Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
SI ERA LAMENTATA DEL MANCATO INVITO PER LA SFILATA DEL 2 GIUGNO, FONTI DELLA DIFESA: “NELLA TRIBUNA PRESIDENZIALE POSSONO SEDERE SOLO LE CARICHE ISTITUZIONALI, E’ COSI’ DA ANNI”
La leader di Fdi Giorgia Meloni è stata invitata alla parata militare ai Fori Imperiali, ma lei
voleva un posto in tribuna presidenziale, riservata alle cariche istituzionale non politiche.
Lo fanno sapere fonti della Difesa. “In merito a quanto dichiarato oggi dall’onorevole Giorgia Meloni in un post pubblicato sul suo profilo Fb – indicano le fonti – si precisa che alla segreteria dell’onorevole Meloni, dietro esplicita richiesta della segreteria stessa, sono stati consegnati diversi inviti per partecipare alle celebrazioni del 2 giugno. Inviti ritirati stamani dai suoi collaboratori. Altri inviti, più di un centinaio, come da protocollo, sono invece stati consegnati agli uffici preposti della Camera dei Deputati affinchè i parlamentari che lo desiderassero potessero fare esplicita richiesta e sedere nella tribuna dedicata a ospitare deputati e senatori della Repubblica”.
“Ricordiamo inoltre – proseguono alla Difesa – che la tribuna presidenziale accoglie le cariche istituzionali, non politiche. Evidentemente l’onorevole Meloni intendeva dunque riferirsi al mancato riscontro ricevuto rispetto alla sua richiesta di sedere, appunto, nella tribuna presidenziale. Non da quest’anno, ma da anni i ‘capi’ dei partiti politici non ricevono più un invito speciale in virtù di esigenze organizzative”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA ORA TEME DI FINIRE LUI INDAGATO DAL TRIBUNALE DEI MINISTRI
Il procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e il pm Cecilia Baravelli hanno disposto il dissequestro della Sea Watch 3, la nave della ong tedesca che lo scorso 18 maggio, nonostante la diffida a entrare nelle acque territoriali italiane inviata dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, aveva attraccato a Lampedusa con a bordo 47 migranti soccorsi in acque libiche, dopo averne già fatti sbarcare 18, ed era poi stata sequestrata e trasportata nel porto di Licata.
L’imbarcazione potrà lasciare l’approdo siciliano, dato che i pm hanno ritenuto cessate le esigenze probatorie. “Abbiamo ricevuto la notifica del dissequestro e della conseguente restituzione della nave”, hanno esultato i responsabili della ong attraverso il profilo Twitter dell’organizzazione.
Il provvedimento, immediatamente esecutivo, è stato notificato anche agli avvocati dell’unico indagato, il comandante della nave, Arturo Centore, al quale si contesta il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Dopo la notifica di dissequestro, i legali della ong, Alessandro Gamberini e Leonardo Marino, che difendono il comandante Centore hanno dihiarato: “Speriamo che ciò valga a interrompere una campagna diffamatoria nei confronti della ong Sea Watch di cui si è reso responsabile in più occasioni il ministro dell’Interno italiano. Il dissequestro della Sea Watch 3 da parte della Procura di Agrigento — sottolineano i due legali — conferma la correttezza dell’operazione di salvataggio operata dall’equipaggio della ong. Il provvedimento arriva anche grazie alla piena collaborazione fornita da noi alla polizia giudiziaria e al fatto che le modalità doverose e necessitate del salvataggio dei naufraghi sono state pienamente confermate dai documenti fotografici e fonografici, nonchè dalle corrispondenti email rinvenute a bordo. In tempi molto brevi la nave potrà riprendere le operazioni di salvataggio”.
Salvini, uscito a pezzi dalla vicenda, oggi non vuole più denunciare il procuratore Patronaggio ma si limita a definire quella procura “buonista” e aggiunge “Non mi stupirebbe l’apertura di un procedimento penale a mio carico da parte del tribunale dei ministri di Catania”.
Chissà se i grillini garantirebbero ancora l’impunità a un sequestratore di persone…
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
SALVINI PREOCCUPATO SOLO DI FAR PASSARE IL MESSAGGIO CHE “NESSUNO RESTERA’ IN ITALIA”, MA NON E’ COSI’… LA SOLIDARIETA’ DEI GENOVESI DOMANI ALL’ARRIVO DELLA NAVE DELLA MARINA
La nave della Marina Militare Cigala Fulgosi, con a bordo cento migranti salvati qualche giorno
fa al largo delle coste libiche, arriverà a Genova domani mattina, domenica 2 giugno, tra le 9 e le 10 e attraccherà a Calata Bettolo nel porto di Genova, dove dalle 6 sarà allestita una struttura mobile per screening sanitari e l’identificazione delle persone.
