Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
IL PACCO E’ SERVITO, DODICI MESI DI NULLA, SALVO CENTINAIA DI DENUNCE E MULTE PER BLOCCO STRADALE
«Ho incontrato al Ministero i pastorisardi, obiettivo: risolvere il problema entro 48 ore». È passato un anno da quell’annuncio di Matteo Salvini, ma il prezzo del latte di pecora non ha subito variazioni di rilievo e i pastori ancora aspettano che qualcuno mantenga le promesse per arrivare al fatidico “un euro al litro”.
Quando l’allora ministro dell’Interno fece la sua era il 12 febbraio 2019, eravamo nel pieno di una campagna elettorale a poco più di due settimane dal voto delle regionali in Sardegna.
In questi dodici mesi non è che sia successo molto. Passate le elezioni e dopo la vittoria del leghista Christian Solinas il governo gialloverde e Salvini si dimenticarono presto della vertenza sul latte sardo.
Fu solo con il nuovo esecutivo che la neo-ministra delle Politiche Agricole e Forestali Teresa Bellanova iniziò a mettere i soldi, una parte di quelli promessi dall’ex titolare del Viminale e che non erano mai arrivati in Sardegna.
“Giovedi prossimo, 13 febbraio, l’Assessora dell’agricoltura e riforma agro-pastorale della giunta Solinas Gabriella Murgia ha convocato il tavolo del latte ovi-caprino allo scopo di «fare il punto sulla situazione del comparto e sugli accordi firmati un anno fa in Prefettura a Sassari».
Il punto è che quegli accordi non hanno cambiato la situazione. Ad esempio non si conosce ancora il prezzo del latte per la nuova campagna e quello dello scorso anno pare sia arrivato a circa 80 centesimi, al di sotto dei costi di produzione e soprattutto molto più basso di quello richiesto dai pastori durante le proteste dello scorso anno.
L’unica cosa che è cambiata nel frattempo sono gli avvisi di garanzia arrivati agli allevatori accusati a vario titolo del reato di blocco stradale. Sarà il tavolo di filiera a dover tentare di stabilire il prezzo del prodotto che Salvini pensava di poter imporre per decreto.
Perchè se c’è una cosa chiara, e lo disse la ministra Bellanova a ottobre dello scorso anno, non esiste la possibilità di poter stabilire “politicamente” il prezzo del latte: «c’è chi è venuto qui a garantire il pagamento del latte di un euro al litro, senza dirvi come raggiungere il risultato. Io posso dirvi che non ho mai trovato carte che affermassero questa cosa. Quelli che vi dicono che si può stabilire il prezzo del latte con un decreto, vi prendono in giro».
A novembre CopAgri aveva giudicato che 85 centesimi al litro fosse il prezzo giusto per il saldo della scorsa campagna lattiero casearia e per l’acconto della stagione 2019-2020.
Ci si ritrova così, ad un anno dalle promesse salviniane quasi allo stesso punto di partenza. Lo dicono gli stessi pastori che magari avevano convintamente creduto alle balle di Salvini.
Il problema è che ora Salvini non c’è più ma non sembra che ci sia qualcuno, dalle parti della politica, che abbia magari il coraggio di dire che la richiesta di un euro al litro per il latte di pecora non è realizzabile alle attuali condizioni di mercato.
Gran parte del latte viene utilizzato per la produzione del Pecorino Romano DOP, un formaggio di qualità ma non “famoso” come altre eccellenze italiane e non certo con una qualità tale da giustificare un rialzo del prezzo per pagare di più i pastori.
Attualmente si vende tra i 6 e i 7 euro al kg (niente a che vedere con altri formaggi) e per poter soddisfare le richieste degli allevatori dovrebbe essere venduto a circa 8.50 euro al kg.
Sempre tenendo presente che il Pecorino Romano DOP da disciplinare deve essere venduto con una stagionatura minima di 5 mesi quindi stiamo parlando di latte venduto cinque mesi prima della messa in commercio del prodotto finito.
