Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
COME FOTTERE GLI ELETTORI: PRENDI I VOTI PER UN PROGRAMMA E POI FAI L’OPPOSTO… IL RISCHIO IDROGEOLOGICO SI E’ DISSOLTO IN UNA SERA, LE CUBATURE RESTANO SPROPORZIONATE RISPETTO ALLO STADIO, INFATTI ESULTA LA ROMA
Accordo raggiunto per la realizzazione dello stadio della Roma a Tor di Valle: è quanto è emerso dall’incontro tra la sindaca Raggi – in Campidoglio dopo le 9 ore trascorse al San Filippo Neri – il costruttore Luca Parnasi e il ds della Roma Mauro Baldissoni, in rappresentanza del presidente James Pallotta.
Prima del vertice la prima cittadina era stata lungamente a colloquio con i consiglieri M5s della maggioranza per confrontarsi su un progetto non visto di buon occhio da tutti i pentastellati, anche per una serie di problemi riguardanti il rischio di esondazione nell’area dell’ex Ippodromo.
Un incontro tumultuoso tra la sindaca e i consiglieri: alcuni sono andati via, altri si sono astenuti e c’è chi ha votato contro..
L’accordo che è emerso pare prevede il taglio del 50 per cento delle cubature previste dal progetto originario, ma lo stadio occuperebbe pur sempre appena il 25% delle strutture previste.
Intorno alle 18 Virginia Raggi aveva lasciato l’ospedale dove era stata sottoposta a una serie di accertamenti, e l’incontro decisivo con i proponenti dello stadio della Roma, era slittato di un paio d’ore rispetto alla tabella di marcia.
La sindaca era andata al San Filippo Neri in mattinata a causa di un lieve malore avvertito nella propria abitazione.
La prima cittadina, che aveva annullato una conferenza stampa prevista per le 11, aveva in un primo momento messo in dubbio la sua presenza al vertice con il dg giallorosso Baldissoni e il costruttore Parnasi, ma dopo avere ricevuto rassicurazioni dai medici circa il suo stato di salute, ha voluto confermare l’appuntamento.
Ora la svolta verso il sì, nonostante la rivolta dei consiglieri ostili all’impianto e i vari ondeggiamenti registrati dal Movimento negli cinque giorni.
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
“A TE TI PRENDO, VAI PURE A DENUNCIARMI AI CARABINIERI, PEZZO DI MERDA, TU E TUO FIGLIO. DOMANI VENGO A CASA TUA, SEI UN INFAME. CHI FINISCE ALL’OSPEDALE NON FA PIU’ DENUNCE”…DUE CONDANNE, UNA PER TRAFFICO DI DROGA, E UNA FOTO CON DI MAIO
Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Ferruccio Sansa racconta oggi delle nuove mirabolanti gesta di Daniele Tizzanini, “«simpatizzante» del MoVimento 5 Stelle e non un’attivista”, come dice Alice Salvatore, che si è messo a minacciare gli eletti liguri che hanno lasciato il partito di Beppe Grillo.
Tizzanini, alias Daniele Genoa Marassi, è una delle “guardie del corpo” che scortarono Beppe Grillo nella passerella in giro per Genova alluvionata ma è stato anche il protagonista di un’aggressione ai giornalisti del Secolo XIX e ha due condanne, una a dieci mesi per aggressioni ai tifosi del Verona, e l’altra per possesso e traffico di droga (300 grammi di cocaina), costata cinque anni di carcere all’ultrà genoano, uscito nel 2006 grazie all’indulto che Grillo contestava.
Recentemente è animatore di un gruppo Facebook che lancia boicottaggi alle trasmissioni che parlano (male, secondo lui) del M5S.
Fabio Vistori, consigliere comunale M5S di La Spezia, ti fa sentire la registrazione delle minacce ricevute: da quando sostiene Pizzarotti sono all’ordine del giorno: “A te ti prendo,vai pure a denunciarmi dai carabinieri…pezzi di merda, tu e tuo figlio. Domani vengo a casa tua, ti vengo a prendere. Tu sei un infame e ce la ragioniamo noi. Chi finisce all’ospedale non fa più denunce”. […]
Riecco Tizzanini nel 2016 fotografato a bordo di un’auto diretta a un incontro del Movimento in Basilicata. Insieme con Salvatore e De Ferrari. Fino alla faida M5S di queste settimane.