Lo ha detto il prefetto Fiamma Spesa al termine della riunione che si è tenuta in prefettura, convocata per gestire l’arrivo della nave. Il piano per distribuire i migranti non è noto, il Viminale sta lavorando al caso.
Il prefetto ha precisato che le persone saranno accompagnate in quelle che saranno destinazioni comunque provvisorie, non escludendo che per un breve periodo, e quindi in via provvisoria, qualcuno dei profughi possa restare in Liguria in attesa che il Viminale trovi accordi con altri Stati per la destinazione definitiva.
«Il Ministero – ha detto il prefetto – ha stabilito che dopo sarà fatto un piano definitivo».
Tra i 100 migranti a bordo, 23 sono minori e 17 donne: tra queste alcune sono incinte e una è al settimo mese di gravidanza. Complessivamente, secondo quanto apprende l’ANSA, sono una ventina le persone che avrebbero bisogno di assistenza medica.
È stata composta la squadra del personale sanitario che assisterà i migranti che sbarcheranno dal pattugliatore Cigala Fulgosi che li ha salvati giovedì scorso al largo delle coste libiche.
Le operazioni mediche, nella struttura allestita per le visite e le identificazioni a Calata Bettolo, saranno gestite dal personale Usmaf (Ufficio di sanità marittima e di frontiera) del ministero della Salute, che sarà supportato da due medici della Asl3 di Genova, dal primario del Pronto soccorso dell’ospedale Galliera Paolo Cremonesi, da un medico e un infermiere dell’ospedale pediatrico Gaslini.
Intanto oggi è apparso sulla Lanterna uno striscione con la scritta “Benvenuti” rivolto all’arrivo dei migranti. Lo hanno affisso i portuali della Culmv.
C’è un appuntamento, partito dalla community “Per Genova aperta, accogliente e solidale” attraverso un post su Facebook che lancia un “presidio accogliente” al Terminal Traghetti h 9.30 di domani.
E’ facile che saranno in molti a unirsi all’iniziativa di solidarietà organizzata per l’arrivo a Genova, a Calata Bettolo, del pattugliatore Cigala Fulgosi
A raccogliere l’appello anche gli attivisti di Mediterranea Saving Humans, il progetto di soccorso internazionale per migranti, che si era attivata dopo la notizia della decisione del governo, per “poter dare il benvenuto in Europa ai cento migranti”.
A bordo della nave, inoltre, ci saranno anche numerosi minori e, a tutela di questi, si era mossa, in questi giorni anche Defence for Children, organizzazione internazionale la cui sede nazionale è proprio a Genova.
Per finire la maggiore preoccupazione di Salvini è quella di rassicurare i suoi elettori che i migranti non si fermeranno a Genova, aggiungendo che “metà saranno presi in carico dal Vaticano e metà da altri cinque Paesi europei”-
Ma qualcosa non torna:
1) il prefetto ha già confermato che per qualche giorno tutti resteranno a Genova, poi “verranno ridistribuiti”, concetto generico
2) Se anche fossero presi in carico da strutture cattoliche è evidente che 50 migranti resteranno in Italia
3) Sono giorni che Salvini parla di ridistribuzione in altri Paesi europei: ma perchè non fa i nomi di questi 5 Paesi, se esistessero? Anche perchè in un caso come questo (con migranti raccolti da una nave militare italiana e non da una Ong, nessun Paese europeo sarebbe mai obbligato a una “quota”, anzi dovrebbero restare a carico dell’Italia.
O si cerca di nascondere che i migranti resteranno in Italia ?
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
IN UN ANNO DI GOVERNO SONO ANDATI MALE TUTTI GLI INDICATORI, DAL PIL AL REDDITO PRO CAPITE
La resa dei conti si sta avvicinando a grandi passi per l’esecutivo Di Maio-Salvini, e la lettera della Commissione Europea con la richiesta di spiegazioni sullo sforamento del debito non è che l’aperitivo, perchè poi potrebbero seguire segnali molto più preoccupanti, ovvero un incremento dello spread superiore a quello già sperimentato nell’ultimo anno e negli ultimi giorni.
