Giugno 9th, 2019 Riccardo Fucile
“ITALIANI SONO SONNAMBULI, INCANTATI DAL PIFFERAIO MAGICO: DESTINATI A UN BRUSCO RISVEGLIO”
La diagnosi è chiara: “Molti italiani sono dentro un sogno che si trasformerà , prima o poi, in un incubo feroce. Non stanno dormendo, nè sono davvero svegli: sono dei sonnambuli che marciano incantati dalla musica dolce del pifferaio magico, che li sta portando dentro un universo fatato, dove anche gli enigmi più complessi del mondo contemporaneo sembrano avere una soluzione istantanea. Peccato che, quando si sveglieranno, scopriranno che non è così”.
La cura, per il sonnambulismo dell’Italia stregata dal leghismo a 5 stelle è più difficile da individuare: “Non ho ricette facili da offrire”, dice Donatella Di Cesare, ordinaria di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma.
“L’Italia — spiega all’HuffPost — è stata salvinizzata grazie al contributo del Movimento 5 stelle. L’alleanza di governo con la Lega di Salvini, che nemmeno il risultato delle ultime elezioni europee ha spezzato, ha portato al governo una destra molto diversa da quella a cui eravamo abituati fino a qualche anno fa. È un’ultra-destra, che si è innestata nel discorso pubblico nazionale con slogan identitari, propaganda anti-migranti, una risposta reazionaria e, addirittura, anti-storica ai grandi interrogativi del nostro tempo, dalla globalizzazione allo smarrimento esistenziale. Per questo, dico che occorre de-salvinizzare l’Italia”.
Gli ultimi tre libri di Di Cesare − Stranieri residenti, La vocazione politica della filosofia (Bollati Boringhieri) e Marrani (Einaudi) − hanno al centro il tema dell’estraneità , che non riguarda solo gli immigrati, ma tutti noi: “I filosofi sono i migranti del pensiero. Perchè quando qualcuno pensa intensamente, è assorto, dà l’impressione che sia altrove. Pensare estranea, rende stranieri”.
E il migrante, a sua volta, è un filosofo?
Certo che no! Migrante non è che il participio presente del verbo migrare. Sembrerebbe un termine neutro. Invece, ha assunto un significato spregiativo. Non è nè un cittadino, nè uno straniero, parola che comunque si porta con sè un’aura epica e sacra. Il migrante è di troppo ovunque. È un intruso. Suscita imbarazzo.
Il filosofo, invece?
Socrate era un estraneo nella sua città , Atene. Sollevava continuamente domande. Metteva in discussione ogni cosa. Era inopportuno. Irritava. La sua estraneità , però, era ciò che gli consentiva di vedere al di là della città , ciò che c’era oltre. Finì per essere condannato a morte.
Perchè l’estraneità dovrebbe riguardarci tanto?
Perchè, se non sbaglio, il suo accento mi dice che lei non è romano. Anche lei è estraneo a questa città . Chi di noi, oggi, vive esattamente nel posto in cui è nato? L’esilio è la condizione esistenziale del nostro tempo.
Il sovranismo è una reazione a questo sentimento?
È un modo per affermare: “Io non voglio vivere questa condizione dolorosa”.
E non è legittimo?
È irreale, è la pretesa di liberarsi delle condizioni oggettive del nostro tempo, un desiderio di uscire fuori dalla storia, negandola.
È falso dire: “Siamo italiani”?
Ma che cos’è l’Italia? L’Italia è tutto fuorchè un’identità monolitica. La storia dell’Italia è la storia delle repubbliche marinare, dei comuni, dei principati, delle casate, di una costante conflittualità interna. Come si fa a riassumere tutto questo innalzando un unico vessillo? Il salvinismo è profondamente anti italiano. Nega la nostra storia
Eppure, Salvini riconosce le tante ‘piccole patrie’, tanto è vero che ogni volta indossa una felpa con il nome della città che visita.
Ma quello di Salvini è un richiamo brutale. Afferma: “Io sono tutt’uno con il luogo in cui abito, mi identifico con esso e rivendico il diritto di essere sovrano su questo spazio, cioè di escludere chi non è identico a me”. È un discorso pericolosissimo. Non è il razzismo del sangue. È il razzismo del suolo.
È diventato un sentimento maggioritario?