E dalla bacheca di Tizzanini partono messaggi verso i dissidenti: “I topi infami come voi amici di Putti e Pizzarotti devono sparire. Infame di merda”, scrive a un collaboratore di Putti.
Poi a Vistori: “Tua madre è una t…, me la inc…tutte le notti”.
Altri messaggi in cui manda “affan culo ”Putti e compagnia ottengono commenti favorevoli su Facebook.
Il Fatto riporta anche una imbarazzata replica di Alice Salvatore sul tema:
“Abbiamo viaggiato con Tizzanini una sola volta. Ai nostri incontri si è sempre comportato bene”.
Ci sono immagini di voi insieme, dopo che era già noto alle cronache:
“Condanno ogni intimidazione. È solo un simpatizzante, non un attivista”.
La sua bacheca Facebook riporta decine di foto alle vostre manifestazioni, anche con Di Maio e Grillo:
“Non li conosce, non c’entra niente con Grillo. Tizzanini è stato in carcere, ma bisogna riabilitare la gente”.
Ma qui si parla di minacce…
“Perchè non parlate così anche delle teste calde degli altri partiti?”.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
GIUSTO CONTESTARE IL SEQUESTRO DI PERSONA, LA LEGGE E’ FATTA PER ESSERE APPLICATA, ANCHE PER CHI ISTIGA ALL’ODIO RAZZIALE, PRIMA CHE QUALCUNO SI FACCIA GIUSTIZIA DA SOLO
Partiamo dai fatti, come da risultanze ufficiali delle autorità di sicurezza (al netto delle balle razziste, per capirci
Due dipendenti della LIDL di Follonica di 23 e 27 anni (uno iscritto alla Cgil che lo iimmediatamente cacciato) hanno rinchiuso in un gabbiotto due donne nomadi che vi erano entrare per rovistare tra i rifiuti e tra la merce difettata che l’azienda deve restituire ai fornitori per provvedere alla sostituzione (gabbiotto posto in un piazzale esterno)
Non contenti — prima di liberare le due donne — gli addetti hanno filmato la scena per dare modo di apprezzare le urla delle due persone rinchiuse nella gabbia.
I due addetti sono stati denunciati ai Carabinieri giustamente per sequestro di persona e si sarebbero difesi spiegando che in realtà la loro era una “soluzione temporanea” in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine.
Peccato le le forze dell’ordine non le avessero mai chiamate.
Anzi, uno dei due dipendenti ha pubblicato sui social il un video girato.
Immagini forti, in cui si sente una donna urlare e i due uomini deriderle dall’esterno.
Su Facebook già nella tarda serata di ieri Lidl Italia si era dissociata condannando “fermamente” il comportamento dei due addetti del supermercato di Follonica. “Siamo venuti a conoscenza del video diffuso in rete. Prendiamo le distanze senza riserva alcuna dal contenuto del filmato che va contro ogni nostro principio aziendale. L’Azienda sta verificando le circostanze legate al video e si avvarrà di tutti gli strumenti a disposizione, al fine di adottare i provvedimenti necessari nelle sedi più opportune”.
Inutile dire che se a rovistare tra i rifiuti fossero stati due poveracci italiani, nessuno avrebbe avuto nulla da dire o da filmare.
Questa mattina Matteo Salvini ha scritto su Fb: “Io sto con i lavoratori (li contatterò già oggi per offrire loro tutto il nostro sostegno, anche legale) e non con le “rom frugatrici”. Ma quanto urla questa disgraziata??? #ruspa”.
Parole che hanno acceso ancora di più la polemica. Civati, ad esempio, ha offerto la tutela legale alle due donne nomadi mentre Andrea Marcucci ha detto: “Io sto dalla parte della legge”.
