Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
IL SOTTOSEGRETARIO LEGHISTA DUE SETTIMANE FA DIFENDEVA I MINIBOT, OGGI AFFERMA “NON SONO VEROSIMILI” E ATTACCA IL SUO COMPAGNO DI PARTITO
Una inversione a U senza precedenti sul tema dei minibot.
A farla è il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti che, appena due settimane fa, difendeva i titoli di Stato di piccolo taglio definendoli come una delle “soluzioni possibili” per risolvere il problema dei debiti della Pubblica amministrazione.
Ed esprimeva apprezzamento nei confronti del presidente della Commissione Bilancio alla Camera Claudio Borghi, autore della proposta sui minibot.
Oggi la retromarcia clamorosa di Giorgetti, unita anche a una nota di discredito nei confronti dello stesso Borghi, compagno di partito.
E dettata forse dall’ipotesi, sempre più probabile, di una nomina a commissario europeo. “C’è ancora chi crede a Borghi? Ma vi sembrano verosimili i minibot? Se si potessero fare, li farebbero tutti”, commenta sferzante il sottosegretario parlando a Losanna con i cronisti che seguono la sessione del Cio per l’assegnazione dei giochi olimpici invernali del 2026.
Giorgetti stava commentando le ultime indiscrezioni di alcuni bookmaker che danno in vantaggio la candidatura di Stoccolma-Are per la Svezia rispetto a quella italiana con Milano-Cortina. “È come per i minibot”, ha ribadito Giorgetti.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
“I CINQUESTELLE NON SONO NIENTE, QUINDI DISPOSTI A TUTTO”
“I grillini abitano in una zona grigia, indecifrabile. Prendono le decisioni in base al numero dei clic che ottengono le loro proposte. Non si capisce bene da chi siano guidati, quali siano le loro regole interne. Non hanno dei reali principi. Oppure, se ce l’hanno, non ce li hanno fatti conoscere. Non sono niente. Dunque, possono essere disposti a tutto”.
Elena Stancanelli è una scrittrice che entra nel campo del cosiddetto impegno con pudore: “Sono convinta che l’unico obbligo del mio mestiere sia stare nella propria stanza a scrivere”. Eppure, meno di un anno fa, quasi assalita dalla realtà e trascinata nel corpo a corpo con la politica, è uscita dalla sua stanza ed è salita a bordo della nave Mare Jonio, una di quelle imbarcazioni delle Ong che il governo in carica considera un pericolo per la sicurezza nazionale
Scesa dalla Mare Jonio, Stancanelli ha scritto Venne alla spiaggia un assassino (Nave di Teseo), un libro nel quale racconta perchè ha superato lo scetticismo sulla partecipazione diretta degli artisti e degli intellettuali nelle vicende politiche ed è andata a dare una una mano ai buoni: “Chi salva le persone in mare è buono per me, forse lo è anche per lei. Non di certo lo è per Matteo Salvini. Per lui, salvare vite umane è un crimine”.
Salvini sostiene di salvare più vite di quante ne salvino le Ong.
E come?
Bloccando gli arrivi. “Meno persone partono, meno persone muoiono”, dice.
È un’ipocrisia. Credo che per Salvini l’immigrazione sia solo il modo più efficace per moltiplicare il consenso elettorale. Non gliene frega niente di chi vive e di chi muore. L’unica cosa che gli interessa è avere più persone possibile che lo applaudano. E ne ha tante.
Perchè, secondo lei?
Perchè se io mi trovo davanti a una persona e gli dico che “gli immigrati devono andare tutti a fare in culo” otterrò una reazione più immediata, che facilmente aderisce al mio messaggio, perchè semplifica, riduce il problema a un sì o un no, dà sollievo. Se, invece, provo a fare un lungo ragionamento sulla complessità delle cose, che in effetti sono molto complesse, è più probabile che quella persona mandi a quel paese me.
Dunque, è necessario salvinizzarsi per competere con Salvini?