Per fortuna, gli italiani che votano Salvini sono poco più del trenta per cento e non credo che siano tutti razzisti. La maggior parte di essi nemmeno si rende conto delle estreme conseguenze a cui conduce l’idea salviniana del primato degli italiani. È questo il sonnambulismo di cui le parlavo prima. Non sono abbastanza svegli per rendersene conto, nè sono abbastanza addormentati per poter dire: “Non c’ero”.
Non sottovaluta le capacità di giudizio di una buona fetta di italiani?
Non mi permetto di giudicare l’intelligenza di chi vota per Salvini. Mi permetto di giudicare l’ignoranza. In Italia, c’è un alto livello di analfabetismo di ritorno. Sempre più persone non leggono i giornali. Hanno informazioni lacunose. È ovvio che l’assenza di strumenti culturali porti a reazioni viscerali.
Però ci sono anche degli intellettuali che hanno teorizzato il sovranismo e il populismo?
A chi pensa?
Alla destra francese, ai De Benoist, ai Camus.
Queste figure hanno sviluppato una critica della globalizzazione che io ritengo schematica, e faccio anche fatica ad attribuirgli la dignità di una vera e propria critica.
Ma perchè, scusi?
Perchè il loro mantra è piuttosto rozzo. Dicono: “Siccome il capitale è diventato globale, per opporsi a esso occorre ripristinare i confini, restaurare la sovranità nazionale”. Inoltre, c’è sempre, nelle loro analisi, un sottotesto complottistico, come se l’evoluzione capitalistica sia stata decisa a tavolino, da Soros e da qualche lobby di banchieri.
Invece, lei perchè critica il capitalismo?
Io critico il fatto che, dopo la caduta del muro di Berlino, tutti i possibili sistemi politici ed economici alternativi al capitalismo siano stati bollati come totalitari, nonostante sia chiaro che questo sistema economico produca grandi disuguaglianze e ingiustizie. Essere svegli, significa anche cercare di guardare oltre.
Bisognerebbe guardare anche oltre la democrazia?
Negli ultimi trent’anni, la filosofia è stata al servizio della democrazia liberale, rinunciando al suo ruolo, che è la critica.
Considerando le minacce che incombono su di essa, non pensa che la democrazia vada più protetta che criticata?
No, penso che la cosa migliore da fare sia criticarla costruttivamente.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 9th, 2019 Riccardo Fucile
ANDREA ROVENTINI E’ DOCENTE DI ECONOMIA ALL’UNIVERSITA’ DI PISA: “SONO TITOLI DI DISTRUZIONE DI MASSA”
Giggino da Avellino se l’è presa con Tria che li ha responsabilmente rifiutati e ha letto q questo no come un affronto, dal basso della sua incompetenza totale, di persona che non distingue l’economia dal congiuntivo.
Ora quello che i grillini avrebbero voluto ministro dell’economia (posto poi preso da Tra) usa parola ancora più dure: “I mini bot sono fondamentalmente una follia, non hanno niente a che fare con la buona politica economica”.
Parola di Andrea Roventini, professore di Economia alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ‘candidato’ dei 5 Stelle al ministro dell’Economia, prima che la scelta cadesse su Giovanni Tria.
“I mini bot sono titoli di distruzione di massa per l’economia italiana, bisogna stare attenti”, avverte l’economista criticando l’idea del presidente della commissione Bilancio alla Camera Claudio Borghi, appoggiata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, di introdurre i mini bot per ripagare i debito dello Stato verso i fornitori.
“Non è vero che servano solo a questo scopo, i mini bot possono essere il primo passo per l’uscita dell’Italia dall’euro, come lo stesso Borghi spiega in diversi video che circolano in rete. Il voto bipartisan alla Camera – insiste Roventini – è stato un grave errore e ha già costretto il presidente della Bce Mario Draghi e il ministro dell’Economia Giovanni Tria a precisazioni pubbliche sull’illegalità di questo strumento”, mettendo a rischio la credibilità della politica economica italiana.
“Mi ricordano i ‘patacones’ argentini, sono una politica economica voodoo, come rilevato da tutti gli economisti tranne che da qualche esponente della Lega: o aumentano il debito pubblico, e quindi sono inutili, oppure sono di fatto una moneta parallela che sarebbe dichiarata illegale dall’Europa. In ogni caso, aumentano la tensione sui mercati in un momento difficile per il nostro Paese, indicando una possibile volontà dell’Italia di uscire dall’euro”.
