Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA ALLA UE FA RIDERE, SOLO I 2 MILIARDI CONGELATI… SI LITIGA SUI PRESUNTI 3 (CHE FINO A IERI ERANO 1,7) DI RISPARMI DA REDDITO E QUOTA 100 CHE SALVINI E DI MAIO NON VOGLIONO DARE A BRUXELLES PERCHE’ SERVONO PER LE PALLE CHE DEVONO RACCONTARE AGLI ITALIANI… E L’ECONOMIA NON RIPARTE
La lunghissima giornata di mercoledì, iniziata alle 8.30 del mattino a Palazzo Chigi e conclusa a tarda serata nella stessa sede, segna il primo vero passo del Governo in direzione di Bruxelles.
Quella che era nata come un’accesa discussione su quale tipo di lettera mandare all’Europa, quale tipo di impegni prendere per evitare la procedura d’infrazione, termina a tarda sera con l’invio di una lettera del premier Giuseppe Conte ai 27 Paesi membri dell’Ue, al presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e al presidente del Consiglio Ue Donald Tusk.
E con un atto di buona volontà verso Bruxelles: se non una manovrina, si imbastisce almeno una manovretta.
Due provvedimenti pesanti, uno approvato subito dal Consiglio dei ministri, l’altro fissato per mercoledì 26, per scongiurare la stangata.
Ma mentre sul primo — impegnare i 2 miliardi congelati nella scorsa legge di bilancio sulla riduzione del deficit — c’è accordo, sul secondo — dove destinare i risparmi di reddito di cittadinanza e Quota 100, quantificati in circa 3 miliardi — la discussione è apertissima.
E da quest’ultimo potrebbe dipendere la sorte di tutta la trattativa, complicata dal fatto che i dati dell’economia reale non offrono appigli al Governo: il primo semestre sta terminando senza alcun segnale positivo di ripresa.
È una giornata convulsa. Giuseppe Conte riunisce di buon mattino Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Giovanni Tria per fare il punto. Nessuno parla, e nessuno lo farà per ore, nemmeno a microfoni spenti. Qualcosa è successo.
Meno di un’ora di vertice e il premier schizza alla Camera dove si tiene l’informativa sul Consiglio europeo di giovedì. Viene lasciato solo, così come lo sarà nel pomeriggio al Senato, dai suoi due vice, assenti nei banchi del Governo.
In mezzo un passaggio fondamentale: un pranzo al Quirinale, di rito, per fare il punto, soprattutto sul versante europeo.
Quando scende dal Colle e arriva a Palazzo Madama scopre una carta chiamata “assestamento di bilancio”. “Lo faremo stasera”, dice. Manca però un passaggio tecnico, il giudizio di parifica del rendiconto, che avverrà il 26 giugno.
Ecco la vera data per l’assestamento di bilancio.
E l’altra partita ancora tutta da giocare. Perchè il Tesoro quel tesoretto lo vuole mettere tutto sull’abbattimento del deficit, come il ministro stesso ha spiegato al Financial Times chiaro e tondo.
Mentre i 5 stelle e soprattutto la Lega da quell’orecchio non ci sentono: “Non ha senso pagare una mini rata di una casa che sai che non potrai mai comprare — la metafora usata — i risparmi devono essere messi su taglio delle tasse e investimenti”.
Una situazione da sasso sull’alveare. Montecitorio brulica di conciliaboli, alla Camera va in scena uno psicodramma sul decreto crescita.
Il capogruppo 5 stelle Francesco D’Uva parla fitto fitto con il ministro degli Esteri Enzo Moavero, tacciato d’intellighenzia con il tecnico Tria dai pasdaran gialloverdi.
Al Senato sono Maurizio Romeo e Stefano Patuanelli a confabulare, mentre il professor Alberto Bagnai passa schivando le domande sull’Europa (“Non mi occupo di queste cose”), salvo prendere la parola cinque minuti dopo in aula per ricordare a Conte che “non è il debito l’unico indicatore dello stato di salute di un Paese”.
Fuori dalle aule parlamentari la temperatura è altrettanto bollente, come la canicola che attanaglia Roma. Perchè al Tesoro come a palazzo Chigi si lavora a quella che è una concessione che mette in crisi una già ondivaga e fragile politica economica.
Una politica sui conti pubblici che è andata sulle montagne russe in appena un anno, dal balcone di palazzo Chigi con Luigi Di Maio a celebrare il 2,4% agli impegni che bisogna mettere in campo ora per abbassare drasticamente lo stesso deficit.