Io detesto semplificare. Credo che la vera battaglia sia la battaglia per tenere alto il livello della complessità . Sono esplosa quando Matteo Renzi in un’intervista disse: “Aiutiamoli a casa loro”. Oggi la mia indignazione per quella frase mi sembra sproporzionata, considerato che il governo in carica, in pochi mesi, è riuscito a travolgere qualsiasi tabù sull’omofobia, il sessismo, il razzismo, ritenendo quei confini null’altro che stupide convenzioni politicamente corrette. Però quella semplificazione di Renzi mi sembrò insopportabile. E lo è, infatti.
Allora complico moltissimo: salvare le persone in mare è molto cristiano…
Come dice Luigi Manconi, il diritto del mare è il fondamento di tutti i diritti umani. Se una persona sta annegando, tu hai il dovere di salvarla”
Il problema dell’immigrazione però comincia dopo aver salvato le persone in mare.
E infatti io non penso che chiunque arrivi in Italia sia buono. Io penso che tutti vadano salvati se sono in pericolo di vita. Poi, certo: tra gli immigrati ci sono santi, criminali, puttane, delinquenti, persone perbene, truffatori, come in tutti i gruppi umani. Il punto è far valere per tutti le regole della comunità . Il diritto è concepito proprio per neutralizzare le potenzialità negative delle persone. Basta applicarlo.
Altrimenti?
Altrimenti si corre il rischio di abolire il confine che c’è tra il pregiudizio e la persecuzione. “Le persone — ha scritto Philip Roth — covano risentimenti, si vilipendono, si fraintendono deliberatamente. Ma non per questo arrivano a massacrarsi come hanno fatto i tedeschi con gli ebrei. Di solito nella vita civile c’è, fra pregiudizio e persecuzione, una barriera costituita dalle convinzioni e dalla paura dell’individuo, e dalle leggi, gli ideali e i valori della comunità ”.
In Italia questa barriera rischia di crollare?
Non lo so. Quello che so è che il confine tra il pregiudizio e la persecuzione deve essere presidiato a vista, giorno dopo giorno. In particolare, da chi fa il mio mestiere.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
I COMMENTI DELLA SOLITA FOGNA RAZZISTA SUL WEB
Torino, caserma Cernaia. Con il suo bel sorriso, Badar Eddine Mennani ha giurato per diventare carabiniere. Origini marocchine della famiglia, di religione islamica, Badar si è presentato alla cerimonia insieme ai suoi genitori.
L’immagine della madre con il velo che gli aggiusta l’uniforme dovrebbe renderci orgogliosi e dovrebbe rappresentare il multiculturalismo e la maturità che sul tema ha raggiunto il nostro Paese.
Niente di tutto ciò. Badar Eddine Mennani, ribattezzato il carabiniere musulmano, è stato preso di mira per la sua religione e per la sua famiglia.
Erroneamente, anche per le sue origini: lui è nato in provincia di Caserta, a Santa Maria Capua Vetere ed è italiano a tutti gli effetti.
Non la pensano così le decine di persone che gli hanno rivolto insulti e osservazioni inappropriate sui social network.
Basta guardare nei commenti ai vari articoli pubblicati da diverse testate nazionali e locali.
C’è un sentiment — non maggioritario, fortunatamente, ma estremamente diffuso e anche in maniera capillare — di odio e di risentimento nei confronti della storia di Badar Eddine Mennani. «Vergogna ..Cani e porci nelle istituzioni… ora pure nei carabinieri? — scrive un utente -. Dovrebbero avere almeno 7 generazioni di italiani nel sangue per appartenere alle forze dell’ordine e poter giurare fedeltà alla nazione… Vergogna».
C’è chi lascia passare alcune insinuazioni circa la buona fede del ragazzo e accenna a mirabolanti piani per l’infiltrazione di islamici nelle forze dell’ordine: «Incomincia l’infiltrazione vera nelle forze dell’ ordine. Ma l’accertamento fino alla settima generazione non è più in uso?».
Inutile poi raccogliere i vari commenti che parlano di sostituzione etnica o che snocciolano presunti requisiti per entrare nelle forze dell’ordine che non si trovano in nessun bando di concorso pubblico (a questo si riferisce l’accertamento fino alla settima generazione, una pratica che riguardava la pubblica amministrazione, ma che si riferiva a procedimenti penali e non certo analisi su basi etniche, oltre al fatto che questi criteri sono ormai desueti e non applicabili).