Ecco, conclude, “vista la situazione attuale non ci possiamo permettere questi rischi per una scelta di politica economia irresponsabile che potrebbe essere disastrosa per l’economia italiana dell’Italia”.
(da agenzie)
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Giugno 9th, 2019 Riccardo Fucile
EPPURE IN TURCHIA NON C’E’ IL “POTERE ATTRATTIVO” DELLE ONG COME RACCONTA IL NOTO SEQUESTRATORE DI PERSONE
Un’altra barca a vela usata come natante per trasportare migranti nello Jonio.
La Guardia di finanza ha intercettato una imbarcazione a vela carica di migranti a largo delle coste calabresi
Poche ore dopo la conclusione di una analoga operazione a Roccella Jonica sabato mattina un velivolo militare in missione di controllo avanzato sul mare Jonio, ha allertato il dispositivo di sorveglianza, segnalando un’altra imbarcazione a vela a una trentina di miglia marine dal mare territoriale italiano, in navigazione con rotta verso le coste nazionali.
Due unità navali della Guardia di Finanza, una salpata da Vibo Valentia e una del Gruppo Aeronavale di Taranto, hanno preso immediatamente il mare. Dopo aver individuato il natante, un monoalbero di una quindicina di metri, costantemente monitorato dagli elicotteri della Sezione Aerea della Guardia di Finanza di Lamezia Terme, lo hanno, quindi, intercettato attorno alle 18:00, quando aveva varcato il limite delle acque territoriali nazionali.
I finanzieri hanno trovato a bordo, stipati sottocoperta, 53 migranti, (43 adulti 10 minori tutti di sesso maschile, di probabile origine pakistana) e all’esterno, al timone, due cittadini ucraini, sospetti scafisti.
I militari hanno preso in custodia gli ucraini e condotto sotto scorta la barca a vela al porto di Crotone dove sono giunti domenica mattinna. Dalle prime informazioni sarebbero partiti alcuni giorni fa dalla Turchia per raggiungere l’Italia fra sabato e domenica.
(da agenzie)
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Giugno 9th, 2019 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CEI: “LA SOLIDARIETA’ NON E’ UN’OPERA PIA, MA UNA PRIORITA’ CIVILE”… “NON BASTA DIRSI CATTOLICI PER DIVENTARE DE GASPERI”
Non solo un becero espediente a caccia di qualche voto, ma una manovra sovranista-bannoniana che viene dagli Stati Uniti e ha come obiettivo delegittimare Papa Francesco se non addirittura ipotizzare uno scisma tradizionalista.
“Cercare di staccare i fedeli dai vescovi e soprattutto dal Papa è una manovra sbagliata e controproducente” e “rifiuto l’idea che la Chiesa possa essere portata sul piano della battaglia partitica, quasi come pastori fossimo preoccupati di schierarci con gli uni o con gli altri. La storia ci insegna che non è mai stata una buona scelta quella di rincorrere i potenti, magari confidando di ottenerne consensi e privilegi. La Chiesa italiana è una presenza a servizio di tutti”.
La denuncia del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei a proposito dell’uso dei simboli religiosi in campagna elettorale
La Chiesa non si è sottratta all’accoglienza dei migranti: “L’abbiamo fatto, tanto nel caso di Genova come in quello di Pozzallo, su richiesta del Viminale, in un’ottica di collaborazione sussidiaria, assicurata attraverso Caritas Italiana. Non sfugga, però, che in questo modo la Chiesa sta svolgendo un ruolo di supplenza: la solidarietà non è un’opera pia, ma una necessità democratica, una priorità civile”, dice Bassetti.
Il presule ha anche parlato dei cattolici in politica: “Idee politiche nuove purtroppo mancano, perchè non basta dirsi cattolici per diventare De Gasperi” e, aggiunge, “una politica fondata sulla paura e sulle promesse facili è destinata a rovinare quel poco che ancora resta dell’unità nazionale”.
Quanto alle sfide per il Paese, sottolinea: “Si tratta di distribuire la ricchezza in maniera diversa e insistere sul principio inderogabile della giustizia fiscale e sociale. Il debito pubblico non è una invenzione del demonio, ma è frutto di tante nostre miserie. Scambiare l’oggi per il domani e sperperare denaro che non c’è significherebbe uccidere la speranza dei nostri giovani”.
