Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
ESILARANTE AUTOGOL DI CAPITAN NUTELLA SULL’EVASIONE DEL BOSS DELLA ‘NDRANGHETA MORABITO: ATTACCA IL GOVERNO DI MONTEVIDEO QUANDO FAREBBE MEGLIO A GUARDARE A CASA PROPRIA
Un’evasione da film. Rocco Morabito, “Il Tamunga”, uno dei più pericolosi broker della droga che la ‘ndrangheta abbia a disposizione è tornato ad essere un’ombra.
E’ evaso dal carcere di Montevideo, dove era detenuto in in attesa dell’esecuzione dell’estradizione, già deliberata dalla Corte d’Appello il 29 marzo scorso.
“È sconcertante e grave che un criminale come Rocco Morabito, sia riuscito a fuggire da una galera dell’Uruguay mentre era in attesa di essere estradato in Italia” — ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Insomma, oggi tocca al governo uruguagio essere bersaglio delle accuse di Capitan Nutella, come se fosse un Paese poco raccomandabile, se non corrotto.
Peccato che nelle stesse ore a Trapani, nell’Italia della sicurezza sovranista, un detenuto è evaso dal carcere di San Giuliano semplicemente scavalcando il muro di cinta.
Alle 15, gli agenti della polizia penitenziaria sono andati nel cortile dell’ora d’aria, per riportarlo in cella. Ma il detenuto non c’era più.
Leke Luca, 34 anni, in carcere per traffico di droga, è sparito dalla casa circondariale di Trapani. E’ evaso scavalcando il mura di cinta. Roba da acrobati, e non sarebbe la prima volta. E’ scattato subito l’allarme attorno al “San Giuliano”: pattuglie di polizia e carabinieri stanno eseguendo posti di blocco e battute.
Una cosa è certa, Leke Luca aveva già una condanna per evasione, non è nuovo a questo tipo di imprese acrobatiche.
Magari bastava tenerlo d’occhio e destinargli le stesse attenzioni che normalmente Salvini rivolge alle Ong.
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
IL SILENZIO DI GRILLO E DI FICO, I VELENI SU DI BATTISTA
Lo ha fatto dopo la batosta del 26 maggio, lo ha rifatto in ordine sparso negli ultimi giorni, dopo i primi affondi di Alessandro Di Battista. Luigi Di Maio ha sentito tutti gli uomini al vertice del Movimento 5 stelle, ripetendo la domanda: “Sei con me? Andiamo avanti?”.
Una vera e propria chiamata a una responsabilità collettiva. Le risposte sono state tutte unanimi: “Andiamo avanti” ( e ci credo, sono in ballo stipendi mai visti)
Una telefonata è mancata tra i tanti (Beppe Grillo, Davide Casaleggio, Roberto Fico, i ministri quasi tutti) tra quelli che invece erano seduti al gran vertice del Mise: quella ad Alessandro Di Battista.
Chi ha sentito il capo politico M5s in queste ore lo racconta ancora furente. Per il gioco a nascondino con la Lega su conti e futura manovra. Per l’incapacità o probabilmente l’impossibilità di capire a che gioco stia giocando Matteo Salvini. E per il fronte interno che ribolle per le parole di Di Battista.
“Gli ho detto che fino al 20 luglio deve tenere un profilo basso, ma non lo sta facendo”, ha spiegato Di Maio ai suoi interlocutori.
Ecco, la fatidica data del 20 luglio. Quella genericamente individuata come ultima data utile per poter votare a settembre in caso di scioglimento delle Camere. Luca Carabetta, uomo che ha consuetudine con il leader, la mette giù morbida: “Tanti di noi per la prima volta sono in Parlamento, al governo non ci eravamo mai stati. È normale che siamo tutti contenti di lavorare, e di continuare a farlo per poter realizzare cose concrete”. Quando gli si parla del “partito del 20 luglio”, si mette a ridere e ripete: “C’è un paese da cambiare”.
Il punto è tutto lì: scavallare la data limite per andare alle urne a settembre, far chiudere la finestra del voto e poi ripartire. Non a tutti i costi, ma quasi.