La storia di Badar Eddine Mennani nell’arma procederà senza dare peso eccessivo a questa marea di commenti offensivi.
Ma il nostro Paese deve riflettere su questo odio razzista che si sta sempre più sviluppando grazie a chi lo diffonde dai vertici dello Stato.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
GLI ABITANTI DI OSTRITZ SVUOTANO NEGOZI E SUPERMERCATI, SKINHEAD BATTONO IN RITIRATA
Un’arma fine di mondo contro i neonazisti esiste, e un paesino della Sassonia lo ha sperimentato con successo.
A Ostritz, vicino alla frontiera con la Polonia, sabato sera era previsto un festival dal titolo “Scudo e spada”. E invece di aspettare che passasse la tempesta, che l’orda barbarica di ipertatuate teste rasate devastasse l’arena all’aperto e contribuisse alla reputazione già piuttosto ammaccata della Sassonia, una marea di cittadini si è precipitata il giorno prima nell’unico supermercato di Ostritz e ha comprato tutta la birra disponibile, fino all’ultima bottiglia.
Dozzine di volenterosi si sono portati via carrelli della spesa stracolmi con un centinaio di casse che serviranno, dicono, ad animare prossimamente una festa di paese. Un trionfo.
Rimasti a secco della benzina che avrebbe trasformato il concerto nella tipica, rabbiosa manifestazione sbronza di rabbia e odio, più della metà degli skinhead si sono dati. Complice anche una decisione ufficiale in perfetta sintonia con l’umore dei cittadini di Ostlitz: la polizia ha deciso di vietare l’alcol al concerto e ha confiscato miriadi di bottiglie degli irriducibili che se l’erano portate da casa.
Nelle immagini del tabloid Bild si vedono disperate teste rasate rovesciare nei tombini bottiglie intere di ‘bionda’.
La foto più impietosa mostra l’arena del concerto poco prima dell’inizio. Davanti al palco, distribuiti su una superficie enorme, una ventina di skinhead aspettano inconsolabili i loro idoli distribuiti su tre panchine. Una scena desolata. Dei 700 neonazisti previsti se ne sono presentati circa trecento, secondo la polizia. Che li ha anche perquisiti uno a uno sequestrando coltelli e altri oggetti vietati.
Nello stesso giorno, inoltre, Ostritz ha organizzato una manifestazione di protesta alla quale hanno partecipato tra gli altri il governatore della Sassonia, Kretschmer, e l’ex giocatore della Nazionale di calcio Cacau.
E gli agenti che non erano impegnati a sequestrare bottiglie e coltelli alle teste rasate, hanno passato il pomeriggio a presidiare una bellissima performance artistica organizzata da un collettivo locale che ha distribuito 2262 paia di scarpe lungo una strada di Ostlitz.
Uno per ogni profugo morto l’anno scorso nel Mediterraneo. A volte, battere i neonazisti si può.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
UNO EX COMUNISTA PADANO, L’ALTRO EX CRAXIANO NELLA MILANO DA BERE CHE HANNO FATTO TESORO DEL MOTTO “FRANZA O SPAGNA PURCHE’ SE MAGNA”… IL MITO DEI FREQUENTATORI DI OSTERIA CON L’OSSESSIONE DELLA “ROBA” DA DIFENDERE
Commentando le drammatiche condizioni di Andrea Camilleri, su Libero del 19 giugno Vittorio Feltri ha scritto che la consolazione “per la sua eventuale dipartita è che finalmente non vedremo più in televisione Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni”.
È possibile aggiungere qualche ulteriore commento, oltre alle più che legittime espressioni di indignazione, all’ennesima canagliata verbale di quello che ormai sembra la caricatura della caricatura fatta da Maurizio Crozza?
