Febbraio 26th, 2020 Riccardo Fucile
DAGLI ERRORI SI IMPARA, MA NEGARLI E’ SBAGLIATO (FONTANA CHIEDA SCUSA)
Lunedì Giuseppe Conte ha annunciato di voler avocare le responsabilità in materia sanitaria che
spettano alle Regioni per evitare «gli errori compiuti nell’ospedale di Codogno» che, respingendo il paziente 1 senza sottoporlo al test, era diventato «focolaio d’infezione».
A puntare il dito sul problema dell’ospedale di Codogno come veicolo di infezione era stato anche l’infettivologo Massimo Galli in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Galli successivamente ha parzialmente rettificato la sua posizione:«L’attribuzione di una responsabilità diretta e di un comportamento scorretto ai colleghi e all’ospedale di Codogno –chiarisce l’infettivologo – va comunque assolutamente al di là delle mie intenzioni e delle mie convinzioni».
E ancora: «È verosimile che l’epidemia non sia, nella sua origine, recentissima nell’area del Lodigiano ed è certo che la persona che si è rivolta all’ospedale di Codogno per assistenza non è colui che ha importato il virus in Italia (il cosiddetto paziente «zero», ndr). È quindi probabile che il virus sia circolato per diversi giorni prima che il caso grave numero uno si rivolgesse ai sanitari di Codogno. È altrettanto evidente che i colleghi di tale ospedale non avevano alcun elemento che li aiutasse a sospettare le cause delle manifestazioni cliniche del paziente, che non poteva essere considerato sospetto per coronavirus in base alle definizioni dell’Organizzazione mondiale della sanità ».
Il Corriere della Sera oggi riepiloga cosa è successo all’ospedale di Codogno e perchè gli errori commessi nell’occasione hanno contribuito alla diffusione del Coronavirus nel lodigiano e da lì alle altre regioni e agli altri Stati d’Europa, spiegando però che l’applicazione alla lettera della circolare ministeriale in qualche modo discolpa il nosocomio:
Il «paziente 1» entra in Pronto soccorso, per la seconda volta, alle 3.12 di notte del 19 febbraio. Trentasei ore. È il tempo trascorso tra il ritorno di Mattia in Pronto soccorso (dov’era già stato il giorno prima) e il tampone per il coronavirus. Il test viene fatto intorno alle 16 del 20 febbraio. Dopo che il 38enne, maratoneta e calciatore per diletto, passa un giorno e mezzo nel reparto di medicina. Lo vanno a trovare parenti e amici ed entra in contatto con medici, infermieri e altri pazienti. Il motivo del non aver ipotizzato subito la possibilità del coronavirus: «Non è di ritorno dalla Cina».
In realtà , le linee guida del ministero della Salute del 22 gennaio su chi va sottoposto al tampone, dicono che è da trattare come caso sospetto anche «una persona che manifesta un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato».
E una polmonite per un 38enne sano e sportivo, in realtà , lo può essere. Ma la nuova versione delle linee guida ministeriali del 27 gennaio cancella quella frase e prevede controlli solo per chi ha legami con la Cina.
A quel punto, racconta ancora il quotidiano, il paziente 1 viene spostato in rianimazione e lì infetta i due anestesisti benchè questi siano protetti dal protocollo. Ma cosa è successo all’interno dell’ospedale in quelle ore?
La prima ipotesi è chiudere il Pronto soccorso e l’ospedale tenendo dentro chi c’è in quel momento. Poi viene presa in considerazione l’idea di trasferire i pazienti in altri ospedali. Medici e infermieri del turno di notte tornano a casa convinti di cominciare un autoisolamento.
E invece no: vengono richiamati più tardi, quando ci sono anche gli altri colleghi del nuovo turno. Nel corso della giornata si decide chi di loro resta e chi torna a casa. Solo a mattina inoltrata il Pronto soccorso si svuota e le porte dell’ospedale, formalmente chiuso già da mezzanotte, vengono davvero rese inaccessibili: non si esce e non si entra più. Ad oggi ci sono lavoratori che aspettano ancora l’esito del tampone.
In uno dei messaggi scambiati via WhatsApp, un uomo dall’interno dell’ospedale (che non vuole essere identificato) racconta a un amico che «è sbagliato dire che quella notte è andato tutto bene perchè non è la verità . Ma era un’emergenza mai vista e non vale accusare con il senno del poi. Diciamoci soltanto la verità , e cioè che forse la gestione di quella notte poteva andare meglio, ma diciamo anche che non era facile e che tutti hanno lavorato senza risparmiarsi. E cerchiamo di imparare dagli errori».
Un medico in quarantena di Castiglione d’Adda, cittadina a poche chilometri da Codogno, racconta all’agenzia AdnKronos: «Siamo stati un po’ delle cavie. Bisogna dare ai medici delle protezioni, spero che nelle altre regioni non si facciano gli stessi errori».