È un partito che ha radici profonde nel corpaccione parlamentare, che affonda le radici nelle percentuali dimezzate, nelle proiezioni di seggi falcidiati. E nella regola del doppio mandato.
Sentite un uomo ai vertici del Movimento: “I peones potranno pure perdere il posto. Ma il messaggio di Alessandro, quando parla di deroga, parla ai capi cordata, a quelli che decidono, che organizzano le truppe”.
Sì, ma l’interesse qual è? “Un cambio di leadership, tornare a fare casino, ad avere una tribuna da cui poter attaccare senza avere in mano la responsabilità ”.
Così, dividendo il campo, c’è il partito del 20 luglio che butta acqua sul fuoco delle polemiche. E quello dei settembristi che scalcia, provando a creare l’incidente, le condizioni perchè tutto vada a scatafascio.
È da qui che scaturisce la rabbia del capo politico, impegnato a un gioco del gatto con il topo con Salvini. E subito sono partiti i veleni.
Raccontano che oggi a Di Battista venga rinfacciato di aver rifiutato la candidatura a sindaco di Roma, l’offerta di candidarsi capolista in tutte le circoscrizioni alle europee, di essere andato a rivendicare dal leader la necessità di uno stipendio, di un lavoro.
I soldi, sempre i soldi, eterno argomento di ritorno quando si vuole screditare l’avversario interno. Con i corollari di un’intellighenzia con Marco Travaglio, ormai visto come vero e proprio avversario gialloverde, degli emblematici silenzi sospetti di Beppe Grillo e Roberto Fico.
Un clima di veleni e sospetti. Gianluigi Paragone si sfila: “Domani esco con il mio libro, che parla del paese reale. Siete voi giornalisti romani che vedete solo il Palazzo, a Rovigo e Rovereto non glie ne importa nulla”.
Ma si scrolla di dosso i sospetti: “Non vedo nessuna possibilità di andare al voto. Nessuna. Spiegatemi chi è così matto da voler andare al voto”.
Poi saluta e schizza via, lui che è stato additato come il traditore.
Sentite Devide Tripiedi, pasdaran dimaiano: “Tradisce Luigi, come ha tradito la Lega”. Sono flebili le voci di chi accredita il dibattito interno, la legittimità delle idee di tutti, la discussione interna.
È in atto un violentissimo scontro interno, dagli esiti incerti. E, per dirla con Aldo Giannuli, che del Movimento ne sa qualcosa, Di Maio divide “chi gli dà ragione da quelli che hanno torto”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
BEN 1.100 SONO ARRIVATI DA SOLI E 700 A BORDO DELLA GUARDIA COSTIERA E DI NAVI DELLA MARINA ITALIANA
Dei 2.515 immigrati arrivati via mare in Italia nel 2019 le Ong ne hanno sbarcati solo 173, praticamente il 7 per cento. Le uniche due navi umanitarie rimaste ad operare nel Mediterraneo, la Sea Watch 3 e la Mare Jonio di Mediterranea, sono riuscite ad approdare in porti italiani solo quattro volte, due a testa.
Cifre che confermano non solo come le Ong non costituiscano un fattore di attrazione per i trafficanti di uomini, ma soprattutto come gli scafisti abbiano già adeguato le loro strategie per continuare a rendere fruttuoso il business, da alcuni mesi rialimentato dai continui soccorsi di gommoni da parte della Guardia costiera libica: riporta indietro i migranti che finiscono per pagare più volte il viaggio.
A fronte del minimo storico di approdi da parte delle Ong, è in costante aumento il numero dei cosiddetti sbarchi fantasma.
Sono già 1.104 i migranti arrivati con barchini, da soli o trainati da navi madre come il peschereccio sequestrato sabato dalla Guardia di finanza, o con le barche a vela che arrivano sulle coste di Sicilia, Calabria e Puglia dalla Turchia.
Poco più di 700 infine le persone soccorse e sbarcate in porti italiani da navi della Guardia costiera e della Marina militare
Molto diversa dagli anni scorsi, conseguentemente, la mappa delle nazionalità delle persone che riescono ad arrivare in Italia: tunisini, pakistani e iracheni costituiscono più della metà degli immigrati giunti in Italia nella prima metà dell’anno. Gli africani sono meno di un quarto del totale.