La politica dovrebbe per una volta dire la verità : non è possibile anche per un altro problema, la sovrapproduzione.
Hai voglia poi a vendere la promessa che l’apertura di nuovi mercati (dove? stiamo pur sempre parlando di pecorino, non dimentichiamocelo) possa essere la soluzione a tutti i mali che affliggono il settore, il mercato non sarebbe in grado in ogni caso di assorbire la produzione.
Certo, si può intervenire meglio sulla regolamentazione del mercato, sul controllo della filiera e sul sostegno agli allevatori. Che però da parte loro devono anche — diceva CopAgri — ridurre i costi di produzione. Perchè la salvezza dei pastori sardi passa anche per un maggiore efficientamento della produzione.
Ma curiosamente la politica non lo dice, meglio tenerseli buoni e prendere i voti.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
ALCUNI COMMENTI SUI SOCIAL DIMOSTRANO CHE CON CERTA FOGNA C’E’ SOLO DA FARE PULIZIA ETICA
Un ragazzo di 20 anni è stato aggredito, insultato e picchiato a Palermo nella notte tra sabato e domenica. A raccontare l’episodio è stata una donna, una signora italiana che per lui è come una madre e che in un post su Facebook dove ha scritto che il ” mio figliolo” mentre tornava a casa da lavoro è stato circondato da un gruppo di ragazzi che lo hanno minacciato e aggredito colpendolo in viso con un pugno. «Negro di merda vai via da qui», gli hanno urlato. Perchè Kande Boubacar, questo il suo nome, è di origine senegalese.
Dopo l’intervento di alcuni coetanei che sono corsi in aiuto del ragazzo e hanno messo in fuga gli aggressori la vittima è stata soccorsa dagli operatori del 118 che l’hanno portata all’ospedale Civico dove gli sono state riscontrate lesioni guaribili in dieci giorni. Su Facebook la “mamma” di Kande Boubacar ha pubblicato la foto del figlio con un vistoso taglio sul sopracciglio. Oltre all’aggressione la cosa che più ha suscitato rabbia e indignazione è che nessuno è intervenuto per aiutarlo.
Secondo i testimoni — i due ragazzi che si sono accorti della scena e hanno tratto in salvo il ragazzo — la vittima era accerchiata dal gruppo di giovani e stava cercando di difendersi mentre attorno un capannello di una ventina di persone assisteva immobile al pestaggio.
Eppure era sabato sera e l’aggressione è avvenuta nella centralissima via Cavour davanti agli occhi dei cittadini per bene in libera uscita per il sabato sera. Non certo in qualche periferia “degradata” dove si immagina che possano accadere fatti del genere.
Fino a qui è l’ennesima storia dell’indifferenza.
L’ennesimo “caso isolato” di razzismo. Poco importa che Kande Boubacar sia italiano o meno (il Corriere della Sera scrive che è italiano ma altrove non è specificato). È un adolescente, a quanto pare anche orfano di madre, che vive e lavora a Palermo, menato solo perchè a qualcuno non va a genio il colore della sua pelle.
Perchè c’è chi ci vuole spiegare che nonostante gli insulti razzisti quello non è stato un caso di razzismo. Qualcuno si chiede se l’aggressione di un ragazzo di origine africana al grido di “negro di merda” non possa invece essere avvenuta per motivi diversi dal razzismo (ad esempio?).
È colpa piuttosto della gioventù d’oggi, priva di rispetto ed educazione (non che i giovani di ieri fossero meno razzisti, ma certe cose con l’età ce le si dimentica). Al massimo un caso di bullismo giovanile.
Per altri invece si tratta di un episodio “deprecabile” ma in fondo è “figlio del clima di invasione che viviamo”. Un’invasione che non esiste.