Perchè al netto della volontà di Salvini alla fine bisogna giocare – almeno fino a quando non si conosceranno i nuovi equilibri – con le regole europee che ci sono. E va bene rivendicare spazi di deficit abnormi, ma se prima si chiede e si ottiene un maxi deficit per finanziare le misure bandiera e poi quelle stesse misure si riducono in portata, allora un problema di controllo della macchina, e anche serio, c’è.
Il pegno che il Governo ha deciso di pagare subito all’Europa ammonta a due miliardi. Erano stati congelati con la manovra di dicembre, ma le possibilità che potessero uscire dal freezer per essere utilizzati si sono fatte sempre più illusorie e fragili nel corso dei mesi.
Perchè il Pil – solo per citare una causa – non è decollato come pensava lo stesso esecutivo, ma anzi è sprofondato intorno allo zero. E i conti si sono sempre più deteriorati.
Ora queste possibilità vengono archiviate scrivendo nero su bianco che questi due miliardi finiranno nel cestino dei sogni di gloria di Lega e 5 stelle.
Andranno a calmierare il deficit se questo pegno lo si legge nell’ottica economica. Marceranno in direzione Bruxelles se il ragionamento si sposta sul piano politico. Questi due miliardi c’erano e ora non ci sono più.
Ma dato che questi soldi erano stati destinati a qualcosa nel bilancio, si capisce evidentemente che questo qualcosa ne risentirà . Si chiamano tagli.
Riguarderanno le imprese, il trasporto pubblico, le Forze armate, l’istruzione.
Conti alla mano è quasi mezzo miliardo in meno per gli incentivi destinati alle imprese, 150 milioni non andranno più alle politiche di sviluppo, competitività , responsabilità sociale d’impresa e movimento cooperativo.
I trasporti si vedranno destinare 300 milioni in meno e 150 milioni non andranno più alla pianificazione delle Forze armate. E poi ci sarà una riduzione di 70 milioni delle risorse per l’istruzione universitaria e post universitaria.
Ma per portare il deficit dal 2,4% al 2,1%, come si vuole promettere a Bruxelles, bisogna fare molto di più.
Oltre alle voci cosiddette “positive”; cioè le entrate, quindi soldi che arrivano dall’esterno come dalla cosiddetta pace fiscale, c’è da mettere sul piatto altre risorse.
E qui entrano in gioco i risparmi delle spese previste per il reddito di cittadinanza e la quota 100.
Quest’anno come il prossimo perchè la procedura d’infrazione si lega anche al 2020: Bruxelles vuole un impegno serio che non sia estemporaneo. Lo schema messo su va verso un taglio di 3 miliardi quest’anno (2 miliardi di tagli alla quota 100 e 1 miliardo al reddito) e di 3-4 miliardi il prossimo.
Ma prima serve il via libera di Salvini e Di Maio. Va bene pagare adesso per provare a incassare dopo, con la speranza di una nuova Europa e di spazi ancora più larghi di deficit, ma il conto non può essere evidentemente troppo salato. La politica prova a imporre il suo realismo che ancora non combacia con quello di Bruxelles.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
TOTI VUOLE LE PRIMARIE APERTE COSI’ SALVINI GLI MANDA UN MILIONE DI LEGHISTI A VOTARE LUI, NON CI VUOLE MOLTO A CAPIRLO… MARA DEVE DECIDERE SE VUOLE VIVACCHIARE O ROMPERE L’ASSE SUICIDA CON LA LEGA E CREARE UNA VERA LINEA LIBERALE
Mara Carfagna e Giovanni Toti: sarebbero loro i nuovi futuri coordinatori che gestiranno Forza Italia in vista del Congresso di fine settembre.
Dovrebbe essere questa la proposta, trapelata nel pomeriggio, che il Presidente Silvio Berlusconi dovrebbe avanzare all’assemblea dei gruppi parlamentari riuniti nella Sala Koch del Senato.
Una sorta di ‘ticket’ che lavorerà con un board, un comitato che dovrebbe stabilire le regole congressuali: tra queste ci sarebbe l’ipotesi di tenere delle primarie.
Sempre prima della riunione, a Palazzo Madama, s’era sparsa la voce che questo ‘board’ sarebbe stato composto da solo tre dirigenti del partito: i due capigruppo, Maristella Gelmini e Annamaria Bernini, e il Presidente del Parlamento europeo e vicepresidente del partito, Antonio Tajani.
Ma Giovanni Toti, nei mesi scorsi a più riprese critico nei confronti di Forza Italia, precisa: “Non credo che si possa fare una rivoluzione partendo da un board, si fa una rivoluzione partendo da dei contenuti e dandosi dei tempi precisi: entro la fine dell’anno un congresso o delle primarie aperte dove tutti gli amici usciti da Forza Italia possano partecipare”, ha affermato il governatore della Liguria, che oggi ha incontrato Berlusconi a pranzo.