Ancora: «Nelle settimane precedenti c’erano state troppe polmoniti strane. Ma per il nuovo coronavirus tutto quello che dovevamo fare era chiedere agli assistiti se venivano dalla Cina, e in particolare dall’area a rischio».
Forse c’è stata una sottovalutazione, forse non si è capito che in un mondo ormai sempre più piccolo un virus partito da una megalopoli cinese come Wuhan poteva arrivare anche dove meno ce lo si aspettava, nella quiete della Bassa Lodigiana.
Però resta una domanda: perchè non è stata scelta una linea più rigorosa dall’Italia imponendo i test per tutti i casi sospetti, anche quelli che non avevano legami con la Cina? Perchè i paesi dell’Unione europea non hanno scelto questa linea comune prima che il contagio arrivasse?
Perchè fare il test ad ogni persona con la tosse non è praticabile.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 26th, 2020 Riccardo Fucile
“IL RISCHIO DI UNA CRITICITA’ DI GESTIONE ESISTE, ATTUALMENTE SIAMO AL 90%”
Dei 322 contagiati per il Coronavirus SARS-CoV-2 — il dato risale alle 20 di ieri — 162 sono le persone in isolamento domiciliare, 114 quelle ricoverate e fra loro 35 si trovano nei reparti di Terapia intensiva.
Quest’ultime, spiega oggi Il Messaggero, ammontano dunque al 30% dei pazienti ospedalieri e al 10% dei contagiati. Persone che oltre al trattamento del virus con farmaci antivirali specifici per l’Hiv, hanno anche bisogno di assistenza respiratoria meccanica.
Se l’andamento dei ricoveri nei reparti di Terapia intensiva — ed è l’ipotesi peggiore — dovesse aumentare conclamando l’epidemia quali sarebbero gli effetti su queste strutture?
«Ci sarebbe una criticità di gestione», spiega il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e docente ll’università Tor Vergata.
Il motivo è presto detto: in Italia i posti letto nei reparti di Terapia intensiva non superano le 5.300 unità e attualmente l’occupazione è del 90%. Non c’è infatti solo il Covid-19 a cui tener testa: è il periodo dell’influenza stagionale e ci sono pazienti che sono ricoverati nelle unità intensive perchè hanno patologie specifiche o sono stati colpiti da attacchi cardiaci o, ancora, sono reduci da interventi chirurgici particolarmente invasivi.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 26th, 2020 Riccardo Fucile
IN ITALIA 8600, IN GRAN BRETAGNA 6795, IN FRANCIA 475, IN GERMANIA E SPAGNA NON SI SA
Ieri erano arrivati a oltre 8.600 i test del tampone faringeo per il Coronavirus: la maggior parte in
Veneto e Lombardia, il resto nelle altre regioni.
In Europa, racconta però oggi Repubblica, c’è chi ha fatto ancora di più, senza trovare tutti i malati che si registrano in Italia:
Si tratta del Regno Unito, dove i test per il coronavirus sono stati 6.795 e il numero dei positivi è assai più basso: 13, dei quali 4 erano persone che si trovavano sulla nave da crociera Diamond Princess.
La Francia, invece, ha davvero numeri molto più bassi. Dall’inizio dell’emergenza, che ha riguardato in particolare il cluster scoppiato nella località sciistica di Les Contamines-Montjoie nella prima metà di febbraio, sono stati fatti 475 tamponi, 12 dei quali sono risultati positivi.
In Germania ci sono state 16 persone contagiate ma i dati sul numero dei tamponi non sono stati ancora diffusi, così come in Spagna, dove le persone colpite sono state 4. Questi Paesi comunque, così come la Francia, hanno deciso di sottoporre al test solo chi è a rischio per motivi clinici, cioè ha una sindrome respiratoria, e epidemiologici, cioè proviene da una delle zone a rischio (e tra queste in Germania hanno appena inserito anche l’area di Lodi e di Vo’ in Veneto).
“La prova tampone va fatta solo in alcuni casi circostanziati. Il fatto che negli ultimi giorni si sia esagerato con la prova tampone non corrisponde alle prescrizioni della comunità scientifica”, ha detto ieri Giuseppe Conte.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 26th, 2020 Riccardo Fucile
PRIMI CONTAGI TRA MINORI, GUARITA LA PRIMA AMMALATA … OMS E UE: “FIDATEVI DI QUANTO STA FACENDO IL MINISTERO DELLA SALUTE”
Il dodicesimo decesso legato a coronavirus Sars-Cov-2 è un uomo di Lodi di 69 anni, con patologie respiratorie pregresse, morto in Emilia Romagna.
E’ l’aggiornamento dato in mattinata dal capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, durante la conferenza stampa di rito sull’emergenza sanitaria che sta tenendo sotto scacco il nostro Paese.