In effetti l’esecutivo della coalizione 5Stelle-Lega è stato veramente, almeno nel suo primo anno, il “governo del cambiamento”, come loro stessi amano definirsi.
Peccato però che questo cambiamento, almeno per l’economia e per i conti dello Stato, sia stato in peggio, e non in meglio.
Certo, si può dire di tutto in una diretta Facebook o in una trasmissione televisiva, e persino convincere gli italiani che le priorità siano gli immigrati, quota 100 per i pensionati, reddito di cittadinanza, la droga e perfino l’autonomia delle Regioni. E magari è così.
Ma non si può negare che secondo i dati consuntivi (e non previsionali, per cui non ci sono possibilità di smentite future) i risultati dell’azione del Governo Conte sul fronte dell’economia siano stati i peggiori, non solo rispetto a quelli degli ultimi anni, gestiti dal centrosinistra, ma per alcuni dati, come il Pil pro capite, perfino degli ultimi decenni.
Insomma i dati di Eurostat inchiodano l’esecutivo alle sue responsabilità : non c’è stato infatti un solo parametro economico che sia andato meglio nel 2018 rispetto al passato, in termini assoluti, oppure rispetto alla media comunitaria.
Certo, non si può dare a priori tutta la colpa all’esecutivo per l’andamento di un solo anno, ma è indubbio che l’imprinting dato all’economia da Salvini e Di Maio abbia avuto effetti deleteri.
Qui il risultato non poteva essere peggiore, visto che nel 2018 l’Italia ha registrato il tasso di crescita del Pil più basso di tutta la Ue, ed è stato pari a meno della metà della media europea (su cui pesa peraltro anche il dato negativo italiano).
Infatti, il nostro paese ha visto crescere l’economia solo dello 0,9%, contro la media comunitaria del 2%. Tra l’altro, quest’ ultimo numero smentisce la favola che vari esponenti del Governo gialloverde vanno raccontando agli ignari (di economia) cittadini italiani, ovvero che è tutta l’Europa in crisi, e che quindi è normale che in Italia le cose non vadano bene. No, le cose vanno proprio male solo da noi, e non altrove.
Non soltanto. Considerando il differenziale tra la crescita italiana e quella media comunitaria, emerge che l’attuale maggioranza -tra un tweet e un altro, tra un litigio e l’altro – è riuscita ad invertire il trend virtuoso di riduzione del differenziale negativo tra la crescita italiana e quella comunitaria, che era cominciato nel 2014: -1,7 punti percentuali era il differenziale in quell’anno, poi passato gradualmente allo -0,7 nel 2017.
Insomma, l’Italia sembrava marciare verso un allineamento alla crescita media europea. Col Governo Conte invece tale differenziale è subito risalito a -1,1 punti nel 2018. Vale la pena forse ricordare che il rallentamento della crescita per tutta la Ue registrata nel 2018 non giustifica l’aumento della differenza tra noi e gli altri: semplicemente l’Italia ha fatto peggio e basta.
Il Pil pro capite sempre più sotto la media comunitaria
Anche su questo fronte le cose sono andate male, anzi peggio di sempre. Infatti nel 2018 il differenziale, ancora una volta negativo, tra quanto in media si produce in Italia e nella UE, ha raggiunto il suo massimo storico: -1.500 euro. Nella disattenzione generale sui dati dell’economia, che è tipica del nostro paese, è passato inosservato il grave fatto che il reddito pro capite italiano è dal 2013 sotto la media comunitaria. Da allora il gap tra il valore del Pil pro capite dell’Italia e della Ue è andato allargandosi, raggiungendo il massimo appunto nel 2018 con -1.500 euro, visto che era nel 2017 pari a -1.300.
Certo è che a vedere i dati è difficile non sentirsi umiliati. Sapere che ogni tedesco produce circa 10mila euro in più ogni anno di un italiano (circa il 40% in più rispetto al dato del Bel Paese), e che anche francesi e inglesi sono in grado di produrre in media il 25% in più di noi, dovrebbe suscitare imbarazzo in ciascuno di noi. Ma questo dato non è finito nè in un tweet, nè in una diretta Facebook.
Un rapporto occupati/popolazione tra i più bassi in Europa
Ma la dèbacle dei risultati economici dell’Italia nel 2018 dell’esecutivo guidato (politicamente) da Salvini e Di Maio non finisce qui. Anche sul fronte del lavoro, il confronto tra Italia e altri paesi europei è deprimente. Se si considera infatti il parametro più significativo, che non è il tasso di disoccupazione, visto che non considera le persone che potrebbero lavorare, ma che non cercano lavoro, bensì il tasso di occupazione, che mette in relazione il numero di occupati con la popolazione che ha l’età per poter lavorare (20-64 anni), allora di nuovo il nostro paese risulta essere agli ultimi posti in Europa, e ben sotto la media comunitaria.
