Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
DOPO CATANIA E AGRIGENTO, SI MUOVE ANCHE LA PROCURA DI PALERMO, IL CERCHIO SI STRINGE: NEL MIRINO ATTI E DIRETTIVE… SULLA SEA WATCH C’ERANO ANCHE MINORI
Sono almeno tre le procure italiane che stanno indagando sul Viminale e le procedure con cui ripetutamente sono state ostacolate le operazioni di soccorso e sbarco dei migranti alla deriva nel Mediterraneo.
Matteo Salvini si aspetta un nuovo avviso di garanzia da Catania. Ma stavolta a investigare c’è anche la procura di Palermo
I reati ipotizzati nell’indagine dei magistrati del capoluogo isolano non sono noti.
Ma di certo la polizia giudiziaria ha acquisito gli atti del ministero dell’Interno e quelli del ministero delle Infrastrutture per il caso della Sea Watch, arrivata a Lampedusa dopo il soccorso di 65 persone salvate il 15 maggio, poi sequestrata e infine dissequestrata dalla procura di Agrigento.
A bordo c’erano anche dei minori, la cui tutela è affidata al Tribunale dei minorenni di Palermo
A rivelare l’esistenza dell’indagine non sono fonti della magistratura, ma il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto. Rispondendo alla richiesta di accesso agli atti depositata il 21 maggio, gli uffici ministeriali spiegano di non poter fornire la documentazione relativa al caso e neanche la copia delle comunicazioni interne alle autorità italiane perchè «l’evento in parola è oggetto di indagine da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo e, pertanto, sui relativi atti sussistono le limitazioni all’accesso».
L’avvocato Alessandra Ballerini aveva chiesto per conto dell’Associazione Diritti e frontiere (Adif), la consegna del «contenuto dei provvedimenti emessi e delle comunicazioni trasmesse, a far data dal 15 maggio scorso, da parte del ministero dell’Interno, ovvero, del ministero delle Infrastrutture», in riferimento al «divieto di approdo delle nave nei porti italiani».
I migranti vennero poi fatti sbarcare su ordine della procura di Agrigento, che aveva aperto un’inchiesta indagando il comandante della nave umanitaria, che aveva disobbedito all’ordine di non avvicinarsi ai porti italiani, accertando poi che l’equipaggio non aveva commesso alcun reato e aveva agito nell’interesse delle vite umane.
Mentre il tribunale dei ministri di Catania procede con l’inchiesta su un altro episodio avvenuto a gennaio tra Siracusa e Catania, ancora una volta con la Sea Watch al centro degli strali del ministro dell’Interno.
In quella occasione, come rivelato da Avvenire pochi giorni dopo, avvennero una serie di anomalie e omissioni a danno dei minori non accompagnati. I magistrati etnei hanno già interrogato alcuni funzionari, tra i quali il capo di Gabinetto di Salvini, e i riscontri finora ottenuti sembrano confermare il contenuto delle inchieste giornalistiche su cui, inizialmente, aveva indagato la procura di Roma che poi aveva trasmesso gli atti in Sicilia.
Nel mirino della magistratura ci sono anche le ultime due direttive di Salvini: quella del 15 aprile con al centro la Mare Jonio, la nave di Mediterranea Saving Human, e quella del 15 maggio emanata subito dopo il salvataggio effettuato da Sea Watch.
(da “Avvenire”)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
IL GOVERNO ITALIANO ERA INFORMATO… “NESSUNO SI OCCUPA DI POLITICA INDUSTRIALE, MANCA UNA VISIONE, RESTANO SPETTATORI INERMI”
Nel governo francese, a iniziare da Emmanuel Macron, la proposta lanciata da Fca per una fusione con Renault era conosciuta da tempo.
Prima cioè del 27 maggio, quando è stata resa pubblica. E tutti avevano detto sì
Sapeva tutto anche il governo italiano, che è però rimasto disallineato e soprattutto impotente.
