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LA MELONI INCIAMPA SU GOFFREDO MAMELI: LA NOMENKLATURA LOCALE LE FA DEPORRE LA CORONA D’ALLORO NEL POSTO SBAGLIATO

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

INVECE CHE NEL LUOGO DOVE L’AUTORE DI FRATELLI D’ITALIA E’ NATO, LA PORTANO IN QUELLO DOVE E’ VISSUTO PER QUALCHE TEMPO… E LEI ABBOCCA: “QUELLA DOVE E’ NATO E’ OCCUPATA DAI CENTRI SOCIALI, UNA COSA FOLLE”… MA NON E’ VERO, PERSINO LA POLIZIA SMENTISCE

La vicenda che andiamo a raccontare brevemente ha dei risvolti grotteschi per non dire umoristici, perfettamente in linea con i personaggi interpreti della piece teatrale.
Giorgia Meloni fa visita a Genova, anche per discutere con Toti su chi designare come candidato del centrodestra alle prossime comunali.
La nomeklatura locale composta principalmente da ex di qualcosa (da An a Forza Italia, passando per La Destra) che già  sentono profumo di poltrone con un partito quotato intorno al 4-5% a livello nazionale, mette a punto il programma della visita.
E una brevissima passeggiata da Piazza De Ferrari a Piazza San Lorenzo (100 metri) permette alla processione votiva di mettersi in posa uso foto-ricordo per la stampa locale.
La meta è largo Sanguineti dove si conclude il rito, attraverso la colocazione di una corona in ricordo di Goffredo Mameli, autore dell’inno nazionale Fratelli d’Italia.
E qui cominciano i problemi: solitamente si omaggia la casa natale del celebrando, nello specifico Goffredo non è nato nel luogo dove è stata condotta la Meloni, ma in via San Bernardo al civico 30 (vedi foto).
Solo successivamente la famiglia si trasferì per un periodo in quella che allora si chiamava piazza san Genesio, corrispondente all’attuale largo Sanguineti.
Peraltro la Meloni era informata perchè ai giornalisti ha dichiarato: «Oggi siamo stati sotto la casa nella quale visse Goffredo Mameli perchè mi dicono che quella nella quale nacque è occupata dai centri sociali, una cosa francamente folle».
E qui siamo alle comiche finali, perchè nessun centro sociale occupa i locali di via San Bernardo 30 e la segretaria di Fdi viene pure smentita dalla Questura.
In altre parole, nessuno le avrebbe impedito di deporre la corona nel luogo più consono, ovvero la vera casa natale di Goffredo Mameli.
Quale il motivo del depistaggio da parte della nomeklatura locale?
Forse via San Bernardo, essendo più stretta, non avrebbe permesso a tutti i dirigenti di rimanere immortalati nella foto ricordo?
L’Italia s’è desta, ma tanti fratelli sono ancora in sonno.

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CENTRODESTRA, VECCHIO COPIONE, LE REGIONALI IN LOMBARDIA IL COLLANTE: “L’ OPERAZIONE LEPENISTA E’ FALLITA”

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

SALVINI CAMBIA IDEA SULL’EUROPA, SULLE PRIMARIE, SUI VOUCHER ALTRIMENTI MARONI LO FA FUORI: “DIAMO UN’ULTIMA CHANCE ALL’EUROPA”… IN TANTE SEZIONI DEL NORD SALVINI NON PUO’ METTERE PIEDE