Il post più duro contro Salvini arriva però da Roberto Saviano
“È evidente che Salvini ha perso la testa- si legge – e nel tentativo di intercettare il voto delle persone peggiori del nostro sventurato Paese, non esita ad incitare a realizzare reati gravissimi. Diffondere, senza stigmatizzare, un video in cui due folli sequestrano (e ridono mentre lo fanno) una donna solo perchè non italiana è inaccettabile da chiunque, da un comune cittadino e da un parlamentare a maggior ragione”.
Poi lo scrittore aggiunge: “Non ho mai scritto una cosa del genere, ma provo pena e disprezzo per i 30mila utenti di Facebook che hanno mostrato apprezzamento per questo abominio. Condivido questo post di Salvini, pur provando ribrezzo, perchè è l’unico modo per mostrare quello che ha scritto e avere prova di quanto in basso possa arrivare un politico, di quanto in basso possa arrivare un uomo”.
Per l’ennesima volta la Lega sta con chi commette un reato, a patto che sia italiano. Da sempre la la Lega Nord ha incanalato l’odio per Rom e nomadi convogliandolo per la creazione del suo bacino elettorale.
Tutto mentre finanziava a suon di milioni di soldi pubblici la costruzione di campi Rom oppure semplicemente li rilocalizzava in zone più lontane dallo sguardo dei cittadini delle città che amministrava.
Da quando Salvini è il Capitano della nuova Lega Nord gli attacchi verbali contro i Rom sono all’ordine del giorno e si sono fatti sempre più minacciosi e violenti
Non è possibile non notare che solo pochi giorni fa Salvini a Recco ha dichiarato che “ci vuole una pulizia di massa anche in Italia, via per via, quartiere per quartiere e con le maniere forti se serve”.
Saviano solleva un problema reale: o la magistratura inizia a contestare i reati di istigazione a delinquere, apologia di reato e istigazione all’odio razziale a qualcuno o la situazione finisce fuori controllo.
E qualcuno comincerà a farsi giustizia da solo.
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
L’AVVERSARIO PIU’ TEMUTO E’ ORLANDO
Le primarie per l’elezione del segretario del Pd si terranno il 30 aprile. Una data, un nuovo patto tra Matteo Renzi e i suoi principali sponsor nel Partito Democratico: Dario Franceschini e Piero Fassino.
Il segretario uscente ha perso la partita sui tempi e si prepara al congresso senza lo schema di gioco che ha avuto finora: quello del controllo totale del partito.
Voleva tenere le primarie il 9 aprile, per non dare tempo agli avversari di organizzarsi: al pugliese Michele Emiliano, la torinese Carlotta Salerno, il ligure Andrea Orlando, di fatto il più temuto da Renzi.
Ma ha dovuto cedere alla pressione di Fassino e di Franceschini di tenere l’assise un po’ più in là , il 23 aprile: per mettere in sicurezza la legislatura, chiudere definitivamente la finestra elettorale per il voto a giugno.
La protesta di Emiliano e poi di Orlando ha spinto la data al 30 aprile, definitiva, approvata all’unanimità nella riunione fiume della commissione congresso, discussioni infinite e litigi. “Ora si può dire che il 30 aprile chiude definitivamente il dibattito sul voto a giugno…”, sigla Fassino nella direzione che ratifica le scelte della commissione.
Sergio Mattarella da Shangai benedice lanciando un nuovo appello alla stabilità rivolto anche all’Italia: “E’ di stabilità che le relazioni internazionali, e non soltanto a livello bilaterale, hanno maggiore bisogno”.
Il 7 maggio sarà un’assemblea nazionale a proclamare il segretario votato dalle primarie, come da regolamento. Il 9 aprile si terrà la convenzione programmatica che ratificherà il voto dei circoli ed escluderà dalle primarie il candidato che non ha raggiunto il 15 per cento dei voti.
Entro il 6 marzo vanno presentate le candidature ufficiali, entro il 10 aprile vanno presentate liste a sostegno di ogni candidato.