E proprio perchè tutti sapevano e soprattutto nessuno aveva sollevato obiezioni, l’atmosfera era positiva. Anche perchè tutti, spiegano le stesse fonti, erano a conoscenza anche del fatto che si stava parlando di un memorandum of understanding non vincolante, qualcosa insomma di amichevole, non per questo poco serio, ma sicuramente meno perentorio, in termini di conseguenze, di un vero e proprio accordo. Questa tipologia di memorandum ingloba in sè anche la possibilità per uno dei due contraenti di dire grazie e arrivederci, la cosa non ci interessa più.
Le richieste dello Stato francese erano: una sede operativa in Francia, garanzie stringenti su occupazione e siti industriali, un posto per il governo nel consiglio di amministrazione della società che sarebbe nata dalla fusione e la poltrona dell’amministratore delegato.
Quando mercoledì il consiglio di amministrazione di Renault ha messo nero su bianco la strategia del rinvio pensata dal governo francese, i piani alti di Fca hanno deciso che era arrivato il momento di ritirare la proposta.
Giovedì mattina la comunicazione pubblica, accompagnata a metà pomeriggio dal commento del presidente di Fca, John Elkann, illustrato in una lettera inviata ai dipendenti
Oltre alle parole di Elkann lo confermano fonti vicine al gruppo, che mettono in evidenza come oramai la strada sia compromessa. Quel che poteva essere non sarà più.
La storia recente aiuta a comprendere quanto il fattore politico, sul fronte francese, abbia sempre condizionato le relazioni economiche tra i player dell’automotive.
E il ruolo dello Stato in Italia? Meglio del governo gialloverde? Secondo quanto riferiscono fonti di governo, il management di Fca ha informato i rappresentanti dell’esecutivo fin dall’inizio, tenendoli costantemente aggiornati sull’evoluzione della trattativa con Renault.
Ci sono stati contatti telefonici con Luigi Di Maio, in qualità di ministro dello Sviluppo economico, e con Giovanni Tria.
Una volta informato cosa ha fatto il governo? Dal 27 maggio a oggi Di Maio si è limitato a dire che la situazione era sotto monitoraggio, ma non risultano interventi di dialogo o pressione, al di là della direzione auspicata, nei confronti del governo francese.
D’altronde i 5 stelle, di cui Di Maio è il capo politico, non hanno nascosto la loro contrarietà a un atteggiamento interventista in questa partita
Il dato dell’incapacità del governo italiano di giocare un ruolo in questa vicenda è evidente. Lo dicono le opposizioni, i sindacati, ma lo dicono anche le mancate azioni. Giuseppe Berta è ritenuto il massimo storico dell’industria automobilistica in Italia. Spiega chiaramente al nostro giornale questa sfaccettatura: “Il governo è assente. Di Maio non parla mai di politica industriale, ma solo di welfare, di reddito di cittadinanza. Chi si occupa di politica industriale? Non c’è una visione, ma solo interventi quando magari c’è una crisi aziendale. Nella cultura dei 5 stelle, così come in quella della Lega, non c’è una persona che abbia la strumentazione adattata per questo. Non c’è nessuno che si occupa delle politiche delle imprese”.
Non è una novità secondo Berta perchè “con eccezione del piano industria 4.0 di Calenda, l’Italia non ha una politica industriale da tempo”, ma le partite si giocano oggi e soprattutto in tempi strettissimi, come ha dimostrato la storia di Fca-Renault. E il governo è rimasto alla finestra. Spettatore inerme di dinamiche ideate e alimentate a Parigi.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
SANDRO GOZI, REFERENTE DI EN MARCHE, SPIEGA LE VERE RAGIONI SULLA MANCATA FUSIONE FCA-RENAULT … E SMETTIAMOLA DI FARLA PASSARE COME UN ATTO “SOVRANISTA” DI MACRON CONTRO I BENEFATTORI DI FCA (SOCIETA’ APOLIDE CON SEDE IN OLANDA), MACRON VOLEVA GIUSTAMENTE GARANZIE SULL’OCCUPAZIONE DEGLI OPERAI FRANCESI
Sandro Gozi, che idea si è fatto del fallimento delle trattative tra Fca e Renault?