Il centrodestra c’è, ed è uno e trino: “federazione”, “coalizione”, “listone unico”. Detta così, sembra politicismo puro. Dietro le formule, però, si nasconde una trama reale, dopo settimane di gelo, in cui era data per scontata una rottura tra Berlusconi e Salvini, col primo proiettato nel ruolo di stampella (proporzionale) al Pd e il secondo avviato a una battaglia di testimonianza sovranista.
Il motivo, che costringe al dialogo, si chiama Lombardia, dove si voterà  il prossimo anno, presumibilmente l’anno delle politiche: “Se non riconferma Maroni — dice un colonnello leghista — Salvini lo vanno a prendere a casa, e per confermare Maroni serve l’alleanza con Forza Italia”.
Un elemento non irrilevante perchè — evidentemente — è complicato andare uniti in Lombardia e attaccarsi sul piano nazionale.
Il clima, dunque, è cambiato ora che sembra definitivamente accantonata l’ipotesi di elezioni anticipate e l’orologio della politica nazionale è sintonizzato sul 2018.
La pressione a tenere un rapporto col Cavaliere arriva innanzitutto dai suoi. Più che da Bossi, il cui controllo di aree del partito è residuale, da Maroni e dal grosso degli amministratori del Nord, gente pratica che vuole governo e territorio più che chiacchiere lepeniste.
Si spiega così il cambio complessivo dei toni degli ultimi giorni. Dal “non parlo con Sb da mesi” agli abboccamenti per un incontro.
Scomparse, nel senso che non si faranno, le primarie che Salvini aveva annunciato per una domenica di aprile, con la scusa che non c’è la legge elettorale (che non c’era neanche quando le ha convocate).
Cambiati i toni anche sull’euro e sull’Europa: dal no euro, al “voglio dare un’ultima chance all’Europa”.
Cambiati anche sul lavoro, dove Salvini ha dismesso la felpa alla Landini per attestarsi sul no al referendum sui voucher (prima che il governo ci mettesse mano) per non scontentare la constituency elettorale dei padroncini del nord.
Ecco. In attesa che, dopo le primarie del Pd, si apra il grande ballo sulla legge elettorale da cui si capiranno confini e prospettive dei poli, la notizia è che ciò che è stato dato per morto (il centrodestra), morto non è.
Ciò detto, è un magma informe. Uno e trino. I più spinti sull’idea di un “listone unico” sono il governatore della Liguria Giovanni Toti mentre in casa leghista l’ideologo è Giancarlo Giorgetti.
Sono gli “acceleratori”, il listone “con chi ci sta”, rompendo con Berlusconi prendendosi un pezzo di Forza Italia, prospettiva su cui convergerebbe anche Giorgia Meloni se ci stessero tutti.
Il loro ragionamento è: “Acceleriamo che il quadro è chiaro. Berlusconi non farà  che se stesso, ha in testa il solito schema. O questa generazione si intesta un ricambio politico e generazionale, oppure in politica il vuoto non esiste, arriva l’Urbano Cairo o il Paolo Deldebbio di turno e ci colonizza come un novello Berlusconi”.
Uno schema, questo, che Salvini vedeva bene fino a poco tempo fa, ma su cui ora ha frenato, per paura della fronda lombarda.
E della rivolta della base: “La verità  — prosegue la fonte — è che Salvini non può mettere piede in parecchie sezioni, dove i nostri gli rimproverano l’abbandono dei temi del Nord, le tasse, quelli tradizionali per andare a cercare voti che non arrivano al Sud. L’operazione lepenista è sostanzialmente fallita”.
Una frenata, con la proposta della “federazione” arrivata in diretta tv e che sostanzialmente non crea sconquassi al Nord. E va bene al partito dei governatori, intesi come Maroni e Zaia. Il quale, vera risorsa della Lega e da molti considerato un leader naturale, non ha alcuna intenzione di esporsi e lavora sul 2023, perchè pensa che il 2018 sia l’ultima tappa di un ciclo e l’inizio di qualcosa.
Ultima tappa che, per Berlusconi, ha la stessa forma della prima, ventitrè anni fa: la “coalizione”, con Salvini al posto di Bossi, la Meloni al posto di Fini e se stesso, con 80 primavere sulle spalle, al posto che aveva quando ne aveva 58.
Come allora ha ricominciato a seguire tutto personalmente: seleziona candidati, commissiona sondaggi, ha finanche ripreso a cantare con Apicella e a raccontare barzellette, segno che l’umore è davvero buono.
Prima ancora di Strasburgo, della eventuale riabilitazione a cui nemmeno i suoi avvocati credono, sente che le debolezze altrui (Renzi) abbiano riaperto la partita. E sente che l’occasione sia irripetibile, in quest’epoca di “pericolo populista”, in cui si è compiuto il miracolo — fino a pochi anni fa nessuno ci avrebbe creduto — che proprio il Cavaliere, populista novecentesco, può contare sulla benevola attenzione dell’establishment che lo vede, se non come una riserva della Repubblica, come un “populista buono” da contrapporre ai barbari veri.
Assisteremo, nelle prossime settimane, a un gioco tattico fatto anche di polemiche tra i due leader e di attacchi, in attesa di trovare un assetto, ma l’aria è cambiata radicalmente e i due sembrano condannati a trovare un accordo che — tolta di mezzo l’opzione “listone unico” — sembra più vicino.
E la palude proporzionale potrebbe risolvere il problema a tutti: ognuno corre per conto suo.
“Se poi non vince — dice un azzurro di rango — Berlusconi fa sempre a in tempo ad aprire alle larghe intese, ma solo come ipotesi B. Si gioca per vincere”.

(da “Huffingtonpost”)

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ORDINE DI ARRESTO PER TULLIANI, IL GIP: “FINI NON POTEVA NON SAPERE”

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

E L’EX SEGRETARIO DI AN QUERELA PER CALUNNIA LABOCCETTA CHE HA DICHIARATO DI AVERLO FATTO INCONTRARE CON IL RE DELLE SLOT