Il differenziale negativo tra il dato italiano e quello medio comunitario è andato crescendo, passando dai -9,3 punti del 2014 ai -10 del 2017. Nel 2018 il governo Salvini-Di Maio non ha affatto invertito il trend, ma anzi ha aumentato il divario, facendolo arrivare a -10,2 del 2018, ponendo l’Italia al penultimo posto in Europa, davanti alla sola Grecia. Ancora una volta non solo non vi è stato un miglioramento, ma neppure una stabilizzazione dei valori, che magari si poteva sperare.
Colpisce poi che, rispetto a tutti gli altri principali paesi europei, Spagna compresa, che nel 2014 aveva lo stesso tasso di occupazione italiano (59,9%), l’Italia stia sotto di parecchi punti a tutti gli altri paesi europei principali: infatti, nel 2018, l’Italia registrava un valore inferiore di 4 punti con la Spagna, di 8,8 punti con la Francia, di 15,7 con la Gran Bretagna, di 16,9 con la Germania.
Il rapporto deficit/Pil in controtendenza
Prima del Governo Conte, la finanza pubblica del nostro paese aveva preso la giusta direzione, come dimostra il fatto che il rapporto deficit/Pil era andato costantemente diminuendo negli ultimi anni: dal 3% del 2014 era passato al 2,6% nel 2015, al 2,5% nel 2016, e al 2,4% nel 2017, per arrivare infine nel 2018, grazie alla manovra economica effettuata dal Governo Gentiloni, al 2,1%.
Questo trend è stato però invertito con la prima manovra dell’esecutivo gialloverde, nonostante le resistenze di Tria, come dimostra il dato sul deficit/Pil previsto per il 2019, riportato nel Def dell’aprile di quest’anno: 2,4%, un valore superiore a quello concordato con la Ue pochi mesi prima (2,04%), dopo un duro negoziato, che, concludendosi a ridosso di Natale, aveva di fatto estromesso il Parlamento italiano dalla discussione sulla manovra, confermando che, anche sul piano del funzionamento della democrazia, effettivamente il governo 5Stelle-Lega è stato quello del “cambiamento”.
Va detto però che, nonostante la riduzione progressiva del rapporto deficit/Pil assicurata dai Governi di centrosinistra, l’Italia aveva comunque visto allargarsi la forbice rispetto ai risultati di finanza pubblica ottenuta dagli altri paesi dell’Ue: infatti il differenziale negativo con la media comunitaria del rapporto deficit/Pil era aumentato costantemente, passando dai -0,1 punti del 2014 ai -1,5 punti del 2018.
Lo sconcerto di Bruxelles in occasione dell’ultima manovra di bilancio si comprende quindi pienamente, soprattutto se si considera che il rapporto deficit/Pil riferito all’insieme della Ue è andato riducendosi sensibilmente in questi ultimi anni, passando da 2,9% del 2014 allo 0,6% del 2018. Questa circostanza dimostra che negli altri paesi comunitari vi sono maggioranze politiche che riescono ad essere elette senza promettere la riduzione delle tasse e l’aumento della spesa pubblica, che da noi costituisce invece il mantra costante delle elezioni, tra l’altro comune a molte le forze politiche
In conclusione, il dato medio comunitario conferma che la maggioranza dei paesi europei sta effettivamente raggiungendo il pareggio di bilancio, o lo ha già raggiunto (13 paesi comunitari hanno segnato un avanzo di bilancio nel 2018 e 1 il pareggio), mentre da noi questo obiettivo è considerato al pari di una bestemmia, pur essendo dal 2012 sancito dall’articolo 81 della Costituzione, che rimane totalmente inapplicato.
Un debito pubblico in aumento
La lettera dell’Unione europea del 29 maggio è però centrata sul debito pubblico italiano, per un motivo semplice: non si riduce rispetto al Pil. D’altronde, quando uno Stato spende più di quello che ottiene con le entrate (circostanza che determina un deficit), che comporta un’emissione ulteriore di titoli di stato, e quindi un aumento del debito pubblico (numeratore del rapporto), e l’economia non cresce in misura sufficiente (denominatore del rapporto), ecco allora che lo squilibrio di bilancio provoca anche un incremento del rapporto debito/Pil. Ed è quello che è accaduto all’Italia nel 2018, quando il debito è salito al 132,2% del Pil, peggiorando il dato degli anni passati (fra il 2014 e il 2017 c’era stata una riduzione, molto lenta, ma progressiva: dal 131,8% si era passati al 131,4%).