Premessa: non dispongo di informazioni particolari sull’operazione, che è stata preparata in vari mesi di lavoro serio. Dal mio punto di vista, generale, andava senza dubbio nella direzione giusta: creare un grande campione dell’auto europeo e globale, per puntare sopratutto su forti sinergie e maggiori efficienze tra grandi gruppi, scommettendo sulle nuove tecnologie verdi e elettriche e apertura di nuovi mercati. E poi avrebbe avuto un valore simbolico forte di rilancio della cooperazione Franco-italiana, a prescindere dalle vicende strettamente politiche. Cooperazione in cui credo fortemente e per cui vedo grandi spazi in Europa e senza la quale è difficile pensare ad un vero rilancio europeo.
Chi ha sbagliato? Macron europeista convinto ma in economia è nazionalista: vede contraddizioni in questo?
È una lettura superficiale, anche se capisco che possa funzionare molto bene in Italia. Perfetta per Twitter e talk show… Il governo francese, azionista col 15% di Renault, aveva indicato quattro priorità tipiche di qualsiasi stato azionista. Renault ha già un’alleanza con Nissan, e questo era il quadro in cui l’alleanza andava fatta. Andavano tutelati i posti di lavoro e i siti industriali già presenti in Francia. Cioè il governo francese fa il suo mestiere, a differenza di quello italiano che su questi temi mi sembra un poco distratto, per usare un eufemismo. È stata poi richiesta una Governance equilibrata tra FCA e Renault. E su questo, dobbiamo capire se gli equilibri richiesti corrispondessero veramente alla due realtà industriali. Poi veniva richiesta la partecipazione del nuovo colosso dell’auto che sarebbe emerso all’iniziativa sulle batterie elettriche lanciata da Francia e Germania: cioè al più importante progetto industriale europeo degli ultimi anni, necessario per recuperare il grave ritardo che abbiamo accumulato rispetto a cinesi e coreani. Sembra che l’accordo fosse stato trovato. Ma rimaneva da convincere Nissan e per questo era necessario altro tempo. D’altra parte, immagino che FCA abbia tenuto conto dei suoi interessi industriali e dei suoi stakeholder. Per un’operazione di questa portata è necessaria piena fiducia reciproca e garanzie di una gestione aziendale molto fluida. Forse queste condizioni sono venute a mancare dal punto di vista di FCA.
Fca si è ritirata: sono i limiti di un’azienda alla fine apolide?
Non credo. Anche perchè con l’attuale governo italiano, talmente screditato sulla scena europea e internazionale, meglio agire da soli anche per imprese italiane al 100%…
Lo Stato italiano poteva toccare palla?
Ripeto: certamente non questo governo. E tanto meno l’attuale Ministro dello Sviluppo economico, che peraltro non mi sembra neppure che si sia accorto di questa operazione, se non a cose fatte… Poi mi sembra che l’attività “diplomatica” del Presidente Elkann sia stata veramente impeccabile, da manuale.
Se non ora, in passato quando Fiat era ancora italiana?
In passato il rapporto tra Stato e Fiat è stato fortissimo. Ma ora siamo ormai in un’altra epoca. Peraltro, anche in questi giorni, la borsa sta premiando FCA e non Renault…Io spero comunque che in futuro questa collaborazione possa ripartire.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
IRONIA E SDEGNO PER L’ULTIMA USCITA DI SALVINI… IMPAZZA LA RISPOSTA: “FIGLIO TUO? MEGLIO ESSERE ORFANI”
Matteo Salvini in comizio a Foligno ha detto di essere il padre di 60 milioni di italiani. Le reazioni della rete smentiscono “l’esame del Dna”: no, non tutti gli italiani vogliono essere figli del leader della Lega
Da “Meglio orfani” alla “paghetta settimanale”. Il web risponde con #60MilioniMenoUno
Nel corso dell’ultimi anno ha detto di esser stato votato da 60 milioni di italiani, di rappresentare il pensiero di 60 milioni di italiani e di combattere le battaglie di 60 milioni di italiani.
Già così potrebbe bastare, ma mercoledì dal palco dell’ennesimo comizio elettorale in vista dei ballottaggi (questa volta a Foligno) Matteo Salvini ha ‘rivelato’ di essere il padre di 60 milioni di italiani. Forse un po’ troppo.
E sui social è nato l’hashtag #60MilioniMenoUno perchè, a quanto pare, nessuno vuole essere figlio di Salvini.