Ordinanza di custodia cautelare in carcere per Giancarlo Tulliani.
Al cognato dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini viene contestato il reato di riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti (ritenuti illeciti) della famiglia, con il “re delle slot” Francesco Corallo.
Il provvedimento, firmato dal gip Simonetta D’Alessandro e sollecitato dal pm Barbara Sargenti e dall’aggiunto Michele Prestipino, non è stato eseguito perchè Tulliani è residente da tempo a Dubai.
Per la magistratura italiana Giancarlo Tulliani è dunque irreperibile e, come scrive il gip D’Alessandro, da alcune intercettazioni telefoniche sarebbe emerso il suo auspicio di non tornare in Italia “per evitare guai giudiziari”. Volontà  di Tulliani di restare all’estero evidenziata anche dalle relazioni avviate negli Emirati Arabi.
Anche Fini è indagato per lo stesso reato e la sua posizione, si evince dall”ordinanza di arresto per Tulliani, si complica sulla base di nuove dichiarazioni rese da Amedeo Laboccetta, ex parlamentare che ai magistrati disse di aver fatto conoscere Fini e Corallo.
Con una nota, Fini fa sapere di aver dato mandato ai suoi legali di querelare Laboccetta per calunnia, dopo aver chiesto nei giorni scorsi “di essere interrogato dai magistrati”.
Il gip motiva la richiesta di arresto per Giancarlo Tulliani con la “strategia criminale reiterata” da Tulliani e favorita da contatti politici e dall’abilità  a muoversi a livello internazionale.
Tulliani, scrive il gip, tra il 2008 e il 2015 si è reso responsabile di “numerosi episodi di riciclaggio” che hanno coinvolto anche la sorella Elisabetta e lo stesso Fini, reati che “potrebbe reiterare”. Emblematico, per il magistrato, il tentativo fallito dell’indagato di trasferire 520 mila euro da un suo conto in Mps a un altro aperto presso gli Emirati Arabi.
L’ordine di arresto di Giancarlo Tulliani nasce da un approfondimento investigativo dell’indagine che aveva condotto il 13 dicembre scorso, all’arresto di Francesco Corallo, Rudolf Theodoor Anna Baetsen, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani e Amedeo Labocetta, ritenuti capi e membri di un’associazione a delinquere a carattere transnazionale, che riciclava tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco e Santa Lucia i proventi del mancato pagamento delle imposte sul gioco online e sulle video-lottery (Vlt), compiendo così reati di peculato, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Il profitto illecito una volta depurato, secondo chi indaga, sarebbe stato impiegato da Francesco Corallo in attività  economiche e finanziarie, in acquisizioni immobiliari e destinato anche ai membri della famiglia Tulliani.
Fini non poteva non sapere.
Lo fanno capire la Procura di Roma e il gip Simonetta D’Alessandro quando considerano “singolare che in un partito come An, dall’accentuata connotazione gerarchica, il Segretario (Fini, ndr) ignorasse l’esistenza della vicende di un gruppo industriale che si preparava all’accesso a livello nazionale e all’esito di una gara bandita anni prima (e vinta da Corallo, ndr) da un governo di cui Fini stesso era parte, per il lucrosissimo settore del gioco legale”.
A confermare i dubbi degli investigatori è stato ancora una volta l’ex parlamentare Amedeo Laboccetta che pochi giorni fa, correggendo buona parte delle dichiarazioni rese lo scorso dicembre durante un interrogatorio di garanzia, ha retrodatato al 2002 (anno in cui fu approvata la legge 289 in materia di giochi) la preparazione della società  di gioco legale ad opera di avvocati “intranei” ad Alleanza Nazionale e a uomini vicinissimi a Fini.
I rapporti tra Corallo e Giancarlo Tulliani, con la sua famiglia, sarebbero sorti solo successivamente, quando l’imprenditore – secondo la ricostruzione degli inquirenti – costituì delle società  off shore per loro per la realizzazione di una serie di significativi affari immobiliari, nella speranza che il rapporto con Fini gli tornasse sempre utile soprattutto per superare una serie di difficoltà  con strutture istituzionali maturate dopo l’esito della gara.
E per diversi anni, a partire dal 2007-2008, i Tulliani, a parere di chi indaga, diventano di fatto centrali ai fini della ricezione di ingentissime somme di denaro e varie utilità  provenienti da Corallo.
La vendita della famigerata casa di Montecarlo è solo uno degli episodi che dimostrano come Corallo si sia attivato senza risparmio di risorse per diventare di fatto un socio dei Tulliani.
E quando Corallo dopo qualche anno esce di scena, ecco che i Tulliani hanno in mano tanti di quei soldi da poter svolgere operazioni che lasciano tracce evidenti, come bonifici o vendita di appartamenti e relativa ripartizione dei proventi.
Il parere della Procura e del gip è che “questa vicenda nel suo complesso” contempla una serie di gravi reati che avrebbero segnato “un’intera fase politica, toccando in profondità  l’ordinamento economico dello Stato”.
La riprova “sta nella natura della posta in gioco, delle qualifiche soggettive e dei ruoli istituzionali dei soggetti coinvolti”. In primis proprio Fini, dapprima nella veste di vicepresidente del Consiglio dei ministri e poi presidente della Camera dei Deputati. C’è poi Amedeo Laboccetta, già  parlamentare e poi componente della Commissione Antimafia e della Commissione Finanze.
Infine Corallo, assistente parlamentare di Laboccetta e successivamente “re dello slot”. Titolare di imprese che hanno operato in regime concessorio all’interno dello Stato, “qualificabili in realtà , secondo gli accertamenti investigativi, come strutture di sistematica violazione degli obblighi fiscali, con gravissime interferenze su un Ufficio di controllo strategico quale era quello dei Monopoli di Stato”.

(da “La Repubblica”)

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IL M5S PERDE ANCHE IL CAPOGRUPPO A SARZANA: “SOLO NEI REGIMI TOTALITARI ACCADE CHE SI ANNULLINO ELEZIONI DEMOCRATICHE PERCHE’ NON HA VINTO L’UNTO DEL SIGNORE”

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

L’ATTO DI ACCUSA DI VALTER CHIAPPINI: “IL SOGNO SI E’ TRAMUTATO IN INCUBO”