A questo si aggiunge il trend peggiorativo del differenziale (negativo) tra il valore italiano e quello medio comunitario del rapporto debito pubblico/Pil, sempre crescente negli ultimi anni, passato dai -45,2 punti del 2014 ai -49,7 del 2017, per arrivare infine nel 2018 a -52,2 punti, circostanza che avrebbe dovuto indurre l’accoppiata Salvini-Di Maio ad essere quanto mai prudente negli annunci di misure di politica economica come la flat tax.
La fuga degli investitori internazionali
Inutile dire quanto questa inversione di tendenza nei dati della finanza pubblica italiana stia preoccupando, oltre che le autorità comunitarie, anche gli investitori stranieri, molti dei quali stanno uscendo dall’Italia a gambe levate, fenomeno iniziato in realtà quando ancora soltanto si profilava il Governo gialloverde.
Questa circostanza è certificata dalla Banca D’Italia (tavola 9 della pubblicazione Bilancia dei pagamenti e posizione patrimoniale sull’estero, del 20 maggio 2019), la quale segnala che a fine marzo 2018 gli investitori esteri detenevano 828 miliardi di euro di titoli di Stato italiani, mentre a fine giugno tale valore era sceso a 744 miliardi, per arrivare a fine 2018 a 706.
La situazione nel 2019
I numeri sopra richiamati spiegano, da soli, le preoccupazioni delle autorità comunitarie e internazionali (Fmi, Ocse), che sono andate ripetendo negli ultimi mesi che il percorso di finanza pubblica preso dall’Italia è sbagliato e, se non corretto, pericoloso. E che ci sia motivo di preoccupazione lo confermano gli ultimi dati economici. Nel primo trimestre 2019 il Pil è cresciuto di appena lo 0,2%, la metà del tasso di crescita media comunitario (0,4%) come testimoniano sempre i dati Eurostat.
Non solo, ma come ricorda la Banca d’Italia, il debito pubblico italiano è passato dai 2.330 miliardi di euro di giugno 2018, il valore che vi era all’inizio del Governo 5Stelle-Lega, a 2.359 miliardi di marzo 2019 (ultimo dato disponibile), quindi 29 miliardi in più, in appena 9 mesi, con il risultato che il debito è cresciuto di oltre 3 miliardi in più al mese.
Un dato preoccupante, se si considera che nello stesso periodo (giugno 2017 — febbraio 2018) dell’anno precedente, il debito era invece diminuito di 2 miliardi di euro (da 2.295 a 2.293 miliardi).
Se a questo trend si aggiunge l’impatto che avranno le misure di quota 100 e reddito di cittadinanza (partiti a metà 2019), allora non c’è motivo veramente di credere che il 2019 sarà un anno bellissimo (parole di Conte).
Le prospettive
In conclusione, la politica economica condotta dal Governo a traino Lega-5Stelle risulta, dai primi numeri, fortemente negativa, e se fosse vero il refrain ripetuto dagli esponenti della maggioranza che le grandi istituzioni non ci azzeccano con le previsioni, è probabile che saranno proprio loro a riuscire a smentire tale propria convinzione, perchè i dati, per ora, stanno dando ragione a Ue, Fmi, e Ocse (e agenzie di rating), che hanno affermato che la politica economica dell’attuale esecutivo è da correggere.
Se dunque l’azione di governo dell’attuale maggioranza Lega-5Stelle non cambierà radicalmente, è difficile aspettarsi un miglioramento della situazione economica del nostro paese, e non saranno certo i risultati elettorali, complessivamente positivi per almeno uno dei due partiti al governo, a far cambiare i meccanismi di funzionamento del sistema economico.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
L’ASSETTO PREVISTO PER AGGIRARE LE REGOLE
Il nuovo assetto del MoVimento 5 Stelle annunciato da Luigi Di Maio servirà ad aggirare la
regola dei due mandati?
Il Giornale racconta oggi che il progetto è «staccare il personale parlamentare e ministeriale da quello che si occuperà del partito».