“Dario e Piero hanno vinto. Cos’altro vogliono?”, nota una fonte renziana per esorcizzare l’ipotesi che Franceschini e Fassino possano avanzare ulteriori richieste a Renzi, magari fino al punto di minacciare di spostarsi su Orlando.
“Possono anche presentare la loro lista per l’elezione dei delegati in assemblea”, sottolinea la stessa fonte facendo notare che si va a primarie con lo stesso regolamento del 2013.
E cioè ogni candidato può essere sostenuto da una o più liste. Insomma, Dario e Piero ‘non hanno più nulla a pretendere’, questo il senso di un ragionamento che tende a legare a triplo filo i due esponenti di Areadem a Renzi.
Perchè quest’ansia?
I sondaggi del Nazareno danno Renzi in netto vantaggio su Orlando ed Emiliano, i principali avversari.
Eppure da quando il Guardasigilli è sceso in campo, l’ex premier tende a misurarsi con lui, in qualche modo ne teme la forza nel partito. Perchè Orlando è un ex Ds, ‘figlio’ ed erede di quella storia, uno che riesce a interrogare gli ex Pci che finora hanno appoggiato Renzi, da Anna Finocchiaro a Marco Minniti, uno che va a solleticare lo stesso patto fondatore del Partito Democratico e che stuzzica la voglia che c’è nel Pd di contare di più rispetto al segretario.
“Non farei il segretario-premier”, butta lì Orlando. E in più ecumenico: “Può piacere alla comunità gay e pure ai cattolici”, ammette un renziano.
E c’è chi nota anche che Orlando è riuscito in poco tempo a prendere il controllo dei Giovani Turchi del Senato, sfilandone ben 15 (su 17) a Matteo Orfini, rimasto alleato di Renzi.
Insomma, pur sentendosi in vantaggio, Renzi è costretto a misurarsi con uno schema di gioco che non gli assegna il dominio assoluto del partito.
Lo dimostra la mediazione subìta sulla data delle primarie. Ora il segretario non vorrebbe mediare oltre. Ma certo, se alle primarie sarà eletto con meno del 50 per cento dei voti, saranno i delegati dell’assemblea nazionale ad eleggere il segretario e a quel punto è tutto da vedere: tutto aperto, troppo presto per qualsiasi palla di vetro della politica.
Ma queste sono le riflessioni della vigilia, mentre Renzi si prepara a tornare dalla California già nel weekend per immergersi in una serie di appuntamenti a Milano.
Da premier, ogni anno non ha mai mancato la settimana della moda, quest’anno ci arriva alla fine.
In ogni caso, la sua campagna elettorale inizia dal capoluogo lombardo: domenica sera in studio da Fabio Fazio a ‘Che tempo che fa’ su Raitre e poi iniziative nella Milano del sindaco Beppe Sala e dell’ex sindaco Giuliano Pisapia per tutta la giornata di lunedì.
Dal 10 al 12 marzo appuntamento invece al Lingotto a Torino, per il lancio ufficiale della campagna: lì saranno chiare anche le parole d’ordine.
Si parte, dunque. Orlando a caccia di nuovi sostenitori: “Darò delle sorprese: alla mia candidatura stanno aderendo personalità che provengono da altre storie”.
Emiliano che punta a pescare fuori dal Pd. Un po’ come Renzi che sa di contare su alleati poco entusiasti di lui e spera nelle primarie aperte, pur interrogandosi sull’appoggio esterno degli scissionisti che potrebbe andare a favorire Orlando.
“Con lui si potrebbe riaprire il dialogo”, dice persino Massimo D’Alema.
Orlando chiarisce il suo pensiero sui ruoli: “è sempre più difficile che il segretario del partito di maggioranza relativa sia anche il presidente del Consiglio. Personalmente, per i limiti che mi riconosco, non sarei in grado di fare le due cose contemporaneamente”-
Certezze non ce ne sono per nessuno. E c’è anche chi come il costituzionalista Stefano Ceccanti mette in dubbio che la finestra elettorale di giugno sia chiusa.