«Se mio figlio ha fame e mi chiede di dargli da mangiare e Bruxelles mi dice ‘No Matteo, le regole europee ti impongono di non dare da mangiare a tuo figlio’, secondo voi io rispetto le regole di Bruxelles o gli do da mangiare? Secondo me viene prima mio figlio, i miei figli sono 60 milioni di italiani — ha detto Matteo Salvini in comizio a Foligno -».
A parte che potrebbe destinare a chi ha fame intanto i 49 milioni sottratti dalla Lega, la dichiarazione di paternità non è piaciuta a molti.
L’ironia si è mischiata allo sdegno per parole così azzardate di un uomo, Matteo Salvini, che continua a ergersi protagonista di tutte le faccende che coinvolgono gli italiani, auto-celebrandosi come il deus ex-machina dei pensieri e della volontà dei cittadini.
Quel numero, 60 milioni di italiani, non rientra neanche in quel 34% di elettori (quindi aventi diritto al voto, al netto dell’astensione alle ultime Europee) che lo ha votato il 26 maggio.
E nonostante la cruda e fredda matematica, il leader della Lega ora si è affibbiato anche l’onere del padre degli italiani.
Ma su Twitter l’hashtag #60MilioniMenoUno è in testa alle tendenze.
Una mozione d’onore va al tweet scritto da Dario Ballini che richiama l’attenzione del Telefono Azzurro per le «molestie» (ovviamente morali e psicologiche) subite da ‘Papà Salvini’.
Un post che vale più di mille parole, non per quanto scritto, ma per il nome che ha deciso di adottare per l’occasione: ‘Meglio orfani’.
(da agenzie)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
SVELATE DAL SILP LE BUFALE DI SALVINI SUI NUOVI AGENTI ASSUNTI (ERANO STATI DECISI DA GENTILONI)… SALVINI HA STANZIATO MENO QUATTRINI DEI GOVERNI PRECEDENTI
In un colloquio con Fanpage.it, Daniele Tissone, segretario generale del Sindacato Italiano Lavoratori Polizia (Silp), ha spiegato l’iniziativa di pubblicare sul sito un contatore che ricorda al governo italiano i 156 giorni passati dalla scadenza del contratto delle forze dell’ordine: “Qui si fanno tanti discorsi, in particolare il vicepresidente del Consiglio, sui poliziotti, ma poi non sono stati rinnovati i contratti”.
Il segretario generale di Silp, Daniele Tissone, ha spiegato: “Noi vogliamo tenere alta l’attenzione, il 17 aprile siamo andati fuori dalle prefetture spiegando che qui si fanno tanti discorsi, in particolare il vicepresidente del Consiglio — Matteo Salvini — sui poliziotti, ma poi non sono stati rinnovati i contratti del pubblico impiego, tre milioni di persone, tra cui ci siamo anche noi, esattamente 315mila operatori tra polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria e tutto il mondo militare”.
Il contratto è scaduto da 5 mesi “quindi abbiamo messo un contatore sul sito che ricorda e ringrazia il governo del fatto che questa grande attenzione poi è sfociata nella vacanza contrattuale — ha continuato Tissone — che adesso ammonta a 5 euro a poliziotto, un aumento da aggiungere ad uno stipendio medio di circa 1200/1250 euro per un nuovo entrato in polizia”
Poi se andiamo a valutare gli stanziamenti messi in previsione — ha spiegato il segretario generale di Silp — va detto anche che sono inferiori a quelli del governo precedente, perchè il vecchio governo aveva messo in tutto 2 milioni e 800mila euro per il pubblico impiego nel triennio 2016-2018, mentre il nuovo esecutivo ha messo 1 milione e 775mila euro che non è nemmeno inclusivo dell’indennità di vacanza contrattuale che viene riconosciuta nel caso di mancato contratto”.
In sostanza si tratta di “20/25 euro netti in più, meno di un caffè al giorno — ha continuato Daniele Tissone — Neppure paragonabile al tanto citato bonus di 80 euro alle forze di polizia dei precedenti governi
Per quanto riguarda il contratto “abbiamo chiesto a febbraio che ci convocassero al tavolo negoziale, perchè volevamo anche definire parte del vecchio contratto, la coda contrattuale che non siamo riusciti a definire — ha spiegato il segretario generale — ci sono altri aspetti che riguardano istituti fondamentali per il sostegno alla genitorialità , riconosciuti già a tutto il pubblico impiego, avevamo chiesto di riformarli ed estenderli a noi, così come altri profili relativi alla tutela della salute e ai rischi professionali”, ma non è arrivata nessuna risposta.