Ovvero primarie aperte dove Salvini gli manda a votare un milione di leghisti per frlo vincere, altrimentio prendere (forse) i voti dei familiari.
Mara Carfagna ha affermato che il suo lavoro di coordinatrice inizierà il più presto possibile: “Ringrazio il presidente Silvio Berlusconi per la fiducia che mi ha espresso e per la lungimiranza con cui apre una fase nuova del nostro partito, senza calpestare ma anzi rendendo onore alla nostra storia. Storia di cui sono fiera e da cui non ho mai preso le distanze. Ringrazio anche tutti i colleghi che mi hanno espresso la loro fiducia in queste ore. Sarò al lavoro già da domani con il collega Giovanni Toti per riempire di contenuti e proposte questa nuova fase e invito tutti i dirigenti, i militanti, i semplici iscritti a riattivare la loro partecipazione alla vita del partito: mai come ora servono le energie di tutti. Le Cassandre che ci raccontavano paralizzati dall’incertezza e dagli scontri interni, sono state ancora una volta smentite. Ne sono felice: non ho mai avuto dubbi sulla capacità reattiva di Forza Italia, ora è il momento di rimboccarci le maniche insieme”.
In attesa di sapere cosa vorrà fare Mara da grande: accontentarsi di vivacchiare nel perenne equivoco di una forza alleati ai razzisti o creare una nuovo polo di destra liberale.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
SERVONO IMPEGNI VINCOLANTI PER EVITARE LA PROCEDURA DI INFRAZIONE
Non basterà una ‘cartuccella’ da Roma per placare gli Stati dell’Unione europea sulla procedura per debito eccessivo suggerita dalla Commissione Ue per l’Italia.
Alla vigilia di un consiglio europeo incentrato sulle nomine per i vertici delle istituzioni europee nella nuova legislatura, a Bruxelles non trapelano segnali di clemenza per il Belpaese.
Il premier Giuseppe Conte arriverà domani con una prima risposta del Governo italiano, probabilmente avrà un bilaterale con Emmanuel Macron e altri leader (appuntamenti ancora non fissati in agenda) a caccia di alleanze per alleggerire la ‘condanna’ dell’Italia.
Ma al momento, da quello che trapela, la storia è sempre quella: solo un atto vincolante (la manovra correttiva che il governo Conte esclude) può evitare la procedura.
Certo Conte vuole usare tutte le armi che ha per “evitare la procedura”. All’Eurosummit che si riunisce venerdì dopo il consiglio europeo, il capo del governo esprimerà tutti i dubbi italiani sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Esm).
Della serie: così come è stata impostata, la ratifica di questo trattato non passa in Parlamento, dove oggi la maggioranza M5s-Lega ha approvato una risoluzione molto critica delle conclusioni raggiunte sull’argomento dall’Eurogruppo del 13 giugno a Lussemburgo.
Il rischio è che con questa riforma l’Italia non possa accedere al fondo salva-Stati, perchè per farlo dovrebbe dimostrare la sostenibilità del debito e di rispettare tutti i parametri di Maastricht.
In realtà , come viene spiegato da fonti europee, l’Italia non è l’unico paese europeo con forti criticità sulla questione. Lo sono tutti i paesi con un debito alto. Ed è proprio su questo che Conte vuole far leva alla ricerca di consensi per evitare la procedura, anche se in realtà trattasi di un dossier separato dalla riforma dell’Esm.
La procedura potrebbe scattare già all’Ecofin del 9 luglio. A partire dalla prossima settimana, la Commissione si occuperà di scriverne i dettagli da sottoporre prima al Comitato economico e finanziario, l’organismo che raccoglie i direttori del Tesoro degli Stati membri, e poi al consiglio dei ministri economici.
Non si mette bene. A Bruxelles vogliono garanzie che i risparmi del 2019 — per minore spesa effettiva sulle due misure bandiera: quota cento e reddito di cittadinanza — non vengano investiti nel 2020. Altrimenti saremmo punto, a capo.
Oggi Jean Claude Juncker, presidente uscente della Commissione europea, è tornato sull’argomento a Sintra, in Portogallo, intervenendo al Forum della Bce 2019. Le regole Ue di bilancio, “per quanto complesse”, devono essere “rispettate da tutti”, dice.