(da Globalist)
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Giugno 9th, 2019 Riccardo Fucile
IERI SERA L’INTERVENTO DELLO SCRITTORE A REPIDEE
Piazza Maggiore ondeggia, è un mare di persone. Roberto Saviano è accolto da una folla alla quale vuole fare ascoltare immagini. Quando le parole sono troppe, quando a pronunciarle sono troppi, servono prove.
Le foto, guardarle, farle scorrere su un monitor. La 19, la 24, la 26, foto del suo libro In mare non esistono taxi. Sono volti, mani intrecciate, colori, pelle, viaggi. Le orecchie si possono chiudere con le mani, agli occhi basta un attimo. Non chiudete gli occhi, è il suo appello, non tappatevi le orecchie ma guardate le immagini, tenetevele di fronte a lungo, occhi negli occhi. “Ci vuole coraggio per osservare”. Abbiamo tutti paura, la paura si sconfigge solo insieme.
Saviano è un fiume di parole che prova a sfidare quel mare da cui arrivano esistenze, vite, non nemici. “Parlare di queste storie significa esporsi personalmente, pagare una penitenza, parlare di propaganda significa prendersi le conseguenze Testimoniare è questo, senza fare calcoli. Le foto sono lì, sono testimonianze”. La verità non ha bisogno di troppe parole, ora non può permettersi neanche il tempo, “guardate in un attimo” chiede, implora.
Scivolare sul mare è difficile, farsi entrare dentro la fotografia di un bambino morto a pancia in giù con la faccia schiacciata nella sabbia è dolore.
“Spesso viene detto che parlare di migranti significa dare spazio a Salvini. Perchè ‘loro’ vogliono che se ne parli. Antimafioso, che poi sceglie come suoi uomini, persone che in Calabria hanno fatto affari con la ‘ndrangheta. Abbiamo ambiguità , parole”. Parole controvento.
Rumore social, tweet, botta e risposte, slogan, cinismo. Contro le parole le fotografie. “Perchè sono senza giudizio”, lo lasciano a chi le guarda, anche solo per un attimo prima di chiudere le palpebre.
“Dire la mafia fa schifo è un trucco” dice Saviano. Conosce quel terreno, va veloce, sfida il poco tempo di fronte a una piazza che non è impaziente. “Tutti i mafiosi e i boss oggi dicono che la mafia è una merda. Riina non l’avrebbe fatto, erano altri tempi, ma ora è diverso, ora i boss moderni dicono che mafia è un’invenzione dei giornalisti. E per smontare questo trucco devi avere strumenti, leggere tanto, serve tempo. E allora la balla della mafia dei migranti, che portano droga, ma non c’è un solo soffio d’erba dei migranti che non sia gestito dai camorristi italiani”.
E così oggi è propaganda, una parola difficile, che sa di altri anni, che dice, le Ong sono il male, sono taxi. “Qui siamo tutti meridionali”, continua veloce lo scrittore, “eppure ora ci siamo dimenticati quello che la Lega ha fatto, tutta le responsabilità che ha avuto contro il Sud d’Italia. La lotta ai meridionali era una lotta loro ma è stato dimenticato. Sapete perchè i meridionali non hanno votato alle elezioni europee? Perchè un voto costa, vale denaro, ma alle Europee non vale niente. Perchè non portano sindaci, non portano niente”.
Il gioco delle tante carte, molto più di tre. “Ci stanno dicendo che muoiono meno migranti in mare, non è vero, quello che succede è che stanno eliminando i testimoni, le Ong sono testimoni. Le fotografie, testimonianze.
“Devono usare questo spazio, ogni spazio per diffondere informazioni. Succede questo. I migranti arrivano in Libia da ogni tipo di luogo. Pagano, partono, finchè la guardia costiera libica li prende, non li rimanda a casa, ma li sequestra e li porta nei centri di detenzione. Così, una volta lì, i migranti devono pagare. Il telefono è l’unica cosa che ti salva. E questo sarebbe il porto sicuro?”
Saviano è un’onda controcorrente, “tutto quello che succede, tutte le balle che raccontano sono solo bugie” dice conciso. Solo menzogne. “Ora le Ong sono criminalizzate, chi aiuta è percepito come complice, ma è propaganda. E non è più pensabile interloquire con un pezzo di mondo che continua a mentire. Ora si può mostrare, si deve incidere”. Non avere paura.