Il Movimento 5 Stelle a Sarzana si sgretola e perde il capogruppo Valter Chiappini. Rimasto l’unico grillino attivo in consiglio comunale con 95 accessi agli atti, 40 ordini del giorno, 255 interrogazioni (surclassati totalmente tutti gli altri consiglieri), 600 apparizioni sulla stampa e tre esposti (due alla Corte dei Conti e uno alla Procura), perchè l’ex candidato sindaco Johnny Giannini da due anni vive a Londra e lo scorso mese di dicembre la procedura per la sua decadenza scattata automaticamente dopo la settima assenza non giustificata consecutiva è stata cancellata clamorosamente dalla maggioranza.
Chiappini abbandona dopo una burrascosa riunione degli attivisti di venerdì sera scorso e lo fa con una lettera aperta che pubblichiamo integralmente.
Ecco la lettera:
«Esco da un sogno trasformato in incubo. – scrive Chiappini – Non è facile per me, che faccio della parola data e degli impegni presi inderogabili vincoli di vita, trovare le parole del perchè mi autosospendo dal Movimento 5 stelle. Vorrei poter spiegare e parlare faccia a faccia con tutti i 172 che hanno scritto il mio nome sulla scheda elettorale nel 2013 e con tutti i 1400 che hanno votato a quella tornata elettorale per il Movimento a Sarzana. Non essendo possibile spero che siano in tanti quelli che leggeranno questa nota».
«Ho tenuto con le unghie, camuffando il pesante malessere che derivava dal cercare di negare a me stesso, e a chi ha creduto ed ancora crede, quanto sia cambiato il Movimento rispetto a quanto prometteva quando ho accettato la candidatura. I principi portati avanti per una vita, trovati in quelli professati dal Movimento fino dal 2007, quando sui tavoli del giardino del Barontini facevamo riunioni in “4 gatti”, sono oggi, dentro al Movimento, un cumulo di macerie, demoliti da questa pazzesca deriva che lo sta ammorbando», continua.
«Ho tenuto con le unghie, cercando di contrastarla, facendo finta che non esistesse nonostante le “liste di proscrizione” dell’ex candidato sindaco Giannini, “unto dal signore” già  nel 2013, perchè nelle grazie delle “sentinelle” allora presenti sul territorio. – scrive ancora Chiappini – Ho tenuto con le unghie nonostante gli “inviti” a dimettermi da parte delle “sentinelle”, che presidiano il territorio e che escono ad ogni tornata elettorale per demolire costruende liste non gradite o attaccare consiglieri democraticamente eletti ma sgraditi. Nonostante da queste arrivassero insulti e sottili minacce tanto da far tornare alla mente i “Bravi” dei promessi sposi, se ci illudiamo ancora di avere a che fare con servi in qualche modo prezzolati, o qualcosa di peggio come io penso che sia».
«Ho tenuto con le unghie quando è stata demolita la volontà  della base, incredibilmente per una volta unita dopo altri tentativi fatti fallire, che votò, quasi all’unanimità  con 70 voti favorevoli e 4 astenuti su 74 aventi diritto, un unico candidato Sindaco a La Spezia che faceva veramente paura al sistema, ma che è stato bocciato, con un post senza firma in calce ad un articolo sul blog del Movimento, per un peccato originale di 25 anni prima. – continua le lettera di Chiappini – Avevo chiesto, ferito e demoralizzato da questo fatto, ai gruppi del territorio, che mi convincessero a continuare. E l’hanno fatto e li ringrazio ancora ora per l’enorme stima dimostratami, ma quell’incontro, registrato dalle “sentinelle” è finito, montato ad arte, nel dossier della mia proscrizione assieme ad un altro consigliere locale proscritto».
«Ho tenuto con le unghie pur condividendo con disperazione le difficoltà  dell’amico Consigliere regionale Francesco Battistini, reo di “lesa maestà ” nei confronti della capobastone regionale e deferito ai probiviri, nominati senza consultazioni, con l’imputazione, alla fine, di “libertà  di pensiero” esternata ad un giornalista ed appeso ad un capestro la cui botola sarebbe stata sicuramente aperta dopo le amministrative di Genova per non “compromettere” la campagna elettorale.
Il tutto sottacendo che, da tempo, le stesse “sentinelle” che presidiano il territorio montavano ad arte dossier su di lui e su di me, accusandomi di “complicità  per avere organizzato riunioni segrete e sediziose per mettere insieme cordate al fine di manipolare il voto a favore di Battistini”, quando neppure sapevamo chi votava Movimento», continua Chiappini.
«Ho tenuto con le unghie nonostante palesi dimostrazioni che uno non valeva uno, che la base non contava, che le scelte le faceva qualcuno senza discussione, giustificate con votazioni farlocche che proponevano scelte obbligate: dalla votazione on line sull’ipotesi di aggregazione col gruppo europeo di ALDE, all’ultima per confermare il “prescelto” dalla capobastone a Genova sconfitto nell’elezione del candidato Sindaco. – spiega –
Ma non riesco a passare sopra l’ultima e chiara dimostrazione di come il Movimento non sia più ciò che mi aveva fatto sognare.
Non riesco a passare sopra quello che succede solo nei paesi con regimi totalitari: l’annullamento di democratiche elezioni, pur a condizioni già  capestro, perchè la vincitrice, a sorpresa, ha battuto il “prescelto unto dal Signore”.
A tutto c’è un limite.
Ed il limite è stato passato quando Venerdì sera, ad una riunione del gruppo sarzanese si è presentata “a sorpresa” la capobastone regionale, con tanto delle succitate “sentinelle”, col solo intento di provocare e filmare col cellulare le reazioni, ed oggi mi ritrovo pure sotto accusa dopo quella serata infausta».
«So bene, quindi, che il sottoscritto non sarà  mai certificato alle prossime amministrative sarzanesi, reo di essere inviso dalle “Sentinelle” del territorio e dai capibastone e “condannato” per avere solidarizzato col reietto Francesco Battistini, (come lui fu solidale con chi, a Genova, portò per anni alto il nome del Movimento lavorando per esso, per il territorio ed i suoi cittadini, ma colpevole di non chinare la testa di fronte alla deriva totalitaria che stava avanzando) ed oggi accusato anche di avere programmato la “rissa” all’incontro di venerdì sera quando tutto dimostra il contrario: qualcuno ha voluto portare la storia ad un punto di rottura».
«Oggi il mio sogno di aver trovato nel Movimento la casa dei miei principi: onestà  morale ed intellettuale (prima che pratica), trasparenza, partecipazione, potere al popolo, si è trasformato in un incubo da cui voglio uscire nel rispetto della parola data ai miei concittadini.
Mi autosospendo, quindi, dal Movimento 5 stelle, ma continuerò ad onorare l’impegno in consiglio comunale fondando il gruppo “Sarzana in Movimento” con lo stesso programma e gli stessi principi che, sulla carta, sono quelli fondanti e che io non ho mai cambiato.
Nei confronti dei miei amici, del gruppo, che mi ha supportato e dato la forza di tenere duro in questi anni di sacrifico ed impegno, e dei miei concittadini che hanno i miei stessi principi, non cambia nulla: io ci sono e mi aspetto che anche loro ci siano. Indipendentemente dalla casacca che vorranno indossare, perchè non è la giacca che fa l’uomo, ma quello che ha dentro», conclude Chiappini.

(da “il Secolo XIX”)