Il fatto è che questo giornalista, che ha trovato la propria cifra stilistica nel mettere sulla carta i gorgoglii ventrali degli avventori di osterie prealpine, ormai ha perso i freni inibitori trasformandosi nell’icona di un Paese profondo che emerge da tempo nel ‘liberi tutti’ a partire dagli sdoganamenti berlusconiani.
Mentalità ascesa a una dimensione para-ideologica grazie all’opera di imbonimento premiato elettoralmente di Matteo Salvini.
Salvini e Feltri, due approdati alla destra estrema provenendo da sinistra, quando stare a sinistra significava consenso e vantaggi di carriera: l’uno comunista padano e l’altro craxiano nella Milano da bere.
A riprova che l’opportunismo carrieristico rimane un tratto costitutivo della vocazione nazionale e relativi ideal-tipi, sintetizzato nell’immortale “Franza o Spagna purchè se magna”.
Feltri ideologo a propria insaputa del Salvinismo? La pulsione di umori aggressivi e paure che caratterizza lo stato d’animo prevalente dell’Italia in declino. Ma che si alimenta in qualcosa di più profondo e antico, che non ha senso chiamare fascismo.
La psicologia arcaica di un mondo contadino, assediato dalla miseria e ossessionato da qualsivoglia minaccia alla “roba”, le modeste risorse di cui è riuscito a disporre, che lo scrittore Giovanni Verga rappresentava già alla fine dell’Ottocento nella figura letteraria del “Mastro Don Gesualdo”; il manovale arricchito, che vive abbrancato a quanto ha saputo accumulare con l’avidità del padroncino.
Un’ideologia possessiva che scorge ovunque minacce alla propria condizione possidente e pretende protezione; pronta a fare fuoco contro qualsivoglia ombra che si stagli all’orizzonte, percepita a priori come pericolo incombente.
La nevrosi che Salvini continua a cavalcare, ricavandone successi elettorali indeclinabili in azione politica diversa dal rendere febbricitante in permanenza la pubblica opinione. Dunque, pura quanto sterile opera di propaganda in un Paese che avrebbe un disperato bisogno di coltivare solidarietà mentre affonda nell’odio.
Allo stesso modo il propagandista Feltri vellica i più infimi umori della platea dei propri lettori accreditandone convinzioni che in passato era scorretto persino sussurrare.
Che ora vengono gridate nelle piazze e praticate da manipoli di mazzieri che pestano ragazzi e ragazze solo perchè indossano t-shirt di un cinema di quartiere che proietta film ispirati a valori civici.
Gentaglia che poi ritrovi nelle curve da stadio più trucide e non di rado limitrofi alla criminalità . Il tutto ispirato da quel grumo di pensieri da poveracci di cui si diceva.
E la penna itinerante in tutte le testate asservite all’ex Cavaliere (da il Giornale de-Montanellizzato a Libero) può travestirsi da yachtman della marca orobica, con quei doppiopetto blu divisa da commodoro del circolo della vela a Montecarlo o da club house dei Glènans, ma rimane un manichino nelle mani del suo consulente sartoriale (che mi dicono essere genovese).
Mentre spurga risentimenti incongrui per chi pretenderebbe di darsi un tono signorile.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
TUTTO QUELLO CHE HA IN DISPENSA OGNI ITALIANO VIENE DA MIGRAZIONI, SCAMBI, ACCOGLIENZE E MESCOLANZE, ALTRO CHE LE CAZZATE DEI SOVRANISTI
“Siamo vittime del Cous Cous Clan… mi domando perchè dobbiamo mangiare a tutti i costi etnico? Abbiamo la cucina migliore del mondo, riscopriamo i nostri piatti italiani!”. Quindi, per l’ineffabile Mario Giordano, sovranista alla vaccinara, Trapani non è in Italia, visto che ci si mangia — da svariati secoli — un couscous da togliere il fiato (lo chiamiamo cuscusu, e figura tra i “prodotti agroalimentari tradizionali siciliani” riconosciuti dal ministero), anzi, addirittura si tiene, a San Vito Lo Capo, un “campionato italiano di couscous”, con cuochi che arrivano da tutta l’Italia e si cimentano in quello che, appunto, ha reso grande la cucina italiana: mescolano, ibridano, accostano, compongono, cre’altronde, a risalire la storia — che nel mondo al contrario che viviamo, proprio i sovranisti dicono di voler difendere ma mostrano di non conoscere affatto — praticamente tutto quello che ha in dispensa ogni “buon italiano”, compreso l’esimio dottor Giordano, viene da migrazioni, scambi, trapianti, accoglienze e mescolanze.
