non conoscere Paolo Ielo, mentre nell’articolo della Stampa si affermava che lui lo conoscesse.
Nell’audio pubblicato dalla Stampa si parla proprio di Paolo Ielo.
Anche se prima si discute d’altro: “Mica è finita la musica, dopo ‘sta cosa de l’Espresso tra tre giorni ne esce un’altra… No guarda, è una situazione che trovo esplosiva”.
E ancora: “Tra la Raggi e Romeo c’è un rapporto [non udibile] Questo io l’ho scoperto il secondo o terzo giorno… va bene, io sono un uomo generoso, ti porto a letto… Questa donna che dice che lei non sapeva niente (delle polizze)? Ma a chi c…o la racconta? Per fortuna che non c’è nessun reato… E lei era pure già separata… vada a letto con chi c… gli pare!”.
In alcune parti il colloquio è incomprensibile. In altre Berdini si sente benissimo: «Se lei si fidasse delle persone giuste… lei s’è messa ‘sta corte dei miracoli…mettiti il meglio del meglio di Roma! Invece s’è messo una banda».
«Otto ore di interrogatorio! Che c…o! Cioè io sono amico della magistratura però… Perchè io poi lo so che questi quanno te pizzicano… Paolo Ielo è una persona bravissima, io lo conosco personalmente».
Prima della fine dell’audio si sente Capurso dire che è un collaboratore (precario) della Stampa.
È quindi confermato: Berdini sapeva di stare parlando con un giornalista.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
“FALSATO IL RISULTATO DELLE REGIONALI DEL 2010”
Tredici anni e sei mesi all’ex assessore regionale per la Casa, Domenico Zambetti, sedici anni e sei mesi al presunto boss della ‘ndrangheta Eugenio Costantino, dodici anni ad Ambrogio Crespi, fratello di Luigi, ex sondaggista di Silvio Berlusconi, undici anni a Ciro Simonte, presunto affiliato ai clan calabresi. Assoluzione invece per l’ex sindaco di Sedriano Alfredo Celeste e per il medico Marco Scalambra.
Sono durissime le condanne dell’ottava sezione del tribunale di Milano per il presunto “patto di scambio politico mafioso” tra politica e clan calabresi.
Il collegio ha aumentato di tre anni e sei mesi la richiesta della procura per Zambetti (la richiesta era di dieci anni), e addirittura raddoppiato la condanna per Crespi, da sei a dodici anni.
E anche per Simonte, di fronte a una richiesta del pm di otto anni, la corte ha comminato undici anni di pena.
Un aggravio di pena, perchè il tribunale ha riconosciuto il concorso esterno in associazione mafiosa che il pm aveva invece escluso. Solo per Costantino i giudici hanno abbassato di quattro mesi, a sedici anni e sei mesi, la richiesta di condanna della procura che era di diciassette anni.
“Non ho proprio idea di cosa sia la mafia – ha commentato dopo la condanna Costantino – la mafia non esiste”.
Secondo l’inchiesta dell’allora pm della Dda, Giuseppe D’Amico, ora procuratore aggiunto a Busto Arsizio, sostituito in udienza dalla pm Alessandra Cerreti, Zambetti pagò duecentomila euro per un pacchetto di quattromila voti.
L’ex politico era accusato solo di corruzione e voto di scambio aggravato dall’aver favorito i clan. Per la procura e i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, venne falsato “il risultato di elezioni importanti come le Regionali del 2010”.
Volge così al termine un processo durato oltre due anni. Ben cinque udienze sono state dedicate dal pm D’Amico alla requisitoria, in cui il magistrato ha messo in evidenza la “completa disponibilità dell’assessore ad accontentare le richieste di Costantino” e la “compromissione” tra un “esponente di spicco della Regione Lombardia e gruppi politici mafiosi”.
Secondo l’accusa, ci sarebbe stato, in quegli anni, un “grave tentativo di Costantino di alterare le elezioni Comunali a Milano e a Rho”.