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LE LEGGI GRILLINE CHE CONTINUANO A FAR RIDERE L’ITALIA

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

ROUSSEAU E LE LEGGI INUTILI: LAVORO A KM ZERO, POMPE FUNEBRI DI STATO, DOPPIA ORA LEGALE

Continua la saga delle Lex Iscritti inventate dagli attivisti del M5S e pubblicate sul “sistema operativo” del MoVimento 5 Stelle.
E’ lo strumento messo a disposizione del popolo a 5 Stelle per proporre fantasiosi disegni di legge che poi nessuno dei portavoce eletti in Parlamento prenderà  seriamente in considerazione.
Su Rousseau però gli attivisti del partito di Grillo continuano a sfornare proposte di legge a getto continuo, perchè se è vero che uno vale uno (mica tanto vero però) allora anche le leggi possono essere fai da te e non è necessaria una particolare competenza. Se non fossero a 5 Stelle queste proposte di legge sarebbero delle bellissime battute per uno spettacolo di Grillo.
Mentre gli utenti continuano a credere di aver qualche potere in seno al MoVimento e a votare le migliori proposte di legge su Lex Iscritti siamo giunti già  alla settima tornata di leggi e leggine con le quali i 5 Stelle continuano a tentare di mettere in ordine il nostro Paese.
Anche questa volta le sorprese non mancano e visto che fra una settimana scatterà  l’ora legale cosa c’è di meglio per cominciare con la proposta avanzata da un docente di corsi scolastici sul risparmio energetico che propone di istituire la seconda ora legale per un risparmio energetico a costo zero?
L’idea è quella di introdurre una seconda ora legale (ma chiamiamola pure ora dell’onestà ) a partire dalla seconda domenica di maggio e fino alla prima domenica di agosto in modo da sfruttare maggiormente l’energia solare.
Il bello di questa proposta — che a quanto risulta porterebbe di due ore avanti le lancette dell’orologio — è che poi si tornerebbe all’ora legale per un paio di mesi e poi di nuovo all’ora solare e sarebbe un po’ come vivere nel futuro (almeno per qualche ora).
È ora la volta della “Legge La Maturità ” ovvero la legge che vuole agevolare i giovani alla maturazione economico-sociale.
Questa a dirla tutta ci voleva proprio, quante volte ci siamo lamentati che la scuola italiana non prepara adeguatamente alla vita e al mondo del lavoro? Quante volte abbiamo scritto che l’alternanza-scuola lavoro non funziona poi così bene se si riduce ad impiegare gli studenti per fare fotocopie e preparare il caffè alla macchinetta?
Ecco trovata la soluzione: un nuovo servizio di leva, ma senza armi:
Al termine del percorso scolastico delle scuole superiori viene richiesta la partecipazione alla vita sociale nel Comune di residenza di 12 mesi;scegliendo di prestare il servizio sociale presso una delle attività  nella quale il Comune è responsabile a garantire il servizio alla comunità ;nettezza urbana,vigile urbano.cimitero.ospedale.protezione civile,centri sociali.attività  pro-loco.uffici comunali dedicati al cittadino….. Sarà  previsto copertura sanitaria,contributiva e riconosciuto un compenso mensile. Rilascio di ‘Attestato di Maturità ‘ per l’iscrizione Università ,ufficio collocamento e da presentare ai Concorsi Pubblici e alla domanda di assunzione.
Dodici mesi di servizio civile retribuito da prestare nel Comune di residenza al termine del quale verrà  rilasciato un attestato di maturità  con il quale lo studente potrà  finalmente iscriversi all’Università  o trovare un lavoro vero! Geniale, perchè nessuno ci ha pensato prima?
Ah già , è sufficiente aver superato l’Esame di Stato e per il resto c’è il servizio civile. Una proposta simile è quella che mira a creare la figura dell’immigrato cooperante ovvero quell’immigrato che si “ripaga” l’accoglienza svolgendo lavori socialmente utili, cosa che per altro viene già  fatta in molti comuni dove sono presenti richiedenti asilo.
Il lavoro in Italia, si sa, è un vero problema soprattutto per chi non ce l’ha o per chi viene pagato poco.
Ma dal momento che uno vale uno e che una delle 5 Stelle è la tutela dell’ambiente dall’inquinamento cosa c’è di meglio che introdurre il concetto di lavoro a km zero? Proprio come i prodotti alimentari bio a km zero si ridurrebbe così il pendolarismo (finalmente troveremo da sedere sul treno) e l’inquinamento dovuto alle auto in circolazione.
Ma come fare? Semplice:
Istituzione di due nuovi strumenti. Il primo ‘Work Exchange’ permetterà  ai lavoratori di scambiarsi il posto di lavoro con il consenso delle imprese e attraverso incentivi statali. Nel secondo lo Stato monitorerà  per ogni impresa con dipendenti il cosiddetto ‘baricentro dei lavoratori’ calcolato sulla base delle rispettive residenze e proporrà  alle imprese stesse di trasferirsi in prossimità  di esso.
Insomma se io lavoro distante da casa ma c’è un lavoratore che lavora vicino a casa mia io e lui potremmo scambiarci il posto di lavoro (tanto è facilissimo trovare una persona che svolge la nostra stessa identica mansione nella ditta dietro casa).
Ma non sarebbe meglio allora scambiarci direttamente casa? Io vado ad abitare a casa sua che è vicino alla mia azienda e lui nella mia che è vicino alla sua.
E per tutti quelli che lavorano nelle zone industriali o artigianali che dovrebbero essere localizzate fuori dai centri abitati come si fa? Mistero.
Volete vivere il brivido della democrazia digitale come lo hanno sperimentato i cittadini di Genova che hanno visto annullare il loro voto dopo la vittoria di una candidata che non stava tanto simpatica a Grillo?
Forse un giorno potrebbe non essere necessario iscriversi al MoVimento e basterà  essere cittadini italiani.
Grazie alla proposta di Riccardo Guerrera (che è diversa da quella molto più sensata che prevede di introdurre una tutela online per i dati sensibili degli individui) infatti sarà  finalmente dare un valore legale alle petizioni online e addirittura sarà  possibile “introdurre l’obbligo di discussione e votazione per le leggi di proposta popolare in Parlamento” che però già  stato inserito nella Riforma Costituzionale Renzi-Boschi bocciata il 4 dicembre. Ops.
I 5 Stelle amano spesso ripetere di non essere nè di destra nè di sinistra, ma come definire la proposta di statalizzare il servizio di onoranze funebri se non come la collettivizzazione del caro estinto?
Eppure è così, per combattere le mafie e il “business miliardario” dei soliti noti cosa c’è di meglio che togliere ai privati la “gestione dei defunti”. L’attivista si interroga su come sia possibile che lo Stato abbia ceduto alla libera impresa l’esercizio di questo business così lucroso.
Ad oggi in Italia, la gestione dei defunti è in mano a singoli privati. Questo, se si riflette attentamente dovrebbe far pensare, ma perchè?
Perchè un’attività  così redditizia (dato che ahimè tutti ci passeremo prima o poi) è data ai privati?
Milioni e milioni di euro che non entrano nelle casse dello stato. Dato che, nella maggior parte dei casi, c’è più o meno alle spalle una famiglia mafiosa o comunque una collusione volontaria o non con la criminalità  organizzata (vedi inchieste a Catania o Palermo ad esempio, dove esponenti poco chiari elargivano mazzette a infermieri già  alle porte dell’ospedale per fare riferimento alla ditta in questione nell’eventualità  che il parente ricoverato fosse deceduto in ospedale).
Ognuna delle ditte di onoranze funebri ha un proprio tariffario. Può fare il bello e il cattivo tempo.
A mio avviso, se diventasse un lavoro statale, con dei concorsi pubblici per fare quel determinato lavoro, si avrebbe un servizio più limpido, senza ombre di chi gestisce la cosa, un tariffario unico e soprattutto un introito per lo stato considerevole.
Dalla lotta contro Uber e la liberalizzazione delle licenze dei taxi a quella contro gli autisti di carri funebri il passo è più breve del previsto e potrebbe essere accorpata con la legge sulla regolamentazione dei forni crematori avanzata da un utente che fa parte dell’ennesimo comitato “no forno”.
Numerose sono le proposte di legge per tutelare il benessere degli animali. Alcune sembrano scritte direttamente da Michela Vittoria Brambilla, come quella che mira a proibire la vendita di cani e gatti nei negozi di animali al fine di porre un freno alla piaga dell’abbandono degli animali perchè “molto spesso vengono regalati a persone che non amano completamente gli animali e che poi li abbandonano destinando loro un destino crudele in canile nelle migliori delle ipotesi e la morte nelle peggiori”. Insomma dal momento che chi compra un animale   in un negozio lo fa per regalarlo (?) a persone che non lo vogliono meglio proibire la vendita di animali nei negozi.
Il problema dell’abbandono degli animali però è culturale e qualcuno si è posto il problema di come finanziare gli interventi educativi per insegnare agli italiani che abbandonare gli animali domestici è sbagliato.
Invece che farlo tassando i proprietari degli animali (cosa che farebbe pensare che cani e gatti sono “dei lussi”) meglio invece tassare il pet-food (ovvero i mangimi, ovvero i proprietari degli animali):
tassare il giro d’affari del pet-food, per reperire i fondi per promuovere il possesso responsabile, tassa giusta ed equa per natura, più ami gli animali, più cibo compri, più contribuisci a promuovere il possesso responsabile.
Tutti i gattari e i canari che nutrono gli animali senza prestare cure sanitarie e senza preoccuparsi di controllarne l’attività  riproduttiva, tutti quegli amanti degli animali che vogliono trarre vantaggio emotivo ed affettivo senza però assumersene la responsabilità  a 360 gradi, sono la vera causa del randagismo ed essi sfuggirebbero da un eventuale tassa sulla proprietà . Ad oggi alcune multinazionali stanno già  promuovendo il possesso responsabile poichè sanno che è una loro responsabilità  nei confronti della società  e perchè la cultura del possesso responsabile fortifica il loro mercato, la tassa non verrà  ostacolata da un settore industriale consapevole dell’importanza di promuovere la cultura del pet.
Il proponente non si rende conto che “tassare il giro d’affari” significa tassare i proprietari e non certo le multinazionali del settore (sempre loro!), ma in fondo stiamo parlando di persone che fanno proposte di legge su Rousseau.