(da agenzie)
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
ELIMINARE GLI 80 EURO FAREBBE RISPARMIARE GIUSTO 10 MILIARDI DA DESTINARE AI REDDITI MEDIO ALTI: E’ LA “GIUSTIZIA SOCIALE” DEI SOVRANISTI, SOLITI MAZZIERI AL SERVIZIO DEI POTERI FORTI
Il tormentone dell’estate 2019 è la Flat Tax. Matteo Salvini la vuole così tanto che continua ad abbassarne il costo. Partito da 30 miliardi qualche giorno fa ha detto che per fare quello che ha in mente gliene bastano dieci, salvo oggi risalire a 15-2
La domanda però non è quanto ma come. Perchè sia che si tratti di 30 miliardi sia che si parli di “solo” 10 miliardi il problema è che i soldi non ci sono.
E questo è solo uno dei problemi, l’altro è che la tassa piatta è una misura che andrà a vantaggio dei più abbienti finendo così per aumentare le disuguaglianze sociali. Chissà cosa ne potrà pensare la Corte Costituzionale in proposito.
In che modo quindi Salvini pensa di far saltare fuori quei dieci miliardi?
La sceneggiatura della telenovela del Cambiamento prevede ancora numerose puntate dove i protagonisti litigheranno tra loro, con l’Unione Europea oppure si dedicheranno ad altro preoccupandosi di vietare con misure via via più assurde di far sbarcare i migranti sulle nostre coste.
C’è però chi scommette che alla fine i soldi si troveranno e che la Flat Tax si farà sul serio. Salvini non è disposto a mettere nel cassetto questa promessa. E allora come potrebbe realizzarla?
Secondo il deputato PD Luigi Marattin il governo troverà i soldi necessari togliendo il bonus IRPEF degli 80 euro (che vale appunto una decina di miliardi di euro) e qualche altra detrazione. Certo qualcuno si lamenterà perchè gli 80 euro fanno comodo ma dal momento che è una misura “renziana” difficilmente nella maggioranza ci saranno quelli che avranno il coraggio di difenderla.
Il gioco delle tre carte inizia: una volta “risparmiati” quei dieci miliardi sarà possibile procedere con l’introduzione della “Flat Tax”.
Qualcuno sarà scontento, perchè degli 80 euro ne beneficiano i redditi più bassi e qualcuno invece festeggerà perchè invece gli rimarrà in tasca qualcosa di più.
Curiosamente è proprio a partire dalla soglia di reddito in cui il bonus degli 80 euro non viene più erogato (sopra i 25 mila euro annui) che la Flat Tax diventa conveniente per il contribuente.
Continua Marattin: «a livello formale/contabile, quest’operazione abbasserà la pressione fiscale dello 0,6% del Pil: è noto infatti che gli 80 euro, contabilmente, sono maggiore spesa e non minore entrata. Se li si trasforma in detrazione, si può formalmente vantare di aver ridotto la pressione fiscale, anche se per i conti di fine mese delle famiglie italiane non cambia un fico secco».
Chi sarebbe contento di scoprire che il governo con una mano gli ha tolto il bonus Irpef di Renzi per regalare un abbassamento delle tasse a quelli che prendono più di lui?
Pochi, e tra quelli che hanno un reddito fino ai 25mila euro probabilmente nessuno. Il giochetto contabile-propagandistico però potrebbe funzionare, se non altro per poter portare “a casa” un’altra promessa del contratto: quella di abbassare la pressione fiscale. Per la gioia di tutti coloro che potranno dire che la Lega mantiene le promesse e abbassa le tasse.
L’aspetto comico di questa vicenda è incarnato oggi dal viceministro leghista dell’Economia Massimo Garavaglia che oggi intervistato a Circo Massimo su Radio Capital non ha risposto alla domanda sulle coperture per la tassa piatta. «Quali sono le coperture della flat tax? Non le dico altrimenti Di Maio me le ruba» ha detto uno di quelli che dovrebbe spiegare agli italiani (e non solo a Di Maio) dove la Lega intende trovare i soldi.