(da agenzie)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
UN PROCESSO RIDICOLO E UNA CONDANNA AD HOC… IL BLOGGER ANTICORRUZIONE: “CONDANNATO PER LA MIA ATTIVITA’ POLITICA, PUTIN E LA SUA BANDA DI LADRI HANNO PAURA DI AFFRONTARCI”
Aleksei Navalny è stato condannato in Russia da un tribunale di Leninksy di Kirov, negli Urali. Cinque anni (con la condizionale) e 500mila rubli di multa (circa 8mila euro) per truffa e appropriazione indebita ai danni della società statale Kirovles.
Il più noto leader dell’opposizione russa e considerato l’unico con delle chance nelle future presidenziali del 2018, da cui questa condanna lo esclude per legge, ha annunciato che ricorrerà contro la sentenza.
«Colpito per la mia attività politica»
«C’è gente interessata a impedirmi di svolgere attività politica, a causa delle rivelazioni diffusi dal mio Fondo Anticorruzione», ha detto Navalny alla stampa durante una pausa del processo.
A suo dire, dietro la sua condanna vi sono alti funzionari di Stato, di cui il Fondo anticorruzione ha rivelato le vite condotte al di sopra dei propri mezzi.
Il tribunale Leninsky di Kirov, a 800 chilometri da Mosca, ha condannato Navalny per appropriazione indebita nel processo Kirovles bis.
Secondo quanto denunciato dallo stesso oppositore, la sentenza è identica «parola per parola», compresi i refusi, a quella emessa nel 2013, quando gli furono comminati cinque anni con la condizionale. «Hanno fatto come l’altra volta», senza portare ulteriori prove della mia colpevolezza, ha denunciato Navalny al quale ora, da pregiudicato, è impedita la corsa al Cremlino.
L’oppositore ha ribadito che non rinuncerà alla sua corsa alle presidenziali 2018, ha dichiarato che farà ricorso contro il verdetto e che si rivolgerà alla Corte costituzionale per contestare il divieto di candidarsi.
«Ci rivolgeremo alla Corte costituzionale, a tutti i tribunali possibili», ha avvertito. Su Twitter ha scritto: «Grazie a tutti per il sostegno: Putin e la sua banda di ladri hanno paura di affrontarci nelle elezioni. Giusto così: vinceremo».
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
L’AUTORITA’ DI SERRAJ E’ LIMITATA E NON PUO’ GARANTIRE IMPEGNI UE
Il Parlamento di Tobruk ha bocciato, definendolo “nullo e non pervenuto”, l’accordo sui migranti siglato tra l’Italia e il governo libico guidato da Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalle Nazioni Unite ma detestato da Khalifa Haftar, l’uomo forte di Bengasi.
L’autorità di Serraj è inoltre limitata alla sola Tripoli e la capacità di garantire l’accordo con l’Ue risulta improbabile.
Secondo il Parlamento di Tobruk infatti “non esiste alcun obbligo morale e materiale” di rispettare il memorandum, poichè il governo di accordo nazionale (Gna) non rappresenta la Libia.
“Dossier come quello sull’immigrazione clandestina – si legge in una nota – sono tra le questioni cruciali” che devono essere decise “dal popolo libico attraverso l’intermediazione dei suoi deputati democraticamente eletti”.
Il Parlamento di Tobruk controlla la Cirenaica, la parte est della Libia, ed è stato eletto nel 2014. Può contare sul sostegno dei gruppi armati del suo ministro della Difesa, il generale Khalifa Haftar, alleato dichiarato della Russia.
Il governo italiano ha deciso invece di scommettere su Fayez al Serraj, che esercita le funzioni di primo ministro anche se in modo informale, perchè avrebbe bisogno del riconoscimento dell’altra metà del paese.
Solo giovedì scorso il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, in un incontro con al Serraj, aveva dichiarato che “è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all’Italia”.
L’obiettivo: scongiurare che i movimenti populisti e nazionalisti del continente speculino ancora sul tema dell’accoglienza e rilanciare l’integrazione europea a partire dalla difesa dei confini esterni
E se nella dichiarazione sull’immigrazione siglata dai due leader si leggeva che “l’Unione europea accoglie con favore lo sviluppo dell’accordo firmato tra Italia e Libia il 2 febbraio”, la posizione dei parlamentari di Tobruk promette un fragile futuro al progetto italo-libico.