“E’ un’illusione ottica ritenere che avendo il Pd fissato le primarie il 30 aprile ciò escluda di per sè elezioni, così come esse non vi sarebbero state automaticamente se si fosse scelto il 9 aprile. Sono le logiche istituzionali che trascinano quelle dei partiti, non viceversa”, dice Ceccanti.
Anche perchè: “Il Governo Gentiloni nel momento in cui si costituiranno i gruppi scissionisti, e che si noterà che al Senato quel gruppo sarà decisivo per la maggioranza, avrà almeno in parte cambiato natura. Da Governo basato su una maggioranza diventerà Governo di minoranza”.
Cosa che potrebbe mettere a rischio l’approvazione della legge di stabilità in autunno: “Qualora non vi fosse prima uno scioglimento anticipato, il Governo aprirebbe la sessione di bilancio in autunno niente affatto sicuro di portare a casa il risultato…”.
L’unica certezza è che al massimo entro il 7 maggio il Pd avrà eletto il segretario.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
MARINE LE PEN SI APPELLA EROICAMENTE ALL’IMMUNITA’ PARLAMENTARE PER SFUGGIRE AI GIUDICI, FILLON RISCHIA IL PROCESSO… SONDAGGI: MACRON AL 22,5% INCALZA LA LE PEN E STACCA DI 2 PUNTI FILLON
Nella corsa all’Eliseo i protagonisti sono ormai i giudici.
Quelli che fino ad oggi sono stati i principali candidati, Marine Le Pen e Francois Fillon, sono in piena bufera giudiziaria, su di loro pesano inchieste compromettenti. La Le Pen ha deciso di sfidare le toghe, non rispondendo alla convocazione per un interrogatorio.
È Emmanuel Macron con il suo “En Marche” – da ieri ufficialmente alleato con il centrista Francois Bayrou – ad uscire indenne da questa inattesa tempesta che si abbatte sulla campagna delle presidenziali: secondo un ultimo sondaggio, rimonta di tre punti e tocca quota 22,5%, di quattro misure dietro la Le Pen (26,5%).
Sarebbero loro – al momento – i duellanti al ballottaggio, ma Fillon non cede e resta al 20,5%
“Verrò soltanto dopo la fine delle elezioni politiche”, ha risposto la Le Pen ai giudici che l’hanno convocata mercoledì, avvalendosi dell’immunità parlamentare e non andando all’interrogatorio insieme con la sua guardia del corpo Thierry Legier e la sua capo di gabinetto ed ex cognata, Catherine Griset.
La presidente del Front National è in realtà entrata in un terreno di sfida. Perchè, secondo la prassi, essere interrogati senza essere neppure indagati non farebbe parte – secondo alcune interpretazioni – della sfera dell’immunità . Per questo – in una lettera inviata ai magistrati – la Le Pen invoca una certa “tregua elettorale”. Che però non ha fondamenti giuridici.
Per il primo ministro, Bernard Cazeneuve, “Marine Le Pen non può mettersi al di sopra delle leggi”.
Per Nathalie Kosciusko-Morizet, dei Republicains, la Le Pen “porrebbe un problema sostanziale se venisse eletta dopo non aver risposto alla convocazione dei magistrati”.
Su Fillon, la bufera cominciata un mese fa non accenna a schiarite, anzi. L’inchiesta preliminare, portata avanti dalla polizia, non si è fermata.
Al contrario, è sfociata nell’apertura di un’indagine giudiziaria a carico dell’ex premier e ora candidato della destra Republicains e di sua moglie Penelope, per i presunti impieghi fittizi come assistente parlamentare.
L’inchiesta passa ora nelle mani di un giudice istruttore che – nella maggior parte dei casi – finisce per mettere sotto inchiesta i sospettati e decidere poi – dopo l’istruttoria – di archiviare o di rinviare a giudizio. Fillon – che nella sua prima reazione aveva detto di voler rinunciare alla candidatura se indagato – si è poi corretto annunciando di voler “andare fino in fondo” anche se sotto inchiesta.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
PER GLI ALTRI DUE MILITARI, L’IMPUTAZIONE DI CALUNNIA E FALSO NON PREVEDE LA SOSPENSIONE
Sono stati sospesi dal servizio i tre dei cinque carabinieri accusati della morte di Stefano Cucchi e per i quali la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio preterintenzionale.