Forse al governo pensano di essere come quando a scuola non si voleva far copiare il compito al compagno antipatico? Eppure dovrebbero lavorare tutti allo stesso obiettivo. A stretto giro di posta la replica del vicepremier pentastellato il quale da Taranto fa sapere che «Non è il caso di giocare a nascondino con 15 miliardi per fare la flat tax, non devono dirlo a Di Maio ma a tutti gli italiani».
Di Maio ha anche aggiunto di sperare che «siano 15 miliardi freschi, di risorse che non tolgono nulla agli italiani», un’affermazione che sembra escludere una rimodulazione degli stanziamenti per gli 80 euro.
Per il M5S la priorità è quella di disinnescare le clausole di salvaguardia sull’aumento dell’Iva. Già , perchè la Lega ha promesso di non far aumentare l’Iva e di fare la Flat Tax, ma c’è una certa reticenza a dire dove sono i soldi.
(da “NextQuotidiano“)
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
“TU PIUTTOSTO COME TROVI I MILIARDI PER IL SALARIO MINIMO?”… “ALLORA NON TE LO DICO NEANCHE IO”… E’ IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO DEI PANNOLINI
Ci perdonerà il lettore se abusiamo per l’ennesima volta del genio di Ennio Flaiano, ma non ci sono parole migliori per definire la politica ai tempi dei gialloverdi: la situazione è grave, ma non è seria.
Sentite Massimo Garavaglia a Circo Massimo su Radio Capital, di professione viceministro dell’Economia, uno degli uomini in cima alla filiera di comando dei conti pubblici italiani: “Le coperture per la flat tax non le dico, se no Di Maio me le ruba”.
Appena ieri il suo leader, Matteo Salvini, intervistato a torso nudo su una spiaggia di Milano Marittima in una situazione a cavallo tra echi putiniani e suggestioni vanziniane, spiegava che la flat tax costerà 15 miliardi, e che le coperture ci sono, sicuro, ma le svelerà al momento giusto.
Peccato che la tassa piatta (che piatta in realtà non è) abbia avuto negli ultimi giorni un andamento a fisarmonica nel dichiarazionificio di via Bellerio, partendo da 12 miliardi, contraendosi a 10 fino a riespandersi a 15 sotto il caldo sole di fine giugno.
Non pago, Garavaglia ha rilanciato poco dopo sul salario minimo (“Vediamo quanto costa e chi paga”) e taglio del cuneo fiscale (“I 5 stelle avranno delle idonee coperture…”).
Una risposta a quanto detto dal capo politico M5s poco prima: “La flat tax costa 15 miliardi? Ho sentito Garavaglia dire che non dice dove li trovano perchè se no gliele rubiamo, ma non è il caso di giocare a nascondino con 15 miliardi di euro”.
Salvo non scoprire nessuna carta, nè sul salario minimo nè sul taglio del cuneo fiscale, soprattutto quest’ultima misura assai pesante a livello di costi se fatta come richiesto dal mondo delle aziende.
Occorre un attimo uscire dal vortice delle dichiarazioni, delle tattiche, degli spin e delle strategie per allargare il campo e avere una visione più larga.
Ci sono due partner di governo, che si trovano di fronte una montagna di 23 miliardi di euro da scalare — quelli che dovranno essere messi in manovra per evitare che aumenti l’Iva — e approcciano la prossima finanziaria dicendo di avere in cantiere due riforme dal forte impatto economico.
E che invece di sedersi a un tavolo per trovare un punto di caduta di per sè già complicatissimo per far quadrare i conti, si esercitano nel “prima tu, no prima tu”, un teatro dell’assurdo sulla materia che forse meno si presta a essere trattata in tal modo tra quelle nelle mani di un politico.