Qualcuno invece scrive che se il ragazzo è italiano e ha documenti italiani allora è uno di noi e quindi non andava picchiato (quelli che invece non sono italiani…) e che in ogni caso la colpa è dei “loro connazionali” (quali, gli italiani?) che “entrano con tante pretese. Insomma, la colpa è sempre dei negri.
Oppure dei vigliacchi che aggrediscono in gruppo una persona indifesa. Mica è colpa della Lega come qualcuno vorrebbe far credere, scrive un commentatore che nota che episodi di questo genere succedono anche al Sud “dove la Lega ha pochi consensi” e quindi è impossibile che sia colpa di Salvini che proprio sui porti siciliani “chiusi” per fermare l’invasione ha costruito buona parte del suo successo come leader politico.
Un altro genio si interroga invece su un problema semantico. È più corretto dire italiano originario del Senegal o “naturalizzato”? Qualcuno ha la risposta a questa domanda davvero così importante a fini dello stabilire se si sia trattato di un’aggressione di stampo razzista.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
SEI PARLAMENTARI LIGURI SU OTTO E DUE CONS. REG. SU QUATTRO VOGLIONO L’ACCORDO CON IL PD SUL NOME DEL GIORNALISTA SANSA, MA GUARDA CASO CASALEGGIO VUOLE NEGARE CHE DECIDA LA BASE LIGURE
Dopo quasi due ore di riunione il senatore M5s Mattia Crucioli si alza e se ne va all’urlo di “qui si decide di non decidere. Questa melina ci fa male”.
In ballo c’è l’alleanza con il Pd in Liguria, osteggiata da Davide Casaleggio e dai vertici pentastellati che invece puntano su Alice Salvatore, braccio destro del figlio del co-fondatore.
Nella sala Tatarella di Montecitorio si sono incontrati il reggente M5s Vito Crimi, il responsabile per le campagne elettorali Danilo Toninelli e i parlamentari liguri grillini. Mai come questa volta le elezioni regionali sono cruciali per il mondo pentastellato. Gran parte di questo vorrebbe sostenere un candidato civico, insieme al Pd, passando attraverso un voto su Rousseau che dovrebbe dare il via libera a un accordo civico. Ma la decisione viene rinviata, nonostante i dem abbiamo dato oggi come termine ultimo. I vertici optano invece per portare il tema direttamente a Genova, dove domenica ci sarà una riunione tra gli attivisti, sul modello emiliano romagnolo quando, al termine di un’assemblea locale, si decise di correre da soli.
Tuttavia ci sono differenze non da poco. “La Liguria è un caso unico”, sostiene con forza un deputato, “qui siamo stati all’opposizione insieme al Pd. In Emilia invece eravamo contro Bonaccini. Se creiamo un unico blocco possiamo spazzare via il centrodestra. Altrimenti perdiamo tutti”.
Per adesso c’è una proposta scritta. Quella presentata da Crucioli rivolta al capo politico e firmata da 6 parlamentari liguri su 8 e da 2 consiglieri regionali su 4.
Si chiede di dare immediatamente voce agli iscritti, attraverso un voto su Rousseau, su un “progetto civico per la Liguria finalizzato — si legge – a sottoporre ad altre forze politiche l’adesione ad un programma elaborato dal Movimento 5 stelle Liguria, sulla base del quale sostenere alle elezioni regionali un candidato Presidente civico garante di tale progetto”.
Il nome che gira in queste ore e che sarebbe condiviso dal Pd è quello del giornalista Ferruccio Sansa. Tanto che il vicesegretario Pd Andrea Orlando insiste: “Non facciamo un regalo a Toti. Ai 5 stelle diciamo, patto civico, scegliamo insieme un candidato. Non abbandoniamo la nostra regione al declino, all’invecchiamento e alla colonizzazione”.