(da “NextQuotidiano”)

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RAGGI IN PAUSA DA STRESS, STARA’ FUORI ROMA QUALCHE GIORNO PER RIPOSARE

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

LE OPPOSIZIONI PROTESTANO: “RINVIARE IL CONSIGLIO STRAORDINARIO SULLA STABILITA’ DELLA GIUNTA”

La sindaca di Roma Virginia Raggi sarà  fuori città  per quattro-cinque giorni a partire da oggi. La prima cittadina avrebbe deciso di prendersi un periodo di break insieme al figlio fuori città , facendo anche seguito ai consigli dei medici che durante gli accertamenti all’Ospedale San Filippo Neri le hanno consigliato un po’ di riposo visti i ritmi degli ultimi mesi.
Sarà  di ritorno entro il weekend, comunque in tempo per la celebrazione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma che si terrà  sabato mattina in Campidoglio. Nel periodo di assenza di Raggi da Palazzo Senatorio sarà  il suo vice Luca Bergamo a farne le veci.
Raggi sarà  dunque assente in Aula domani, dove era attesa per intervenire al Consiglio comunale straordinario sulla stabilità  politica della giunta alla luce dei recenti fatti giudiziari riportati dalla stampa.
Il Consiglio comunale straordinario era già  stato rinviato a domani dalla scorsa settimana, quando la Raggi sarebbe dovuta partire per gli Stati Uniti, viaggio poi annullato per la bufera di neve a New York.
L’assenza della sindaca fa arrabbiare le opposizioni, a partire dal Pd, che chiede di aggiornare la seduta dal Consiglio.
Una ipotesi non scartata dal presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito, che annuncia di aver convocato i capigruppo per domani alle 14 proprio per decidere se rinviare o meno l’audizione della Raggi.
“L’annunciato riposo della sindaca Raggi per i prossimi giorni è un grave sgarbo istituzionale, per il modo in cui viene comunicata la sua assenza nella seduta dell’Assemblea capitolina di domani 21 marzo e di quella di giovedì prossimo”, afferma in una nota Michela Di Biase, capogruppo del Pd capitolino.
“Si tratta di due riunioni importantissime: la prima la riguarda direttamente per le vicende giudiziarie a suo carico, la seconda invece attiene al nuovo progetto dello Stadio della Roma”.
“Da mesi — continua Di Biase – attendiamo in Aula un chiarimento relativo ai fatti, saliti agli onori della cronaca, che hanno interessato il suo staff e la stessa giunta. L’audizione sull’argomento – prosegue – è iscritta all’Odg della seduta dell’Assemblea capitolina di domani. E l’annuncio della Raggi di un break di riposo a partire da oggi è un modo del tutto anomalo e poco istituzionale di informare della sua assenza i consiglieri comunali. Chiediamo pertanto al presidente dell’Assemblea Marcello De Vito l’immediato aggiornamento della seduta straordinaria prevista sull’argomento iscritto all’Odg, la convocazione di una riunione dei capigruppo per fissare una nuova seduta con l’audizione della sindaca Raggi. È evidente che sui temi riguardanti le vicende dello staff della prima cittadina, le revoche e le nomine dei nuovi assessori, non siamo disponibili a ricevere comunicazioni da altri che non sia la sindaca stessa. A nessuno può essere negato il bisogno di seguire i consigli dei medici, ma la concomitanza di una sua insostituibile presenza in aula avrebbe consigliato maggiore riguardo istituzionale. All’appuntamento di domani infatti non sarà  sufficiente la presenza del suo vice Luca Bergamo”.
Alle opposizioni risponde, in tono conciliante, Marcello De Vito, presidente dell’Assemblea capitolina:
“Nessuno sgarbo istituzionale nei confronti delle opposizioni visto che, durante la conferenza dei capigruppo di venerdì scorso, è stato confermato il Consiglio straordinario sulla stabilità  politica della Giunta capitolina. In aula è stato chiamato a riferire il vicesindaco Bergamo, capace di illustrare con esaustività  e completezza all’Assemblea quanto richiesto dai consiglieri del PD. In ogni caso, per un più ampio confronto con tutte le forze politiche, convoco una riunione dei capigruppo domani alle ore 14, prima che cominci il Consiglio. In quella sede potremo decidere se rinviare o meno l’audizione della sindaca Raggi”.