Altri due militari dell’Arma sono imputati di calunnia e falso, reati che però non prevedono, in questa fase, la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio.
I tre militari sospesi, con stipendio dimezzato, sono i carabinieri scelti Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro e il vicebrigadiere Francesco Tedesco: la sospensione è stata disposta a titolo precauzionale, dopo la richiesta di rinvio a giudizio, dal Comando generale dell’Arma per i primi due, mentre per il graduato è stata decisa dal Ministero della Difesa, sempre su richiesta del Comando generale.
“Apprendo la notizia che le tre persone coinvolte direttamente nel ‘violentissimo pestaggio’ (come definito dalla Procura di Roma) di Stefano Cucchi sono state sospese dall’Arma dei Carabinieri. Credo che questo sia giusto e sacrosanto proprio a difesa e a tutela del prestigio dell’Istituzione. Ora non potranno più nascondersi dietro una divisa che non meritano di indossare”.
Lo scrive, su Facebook, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano.
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
LA LEADER DEL FN ACCUSATA DI AVER USATO 340.000 EURO DI FONDI PUBBLICI PER IMPIEGHI FITTIZI A SUOI COLLABORATORI RIFIUTA LA CONVOCAZIONE DEI MAGISTRATI FRANCESI… FATELA ANDARE A PRENDERE DALLA GENDARMERIE, COSI’ CAPISCE COSA VUOL DIRE IL SENSO DELLO STATO
Marine Le Pen sfida i giudici, da lei accusati due giorni fa di “complotto” ai suoi danni. Convocata per un interrogatorio previsto per mercoledì scorso nel quadro dell’inchiesta sugli incarichi fittizi dei suoi assistenti parlamentari a Strasburgo, la presidente del Front National, candidata alle presidenziali, ha risposto con una lettera di rifiuto.
Nella lettera, secondo Le Monde, Marine Le Pen ha dichiarato che non si recherà ad alcuna convocazione di polizia o giudici fino alla conclusione delle elezioni politiche dell’11 e 18 giugno.
Le monde scrive che Le Pen era convocata nello stesso giorno in cui i magistrati dovevano ascoltare il suo capo di gabinetto e storica collaboratrice Catherine Griset, che in seguito è stata formalmente accusata di abuso d’ufficio nell’inchiesta che accusa Il Front National, il partito di Le Pen, di aver frodato al Parlamento Europeo circa 340mila euro tramite impieghi fittizi.
Somma che Strasburgo reclama da Marine Le Pen, che è parlamentare europea, perchè considera ingiustamente versati a un altro suo collaboratore, Theirry Legier, nel 2011, e a Griset, dal 2010 al 2016, per dei lavori da assistenti parlamentari che non sarebbero mai stati fatti e per i quali sono stati pagati con fondi pubblici europei.
Intanto, contro Le Pen arriva un duro attacco del connazionale Pierre Moscovici. Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, in un intervento su Le Monde, ha scritto che la leader del Fn “propone semplicemente di uccidere l’Europa invece di curarla. Io definisco questo un crimine politico!”.
Secondo Moscovici “il rimedio che propone è peggiore del male: è l’eutanasia dell’Europa. Le Pen è infatti l’unica dei contendenti per la presidenza a favore della fine dell’euro e dell’appartenenza all’Ue come obiettivi politici. Questo è sia un errore enorme di analisi storica ed economica sia una impostura politica senza precedenti, che finirebbe per ritorcersi contro la stessa Francia”.