Certo, Juncker ricorda un precedente non proprio felice della storia europea. Vale a dire quando nel 2003 “Germania e Francia non rispettarono le regole” sulla soglia del deficit al 3% del Pil e però riuscirono a evitare la procedura perchè esercitarono “pressione sul Consiglio europeo” che quindi “decise di non adottare i rimedi formali di correzione proposti dalla Commissione. La Commissione decise di portare il Consiglio in Corte ed entrambi, sia la Commissione che il Consiglio, persero in parte: una storia molto europea”.
Ma non è un precedente che possa tornare comodo all’Italia, visti i rapporti di forza in campo. Roma è isolata a livello politico e non ha il peso della Francia e della Germania, ca va sans dire.
Certo, può contare su un eventuale approccio più morbido di paesi come la Spagna, la Germania, interessati a raggiungere un accordo ed evitare una procedura che potrebbe scatenare instabilità nell’eurozona.
Ma al momento anche questi paesi sono in attesa di una risposta vincolante. E i tempi non sono ancora maturi. Prima, i leader devono sbrogliare la matassa ‘nomine’, ancora decisamente aggrovigliata. Un completo caos, in cui la Lega cerca di inserirsi per far passare l’idea che l’Ue dovrà accettare un commissario leghista, con portafoglio “economico”, ha insistito anche Conte oggi citando il dossier pure al pranzo al Quirinale in preparazione del consiglio europeo.
“Se non si raggiunge un accordo sulle nomine in questo consiglio europeo, piombiamo nel caos, perchè anche all’Europarlamento non c’è una maggioranza per l’elezione del presidente…”, dice una fonte europea. Si corre contro il tempo. L’idea del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk è di raggiungere un’intesa al massimo entro venerdì mattina, facendo notte giovedì.
La giornata di domani andrà via in colloqui incrociati e serrati, i leader cominceranno a parlare dei ‘top jobs’ a cena e la discussione potrebbe appunto andare avanti tutta la notte. Perchè l’indicazione di Angela Merkel è di raggiungere un’intesa prima che a Strasburgo si voti il presidente dell’Europarlamento, incarico che di solito viene deciso nella cornice delle altre nomine: presidente della Commissione e del Consiglio Ue, Alto rappresentante per la Politica estera e governatore della Bce.
Se così non fosse, il Parlamento deciderebbe il suo presidente ‘in autonomia’, con esiti difficili da prevedere (in quarta votazione basta la maggioranza semplice tra i primi due candidati della terza votazione, un ballottaggio insomma).
Ecco, sulle nomine è ancora buio ma tutti i leader vogliono anticipare il Parlamento, decidere nella riunione di domani e dopodomani perchè convocare un vertice straordinario il 30 giugno è impossibile (i leader tornano solo a sera dal G20 di Osaka). Complicato convocarlo il primo luglio.
Alla vigilia il quadro è confuso e niente è escluso. Il candidato dei Popolari Manfred Weber che sperava nella presidenza della Commissione viene dato per fuori corsa, sia da fonti Liberali che da fonti Ppe. Eppure
Weber le ha provate tutte. Ha soffiato anche sulle divisioni dei Liberali, facendo un endorsement al liberale belga Guy Verhofstadt alla presidenza dell’Europarlamento. Verhofstadt è già in rotta con i suoi nuovi colleghi di gruppo, gli eletti di ‘En marche’ di Macron, e vuole assolutamente diventare presidente dell’Eurocamera.
Contro Weber, oltre a Macron, sono schierati i socialisti, che non si accontentano dell’Alto rappresentante per la politica estera, il posto ‘offerto’ al loro candidato Frans Timmermans.
Mentre i Verdi potrebbero anche sostenere Weber in cambio della presidenza dell’Europarlamento alla loro leader tedesca Ska Keller. Magari — ipotesi che circola – metà della legislatura a Verhofstadt, metà a Keller, come è successo nella legislatura 2014-2019: prima il socialista Martin Schulz e poi il Popolare Antonio Tajani.
Ma non ci sono punti fermi in questa storia, ancora no.
Per la presidenza della Commissione circola anche il nome del liberale olandese Mark Rutte. Macron ha sempre in testa il nome di Angela Merkel, mentre per la presidenza del Consiglio, il presidente francese penserebbe al belga Charles Michel, per poi ottenere la presidenza della Bce: assegnata ai francesi Francois Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia, oppure a Benoit Coeure, già membro del board esecutivo della Bce.
In questo caos Matteo Salvini tenta di inserirsi per aprire la strada a un commissario leghista. Ogni paese europeo dovrà indicarne uno. Nel governo italiano per ora è passata la linea che il commissario sarà espresso dalla Lega, partito più forte in maggioranza con il 34 per cento incassato alle europee.