(da “il Foglio“)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
LA RISPOSTA DEL LEGHISTA E’ UN AUTOGOL: “FACILE PONTIFICARE CON I MILIONI IN BANCA”…. SOLO CHI, COME LUI, GUADAGNA 130.000 EURO L’ANNO, SPESATO DI TUTTO E CON LA CAMPAGNA ELETTORALE PAGATA DAL PARTITO, PUO’ IN EFFETTI METTERE DA PARTE UN MILIONE DI EURO (SALVO CHE NON SE LO SPUTTANI) IN POCHI ANNI
“Facile pontificare con qualche milione sul conto in banca”. Matteo Salvini ci deve aver pensato a lungo (dopo essersi probabilmente consultato con il suo noto spindoctor a cui caccia 300.000 euro l’anno per curare la propria immagine) prima di rispondere così banalmente alle battute al cianuro di Crozza che, nel suo intervento al festival di Sanremo, aveva ricordato una palese verità : “Salvini ha detto che il compenso di Conti è vergognoso, io darei anche il suo stipendio ai terremotati”.
Poi aveva anche ricordato che “Salvini viene pagato dal parlamento europeo per dire che usciamo dall’Europa» .
Perchè non passa giorno che Salvini dica al primi che passano che dovrebbero dare i soldi ai terremotati, che ospitino loro i profughi, che prima bisogna aiutare gli italiani, ma lui si guarda bene dal farlo in prima persona (non risulta che la sua seconda casa di Recco l’abbia destinata a qualche clochard italiano)
La replica di oggi si addice a lui: “facile pontificare con milioni in banca”.
Chi meglio di lui che da 15 anni percepisce , vuoi dal parlamento italiano che da quello europeo, cifre intorno ai 13.000 euro al mese (150.000 l’anno) può mettere da parte in pochi anni un milione di euro?
Non solo: Salvini è spesato di tutto, viaggia sull’auto del partito con il fido autista con il pistolone in tasca, ha licenziato tutti i dipendenti perchè le uniche spese permesse sono solo ormai quelle elettorali dove i suoi manifesti li paga il partito, a differenza dei comuni mortali, non ha problemi a mettere insieme il pranzo con la cena.
Tempo fa ha persino acquistato un appartamento a prezzi stracciati (come riportato dalla stampa) grazie agli immigrati che avevano contribuito a far abbassare i prezzi dell’immobile.
Diciamo che un milioncino in pochi anni uno al suo posto non avrebbe avuto difficoltà a metterselo sul conto in banca.
Salvo che non se lo sputtani diversamente, ovvio.
Ma questo lo sa solo lui (e pochi altri)…
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
I DISTURBI MENTALI DI TIPO DISSOCIATIVO PORTANO ALLA IDENTIFICAZIONE NEL RUOLO CHE SI RECITA…SI DICHIARANO INTENTI POPOLARI PER POI PERSEGUIRE LA BLINDATURA DEI PRIVILEGI IN UNA SOCIETA’ RIFEUDALIZZATA
Nell’odierna confusione babelica, che qualcuno già etichetta come “post-globalizzazione”, parrebbe prendere forma una bizzarra filiera — tra l’altro accreditata dal feeling tra i diretti interessati — che collegherebbe Donald Trump a Beppe Grillo, Marine Le Pen a Matteo Salvini: la singolare genia dei populisti versione sovranista.
Dunque un capriccioso bancarottiere in preda a turbe iomaniache, un tribuno della plebe affetto da pulsioni cristologiche (sdoppiamento di personalità risalente al 1982, quando il regista Luigi Comencini lo diresse in “Cercasi Gesù”?), una figlia d’arte che amministra il lascito chauvinistico della Francia profonda, un bulletto in carriera. Maschere certamente differenti, eppure accomunate dalla spiccata e manifesta simpatia nei confronti dei sinistri e inquietanti ceffi della Democratura odierna: da Vladimir Putin a Tayyip Erdogan, al premier ungherese Viktor Orbà n.