Una riorganizzazione che, in futuro, permetterebbe anche di aggirare il limite dei due mandati, «occupando» nella nuova struttura interna al M5S tutti quegli esponenti diventati incandidabili a causa di una delle regole auree «a cui Davide non ha intenzione di rinunciare», fanno sapere gli amici di Casaleggio.
Così, grazie a questa strategia, resterebbe in piedi anche l’ipotesi, circolata negli scorsi giorni, di uno «stipendio extraparlamentare» da consegnare a chi non potrà essere rieletto.
Appurato l’obiettivo finale, ora tocca seguire le convulsioni delle ultime ore.
Il primo segnale della trasformazione è arrivato ieri, con le dimissioni di Riccardo Fraccaro, ministro ai Rapporti con il Parlamento, dal collegio dei probiviri del Movimento. Con Fraccaro ha lasciato l’organismo disciplinare interno la senatrice Nunzia Catalfo, presidente della Commissione lavoro a Palazzo Madama.
I due saranno sostituiti a breve da due nuovi componenti, che saranno scelti con una votazione su Rousseau.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
REPORT AVEVA EVIDENZIATO LE ANOMALIE NEI DOCUMENTI PRESENTATI DA BANNON … NON ERA INDICATO COSA LA DIGOS CERCASSE ESATTAMENTE
“Ieri mattina la redazione di Report ha avuto una visita inaspettata: un funzionario Digos si è presentato di buon ora chiedendo di poter entrare nella palazzina della Rai per un mandato di perquisizione ma senza voler spiegare in un primo momento per quale inchiesta o autore”.
E’ quanto denuncia Articolo 21 sul suo sito, spiegando che “grazie alla fermezza della redattrice presente che non ha dato l’autorizzazione alla vigilanza e alla pronta risposta di Fnsi e Usigrai che si sono mobilitati, avvertendo l’amministratore delegato Salini e facendo circolare la notizia su Twitter, all’arrivo dei responsabili della redazione il mandato si è rivelato essere solo mirato all’acquisizione di documentazione”.
Ad interessare gli investigatori, si legge, i documenti che hanno portato l’inviato Giorgio Mottola a realizzare l’inchiesta su Steve Bannon e la Certosa di Trisulti, andata in onda lo scorso 29 aprile.
Nell’inchiesta “Tu vuò fà l’americano”, Report aveva evidenziato tutte le anomalie e le incongruenze nei documenti presentati al Ministero dei Beni Culturali dall’associazione di Steve Bannon e Benjamin Harnwell Dignitatis Humanae Institute, che si era assicurata la concessione della gestione del monastero del 1200, dove aveva dichiarato di voler organizzare una scuola di formazione politica sovranista e anti papa Bergoglio.
“Un interesse curioso, questo di Digos e magistrati – sostiene Articolo 21 – innanzitutto, non hanno prelevato nessun documento, anche perchè, come chiarito fin dal primo momento dai giornalisti del programma di Rai 3, Report non conserva presso la redazione alcuna documentazione sulle inchieste condotte e in via di realizzazione, proprio per proteggere le proprie fonti; peraltro, nel caso dell’inchiesta sulla concessione per Trisulti, i documenti erano tutti scaricabili dal sito del Ministero, in quanto relativi a un bando pubblico. Peraltro non è stato chiesto neanche un contatto con l’autore del servizio, che pure, forse, avrebbe potuto fornire elementi aggiuntivi. Ma a quanto pare non erano richiesti”.
Proprio ieri mattina il Mibac ha reso noto di aver avviato l’iter per revocare la concessione dell’abbazia all’associazione di Bannon e Harnwell.
La decisione è arrivata dopo il parere dell’Avvocatura di Stato che ha ravvisato irregolarità nell’aggiudicazione del bando, come dimostrato nell’inchiesta di Report.
L’ispezione era partita dopo il ricorso in autotutela presentato da un comitato di cittadini che fin dall’insediamento della Dignitatis Humanae ha protestato contro l’assegnazione del bene di proprietà dello Stato all’associazione di Bannon per 19 anni.