Il punto è che dovrà passare anche a Bruxelles e non è per niente scontato. Il primo step dipende dal presidente della Commissione: è lui che decide la squadra. Poi si tratta di passare il test del Parlamento. Insomma, strada ancora lunga e complicata. Soprattutto alla luce del fatto che l’Italia punta a un “portafoglio economico”, quindi di peso. Al Commercio: questo è il sogno leghista.
Ma prima c’è da evitare la procedura. “Lo vuole tutto il governo”, assicura Conte. Anche su questo, è ancora buio.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
ANDREA BAMBACE E’ STATO DENUNCIATO DALLA SORELLA PER AVERLA AGGREDITA PER QUESTIONI DI DENARO
Sul suo profilo Facebook ha le foto assieme a due dei “big” del MoVimento 5 Stelle, una con Luigi Di Maio e l’altra con il Presidente della Camera Roberto Fico.
Ma Andrea Bambace, insegnante dell’Itis e già candidato sindaco per il M5S a Castelfranco Veneto (Treviso) nel 2015 e attualmente consigliere comunale fa notizia per un altra ragione. Bambace infatti è stato rinviato a giudizio ed è a processo con le accuse di violenza privata e lesioni aggravate.
I fatti risalgono al 2016 e a farne le spese è la sorella 61enne di Bambace con la quale a quanto pare da tempo i rapporti si sarebbero deteriorati.
Una vicenda privata dunque, che nulla avrebbe a che fare con l’attività politica del consigliere pentastellato. È stata proprio la donna — che si è costituita parte civile — a denunciarlo dopo una lite che risale al marzo di tre anni fa. Stando a quanto riferisce la sorella da tempo Bambace la accusa di essersi appropriata di alcune somme di denaro che appartenevano alla madre.
Durante l’episodio contestato — che la donna descrive come un violento litigio — Bambace dopo aver incontrato la sorella a casa della madre non autosufficiente avrebbe colto l’occasione per accusarla di essersi rubata delle somme di denaro: «Come osi presentarti qui? Sono già finiti i soldi che hai rubato nel 2008? Te la farò pagare. Io ti faccio finire in galera. Ladra e disonesta». Dopo di chè — denuncia la sorella — l’uomo avrebbe sottratto dalle mani della donna il telefonino e si sarebbe chiuso in bagno e dove avrebbe cancellato sia il filmato che una serie di messaggi di insulti che aveva inviato in precedenza. Una volta uscito (e qui al dire il vero la dinamica raccontata dal Corriere del Veneto è un po’ confusa) ci sarebbe stato un nuovo alterco perchè la sorella stava filmando tutto con lo smartphone.
Di nuovo Bambace avrebbe preso il telefono (che non si sa per quale motivo aveva riconsegnato) per cancellare il video e nel farlo avrebbe stretto con forza il braccio della donna. Il giorno successivo la sorella sarebbe andata a farsi medicare in Pronto Soccorso da dove venne dimessa con una prognosi di 20 giorni.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
NON SOLO HANNO RIDOTTO DEL 30% I PREMI ASSICURATIVI, MA CON IL COMMA 1126 HANNO CANCELLATO IL DIRITTO AL RISARCIMENTO GIUDIZIARIO
Non solo subappalti liberi, anche meno soldi per le vittime sul lavoro.
Un binomio micidiale per un Paese che conta una media di tre morti bianche al giorno.*
Il “liberi tutti” arrivato qualche giorno fa con lo sblocca cantieri ha avuto un lungo e sostanzioso prologo nella legge di bilancio licenziata a dicembre.
In quella legge si è pensato di ridurre del 30% i premi assicurativi contro gli infortuni che le imprese hanno l’obbligo di pagare all’Inail, sempre in nome dei minori costi sul lavoro (a danno dei deboli).
E non contenti di questo, si è aggiunto anche un altro velenoso (e pericoloso) codicillo.
Si tratta del comma 1126, che con un tratto di penna cancella il diritto al risarcimento in caso di infortunio.
In che modo? Semplice: si stabilisce che se c’è un indennizzo Inail che equivale al risarcimento stabilito dal giudice, quest’ultimo si azzera. E non solo.
Se l’indennizzo Inail è superiore al risarcimento stabilito dal giudice, addirittura la vittima è chiamata al rimborso! Un vero mostro giuridico, e, diciamolo, anche civile.
La norma in buona sostanza confonde l’indennizzo con il risarcimento.
Il primo, quello liquidato dall’Inail, segue una logica assicurativa e si basa su specifiche griglie di applicazione.