Disturbi mentali di tipo dissociativo a parte (leggi, identificazione nel ruolo che si recita), un bel gruppo di furboni; i quali hanno trovato nel campo del cosiddetto “populismo” terreno fertile per le loro aspirazioni ascensionali.
Fermo restando che le rispettive frequentazioni dovrebbero smascherarne le effettive affinità /preferenze sociali: i petrolieri miliardari e i consulenti alla Goldman Sachs che Trump ha riunito nella sala ovale di Washington, gli omologhi carrieristi di estrazione piccolo borghese da frequentare nei momenti di intimità per Beppe Grillo (la bella gente cafonal, tipo Flavio Briatore o l’evasore seriale Gino Paoli).
Combriccole di amici che nulla avrebbero da spartire con le pratiche da ami du peuple; nell’apoteosi dell’imbroglionismo demagogico.
Stravolgimento del significato intrinseco che — nonostante demonizzazioni strumentali — oggi assume il termine “populista”: la denuncia delle politiche anti-popolari imposte in questa fase storica dalle plutocrazie dominanti.
Estraneità che le soluzioni di stampo sovranista, con cui i demagoghi ammantati di populismo colonizzano in maniera ambigua la vasta area dell’indignazione anti-establishment, dovrebbero mettere in evidenza. E da cui incassano consistenti dividendi elettorali.
Mentre le masse che si bevono il suddetto imbroglio — assetate di semplificazioni anestetiche, come sono — accreditano alla stregua di panacea miracolosa.
E neppure scorgono l’insanabile contraddizione che condanna al fallimento la ricetta sovranista/populista.
Ossia, mentre si proclamano intenti popolari, si perseguono chiusure protezionistiche; in linea con gli intenti di quella parte dell’establishment che coltiva da un ventennio la versione più prevaricatrice nella complessiva strategia reazionaria: l’isolazionismo, tradotto nella blindatura del privilegio in una nuova società rifeudalizzata e castale. Con le moltitudini ridotte a gregge e relegate in ghetti post-democratici, dove essere tenute a bada dai demagoghi sedicenti “amici del popolo”.
Il tutto in un’orgia di comunicazioni false e truffaldine, ma sempre improntate alla semplificazione.
Per cui vengono attaccate cose buone e inclusive — quali la globalizzazione cosmopolitica e il processo di unificazione europea — falsamente identificate nei loro esiti degenerati: la globalizzazione finanziaria alla Clinton e l’Unione europea delle banche e dell’austerity.
Non progetti civili che hanno subito un’indebita deviazione e da riportare sui giusti binari. Bensì da distruggere, cancellandone i generosi intenti originari.
All’insegna dell’esclusione di massa mondializzata.
Mentre i demagoghi finto populisti potranno occupare le poltrone pubbliche più elevate, sempre al servizio del nuovo ordine anti-popolare.
Pierfranco Pellizzetti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
MENTRE CRESCE L’INDIGNAZIONE IN TUTTO IL MONDO CIVILE, LA SOCIETA’ NERAZZURRA, DI CUI IL GIOVANE E’ TIFOSO, PROVA A DONARGLI UN SORRISO
Un sorriso per lenire il dolore. Non cancellarlo, quello lo potrà fare forse solamente il tempo. Però, nell’immediato, un piccolo placebo diverrebbe la più grande cura.
E’ ciò che starebbe pensando di fare la società nerazzurra dopo che la tremenda storia del giovane Theo, arrestato e violentato dagli agenti a Parigi, ha fatto il giro del mondo.
Perchè in quelle immagini di un giovane adagiato su un letto d’ospedale, indossando una casacca interista, non sono passate inosservate al club milanese. Che potrebbe ridare un sorriso al ragazzo invitandolo a visitare la sua squadra del cuore, l’Inter, cercando di trovare un lato positivo all’interno di una tragedia che grida ancora oggi vendetta.
Il pestaggio e la violenza
Sono stati incriminati e sospesi dal servizio i quattro poliziotti. In particolare uno dei quattro è stato accusato di aver sodomizzato durante una retata con uno manganello telescopico il giovane Theo: per questo agente l’accusa è di violenza sessuale, mentre gli altri tre sono accusati di violenza volontaria. Una storia triste, terribile, che ha toccato da vicino anche la squadra nerazzurra.