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
DA UN LATO QUELLI CHE “LA RAGGI SI E’ AMMALATA PER EVITARE DI INCONTRARE LA ROMA”… DALL’ALTRO QUELLI CHE “E’ TUTTA COLPA DEI GIORNALISTI”
Questa mattina la sindaca di Roma Virginia Raggi è stata ricoverata all’ospedale San Filippo Neri per alcuni accertamenti dopo essere stata colta da un malore.
L’ex marito della Raggi, Andrea Severini, è con lei in ospedale che ha fatto sapere a mezzo Facebook che la situazione non è grave e che la sindaca sta bene: «Scrivo qui per le persone che mi chiedono di Virginia. Sta bene, sta facendo accertamenti ma sta bene. Grazie a tutti per il vostro affetto».​
ll Direttore del Pronto Soccorso San Filippo Neri ASL Roma 1 Massimo Magnanti ha fatto sapere che la sindaca Virginia Raggi “è giunta stamattina alle ore 8 e 54” al pronto soccorso dell’Ospedale San Filippo Neri della ASL Roma 1 “per la comparsa di un malore improvviso” in seguito al quale “sono stati eseguiti gli accertamenti clinici e diagnostici necessari e non sono state riscontrate alterazioni significative”.
Le condizioni cliniche della Raggi — continua Magnanti — appaiono in netto miglioramento e nelle prossime ore dopo una regolare osservazione se ne valuterà la dimissibilità .
Il problema è che oggi alle ore 16 è previsto l’incontro tra Campidoglio e i proponenti sulla vicenda dello Stadio della Roma, dossier che la sindaca sta seguendo in prima persona.
Per questo motivo qualcuno ha pensato che dietro il malore della sindaca si celi la più classica delle scuse usate dagli studenti delle scuole di ogni ordine e grado: l’indisposizione.
Non avendo ragione di dubitare delle condizioni di salute della Raggi, che d’altronde se non avesse nulla non sarebbe ancora ricoverata al San Filippo Neri, questa sembra una fantasiosa ipotesi di complotto.
La questione dello Stadio della Roma a Tor di Valle sarà senz’altro affrontata dalla sindaca non appena sarà dimessa e non c’è motivo di pensare che la Raggi abbia voluto utilizzare la scusa del malore per evitare un incontro che in ogni caso nella peggiore delle ipotesi verrà rimandato ai prossimi giorni e non annullato per sempre. Del resto è innegabile che queste ultime settimane siano state molto stressanti per la Raggi e quindi l’eventualità che abbia avuto un crollo è umanamente comprensibile. L’ex marito della Raggi ha detto che a breve la sindaca sarà dimessa e ha risposto “penso di sì” alla domanda sulla presenza della sindaca all’incontro tra il Comune e l’As Roma sullo stadio di Tor di Valle.
Non sapendo se si tratta di pessima ironia o di vere ipotesi di complotto non ci resta che far notare come argomentazioni su malori “provvidenziali” siano state usate nel recente passato anche da autorevoli giornalisti.
E proprio i giornalisti sono indicati — questa volta da alcuni sostenitori a Cinque Stelle — come i principali responsabili del malore della Raggi. È colpa dei giornalisti e della fortissima pressione mediatica esercitata sulla sindaca se la Raggi oggi è dovuta ricorrere alle cure dei medici.
I giornalisti sono responsabili del rallentamento dei lavori di cambiamento di Roma Capitale e saranno colpevoli anche di un eventuale ritorno della Ka$ta al Campidoglio se la Raggi fosse costretta a gettare la spugna.
Le aggressioni della stampa che si è accanita contro Virginia Raggi sono quindi le dirette responsabili del ricovero della sindaca.
Perchè quando lo fanno i Cinque Stelle si chiama “operazione fiato sul collo” quando invece lo fanno i giornalisti sono aggressioni mediatiche.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 24th, 2017 Riccardo Fucile
GLI ATTIVISTI CONTESTANO LA LINEA: ASSEMBLEA IL 4 MARZO
Hanno già un nome e una piattaforma: si chiama «Roma partecipata». Sottotitolo: Democrazia diretta, cittadini attivi e tavoli di lavoro.