Un’incredibile sarabanda di tattica comunicativa che è un tunnel di brevissimo respiro che in fondo non ha un’uscita. Per dirla con Jean Paul Sartre: “Ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere”.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
“SE ARRIVA UN MUSULMANO CRIMINALE E’ LA STESSA COMUNITA’ MUSULMANA CHE MI AVVERTE PERCHE’ SI SENTE PARTE INTEGRANTE DELLA CITTA’ E IO CHIAMO IL QUESTORE”… IN CITTA’ LA DISOCCUPAZIONE E’ IN COSTANTE CALO E PALERMO E’ STATA RICONOSCIUTA DALL’ISTAT COME LA CITTA’ PIU’ SICURA D’ITALIA
“Oggi Palermo è la città più sicura d’Italia anche grazie ai migranti. Se arriva in città un musulmano criminale, i musulmani che abitano a Palermo mi avvertono e io chiamo il questore” Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
Al Sud Italia alcune regioni hanno il maggior tasso di disoccupazione in tutta l’Europa, tra queste c’è la Sicilia. “In questo quadro bisogna cogliere alcuni segnali – ha affermato Orlando -. A Palermo la città è profondamente cambiata, non credo ci sia città in Europa più cambiata di Palermo a livello culturale. Questo cambio culturale ha anche effetti. Sia una città accogliente, sicura, non cara, il report dell’Istat dice che siamo la città più sicura d’Italia. Siamo la terza città turistica italiana. Da 3 anni la disoccupazione è in costante calo. Ci sono segnali di presenza di investimenti internazionali che erano impensabili fino a qualche anno fa. L’azione di una città passa attraverso il coinvolgimento dei cittadini. E’ evidente che oggi una città come Palermo che si apre dà opportunità di lavoro a chi parla più lingue. Utilizziamo al meglio i fondi europei, con decine di sturtup e imprese giovanili. C’è un percorso di ritorno a Palermo da parte di persone che erano andate via. I giovani palermitani devono andarsene all’estero quando compiono di 18 anni, per poi tornare avendo una marcia in più. Oggi se vuoi operare in una città come Palermo devi conoscere una lingua. Il mio obiettivo è mettere i figli in contrasto coi genitori, che ragionano secondo vecchie logiche. Anche a Bari si sta verificando questo tipo di cambiamento, anche se devo dire che a Bari c’è una regione più presente. La regione Sicilia finora è stata disattenta rispetto ai tempi che cambiano. Noi abbiamo avuto un altro dato importante rispetto ai giovani: la diminuzione degli inattivi, dà il segno che c’è un fermento di impegno lavorativo. Oggi stiamo lanciando l’animazione delle periferie, anche con la presenza di Bed and Breakfast, che comportano una modifica della qualità dell’offerta e dell’accoglienza”.
Sull’accoglienza e l’integrazione dei migranti, Leoluca Orlando ha spiegato: “Considero i migranti come i palermitani. Danno il contributo allo sviluppo e all’internalizzazione della città e anche alla sicurezza della città . Se arriva in città un musulmano criminale, i musulmani che abitano a Palermo mi avvertono e io chiamo il questore, perchè si sentono parte della città e la difendono. Questo non accade a Parigi e a Bruxelles, dove gli immigrati vengono trattati male”.
(da agenzie)
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
QUESTE LE PREVISIONI DEI TECNICI, POI VEDREMO COME ANDRA’ A FINIRE
La combinazione tra dinamismo della metropoli e fascino delle Dolomiti è una delle chiavi che hanno aperto la porta del successo alla candidatura Milano-Cortina per le Olimpiadi e le Paralimpiadi invernali 2026 (6-22 febbraio e 6-15 marzo).
Un progetto che punta sulla sostenibilità , con costi stimati per 1.3 miliardi di euro, con ricadute economiche positive sul Pil per 2.3 miliardi secondo uno studio de La Sapienza, con possibilità di ricavi fino a 3 miliardi di euro secondo un’analisi della Bocconi.
Le Olimpiadi sono un grande affare. Ben tre università si sono occupate di valutare le ricadute economiche dei Giochi Invernali del 2016.
La Sapienza che ha dato una previsione complessiva, la Bocconi che si è focalizzata su Milano e la Lombardia e poi Cà Foscari che si è occupata in particolare delle ricadute su Cortina e sul Trentino Alto Adige.
Secondo la Sapienza “i Giochi invernali contribuiranno positivamente alla crescita dell’economia: gli incrementi del Pil tra il 2020 e il 2028 vanno da 93 a 81 milioni annui. La crescita cumulata del prodotto raggiunge un massimo finale complessivo di circa 2,3 miliardi nel 2028”.
La Bocconi si spinge più avanti e parla di 3,2 miliardi. I posti di lavoro generati nelle varie fasi (dalla preparazione fino alla conclusione e anche oltre) sono più di 22.300 di cui 13.800 in Veneto, a Trento e a Bolzano e 8.500 in Lombardia.