L’iniziativa nerazzurra
Durante il ricovero in ospedale, ripreso da telecamere e fotografi, Theo indossava una maglietta dell’Inter. Un particolare come altri, niente di importante ma non per la società di Suning.
Così, il club nerazzurro, molto colpito dalla vicenda, sta studiando come riportare la felicità — anche se temporanea — nel presente del ragazzo.
L’intenzione è quella di invitare al più presto Theo a Milano, per assistere a una partita a San Siro o a un allenamento alla Pinetina, circondato dai suoi idoli.
In difesa di Theo era intervenuto anche il centrocampista nerazzurro Kondogbia, con un tweet in cui chiedeva giustizia per il ragazzo aggredito e picchiato senza motivo.
(da “Fanpage”)
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Febbraio 8th, 2017 Riccardo Fucile
DI MAIO ORA NEGA DI AVER CONVINTO MARRA A RESTARE IN CAMPIDOGLIO, MA UN ARTICOLO DEL FATTO CONFERMA IL CONTRARIO… E C’E’ UN PURE UN VIDEO CHE LO INCASTRA
«Il sottoscritto non ha mai convinto Raffaele Marra a rimanere in Campidoglio»: ieri così Luigi Di Maio smentiva Repubblica e Corriere della Sera che raccontavano di come l’ex capo di gabinetto della sindaca avesse deciso di lasciare il Campidoglio ma fosse stato trattenuto proprio dal vicepresidente della Camera.
Ma quanto può valere una smentita se a raccontare la circostanza fu Marco Travaglio, non smentito dal MoVimento 5 Stelle?
“Sono costretto a smentire per l’ennesima volta di aver avuto il ruolo che quest’oggi, mi attribuiscono i due quotidiani la Repubblica e il Corriere della Sera. Il sottoscritto non ha mai convinto Raffaele Marra a rimanere in Campidoglio, questa è una fantasia. Così come è fantasioso sostenere che io abbia voluto tenere in piedi il rapporto fra la sindaca di Roma e il duo Marra-Romeo. Tutte illazioni diffamatorie che non trovano riscontro nei fatti. Siamo davanti ad un vero e proprio attacco al MoVimento 5 Stelle: vogliono delegittimarci, ma non ci riusciranno. Cambieremo Roma, cambieremo il Paese”, ha detto ieri Di Maio in una nota che smentiva le ricostruzioni di Carlo Bonini e Fiorenza Sarzanini.
E oggi i due giornali rilanciano citando due particolari interessanti: per cominciare il fatto che Marra abbia dichiarato che di fronte all’altolà del minidirettorio romano sulla sua designazione a vicecapo di gabinetto «avevo deciso di andare via e mi consultai con Luigi Di Maio».
E soprattutto un articolo del 9 settembre 2016 sul Fatto Quotidiano a firma di Marco Travaglio e Valeria Pacelli:
6 luglio. Marra chiede di parlare con Luigi Di Maio, che lo riceve nel suo ufficio alla Camera. L’ex finanziere gli porta il solito valigione di documenti contutte le sue denunce e per un’ora e mezza gli illustra la sua esperienza nell’amministrazione regionale e capitolina. “Se non l’avrò convinta — aggiunge — ho qui pronta la lettera di dimissioni”. Poi mostra anche a Raggi e Frongia una dichiarazione della Procura secondo cui non ha procedimenti penali in corso, diversamente da altri 7 dirigenti comunali (indagati o imputati, eppure ai loro posti senz’alcuna polemica). Ma i bombardamenti contro di lui continuano, dal mini-direttorio e da parte del direttorio, nonchè dalla grande stampa.
Siccome Marra non diede mai le dimissioni, o la ricostruzione è falsa (ma non è stata mai smentita) oppure dopo l’incontro Marra è rimasto in Campidoglio perchè qualcuno ha convinto qualcun altro.