Hanno anche un simbolo, il solito Colosseo e, sotto, cinque piccole stelle a ricordare la propria origine, perchè per il resto su sito e social non c’è traccia del logo M5S. «Casaleggio parla di Rousseau e dice che permetterà ai cittadini di entrare nelle istituzioni, qui invece stiamo perdendo il contatto con la gente diventando un partito virtuale».
A parlare è una sola persona ma lo fa a nome dell’intero comitato promotore, e chiede che vengano citate come dichiarazioni di un collettivo.
E allora ecco i nomi: Claudio Lauretti, Ernesto Cimbalo, Gianluca Magalotti, Francesco Sanvitto e Giuseppe Morano.
Sono loro a coordinare i tavoli di lavoro del M5S che si ritroveranno in assemblea il 4 marzo all’Hotel Cicerone: «Sin dal nome, Roma partecipata, evoca uno dei principi fondamentali del M5S, la partecipazione dei cittadini all’amministrazione della città , quello che ci avevano promesso e che non si sta realizzando».
Dai tavoli di Urbanistica, Bilancio, Scuola e altri è nato il «90%» del programma di Virginia Raggi, ma «la sindaca non lo sta rispettando». I tavoli sono organi che pulsano nelle viscere del M5S, sono lo strumento della militanza più attiva e adesso si sentono abbandonati dai loro portavoce.
Nei termini in voga in questi giorni si potrebbe anche chiamare scissione.
Se non lo è nella forma lo è certamente nel metodo e nello spirito. E si ripropone uguale ad altre.
Con un’unica differenza: qui siamo a Roma, nell’epicentro del M5S, nel luogo in cui tutto sta accadendo, dove le luci dei riflettori bruciano per intensità e la rabbia della base echeggia nel megafono nazionale.
Sono voci che non vogliono tacere e che ora apprendono con amarezza che Beppe Grillo ha sancito «la fine dei meet-up» e «dell’uno vale uno» come ha detto a consiglieri comunali e presidenti di municipio sbigottiti: «Vuol dire che è finito il M5S per come lo conoscevamo».
In altri tempi queste eresie sarebbero costate espulsioni di massa. Ma ora il Movimento, che di ricorsi per le epurazioni ne ha già abbastanza, veleggia verso logiche governative.
Sullo sfondo della rivolta romana c’è il caso stadio, una miccia che rischia di divampare in incendio. Sanvitto, uno dei coordinatori dei tavoli, ha già guidato una truppa di ribelli a manifestare sotto il Comune, snobbato da Raggi ma non da altri consiglieri comunali.
Il M5S è spaccato in due. I favorevoli sono sempre meno. Beppe Grillo è rimasto a Roma più del solito e ieri ha lasciato la sua stanza all’hotel Forum solo dopo aver ricevuto ragguagli da Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, i due deputati inviati come commissari in Campidoglio.
Grillo se n’è andato alla vigilia dell’incontro cruciale di oggi tra giunta, As Roma e i costruttori Parnasi. Il leader ha cercato di mediare, convinto però da periti consultati personalmente che la zona a Tor Di Valle sarebbe ad alto rischio idrogeologico, un pericolo che secondo i proponenti sarebbe già scongiurato dalle soluzioni proposte nel piano.
E allora si continua a trattare, soprattutto sulle cubature, con le diplomazie all’opera per tutto il giorno, in attesa del parere dell’Avvocatura comunale.
Nella serata di ieri circolavano voci di una anticipazione informale secondo la quale il Comune sarebbe tutelato dalle penali milionarie.
Un esito che darebbe più forza alle ragioni dei 5 Stelle, meno alla Roma. I tifosi giallorossi ieri all’Olimpico hanno fischiato la sindaca e Grillo, mentre l’allenatore Luciano Spalletti è tornato all’attacco: «Mi chiedo chi ha interesse che lo stadio non si faccia. Come si fa a non trovare un accordo che porta lavoro e sviluppo? Il nostro presidente James Pallotta è americano, è venuto qui a fare investimenti. Se andrà via, ci renderemo conto di cosa abbiamo perso».
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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