Il secondo, invece, riguarda il danno ulteriore subito dalla vittima o dai suoi familiari come conseguenza del danno subito, e viene stabilito da un giudice in una causa civile.
Si tratta di due canali che la giurisprudenza tiene ben distinti. Lo ha confermato la stessa Corte di Cassazione in una sentenza dell’aprile scorso (n.9112).
“La differenza strutturale e funzionale tra l’erogazione Inail (…) e il risarcimento del danno secondo criteri civilistici — scrivono i giudici dell’Alta Corte — preclude di poter ritenere che le somme eventualmente a tale titolo versate dall’Istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno in capo al soggetto infortunato o ammalato”.
Insomma, in poche parole, un conto è la liquidazione Inail, altro conto è il danno civile: non si possono sommare capre e cavoli. Invece qui si detraggono soldi, e per di più alla parte più debole di tutti: i lavoratori infortunati e le loro famiglie.
Ma i giudici aggiungono anche che “l’assicurazione Inail non copre tutto il danno biologico conseguente all’infortunio o alla malattia professionale — si legge ancora nella sentenza — e ammettere il carattere assorbente della prestazione indennitaria implicherebbe una riduzione secca del livello protettivo”.
Più chiaro di così.
I sindacati sono sul piede di guerra. Pesa il taglio del 30% dei premi, pesa anche un’altra disposizione (sempre della finanziaria) che riconosce alle aziende la possibilità di ridurre la liquidazione degli oneri per gli infortunati se solo dimostrano di aver introdotto qualche misura preventiva.
Ma la ciliegina è quella di far ripagare alle vittime i soldi versati dall’Inail se il giudice dovesse decidere che il danno è inferiore all’indennizzo.
“Così si abbassa la guardia sulla sicurezza sul lavoro — dicono al patronato Inca Cgil — e si cancella di fatto tutto il risarcimento per il danno non patrimoniale che si può subire a seguito di un incidente sul lavoro”.
Ma c’è un’arma che già si sta profilando all’orizzonte: quella del ricorso alla Corte Costituzionale. È la stessa Cassazione a indicare la strada.
Nella sentenza citata i giudici sottolineano, infatti, che l’indennizzo trova il suo fondamento giuridico nei principi di solidarietà sociale stabiliti nell’articolo 38 della Carta, mentre il risarcimento del danno lo trova nei valori della persona garantiti dall’articolo 32.
Tutta l’impalcatura disegnata nella Finanziaria potrebbe saltare. Ma prima che si arrivi a una sentenza, a pagare saranno i più deboli. Altro che governo del popolo.
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
FERITA ALLA FRONTE DOPO L’INTIMIDAZIONE IN STILE MAFIOSO… GLI ISTIGATORI ALL’ODIO VOGLIONO RIPORTARE GLI ANNI DI PIOMBO IN ITALIA PER POI AUMENTARE LA REPRESSIONE: UN FILM GIA’ VISTO
Una nuova aggressione la scorsa notte ha preso di mira i ragazzi del Cinema America, l’associazione che negli ultimi anni a Roma ha riportato il cinema in piazza.
Vittima F.Z. l’ex ragazza del presidente dell’Associazione ‘Piccolo America’, Valerio Carocci. La giovane, 29 anni, è stata spintonata, ferita e minacciata ieri sera nei pressi di piazza San Cosimato, nel quartiere romano di Trastevere.
Alcune persone, almeno due, le avrebbero detto “Di’ a Carocci di stare calmo” e le avrebbero spinto la testa contro il finestrino di una macchina. Poco dopo la ragazza si è recata al pronto soccorso del vicino ospedale Fatebenefratelli dove le è stata riscontrata “un’abrasione sulla regione temporale”, graffi sulla fronte con tre giorni di prognosi e tanto spavento. E il referto è stato subito inoltrato all’autorità giudiziaria.
Sulla nuova vicenda indaga la Digos impegnata già , con i carabinieri, nelle indagini sulla precedente aggressione avvenuta sempre a Trastevere, nella notte fra sabato e domenica, contro quattro giovani che indossavano la maglietta del Cinema America per la quale sono stati identificati e denunciati quattro appartenenti a movimenti dell’estrema destra Blocco studentesco e Casapound.
Le vittime di quel raid, secondo gli aggressori, erano colpevoli di indossare magliette “antifasciste”. A una delle vittime è stato fratturato il setto nasale.
La questura di Roma “ha attivato adeguate misure di vigilanza in tutta l’area interessata dagli eventi dell’associazione ‘Piccolo America’, tese ad assicurare – si legge in una nota – che le attività culturali e ricreative si svolgano in assoluta serenità “. E si stanno accertando collegamenti tra le due aggressioni.