“Fa paura ora mettersi contro questo sistema. Perchè è forte, armato di dossier e coltellate social. C’è paura perchè ora c’è un uomo che sequestra striscioni innocui, che indossa la divisa della polizia, c’è un ministro che gioca con l’ambiguità . Lui fa tweet, esce dall’impasse di domande fatte in una trasmissione. Questa paura la possiamo vincere solo uniti, è difficile non avere paura. Ma possiamo fare squadra, forti, insieme all’interno di un percorso, e io credo nella possibilità che abbiamo di mostrare, nella forza di raccontare”.
Senza avverbi, senza digressioni, nè giri di parole. “Matteo Salvini non è una brava persona, smettiamo di raccontarcela, siamo di fronte a qualcuno che sta trasformando il nostro Paese”. Potrebbe chiudere, la sua ora è finita, la piazza continua a ondeggiare, delle parole resterà l’eco, di un’immagine forse uno sguardo. “Voglio chiudere con la foto 26, quella di una bambina siriana”. E’ sdraiata, le gambe accavallate, lo sguardo perso, è una bambina che “si è salvata tenendosi attaccata a un cadavere. Per vivere si è tenuta a un morto che galleggiava nel mare dove non si scivola.
“Io sono convinto che molte persone che stanno seguendo questa propaganda rifuggono il ragionamento e stanno lì, a cercare di sopravvivere, risolvendo un dolore attaccandosi al corpo morto di una finzione”.
Qualcosa si può ancora fare, bisogna riuscire a ridare significato alle parole. “Grossman dice che in nome della giustizia vengono fatte stragi. Per ora questo senso di giustizia che si diffonde sta portando solo sofferenza e dolore. Io non mi fido più della loro giustiza, mi fido della bontà , perchè non ha necessità di capire niente”.
Siamo stati capaci di permettere a qualcuno di degradare la bontà . “Oggi il cinico è autentico e il contrario paraculo. Don Peppe Diana diceva una cosa bellissima: a me non importa sapere chi è Dio ma da che parte sta. L’unica cosa che ci resta è sapere da che parte stare”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 9th, 2019 Riccardo Fucile
“INSIEME ALLE MIE COMPAGNE VOGLIAMO VINCERE QUALCOSA PER IL NOSTRO PAESE, QUANDO ENTRI I CAMPO CON LA MAGLIA AZZURRA IL PESO SI TRASFORMA IN UNA FORZA INCREDIBILE”
Classe 1991. Dalla provincia torinese alla Francia.
È una favola bella quella di Barbara Bonansea, scricciolo dell’Italia Mondiale, la giocatrice che ha fatto volare la squadra delle azzurre consentendole di vincere contro l’Australia all’esordio della competizione più importante. Che non sia stato facile arrivare a vestire quella maglia, lo immaginiamo. E lo racconta lei stessa.
“Ho incominciato a giocare a calcio nel cortile di casa mia con mio papà e mio fratello, ero veramente piccola. Il primo anno solo allenamenti, poi ho iniziato a giocare nella squadra del mio paesello”, come racconta nel video di presentazione della Figc.
“La mia famiglia mi ha sempre aiutato, mio papà mi ha spinta e supportata. Le prime volte non volevo entrare in campo perchè ero l’unica ragazzina, mi vergognavo e piangevo. Mio papà mi spronava a entrare. Mio fratello mi ha passato la passione e mia mamma quando mi dovevo cambiare era sempre accanto a me e mi aiutava. È stata la mia prima compagna donna”.
I suoi genitori l’hanno raggiunta a Valenciennes, dove si sta disputando la competizione. “Sì, in camper. Mio padre lo ha comprato apposta, ha paura di volare e siccome non poteva non esserci, ha studiato un modo divertente per arrivarci. Lui è in pensione, mia madre lavora in fabbrica e ha preso le ferie. Sono stati sempre fondamentali, in tutta la mia carriera”, dice in un’intervista a La Stampa.
Gioca nella Juve Barbara, squadra per la quale ha rinunciato al Lione: “C’era la Juve, la squadra per cui tifo e si è presentata con un progetto stupendo che ci sta dando soddisfazioni pazzesche e mai mi sarei tolta la possibilità di salire di livello a Torino, a casa, in un club che ammiro”.
Cosa rappresenta il Mondiale per la Bonansea? “La maglia azzurra per me è qualcosa di grande, senti di avere addosso un peso che quando entri in campo si trasforma in forza: ogni anno è un obiettivo da raggiungere. Insieme alle mie compagne vogliamo vincere qualcosa per il nostro Paese”.
(da agenzie)
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