Quindi, la conta di rito sull’epidemia Covid-19 che rispetto a ieri ha registrato un incremento di 52 persone contagiate raggiungendo quota 374. “La Lombardia registra 261 casi, Veneto 71, Emilia Romagna 30, Piemonte 3, Lazio 3, Liguria 6, Toscana 2, Sicilia 3, Marche 1 e Alto Adige 1”.
È attesa oggi la conferma di una positività nelle Marche. Al momento i focolai restano quelli della Lombardia e del Veneto e tutti i contagiati avevano avuto contatti con i residenti delle zone rosse, oppure vi avevano soggiornato.
Buone notizie arrivano dal Lazio, dove non risultano più ammalati perchè sono guariti sia la coppia di cinesi primi ammalati in Italia, sia il ricercatore che era rientrato dalla Cina.
In Lombardia, in uno dei comuni della zona rossa, Castiglione d’Adda, è risultata positiva al test una bambina di quattro anni.
In tutto sono “quattro i bambini contagiati in Lombardia: due di 10 anni, uno di 15 e una di 4 anni. Due sono stati dimessi e due sono ricoverati in ospedale (al San Matteo di Pavia e all’ospedale di Seriate, in provincia di Bergamo), ma stanno bene.
Tutti provengono dalla zona di Codogno”, ha detto l’assessore al Welfare Giulio Gallera. Il focolaio lombardo dell’epidemia è finito nel mirino della Procura di Lodi, che ha aperto un’inchiesta conoscitiva sulle dinamiche di diffusione del coronavirus e sulle procedure adottate negli ospedali di Codogno, Casalpusterlengo e Lodi, dove questa notte i Nas di Cremona hanno fatto un’ispezione.
L’assessore regionale alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, ha intanto comunicato che è guarita anche la cittadina cinese ricoverata allo Spallanzani di Roma da fine gennaio. “La donna cinese è stata, insieme al marito, il primo caso in Italia ed è ora è negativa al Covid-19 – ha detto – Stamani durante una visita all’ospedale ho visto anche il marito che è in ottime condizioni”.
Il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti ha detto che sono stati riscontrati altri quattro casi di positività al coronavirus nei due i due alberghi di Alassio da cui, ieri, è arrivato il primo caso sul territorio regionale. I casi positivi in Liguria salgono, dunque, a quota sei.
Si conferma, per quanto riguarda le vittime, che si tratta purtroppo di persone che hanno contratto il virus anche a causa di una immunodepressione dovuta ad altre patologie. Walter Ricciardi, nuovo consulente del ministro della Salute, invita a “ridimensionare questo grande allarme ribadendo che “il 95% dei malati guarisce, tutti i morti avevano già condizioni gravi di salute”
A fare il quadro della situazione globale oggi è il direttore Europa Oms, Hans Kluge, durante una conferenza stampa dopo il vertice al ministero della Salute: “Ad oggi – ha spiegato – ci sono 80.980 casi di Covid-19 in 33 Paesi, 13 dei quali nella Regione europea. Oltre il 95% dei casi è in Cina, solo il 3% al di fuori”.
Kluge ha poi aggiunto: “Non bisogna cedere al panico, bisogna fidarsi pienamente di quello che sta facendo il ministero della Salute in Italia, in collaborazione con la Protezione Civile”.
Anche la Commissione europea rinnova i complimenti all’Italia per la gestione della crisi: “Vorrei dire che fin da subito la Commissione Ue ha sentito l’esigenza di esprimere assoluta solidarietà all’Italia e al personale sul campo, che hanno messo subito in atto misure risolute e veloci per ridurre la minaccia di questo virus”, ha detto Stella Kyriakides, commissaria Ue alla Salute, durante la conferenza stampa dopo l’incontro con il ministro della Salute Speranza.
Il Parlamento europeo ha chiesto agli eurodeputati che negli ultimi 14 giorni hanno visitato le quattro Regioni italiane considerate a rischio (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto) di rispettare una quarantena di 14 giorni. Tali misure preventive sono raccomandate anche allo staff degli eurodeputati interessati.
In Austria gli accertamenti su una turista italiana di 56 anni del Friuli-Venezia Giulia, morta la scorsa notte in un residence a Bad Kleinkirchheim hanno dato esito negativo. La donna non aveva contratto il coronavirus.
Altri due turisti italiani nell’hotel di Adeje a Tenerife, isolati ieri, sono risultati invece positivi al coronavirus. Lo scrive l’agenzia spagnola Efe, che cita il ministero della Salute regionale delle Canarie. I due nuovi positivi fanno parte del gruppo in viaggio con il medico piacentino e la moglie a cui era stato diagnosticato ieri il Covid-19.
(da agenzie)
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