“Prima quattro ragazzi ‘colpevoli’ solo di indossare una maglietta, ora anche una ragazza. Che vigliacchi. Gli episodi di violenza che, come ha accertato la Digos, sono collegati a militanti di #CasaPound sono vergognosi e non verranno mai tollerati in questa città . Vicini al #CinemaAmerica”. Così su Twitter la sindaca di Raggi.
“Oggi un’altra aggressione ai ragazzi del #CinemaAmerica. A una donna, “colpevole” solo di indossare una maglietta. È assurdo. Aspettiamo l’esito delle indagini ma, a prescindere dal caso in sè, ogni forma di violenza fisica o verbale va condannata senza esitazioni”, scrive sui social il vicepremier Luigi Di Maio.
E mentre una delegazione dell’Anpi ha già montato il suo gazebo in piazza San Cosimato, si mettono concretamente a disposizione anche i ragazzi di Scomodo, un’altra associazione di studenti impegnata a rendere più viva e civile la città , redattori dell’omonima rivista. “Quello che sta succedendo nei confronti dei ragazzi del Cinema America è gravissimo, siamo spaventati e sconcertati da questo attacco nei confronti di tutti quelli che quotidianamente lavorano per rendere più vivi e luminosi i territori delle nostre città costruendo percorsi partecipati e inclusivi”.
Per questo i ragazzi di Scomodo si impegnano a fare i turni tutte le notti intorno alle tre arene del cinema America, un cordone di sicurezza a Ostia, Tor Sapienza e San Cosimato perchè “la solidarietà tra persone e realtà culturali è fatta di rapporti, sostegno e anche presenza fisica”.
Stasera riprendono le proiezioni gratuite in piazza, nell’arena di Trastevere si prevede il pienone con Marco Bellocchio che parlerà dal palco e non soltanto per presentare “Ultimo tango a Parigi” previsto nella programmazione.
(da agenzie)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
ASSICURA CHE SI CANDIDERA’: “SALVINI VUOL FARE CADERE IL GOVERNO”
Se mi lasci non vale. Alessandro Di Battista è convinto che Matteo Salvini vorrà presto far cadere il Governo e prepara la strategia del giorno dopo.
Lo fa annunciando la volontà di ricandidarsi, ma anche di portare con sè tutta la squadra M5S. “Se il governo dovesse cadere, da qui al 15 luglio, chiederei di non considerare questa legislatura” nel computo del limite dei due mandati previsto dalle regole M5S, ha detto nel corso della registrazione di Otto e Mezzo su La7.
“Io credo che Salvini voglia far cadere il Governo e provochi ogni giorno M5S per far cadere il Governo, anche perchè è spinto dal suo partito. Se lo farà , se farà cadere il Governo per ragioni elettorali, affari suoi. Io lo racconterò a destra e a manca” prosegue Di Battista, che si sofferma poi sull’alleato nell’esecutivo.
“Salvini non è un fascista, è diventato conformista. Prima di ‘prima gli italiani’ ha scelto Radio Radicale..” sottolinea. “Nel mio libro pubblico un sms che ho inviato a Salvini. Gli ho scritto ‘molla Berlusconi, il partito e i suoi costumi’”. Ed ancora: “Salvini è efficace in questa fase ma attenzione perchè anche Renzi è stato efficace, in una certa fase. Ma tra essere furbi e essere bravi, c’è una bella differenza…”
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
IN ATTESA DI UN RUOLO, DI BATTISTA SI PREPARA A UNA SETTIMANA SOTTO I RIFLETTORI
Qualcosa ai piani alti del Movimento 5 Stelle si muove. “Quando tra il Transatlantico e il cortile di Montecitorio si creano i capannelli vuol dire che i parlamentari sono in subbuglio”, osserva un deputato grillino.
E oggi a creare scompiglio è l’intervista di Massimo Bugani, apparsa sul Fatto Quotidiano lasciando tutti un po’ interdetti. Intanto bisogna contestualizzare chi è Bugani.
Da tutti chiamato “Max” è socio fondatore di Rousseau, tra gli uomini più vicini da sempre a Davide Casaleggio, attualmente consigliere comunale di Bologna e vicecapo della segretaria particolare di Luigi Di Maio a palazzo Chigi.
Sta di fatto che, quando si muove lui, il collegamento con il figlio del fondatore del Movimento diventa quasi inevitabile.
Quindi a tutta pagina Bugani afferma: “Di Battista è il nostro numero nove, l’attaccante. E ci serve per fare gol”.