“Naturalmente ben venga un’indagine della magistratura sulla vicenda – scrive ancora Articolo 21 – Tuttavia, ci chiediamo il perchè di una visita inquietante e, in apparenza, senza un obiettivo definito. Sempre che l’indagine riguardasse solo l’eventuale illecito relativo al bando per l’assegnazione della Certosa. Nell’inchiesta di Mottola, infatti, si raccontava la stretta collaborazione tra Bannon e Salvini grazie alla mediazione di Federico Arata, figlio di Paolo Arata, consigliere della Lega per le questioni energetiche e ora indagato per una presunta mazzetta da 30mila euro che sarebbe finita all’ex sottosegretario Siri, nonchè sospettato dalla procura di Palermo di essere socio occulto di Vito Nicastri, presunto prestanome di Matteo Messina Denaro. Ma si ricostruiva anche il giro, in ambiente vaticano, di raccomandazioni e lettere indirizzate a papa Bergoglio con cui alti prelati hanno perorato la causa della Dignitatis Humanae Institute, descritta come un sodalizio ispirato ai principi francescani. In pratica, il lupo veniva dipinto da agnello. Una storia oscura con grandi interessi e grandi trame che il giornalismo investigativo di Report ha contribuito a svelare. Infastidendo forse qualcuno”.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
I DATI DEL MINISTERO LO SMENTISCONO… E’ LA POVERTA’, NON SONO GLI IMMIGRATI, LA CAUSA
La tubercolosi è una malattia infettiva entrata spesso nel dibattito politico negli ultimi anni
perchè colpisce molti migranti.
Anche oggi il ministro dell’interno leghista Matteo Salvini ha ribadito, dopo aver detto che tutti hanno il diritto alle cure, che “agli immigrati purtroppo va il record di tbc e scabbia”. Il vicepremier ha risposto a Marcello Lanari, direttore della pediatria di urgenza del Sant’Orsola di Bologna, che al congresso dei medici dei bambini aveva detto che certe malattie “non sono causate dai migranti, come qualcuno vuole far credere, ma dall’aumento della povertà “.
Ecco come stanno le cose.
I dati sulla tubercolosi li raccoglie Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.
Nel 2017 in Italia i casi segnalati sono stati 3.944, cioè 6,5 ogni 100.000 abitanti. Tra i malati, gli immigrati sono circa i due terzi, cioè 2.600.
Va chiarito che il numero di casi negli ultimi anni non è cresciuto, anzi, a partire dal 2010, quando le notifiche erano circa 7,8 ogni 100.000 abitanti, c’è stata una continua decrescita, fino al 2015, quando sono risalite per poi scendere di nuovo, appunto, nel 2017.
Dunque, dal punto di vista sanitario non c’è alcun allarme e comunque il numero assoluto di casi (all’interno del quale comunque cresce la quota di migranti) resta contenuto in un Paese da 60milioni di abitanti come il nostro.
E del resto, in Europa, l’Italia è tra i Paesi dove l’incidenza è più bassa.
Nei Paesi dell’Unione infatti la media è di 10,7 per 100.000 abitanti in quelli europei fuori dall’Unione si sale a 56,3.
Per fare alcuni esempi, hanno più casi dell’Italia il Belgio (8,6), la Croazia (8,9), la Francia (7,7), la Germania (6,6), l’Ungheria (7), la Polonia (15,2), il Portogallo (17,5), la Spagna (9,8), il Regno Unito (8,5).
La situazione è peggiore nei Paesi dell’Est, con la Russia che arriva al 79,3.
Giovanni Rezza, responsabile delle Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità spiega che “La tbc è una malattia della povertà insieme a Hiv e Malaria, come ha detto l’Oms. Non è però diffusa solo in Paesi poveri. Ci sono moltissimi casi anche nell’Europa dell’Est, ad esempio”.
Riguardo all’ipotesi che sia portata dagli immigrati, Rezza dice: “Ci sono due categorie di cui tenere conto. Intanto tra gli italiani la maggior parte dei casi riguardano anziani, che magari erano stati infettati da giovani. La malattia si latentizza e non dà segni di sè finchè il microbatterio si sveglia a causa di una immunosoppressione, anche dovuta a altre patologie. L’altra categoria è quella degli immigrati, in genere più giovani. Si tratta di persone che magari vengono da Paesi dove c’è una grande diffusione della malattia.
L’infezione se la portano dietro e poi in una certa percentuale di casi la sviluppano anche per le condizioni di vita precarie e in generale povere in cui si trovano in Italia”.
Il contagio comunque non è facile. “Il fatto che il numero dei casi sia stabile negli ultimi anni ci dice che tanti contagi non ci sono. Per trasmettere la malattia ci vuole un contatto abbastanza stretto e prolungato, non basta andare sullo stesso autobus”.