Poi, ha continuato Tissone, “il viceministro ci ha detto che se ne parlerà l’anno prossimo, dato che le risorse sono state allocate su altri capitoli di spesa e non sul rinnovo dei contratti”.
“Certo rispetto a chi dice che dà tanto ai lavoratori della sicurezza…”, ha sottolineato il segretario di Silp riferendosi ancora al ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Il leader della Lega “ha fatto, come il vecchio governo, un piano di assunzione straordinaria — ha spiegato Tissone — però parliamo di 8mila forze dell’ordine in dieci anni, mentre ne vanno via moltissime e nei prossimi anni ci sarà un esodo come nella sanità e nella scuola”.
Ma soprattutto, come ha sottolineato ancora il segretario generale, parliamo di assunzioni straordinarie che aveva fatto anche il vecchio governo.
Tutto nasce da una decina di anni fa quando il governo di centrodestra aveva bloccato il turnover portandolo al 55%.
“Nel 2008 eravamo 108mila, oggi siamo 89mila — ha raccontato Tissone — faremo fatica a raggiungere le 106mila unità previste dal dl Madia”.
Ma “abbiamo ottenuto un record — ha ironizzato il segretario generale — siamo la polizia più vecchia dal punto di vista anagrafico in Europa, anche se nel 2018 sono andati in pensione 2800 poliziotti”.
Inoltre, ha concluso Tissone, “il 95% delle assunzioni di quest’anno fa parte delle vecchie assegnazioni del governo precedente, sono solo poche centinaia di uomini in più quelli messi a disposizione dal nuovo esecutivo”.
(da “FanPage“)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
PER LA LEGA DEVE RIMANERE AL SUO POSTO “PERCHE’ I CITTADINI L’HANNO VOTATO”… PECCATO CHE L’ABBIANO VOTATO NON IMMAGINANDO CHE FOSSE UN CORROTTO
Ha ritirato le dimissioni da sindaco di Legnano Giambattista Fratus che le aveva presentate dopo l’arresto con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta lo scorso 16 maggio. Da allora Fratus si trova ai domiciliari. A lui arriva il sostegno del suo partito, la Lega.
“E’ la miglior decisione – sottolinea in una nota il segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi -. Abbiamo piena fiducia nella giustizia e siamo certi che verrà fatta totale chiarezza sulla posizione di Fratus, ma l’amministrazione di un Comune importante come Legnano non può attendere i tempi lunghi della nostra giustizia”.
Secondo Grimoldi, “non sarebbe giusto un passo indietro, neppure nei confronti dei cittadini di Legnano che con il loro voto hanno scelto Fratus come loro sindaco, non sarebbe giusto attendere i tempi troppo lunghi della giustizia, per cui come Lega diciamo e ripetiamo a gran voce che siamo tutti con Giambattista Fratus e sposiamo la sua scelta di ritirare le dimissioni”.
In altre casi, chissà come mai, i sindaci si dimettono o è il Viminale che li commissaria direttamente.
Potenza di essere compagni di merende.
(da agenzie)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
QUANDO ANCORA UN ANNO FA I GRILLINI PROMETTEVANO DI SMANTELLARE IL MUOS: “SI SONO PRESI I NOSTRI VOTI E HANNO FATTO L’OPPOSTO”
«Il Ministero della Difesa, il Ministero della Salute e il Ministero dell’Ambiente, tutti e tre del MoVimento 5 Stelle, non hanno accettato l’invito a sedersi ad un tavolo del comitato tecnico-istituzionale per parlare del MUOS».
A dirlo è Massimiliano Conti, sindaco di Niscemi, che rivolge un appello ai pentastellati per affrontare la vicenda del MUOS: «i ministri e i deputati del M5S sono venuti qui a prendersi un impegno ben preciso, e si sono presi pure i voti» degli attivisti No MUOS.