«Dunque, il vicepresidente della Camera, il 6 luglio 2016, blocca le dimissioni di Marra e ne legittima il ruolo soprattutto agli occhi di quella parte del Movimento (stretta intorno alla Lombardi) che ne chiede l’allontanamento per il suo passato di “destra”», commenta Bonini
Il video di Di Maio che parla di Marra
E poi c’è il video in cui sempre Di Maio rispondeva a una domanda su Raffaele Marra posta da una giornalista: “Condividete la scelta di un ex alemanniano come Marra?”. La risposta di Luigi Di Maio è: «Guardi, io penso soltanto una cosa: chi ha distrutto questa città non fa parte della nostra squadra. Chi in questi anni ha mostrato buona volontà ed ha competenza e storia personale all’interno della macchina amministrativa ci venga a dare una mano».
Marra si trovava all’interno della macchina amministrativa e Di Maio ribadisce che da quel tipo di competenze vuole un aiuto.
Ma più interessante del video è l’intervista sul Fatto Quotidiano in cui Di Maio cercò di spiegare il senso dell’affermazione fatta nel luglio scorso, proprio dopo l’incontro con Marra:
È stato un colpo per tutti, ovvio. Quindi dovevamo dare nuovo slancio al Comune. Serviva un segnale di discontinuità ed è arrivato.
E se non fosse arrivato?
Forse non si sarebbe giunti a questa decisione. D’altronde sul piatto c’erano questioni già poste in passato da Grillo e dal M5S, come i ruoli di Marra e Romeo (Salvatore, ex capo segreteria, ndr).
Ora condannate tutti Marra, ma per mesi siete rimasti zitti. Anzi, lei a luglio lo difese come “competente”.
Non è vero
Esiste un video (pubblicato sul sito Fanpage.it,ndr) che lo prova.
In quella risposta su Marra dico due cose: chi ha partecipato al massacro del Campidoglio si faccia da parte, mentre chi è competente venga a darci una mano.
Perchè associare a Marra questa seconda parte?
La verità è che già in quei giorni volevamo che fosse allontanato.
E perchè?
Ci basavamo sulle informazioni di dominio pubblico.
Giustificavano la sua rimozione?
Le varie questioni che lo coinvolgevano ci spinsero a chiedere alla sindaca di metterlo da parte. E poi la sua permanenza stava creando divisioni nel M5S.
Ma Raggi non lo tolse.
Spettava alla sindaca decidere. Oneri e onori a lei.
Secondo il gip che ha convalidato il suo arresto, Marra godeva “dell’indubbia fiducia” della sindaca. Perchè si fidava così tanto di lui?
Non lo so. Quello che posso dire è che noi siamo la prima forza politica del Paese. E quindi proveranno a infiltrarci ancora.
L’intervista è interessante per molte ragioni.
In primo luogo Di Maio ammette che volevano le dimissioni di Marra in base a “informazioni di dominio pubblico“, ovvero i vari articoli di giornali che in altri momenti il M5S ha insultato e additato come disinformazione.
E questo dà l’esatta dimensione dell’attendibilità delle smentite degli esponenti del M5S in generale e di quelle di Di Maio in particolare.
Il vicepresidente della Camera poi ammette candidamente che senza l’arresto, Marra sarebbe ancora al suo posto e il M5S non lo avrebbe rimosso.
Questo quindi ci fornisce l’esatta dimensione di quanto il M5S sia garanzia di legalità a Roma in Italia. Ovvero, niente.
Poi Di Maio cerca di far passare l’idea che nel video in cui parlava di Marra (su domanda della giornalista) abbia additato lui come quello che ha distrutto la città . Anche questa è una posizione curiosa: la frase completa era «Guardi, io penso soltanto una cosa: chi ha distrutto questa città non fa parte della nostra squadra. Chi in questi anni ha mostrato buona volontà ed ha competenza e storia personale all’interno della macchina amministrativa ci venga a dare una mano».
Ma Marra faceva già parte all’epoca delle dichiarazioni della squadra della Raggi. Quindi è evidente che Di Maio non si riferiva a lui, oppure Di Maio si era reso conto da anni del fatto che Marra era un distruttore di città ma non ha fatto niente nè ne ha preso le distanze pubblicamente fino all’arrivo dei magistrati.
(da “NextQuotidiano”)
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