Questi studi hanno corredato il progetto italiano presentato a Losanna. Il dossier di Milano-Cortina divide le gare in quattro ‘cluster’ fra Lombardia, Veneto e le province di Trento e Bolzano: Milano, Valtellina, Cortina e Val di Fiemme.
La cerimonia di apertura davanti agli 80mila spettatori dello stadio di San Siro sarebbe la più partecipata nella storia dei Giochi invernali insieme a Pechino 2022.
Quella di chiusura andrebbe in scena nel suggestivo scenario dell’Arena di Verona. Insomma, una nuova Expo, che però durò 6 mesi contro i 17 giorni dell’Olimpiade; con ricadute anche per le casse statali: un rapporto elaborato dalla Sapienza fissa in 602 milioni gli introiti per l’erario, a fronte dei 415 milioni che dovranno essere stanziati per sostenere i costi legati alla sicurezza.
Secondo la Bocconi per ogni euro investito (la Lombardia mette a disposizione complessivamente 321 milioni) ne ‘torneranno’ 2,7, con un vantaggio totale di 868 milioni.
Il 93% delle 14 sedi di gara è già esistente (10, di cui 4 saranno ristrutturate) o temporanea (3), solo una andrebbe costruita da zero (da investitori privati): è il PalaItalia milanese a Santa Giulia (15mila spettatori) per l’hockey, che sarà affiancato dall’Arena Hockey Milano da 7mila posti (l’ex Palasharp da ristrutturare).
In Valtellina le medaglie dello sci alpino maschile sarebbero assegnate sulla pista Stelvio di Bormio, una delle più spettacolari al mondo.
Per lo sci alpino femminile è prevista un’altra sede, a Cortina, sulla Tofane, e questo ha sollevato i dubbi del Cio. Le Medal Plazas verranno allestite in piazza Duomo a Milano e a Cortina.
Le previsioni economiche non tengono conto di tante altre, e persino più sostanziose, voci: dai costi che sosterranno le delegazioni dei paesi partecipanti a quelle che serviranno per permettere ai giornalisti di raccontare l’evento, per non parlare delle migliaia di visitatori e appassionati di sport invernali.
Tutte queste persone spenderanno per mangiare, dormire, muoversi, ma anche per visitare luoghi e divertirsi, con un giro d’affari che potrebbe toccare un controvalore complessivo – incluso l’indotto – di quasi 1,5 miliardi.
Per quanto riguarda invece le aree destinate a subire un profondo rinnovamento e una totale riqualificazione, basterebbe ricordare (oltre ai lavori allo stadio San Siro destinato a ospitare la cerimonia inaugurale) la trasformazione dell’ex Scalo di Porta Romana dove sorgerà il Villaggio olimpico. Insomma, benefici diffusi per immagine, conti, occupazione, lasciti futuri, che i cittadini sembrano aver colto, come dimostrano i sondaggi che in Italia sembrano sfociare in un plebiscito a favore dei Giochi, mentre la Svezia era ben più tiepida: 34% i favorevoli, 37% i contrari, il 29% non sa (dati Ipsos).
Passando alla parte operativa, cioè ai costi legati all’attività del comitato organizzatore (stipendi per il personale, costi di marketing, promozione, pubblicità , spese di rappresentanza, viaggi, trasferte, costi per servizi, consulenze e così via) e all’allestimento dei Giochi (cerimonie di apertura e chiusura, spese vive per le gare) una prima stima porta a 1 miliardo e 200 milioni.
Quindi, al momento, escluse le infrastrutture viarie, i Giochi 2026 costerebbero poco più di un miliardo e mezzo.
Ci sono due tipologie di spese. Infatti, mentre gli investimenti in impianti e infrastrutture saranno a carico del Paese organizzatore, per la spesa operativa il Cio interverrà con un contributo, stimato ad oggi intorno ai 900 milioni. Il Comitato olimpico gestisce direttamente le tre principali fonti di entrata: diritti televisivi, top sponsor e fornitori ufficiali
Con questi introiti sostiene la quasi totalità della spesa operativa. Le voci di fatturato gestite dal comitato organizzatore locale sono: i biglietti; gli sponsor (non in conflitto con quelli del Cio) e il merchandising sul territorio nazionale.