Delle tante battaglie del “no” sostenute dal MoVimento 5 Stelle di lotta quella contro il TAP è stata la prima ad essere tradita.
Poi è venuta quella per la chiusura dell’ex Ilva di Taranto, la vicenda del Terzo Valico e da mesi il Governo balla e traballa sul TAV e su quel “buco inutile nella montagna” che piace tanto a Matteo Salvini.
Nemmeno i veneti del No Grandi Navi o del No Pedemontana se la passano poi tanto bene.
Quella contro il MUOS (acronimo che indica l’installazione militare statunitense Mobile User Objective System realizzata in Sicilia vicino a Niscemi) è una di queste battaglie “tipiche” del MoVimento 5 Stelle che sono state messe subito da parte una volta che il MoVimento è salito al potere.
Ma ad essere stata accantonata è stata solo la lotta No MUOS, perchè ad esempio qualche settimana fa il Ministero retto da Elisabetta Trenta ha dato il via libera alla costruzione di opere edili dentro la base militare americana (strade, recinzioni e barriere) anche senza il consenso preventivo del Comune di Niscemi.
Oggi Conti ha rivolto un ultimo appello al governo: il 13 giugno ci sarà un consiglio comunale e spera che i ministri interessati abbiano il coraggio di affrontare cittadini ed elettori.
I No Muos denunciano che gli americani starebbero pensando di costruire una seconda installazione a Sigonella, il tutto nel silenzio generale dei pentastellati che sull’argomento sembrano aver perso la voce.
Pesa soprattutto quello che viene percepito come un tradimento da parte del partito che ha in mano tutti i ministeri chiave per risolvere la vicenda MUOS. Sulle antenne di Niscemi i 5 Stelle non possono nemmeno dire che è colpa della Lega, perchè i tre ministeri coinvolti, quelli delle ministre Giulia Grillo ed Elisabetta Trenta e del ministro Costa sono tutti “a 5 Stelle”.
Le mamme del Comitato No Muos hanno scritto una lettera aperta dove criticano le ministre Grillo e Trenta: «la prima si è chiusa in un silenzio che ci offende, negandosi dopo aver preso parte ai nostri cortei; la seconda ha ultimamente autorizzato la realizzazione di diverse opere edili dentro alla base militare senza il parere preventivo del Comune di Niscemi» ricordano nel comunicato.
(da agenzie)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
“E’ UN MERCATO DELLA VACCHE, ALTRO CHE FUORI I PARTITI DALLA RAI”: LA DENUNCIA DEL CONSIGLIERE LAGANA’, INDIPENDENTE ELETTO DAI 13.000 DIPENDENTI
“Io davvero non so più cosa rispondere ai colleghi che, preoccupati, mi chiedono che sta succedendo in Rai. Non so spiegare come mai, in un’azienda che conta più di 1.700 giornalisti, per condurre i programmi di punta della prima rete sono stati preferiti due esterni, senza un curriculum specifico e la cui professionalità è quanto meno tutta da dimostrare”.
Riccardo Laganà , il primo consigliere di amministrazione eletto in rappresentanza degli oltre 13mila dipendenti del servizio pubblico, è a dir poco “sconcertato” dell’assalto sovranista alla diligenza di Viale Mazzini.
Consigliere, provi a fare uno sforzo.
“La Rai sta diventando una polveriera. L’ad Salini ha pure tentato di dare un segnale, chiedendo ai direttori di rete di valorizzare le risorse interne. La verità è che se ne sono infischiati. In barba al contratto di servizio e sfruttando l’autonomia editoriale hanno preferito appaltare l’ufficio del personale ai partiti. Che stanno usando la mano pesante. Autori e conduttori vengono scelti non in base al merito, bensì alla fedeltà politica”.
Ma non erano quelli che urlavano “fuori i partiti dalla Rai”?
“Se è per questo l’hanno pure scritto nel contratto di governo, c’è un paragrafo intero in cui si dice che in Rai bisogna dare spazio agli interni, seguendo criteri di trasparenza e abbandonando la lottizzazione. Invece avviene il contrario. Come e peggio di prima. Senza ritegno”.