Pomodoro, fagioli e patate vengono dall’America; mela e pera, ma pure il riso (c’è qualcosa di più italiano del risotto alla milanese? Sì, quello con lo zafferano che viene da Creta), dall’Asia; melanzana e basilico (c’è qualcosa di più italiano di una parmigiana di melanzane? Di una pasta alla Norma?) dall’India; il caffè (c’è qualcosa di più italiano di un espresso?) viene dall’Etiopia, l’arancia dalla Cina.
La “vera cucina italiana” è specchio fedele d’un mondo continuamente attraversato in cui tutto e tutti cambiano di posto, e le persone e i prodotti e i cibi e — guarda un po’ — persino le idee ricominciano nuove storie dovunque approdano.
Storie, a volte, magnifiche (chè la cucina è la migliore dimostrazione del fatto che non è importante da dove veniamo, ma cosa riusciamo a essere stando assieme: l’opposto di quel che proclama ogni sovranismo).
Pensa, caro Giordano, che se avessimo chiuso porti e frontiere a tutto questo, oggi la cucina italiana sarebbe fatta con radici, erba di muro e topi.
E la tavola funziona come la mente: più cose ci metti e fai interagire, più è ricca e bella e nutriente.
E ora scusami, ma vado ai fornelli: oggi a casa mia si mangiano spaghetti al pomodoro e basilico. Pura cucina italiana che viene dal resto del mondo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
CON ELENA FATTORI E VIRGINIA LA MURA CHE VOTANO IN DISSENSO DAL GRUPPO, LA MAGGIORANZA HA SOLO UN VOTO DI MARGINE AL SENATO
«Ero talmente appassionata, talmente convinta, che non ho visto alcune cose che altri hanno visto prima di me»: in questa frase riportata dall’AGI c’è tutto il percorso di addio di Paola Nugnes al MoVimento 5 Stelle, arrivato oggi con un’intervista al Manifesto e un articolo della Verità dopo un calvario soprattutto verbale cominciato con la nascita del governo Lega-M5S.
La Nugnes ha lanciato la bomba mentre era impegnata in una trattativa che si potrebbe definire di divorzio consensuale con il MoVimento 5 Stelle, dopo l’apertura della procedura d’infrazione (ahahah) nei loro confronti da parte dei probiviri grillini, che hanno già cacciato De Falco e De Bonis.
Il M5S ha una regola che prevede, in caso di passaggio a un diverso gruppo parlamentare, nel caso della Nugnes sarebbe il misto, il pagamento di una penale di 100 mila euro. Una regola, pero’, che confligge con la Costituzione, che non prevede il vincolo di mandato, e che quindi la Nugnes, come ha scritto La Verità , è pronta a impugnare in tutte le sedi, se il M5S decidesse di tentare di trattenerla con la forza. O di chiederle i soldi.
Oggi la Nugnes però è stata omaggiata persino di un citazione nello status in cui Di Maio ha attaccato Di Battista senza nominarlo: il capo politico del M5S le ha chiesto di dimettersi come fa sempre in queste occasioni.
È un peccato che la senatrice non abbia ritenuto di dover continuare sulla strada del divorzio consensuale, come si capisce dall’intervista rilasciata al Manifesto: una conclusione positiva della trattativa avrebbe certificato che la famosa clausola da 100mila euro è una bufala.
A margine va appena segnalato che l’uscita di Di Maio ha causato la solita sequela di insulti sulla bacheca della senatrice: come sempre succede in questi casi, anche lei è stata accusata di venialità e altre amenità .
Con l’intervista al Manifesto la Nugnes si è quindi in un certo senso portata avanti con il lavoro, visto che adesso ha annunciato lei quello che era nell’aria già da tempo.