(da “Huffingtonpost”)

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TITO BOERI, L’INPS E LA DENUNCIA PER DANNO ERARIALE

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

SCATTA LA DENUNCIA DEI REVISORI: NOMINATI DIRIGENTI UN AMICO E IL SUO EX CAPO SEGRETERIA PER UN AGGRAVIO DI 340.000 EURO

Tito Boeri all’INPS finisce spesso nei guai. Non eccellenti i suoi rapporti con il governo, non eccezionali i suoi rapporti con la libera (?) stampa.
A questo da oggi si aggiunge una denuncia per danno erariale, che arriva dai sindaci del collegio dei revisori e di cui parla Luciano Cerasa sul Fatto Quotidiano:
Al centro delle contestazioni avanzate dall’organismo di vigilanza dell’istituto vi sarebbe l’attribuzione di due incarichi dirigenziali di livello generale, nell’ambito della travagliata riorganizzazione della dirigenza imposta dal presidente, che sta scatenando una forte conflittualità  interna a colpi di carte bollate. Il primo riguarda l’ex capo segreteria di Boeri, Luciano Busacca.
Promosso a dirigente di prima fascia, Busacca è stato messo a capo della segreteria tecnico-normativa attraverso la quale passano tutte le iniziative e le proposte provenienti dagli uffici, riferendo direttamente al presidente ed esautorando di fatto la funzione della direzione generale, ricoperta dalla direttrice di fresca nomina (dello stesso Boeri) Gabriella Di Michele.
L’altra nomina a direttore finita sotto la censura del collegio sindacale è quella del collega e amico di vecchia data del presidente, Massimo Antichi.
L’accusa a Boeri è quella classica in questi casi: ha favorito gli esterni a danno delle competenze interne dell’INPS:
Ex redattore de lavoce.info, il think-tank politico economico fondato da Boeri, Antichi è stato direttore generale dell’Enpals fino al 2012, direttore dell’ufficio Studi e ricerche economiche della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) e membro di svariate commissioni ministeriali.
Attualmente è anche ad di Sispi, società  “in house”del l’Inps. Conosciuto nell’ambiente scientifico soprattutto per alcuni editoriali in cui dava accurate indicazioni all’esecutivo su “come dare un buon governo all’Inps”, Antichi è stato inquadrato come direttore dili vello generale a capo dell’ufficio Studi e ricerche, con un contratto esterno.
Busacca e Antichi, evidenziano i sindaci, sono stati nominati con un forte aggravio sul costo del lavoro (a conti fatti 340mila euro di aumenti retributivi), senza tenere conto dei dirigenti generali di ruolo in organico e dei titoli e delle esperienze professionali in loro possesso.
Eppure Boeri, a seguito della riorganizzazione dello scorso febbraio, aveva parcheggiato ben sei dirigenti di prima fascia in ruoli marginali di studio.
Contattata dal F at t o, la portavoce di Boeri precisa che la riorganizzazione decisa dal presidente comporterà  un drastico taglio dei costi, fino al 20% nel prossimo biennio ma anche che l’obiettivo è quello di “mettere le persone giuste al posto giusto”, spostando molti dirigenti nelle sedi regionali e provinciali.

(da “NextQuotidiano”)

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IN FUGA DAL SENEGAL SOGNANDO L’EUROPA: “MEGLIO MORIRE IN VIAGGIO CHE DI FAME”

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

IN AUTOBUS ASSIEME AI MIGRANTI: “FERMARCI E’ INUTILE. DA VOI C’E’ LA CRISI? NON PUO’ ESSERE PEGGIO DI QUA”