Si riferisce a Roberto Poletti, ex direttore di Radio Padania e primo biografo di Salvini, a cui la direttrice De Santis ha pensato bene di affidare la conduzione di Unomattina Estate?
“È una scelta che mortifica le professionalità presenti in azienda, mina la credibilità del servizio pubblico agli occhi degli spettatori, vanifica la possibilità di sperimentare. Una volta i palinsesti estivi a questo servivano: a testare come conduttori i più bravi giornalisti Rai, a cui poi eventualmente affidare i programmi invernali. Era una grande scuola di formazione, ma è saltato tutto”.
E ora?
“Spero che i leghisti siano coerenti. Hanno presentato una interrogazione in Vigilanza per sapere in base a quali criteri Salini ha nominato i dirigenti della Corporate, mi aspetto che facciano lo stesso per la scelta dei conduttori. Se c’è una regola deve valere sempre, non solo quando fa comodo a loro”.
Morale della favola?
“Ormai in Rai sembra di stare al mercato delle vacche: questo autore a me, questo conduttore a te, un regista a te, un capo-progetto a me. La sola domanda che viene da porsi è: ma a Lega e M5S quanto interessa il buon andamento dell’azienda e del servizio pubblico?”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 6th, 2019 Riccardo Fucile
I SEDICENTI CULTORI DELLA LEGALITA’ PREFERISCONO NON PERDERE IL CULTO DELLA POLTRONA… AI TEMPI DI RENZI AVREBBERO INVOCATO LA FORCA, ORA INGOIANO TUTTO
Indagato dalla Corte dei conti per danno erariale nell’indifferenza dei vertici 5Stelle. Il viceministro all’Economia leghista Massimo Garavaglia avrebbe dato il via libera alla “vendita sottoprezzo” di palazzo Beretta, la sede della Ats, ex Asl, in corso Italia a Milano.
Una decisione che, per la procura della Corte dei Conti, ha causato un danno erariale tra i 2 e i 13 milioni di euro per quanto riguarda la sola cessione dell’immobile e di 6 milioni per la locazione.
Da assessore regionale all’Economia, Garavaglia secondo le toghe, sarebbe intervenuto nell’operazione “pur essendo privo della competenza per materia”, dato che la competenza apparteneva “all’Assessore alla Salute”.
Queste le accuse, attorno alle quali il Movimento 5 Stelle non si pronuncia.
Lo scontro sulla permanenza al governo di Armando Siri, indagato per corruzione, è avvenuto in piena campagna elettorale.
Adesso il clima è cambiato e tra i pentastellati e la Lega sono in corso prove di collaborazione. In questa nuova fase i vertici grillini tengono i toni bassi.
Appena le agenzie di stampa hanno battuto la notizia dell’indagine a carico del viceministro leghista è partito il più classico degli ordini di scuderia, ovvero quello di non infierire. Niente note e niente post al vetriolo su Facebook.
Anzi, i vertici pentastellati si arrampicano sugli specchi: “A differenza di Siri — spiegano — non si tratta di una cattiva condotta tenuta da viceministro, quindi non ha intaccato o provato a intaccare il lavoro del governo. Ci atteniamo al contratto, in cui non si parla di indagini per danno erariale. Quando e se ci sarà una condanna si vedrà ”.
Per adesso vige il silenzio.
Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris tenta di provocare il Movimento: “Che la Lega sia travolta dalla questione morale non è una notizia invece sarebbe una notizia se il M5s, che ha improntato il proprio destino politico urlando ‘onestà onestà ‘, ponesse fine al contratto di governo. Così capiremmo se i 5Stelle siano più o meno allineati con la Lega anche sulla questione morale oppure se hanno posizioni differenti. Fino ad ora sono allineati”.
Interviene solo il Movimento 5 Stelle lombardo con il capogruppo in regione Marco Fumagalli, secondo il quale “l’indagine conferma ancora una volta che la Lega Nord e Forza Italia non sono assolutamente in grado di gestire i soldi pubblici e garantire efficienza economica ed efficacia nell’azione amministrativa in Lombardia. Altro che efficienza, la Lombardia butta i soldi pubblici”.
Nessuna condivisione dal Movimento nazionale.
(da “Huffigtonpost”)
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