Ma che intanto però ancora non si è concretizzato ufficialmente.
E nel frattempo i grillini sono senza probiviri: hanno lasciato sia Nunzia Catalfo che Riccardo Fraccaro e Di Maio ha detto che gli piacerebbe sostituirli tra chi ha già svolto due mandati per il MoVimento 5 Stelle.
“Magari persone che hanno svolto già i due mandati o che stanno per terminarli”, perchè il ruolo dei probiviri diventa spesso fondamentale nel vaglio delle candidature. “E’ un lavoro delicato che serve per eliminare dal Movimento quelli che se ne approfittano e che provano ad infiltrarsi”, ha segnalato il 31 maggio scorso. Un candidato potrebbe essere Massimo Bugani, che è già consigliere a Bologna, socio di Rousseau e con un incarico a Palazzo Chigi.
Di Maio, con il suo solito post che trasuda disonestà intellettuale da tutti i pori, è andato però a colpire un nido di vespe.
Perchè l’addio di Nugnes va nella direzione dell’opposizione. Ed è importante segnalare che anche Elena Fattori e Virginia La Mura hanno votato contro il Salva-Salvini nonostante l’indicazione di voto arrivata da Rousseau.
Se con le altre due finisse come con Nugnes il governo si reggerebbe su un solo voto di vantaggio al Senato.
Proprio oggi la senatrice Fattori ha fatto sue le critiche di Nugnes al taglio dei parlamentari senza pari ridimensionamento del governo e ha anche espresso solidarietà alla collega: “E’ una sua scelta, sono contenta se l’ha fatta in coscienza”.
Sul proprio futuro nel Movimento, però, lei è ancora in attesa: “Sto aspettando da 8 mesi la decisione dei probiviri. Se dovessero espellermi, farò ricorso”.
Nugnes quindi potrebbe costituire il primo passo dell’implosione del governo Conte sotto gli audaci colpi della matematica. Oppure un semplice anticipo della calda legge di bilancio che ci attende a breve.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
DI MAIO INCAPACE DI FARE AUTOCRITICA, LA NUGNES E’ TOSTA ED E’ ENTRATA NEL M5S PRIMA DI LUI
La senatrice Paola Nugnes – considerata “dissidente” per il suo voto contrario al decreto sicurezza e il suo sì al processo a Salvini sul caso Diciotti – annuncia in un’intervista al Manifesto la sua intenzione di lasciare il M5s e passare al gruppo Misto.
Accusando il capo politico, Luigi Di Maio, di controllare “ogni aspetto” della vita del Movimento.
Dura la reazione del capo politico cinquestelle: “Oggi leggo che la senatrice Paola Nugnes vuole lasciare il Movimento 5 Stelle. Se si vuole tradire una promessa, bisognerebbe dimettersi, non passare al Misto”, scrive Di Maio su Facebook.
E sottolinea che i numeri della maggioranza al Senato non sono messi in discussione: “In Giunta per le elezioni al senato stiamo per dare l’ok all’ingresso di due nuovi senatori: il seggio del Movimento in Sicilia mai assegnatoci e il seggio della Lega in Emilia Romagna a seguito della vittoria di un ricorso”.
Nugnes risponde a Di Maio. “È lui che dovrebbe dimettersi”. E assicura di aver incassato reazioni di stima e sostegno.
Di Maio la accusa di aver tradito una promessa. Lei pensa che sia stato lui a tradire?
“Ha diretto il Movimento in direzione diversa da quella che era declinata dai nostri principi. E ha fallito perdendo sei milioni di voti”.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2019 Riccardo Fucile
UNA FESTA SENZA AUTORIZZAZIONE CHE RICHIAMA MIGLIAIA DI GIOVANI STUDENTI IN PIENA UNIVERSITA’ A ROMA SENZA CHE NESSUNO ASSICURI L’ORDINE PUBBLICO… IN ALTRI PAESI IL MINISTRO DEGLI INTERNI SI SAREBBE GIA’ DOVUTO DIMETTERE PER MANIFESTA INCAPACITA’
È finito nel più tragico dei modi l’evento organizzato la notte fra venerdì e sabato alla città universitaria per la Notte Bianca della Sapienza, un party abusivo e privo di autorizzazioni organizzato tra le mura dell’ateneo.