«Prossime fermate Goudiry (Senegal), Bamako (Mali), Ouagadougou (Burkina Faso), Niamey e Agadez (Niger)».
Il 26enne Mourjam grida a squarciagola alla stazione degli autobus di Tambacounda, città  del Senegal a 180 chilometri dal confine con il Mali, per cercare di vendere gli ultimi posti rimasti vuoti a bordo dell’autobus Gran Turismo della Diallo Transport, partito la notte prima dalla Gare routière di Dakar.
Due giorni e mezzo di viaggio fino ad Agadez, 3.720 chilometri attraversando il Sahel, una strada cosparsa di buche, terra rossa e immensi baobab a bordo pista.
Un percorso fino a 20 anni fa reso celebre dai centauri della Parigi-Dakar che lo attraversavano; oggi, invece, trasformatosi nell’inizio della Western Route, come i migranti in viaggio verso l’Europa l’hanno ribattezzata.
Mourjam è riuscito a riempire l’autobus. L’autista, con il portellone ancora aperto, riprende il suo cammino.
A bordo 54 persone, almeno il doppio i bagagli. Scattando una fotografia immaginaria verrebbe fuori l’istantanea d’Africa: giovani senegalesi con indosso il Boubou, tradizionale abito lungo con trame sgargianti, tuareg maliani avvolti nel tagelmust, la fascia di cotone che copre il capo e lascia trasparire solo la fessura degli occhi.
C’è poca voglia di parlare. Alcuni tornano a casa, altri sono commercianti transfrontalieri, molti stanno iniziando il loro viaggio verso l’Europa (nel 2016 lo hanno fatto in 10.327 secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni).
Tra questi Mohammed e Omar, 24 e 26 anni, entrambi senegalesi e un unico sogno: la Francia.
«Lavoravo come assistente del capo villaggio, ma guadagnavo troppo poco, ho iniziato a contrarre debiti per sopravvivere, finchè mi hanno denunciato ed ero ricercato dalla polizia. Così ho deciso che la mia unica salvezza era provare la traversata del Mediterraneo e sono partito – racconta Mohammed a bordo dell’autobus con cui ha iniziato il suo viaggio verso l’Europa -. In Africa non abbiamo niente, lo Stato non aiuta i giovani e non mantiene le promesse. Ho parenti e amici che sono già  in Francia e loro stanno bene, sono sicuro che anch’io ce la farò. So che il viaggio è pericoloso, ma sono pronto a rischiare e a morire. Se andrà  male almeno non sentirò più i crampi della fame».
Omar, seduto accanto al finestrino, si lascia dietro di sè con lo sguardo villaggi aridi e semi disabitati, anche il suo. Non sa se un giorno ritornerà .
«L’Europa crede di fermarci facendo accordi con i singoli Paesi africani, ma non ci fermeremo, anche se da voi c’è la crisi e i giovani non hanno lavoro. So che i miei fratelli ce l’hanno fatta e poi è impossibile che sia peggio di stare qui», dice Omar.
Mourjam ogni settimana fa la stessa tratta e svela che tra i passeggeri c’è sempre qualcuno che va fino ad Agadez per poi proseguire il percorso verso la Libia.
Dopo tre ore di viaggio si arriva a Goudiry, circa 60 chilometri dal confine con il Mali, alla fermata degli autobus ci sono molti giovani che vogliono salire, ma non c’è più posto, devono aspettare il prossimo autobus.
È arrivato il momento di scendere e salutare Mohammed e Omar.
Le strade di Goudiry sono quasi deserte, è una delle località  più colpite dalla migrazione giovanile verso l’Europa, chi è rimasto fa parte di quelle decine di persone rimpatriate dalla Libia e dalla Tunisia dopo che non sono riuscite a imbarcarsi.
Moussa è uno di loro, nel 2014 ha venduto tutto quello che aveva: 6 vacche per 1,5 milioni di franchi senegalesi (circa 2.500 euro), ed è partito.
«Stavamo nel mezzo del Mediterraneo con una barca in legno. All’improvviso si è spezzata in due, i miei amici erano a prua, il posto riservato a chi paga di meno, non sapevano nuotare e sono annegati. Io invece ero a poppa e mi sono salvato – racconta Moussa -. Prima di essere rimpatriato in Senegal, sono rimasto in carcere in Libia per 3 mesi, quando sono arrivato a Goudiry ho cercato mia madre, ma non c’era più: mi hanno detto che quando ha saputo del naufragio è morta d’infarto».
Da allora Moussa, insieme ad altri ragazzi rimpatriati, ha fondato un’associazione che cerca di scoraggiare i giovani di Goudiry al viaggio verso l’Europa.
«Non è facile convincerli, ma se non ci fossimo noi quelli che vogliono partire sarebbero ancora di più. Per essere credibili però servono fondi, dobbiamo offrire alternative concrete come allevamento e agricoltura», spiega Moussa.
Accanto alla sua casa decadente, trasformata nella sede dell’associazione, vive Alassane Diallo, sindaco della città  e anche lui con una tragica storia di migrazione alle spalle. «Mio figlio aveva 29 anni quando nel 2015 di nascosto ha lasciato Goudiry per andare in Europa. Da allora non ho più sue notizie, credo sia morto, ho cercato di fare di tutto per fermarlo, ma non ci sono riuscito e adesso devo vivere con questo rimorso. C’è bisogno di lavoro per i nostri giovani, è l’unico modo per fermare la migrazione».

Lorenzo Simoncelli
(da “La Stampa”)

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CAPO FBI CONFERMA: “INDAGINI IN CORSO SU LEGAMI TRUMP – RUSSIA”

Marzo 20th, 2017 Riccardo Fucile

COMEY IN AUDIZIONE AL CONGRESSO: “POSSIBILI COLLUSIONI NELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI”

L’Fbi sta indagando su possibili collusioni del fronte Trump con la Russia nel corso delle elezioni 2016. Lo ha confermato il direttore dell’Fbi James Comey nell’audizione presso la commissione intelligence della Camera.
Si è tenuta a Capitol Hill l’audizione del capo dei servizi segreti chiamato a deporre sul cosiddetto Russiagate, ovvero le presunte ‘intrusioni’ di Mosca sulle elezioni americani e i contatti di cui alcuni membri dell’entourage di Donald Trump sono sospettati di aver tenuto con esponenti russi.
Il capo del bureau investigativo è stato inoltre interpellato sulle accuse lanciate via Twitter dal presidente Donald Trump secondo il quale il suo predecessore Barack Obama lo aveva intercettato presso la Trump Tower durante la campagna elettorale, circostanza su cui non sono tuttavia emerse prove, e anche la stessa commissione intelligence ha condotto verifiche senza trovarne riscontro.
Ma Comey ha confermato. Esiste dunque un’indagine dell’Fbi sui presunti legami tra la campagna di Trump e la Russia nel corso delle elezioni presidenziali 2016. “Seguiremo i fatti ovunque ci porteranno”, ha detto assicurando la massima imparzialità  dell’inchiesta.
Nella stessa audizione è stato ascoltato anche il numero uno dell’Nsa, Mike Rogers.
Intanto il presidente della Commissione d’Intelligence della Camera Usa, il repubblicano Devin Nunes, ha escluso che la Trump Tower di New York, quartier generale della campagna elettorale dell’attuale presidente, sia stata sottoposta a intercettazioni.

(da “La Repubblica”)

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