Ebbene, racconta Crucioli, “il reggente Vito Crimi ha deciso di rinviare ulteriormente qualsiasi votazione su Rousseau che avrebbe invece rappresentato l’unico strumento per un sereno dibattito. È chiaro a tutti che siamo già fuori tempo massimo: ogni ulteriore ritardo rischia di compromettere qualsiasi progetto comune e, per certo, regala ulteriore vantaggio ad un centrodestra già in campagna elettorale”.
I vertici M5s non ne vogliono sapere. La riunione diventa un caos. Tanti parlamentari si lamentano con i vertici: “Con un blitz avete fatto votare su Rousseau la candidatura di Alice Salvatore, escludendo tutti dal dibattito e togliendo la possibilità di un accordo civico”. Crimi prende tempo, la riunione è ancora in corso.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
IL TIMORE DI “DANNO ALL’IMMAGINE” ALLA BASE DELLA DECISIONE… MA L’AUMENTO VERRA’ RIPRESENTATO PIU’ AVANTI (MAGARI SOTTO FERRAGOSTO)
Retromarcia. La Regione rinuncia all’aumento di mille euro nello stipendio per gli assessori e per il presidente Alberto Cirio.
La Lega ha ritirato la proposta di legge che prevedeva di riallineare i compensi della giunta a quelli dei consiglieri.
Quest’ultimi infatti guadagnano di più dei componenti del governo regionale perchè godono di 3500 euro di rimborso spese, cifra che viene invece ridotta a mille euro per il presidente Cirio e per gli assessori che usano l’auto blu. La proposta di legge non sarà nemmeno inserita nel collegato alla Finanziaria, come sembrava in un primo tempo, ma accantonata (per ora)
La decisione arriva dopo le polemiche nate nell’opinione pubblica e dai banchi dell’opposizione per quello che è stato bollato come “un regalo alla casta”.
Il partito di Matteo Salvini corre infatti ai ripari re ritira la proposta che porta come prima firma quella del capogruppo della Lega Alberto Preioni e che rischia di incrinare l’immagine della Lega e del suo leader Salvini, che sarà giovedì a Torino per incontrare militanti e sostenitori al Lingotto.
“Alla luce delle polemiche strumentali generate in questi giorni a mezzo stampa, che stanno provocando il fraintendimento da parte dell’opinione pubblica della ratio alla base di questa proposta, abbiamo ritenuto opportuno di ritirare l’articolo in questione, pur rivendicandone l’assoluta legittimità e la necessità di un correttivo a una disposizione che riteniamo ingiusta” spiega il gruppo regionale della Lega in un comunicato.
“Rimanderemo il tema a una riorganizzazione più ampia dei criteri di definizione dell’indennità di coloro che rappresentano i cittadini nelle istituzioni del Consiglio e della Giunta regionale, dal momento che quelli attuali non rispettano il principio di giustizia del peso e delle effettive responsabilità dei ruoli e delle diverse funzioni” aggiungono i consiglieri regionali del Carroccio.
“Ce lo meritiamo” ha spiegato il vice presidente Fabio Carosso che ha gennaio ha avuto un compenso netto di 5900 euro, il compenso più magro della squadra di governo. La busta paga di Alberto Cirio, nello stesso mese, è stata di 6700, a fronte degli stipendi di un consigliere a Palazzo Lascaris che, grazie all’intera cifra dei rimborsi spese, viaggia tra i 6800 e i 7200 euro netti.
Tranquilli, lo ripresenteranno.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
CHIESTA UNA RELAZIONE DETTAGLIATA SU COSA SONO ANDATI A FARE MOLTI DIRIGENTI: ERANO 100 IN PIU’ DELLA PASSATA EDIZIONE
Non sono solo il Pd e i due consiglieri Rai Borioni e Laganà a voler conoscere il nome, il numero e relativi costi sostenuti da Viale Mazzini per spedire a Sanremo un esercito di dirigenti e collaboratori, ma così tanti come quest’anno.