L’ultimo focolaio di malattia scoppiato nel nostro Paese, tra l’altro, è partito da un’italiana. Nell’aprile scorso nel trevigiano si sono contati una sessantina di casi, partiti da una maestra che non si è fatta controllare dal medico malgrado avesse i sintomi di un problema respiratorio perchè temeva di avere un tumore.
Riguardo alle terapie, “in un Paese avanzato come il nostro – dice Rezza – la tbc è curabile. Le forme pericolose, quelle multiresistenti ai farmaci, da noi si vedono poco”.
Discorso assai diverso vale per la scabbia. “Quello è un problema banale. Si tratta di una parassitosi cutanea, non mette a rischio la vita – chiude Rezza – Si cura facilmente con i farmaci. Di certo è un altro mondo rispetto alla tubercolosi”.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELLA FEDERAZIONE STAMPA: “NON SI PUO’ TACERE SU QUESTI ABUSI, FARE CHIAREZZA SUBITO”
Una vicenda preoccupante quella che arriva da Aversa, nel Casertano: poco prima del comizio del ministro dell’Interno Matteo Salvini che si è poi tenuto in piazza Municipio infatti, un fotoreporter presente sul posto è stato minacciato di arresto dalla polizia, come fatto sapere dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e dal Sindacato Unitario Giornalisti della Campania.
Fabio Sessa, questo il nome del fotoreporter, sarebbe stato costretto a cancellare tutte le foto scattate fino a quel momento.
La notizia è stata diffusa dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana stessa, che ha deciso di diffondere una nota co-firmata dal Sindacato Unitario Giornalisti della Campania, nella quale oltre alla solidarietà al fotoreporter ha sottolineato la richiesta di chiarezza su questa vicenda
Il comunicato congiunto di Fnsi e Sugc
Prima del comizio del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in piazza Municipio ad Aversa, quando la situazione era assolutamente tranquilla, la polizia ha fermato il fotoreporter Fabio Sasso e dopo averlo minacciato di arresto, non si sa per quale reato, lo ha costretto a cancellare tutte le foto scattate. È l’ennesimo preoccupante abuso da parte delle forze dell’ordine, abusi sui quali, non si può tacere. È necessario fare chiarezza sul caso denunciato dal collega. In un Paese democratico la libertà di informare deve essere garantita in ogni modo e soprattutto da coloro che dovrebbero tutelare l’ordine. La deriva che si sta prendendo apre scenari preoccupanti.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2019 Riccardo Fucile
MISURE CONCRETE E NUOVO MODELLO DI SVILUPPO
Dopo la vittoria alle elezioni europee i Verdi stilano le loro richieste all’Europa. Grazie
“all’effetto Greta”, grazie ai giovani di mezza Europa che domenica scorsa hanno votato in massa i partiti ambientalisti, Ska Keller e Bas Eickhout, i due leader dei Verdi al Parlamento di Strasburgo, stanno preparando il mandato negoziale per imporre la loro agenda se Popolari, Socialisti e Liberali, come ormai appare scontato, li vorranno nella grande coalizione europeista chiamata a neutralizzare i sovranisti nella prossima legislatura Ue.
Spiega Alberto D’Argenio su Repubblica:
Le richieste dei Verdi che condizioneranno il prossimo presidente della Commissione e il Parlamento guardano anche al bilancio Ue 2020-2027 in gestazione. Keller ed Eickhout puntano a stralciare le decine di miliardi previsti per finanziare i fossili: basta soldi a carbone e infrastrutture inquinanti cari ad alcuni paesi come Spagna, Italia, Polonia e Germania. Infine gli investimenti, con l’intento di cambiare radicalmente EuInvest, l’erede del “piano Juncker” che distribuirà miliardi alle industrie europee nel prossimo lustro
I Verdi chiederanno di ridefinire il concetto di investimenti pro ambiente, stralciando ad esempio quelli per il carbone pulito o per i gasdotti: per quanto meno inquinanti, non sono a impatto zero.
E poi stop alla plastica, lotta all’inquinamento dell’aria, dell’acqua (si punta a portare al 20% le aree marine protette) e niente chimica, ormoni e Ogm negli alimenti. Infine tanta efficienza energetica, con un grande piano di investimenti Ue che permetta di aumentarla ricordando che ogni punto percentuale di dispersione eliminato produce 300mila posti di lavoro e abbassa del 4 per cento la bolletta del gas.
Insomma, mentre in Italia i gretinetti prendevano per il culo i gretini, questi hanno l’occasione di dettare l’agenda politica dell’Unione Europea.
(da “NextQuotidiano”)
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