Non ci si può comunque dimenticare di come, nonostante i protocolli su legalità e anticorruzione, Expo abbia prodotto la famigerata “cupola degli appalti” che aveva fatto gridare a una nuova Tangentopoli e abbia messo a dura prova il sistema dei controlli, con 64 interdittive antimafia (di cui due poi annullate) emesse dalla prefettura.
Perchè, com’è ovvio, dove ci sono i soldi e le grandi opere si annida anche l’interesse criminale. Il rischio non è rappresentato solo dalla criminalità organizzata, ma anche, più in generale, da quello che Raffaele Cantone ha definito il “male italiano”: la corruzione.
Vedremo come andrà realmente a finire
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
DI MAIO E DI BATTISTA, DUE WRESTLER DEL POTERE: FINGONO DI MENARSI SUL PALCO ALLA RICERCA DEL PROSSIMO INGAGGIO
L’esilarante catfight tra Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista ha un qualcosa di nuovo soltanto per la modestia del lessico, l’assenza di temi fondanti, la totale inadeguatezza dei due protagonisti persino alla guida di un’assemblea condominiale, che del resto è la filigrana grillina già dagli esordi: una comunità ostile tenuta insieme dai malumori, dalla delazione e dalle dispute sul nulla.
Quando Di Battista accusa i giornalisti di fomentare diatribe con “l’amico Luigi” e l’altro lancia messaggi nel vuoto lamentandosi chè altri (senza citare chi) scrivono libri contro di lui, pare invece di assistere a una riedizione in minore delle vecchie dispute Dc: Fanfani, Piccoli, Forlani, Zaccagnini, Moro… giganti della Repubblica, specie al cospetto di questa i-nanità , che almeno si muovevano tra le correnti senza manco gualcirsi la giacca.
La Storia insegna che gli italiani hanno la memoria di un pesce nero e quindi potremmo tutti vivere il tempo di assistere alla rivalutazione dei due ex amici.
Intanto si dibattono sul fondo elettorale con la consumata enfasi di due wrestler del potere: vecchie star che fingono di menarsi su un palco alla ricerca della prossima recita e, soprattutto, del prossimo ingaggio.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 24th, 2019 Riccardo Fucile
INTERVIENE LA MERKEL: “ARGINARE GRUPPI EVERSIVI, 24.100 ESTREMISTI NEONAZISTI, LA META’ HA GIA’ COMPIUTO VIOLENZE, RISCHIO TERRORISMO”
Anche Angela Merkel è intervenuta contro l’ondata di preoccupante neonazismo in Germania: parlando a un Congresso della Chiesa Protestante, la cancelliera tedesca ha detto che la serietà del governo per contrastare il neonazismo è massima e ha spinto a vigilare, con la massima urgenza, contro ogni tendenza estremista nella società .
Un rapporto dei servizi segreti rivela una realtà preoccupante: dal 2018, infatti, la Germania ha visto un aumento della violenza da parte delle organizzazioni di destra, con 48 aggressioni denunciate contro le 28 del 2017. Sono in tutto 24.100 le persone bollate come estremisti di destra e la metà di queste ha già compiuto atti violenti.
L’omicidio del politico promigranti Walter Luebcke ha aperto il dibattito e portato all’attenzione dei media un fenomeno sempre più preoccupante: la società tedesca è sempre più violenta, sia nelle parole che nelle azioni.
“È probabile che mano a mano che diminuisce l’attenzione nei riguardi di questi gruppi, aumentino gli atti terroristici”, ha avvertito Gideon Botsch, direttore del gruppo di ricerche su antisemitismo e estremismo di destra del Centro Moses Mendelssohn presso l’Università di Potsdam.
“Questi gruppi hanno sostenuto fino al 2018 il rovesciamento del governo. Volevano sostituire il ‘regime di Merkel’. Ma questo non ha funzionato. Questa frustrazione potrebbe mobilitare nuovamente alcune cellule o radicalizzarle ulteriormente. Abbiamo osservato una dinamica simile negli anni Novanta”.
(da agenzie)
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