Un ragazzo di 26 anni originario di Foggia, Francesco Ginese, è morto dopo essere rimasto gravemente ferito nel tentativo di scavalcare una delle cancellate per entrare al party.
Francesco, arrampicandosi sulla cancellata, sarebbe rimasto infilzato e si è reciso l’arteria femorale. Le sue condizioni sono apparse fin da subito disperate e, nonostante un delicato intervento, oggi è morto al policlinico Umberto I.
Dai primi accertamenti degli investigatori, sembra che il ragazzo si trovasse in compagnia di un amico quando ha deciso di scavalcare il cancello di viale dell’Università forse per non pagare il biglietto, a sottoscrizione, o evitare la fila all’ingresso principale.
Per salvarlo era scattata una gara di solidarietà sui social per la raccolta di sangue. Anche sulla pagina Fb della ‘Notte Bianca’ alla Sapienza era stato rilanciato l’appello di amici e conoscenti di Francesco che era iscritto alla Luiss ed era uno studente modello.
E ora sono in corso accertamenti della polizia per far luce sull’accaduto e individuare i responsabili del rave abusivo che rischierebbero la denuncia.
In Procura in queste ore si indaga per capire cosa è successo e accertare eventuali responsabilità , in particolare di chi doveva garantire l’incolumità dei partecipanti alla festa: al vaglio sia la posizione degli organizzatori della Notte Bianca che di chi ha la giurisdizione sugli spazi dell’ateneo.
Ai pm a breve verrà inviata un’informativa anche sulla base delle risultanze dell’attività di monitoraggio e osservazione effettuata quella notte dagli agenti della polizia.
Al momento, secondo quanto si apprende, l’incidente del 26enne sembrerebbe di natura accidentale.
Intanto è bufera sulle feste abusive all’interno dell’università . “Rattrista grandemente che nonostante i ripetuti moniti, divieti e denunce a evitare comportamenti non consentiti e rischiosi per l’incolumità , si sia verificato un gravissimo incidente che è costato una giovane vita”, hanno sottolineato dalla Sapienza aggiungendo: “Quando l’Ateneo ha notizia dell’organizzazione di eventi non autorizzati provvede sempre, come anche nel caso in questione, a una preventiva formale comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza”.
E qui sta il punto, la polizia era stata avvisata.
In questi casi o si vieta la “festa abusiva” o si garantisce la sicurezza dei partecipanti.
Come mai la polizia è così solerte a togliere gli striscioni dai balconi ma assiste senza intervenire a manifestazioni non autorizzate?
Cosa è stato fatto per impedire la tragedia? Perchè non si è provveduto a formare cordoni e filtri di sicurezza per garantire un sicuro accesso alla festa che richiama ogni anno migliaia di studenti?
La polizia è pagata per assicurare la sicurezza dei cittadini o solo per manganellare i contestatori di Salvini?
A dirsi “profondamente addolorata dalla scomparsa di Francesco” il Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli. “Un bravo ragazzo – ha aggiunto – che ho conosciuto personalmente e che consideravo un amico. Lo sono ancora di più per le circostanze in cui questo è avvenuto.Ai familiari, e a tutti gli amici, un forte abbraccio ed il mio cordoglio”.
Sgomento tra i familiari e gli amici di Francesco, che dopo una laurea in politica internazionale alla Luiss aveva da poco iniziato un lavoro in una multinazionale. Appena avvertiti dell’accaduto i genitori sono partiti da Foggia, la sua città natale, e sono rimasti accanto a lui fino all’ultimo.
Commento fuori dal mondo della Meloni che non sa neanche di cosa parla quando auspica che “la Sapienza e tutte le università italiane siano liberate dai teppisti dei centri sociali e riconsegnate agli studenti”.
Deve aver visto un altro film, dato che qua i centri sociali non c’entrano una mazza.
Stendiamo un velo pietoso.
(da agenzie)
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