Parole che non sono state accolte con piacere dai parlamentari nè tantomeno dai ministri a quali proprio Dibba ha riservato diverse bordate negli ultimi giorni. In più Bugani ha immaginato un ruolo per Di Battista, non per sostituire Di Maio ma “in base alla situazione”.
Non sfugge che questi sono giorni cruciali per il futuro del governo. Il mantra tra i grillini è “dobbiamo tirare fino al 20 luglio per evitare di andare al voto a settembre”. Intanto però non è escluso che ci si prepari a ogni tipo di eventualità .
I più maligni vedono anche un asse Casaleggio-Bugani-Di Battista che studierebbe che mosse far fare “all’attaccante” se tutto dovesse venir giù.
Desta poi molta curiosità l’intervista, che sabato sera al villaggio Rousseau di Catania, Davide Casaleggio farà a Di Battista in un momento in cui buona parte del Movimento, almeno chi ha un ruolo attivo in Parlamento, comincia a mal sopportare chi dall’esterno critica l’operato dopo essersi tirato indietro.
Di Battista quindi sarebbe dovuto partire per l’India e invece, almeno per ora, girerà l’Italia per presentare il suo ultimo libro dal titolo “Politicamente scorretto”. I parlamentari 5Stelle temono che, da un palco all’altro, e tra una tv e l’altra (oggi a Otto e mezzo su La7, domenica a In mezz’ora in più su Rai3) possano arrivare nuove bordate: “Il sospetto che Alessandro Di Battista faccia sul serio c’è. È innegabile”.
Ovvero che voglia ritagliarsi un nuovo ruolo da leader dentro il Movimento, se a scapito o meno di Di Maio sarà tutto da vedere. Per adesso, stando ai fatti, gli attacchi al governo (“burocrati chiusi nei ministeri”) non sono andati giù, per esempio Alfonso Bonafede non esita a farlo notare: “Trovo l’espressione infelice, non la condivido”.
Gran parte del Movimento prende le distanze dal “Dibba”, da sempre stato il più movimentista di tutti. “Qui dentro nessuno è dalla sua parte”, fa presente un deputato tra i più alti in grado. Ma l’intervista di Bugani lascia pensare che invece i vertici di Rousseau stiano progettando un’altra “partita”, per restare nel solco dell’attaccante.
È tutto molto liquido, per adesso. Così come le nuove regole e la nuova struttura di cui il Movimento dovrebbe dotarsi stentano a decollare. Di Maio ha incontrato tutti, consiglieri comunali, sindaci, consiglieri regionali.
Tra le ipotesi oltre a dare la possibilità di un terzo mandato a chi è stato due volte consigliere comunale, vi è anche quella di poter interrompere il mandato da consigliere comunale in caso di candidatura alle elezioni regionali.
A breve si vota in Emilia Romagna e potrebbe essere questo il primo banco di prova. Ma è ancora tutto in divenire. Così come sono stati attenzionati sottosegretari e viceministri, ma i moduli delle cosiddette ‘graticole’ per ora sono rimasti nel cassetto. Tutto potrebbe slittare a dopo il 20 luglio, la data segnata in rosso sul calendario per capire che ne sarà del governo perchè da ciò dipenderà anche il futuro del Movimento e del suo capo politico.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 19th, 2019 Riccardo Fucile
SULLA POLEMICA DELLA LACOSTE INDOSSATA DALL’EX MINISTRO
Carlo Calenda, al netto del suo eccellente lavoro da Ministro del Lavoro (certo, dopo è venuto Di Maio, rispetto al quale sembrerebbe Churchill anche un comodino) è divorato da una personalità social alla Dorian Gray, quella di uno che sbrocca in pubblico mentre il gemello in soffitta elabora piani decisivi per salvare posti di lavoro. Inoltre è permaloso come un nido di tarme.
Ciononostante vorrei cogliere l’occasione per esprimergli la mia totale, assoluta, incondizionata solidarietà per la campagnuccia di cui è stato oggetto su Twitter per aver registrato un video nel quale indossava una maglietta di marca Lacoste. L’indumento gli ha provocato le analisi indignate di alcuni commentatori, qualcuno persino noto, che l’hanno accusato di esibire un simbolo padronale e di rappresentare perciò lo scollamento tra la cosiddetta “sinistra” e il popolo.
Due rilievi.
Il primo: Calenda è di sinistra come io sono Mister Universo.
Il secondo: le Lacoste si comprano a prezzi di saldo negli outlet che normalmente frequenta pure il sottoscritto e accusare di offesa al proletariato chi le porti è il corrispettivo di quelli che “eh, ma i negri hanno persino il cellulare”.
Ripigliatevi.
(da “La Repubblica”)
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