Dopo l’interrogazione parlamentare al ministro dell’Economia, a muoversi è il collegio sindacale del servizio pubblico composto da un ispettore capo della Ragioneria generale dello Stato, in qualità di presidente, e da due alti funzionari del Tesoro.
I quali hanno chiesto all’amministratore delegato Fabrizio Salini di presentare, al prossimo cda in calendario il 21 febbraio, una relazione dettagliata per sapere quante persone sono partite alla volta del Festival, quanto tempo sono rimaste, il motivo della trasferta e chi ha coperto le spese di viaggio e di soggiorno.
Secondo i calcoli di Repubblica, sarebbero infatti almeno 634 i dipendenti Rai registrati a Sanremo nei giorni del concorso canoro: un centinaio in più rispetto al 2019. E questo al netto degli ospiti in carico al Cerimoniale della tv di Stato, che fanno lievitare ulteriormente le presenze: dallo stesso ad Salini al presidente Marcello Foa, passando per il capo della Comunicazione Giannotti e volti noti come Alberto Matano e Lorella Cuccarini. Un numero monstre, infarcito anche di familiari e staff, che non è passato inosservato. E sul quale ora il Tesoro vuole vederci chiaro. Specie alla luce dei 65 milioni perdite previste dall’emittente di Stato nel 2020.
Per ciascuno degli “inviati” sul fronte sanremese il manager del servizio pubblico dovrà spiegare cosa sono andati a fare, perchè e chi ha pagato.
E a poco vale la precisazione secondo la quale i parenti e alcuni stretti collaboratori sarebbero sbarcati all’Ariston a spese loro. Tra questi, le mogli di Foa e Salini, il marito della consigliera Beatrice Coletti, la segretaria dell’ad Giuseppina Carruba, ma anche la segretaria della governance Rai Margherita Ghinassi. Oltre a dirigenti che poco o nulla hanno a che fare con Sanremo: dal vicedirettore di Rai3 Giovanni Anversa al direttore dei diritti sportivi Pierfrancesco Forleo, dal direttore di Rai Parlamento Antonio Preziosi all’ad di RaiCom Monica Maggioni.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
LA PARLAMENTARE NON HA ALCUNA VILLA A PORTO CERVO E NON E’ STATA DERUBATA… SE CERCANO VILLE LUSSUOSE IN ZONA I SOVRANISTI FAREBBERO MEGLIO A CERCARE TRA I LORO SOSTENITORI
Circola una falsa notizia su Laura Boldrini, ex Presidente della Camera dei Deputati oggi in forza al Partito Democratico, in cui si sostiene che abbia raccontato in un tweet di essere stata derubata nella sua villa a Porto Cervo vedendosi sottratta di beni per un valore di 34 mila euro.
Il tweet, come la villa, non esistono.
Tutto porta al sito Stampanuova.com, creato a fine gennaio 2020 e contenente diversi articoli dalla dubbia veridicità con molti banner pubblicitari invadenti.
Al suo interno nessun disclaimer, ma soprattutto vi sono delle mancanze che potrebbero creare dei grossi problemi al suo proprietario.
Ecco il testo della bufala che è stato ripreso all’interno di un forum:
“Laura Boldrini derubata: sottratti beni dal valore di 34.000€ mentre era in vacanza a Porto Cervo. . Furti a raffica, anche con l’uso di gas narcotico, nelle ville in Gallura. Fra le vittime, pure L’onoreve Laura Boldrini. L’onorevole ha fatto sapere, via Twitter, di essere stata derubata nella notte fra il 6 e il 7 febbraio nella sua villa a Porto Cervo. «Svegliarsi la mattina è scoprire che la notte, mentri dormivi, sono entrati i ladri è terribile» ha twittato. «Più sicurezza, non si può aver paura pure in casa». Non è stato possibile verificare quanto le sia stato portato via, i danni ammonterebbero circa a 37.000€ e nel suo caso è stato usato il farmaco soporifero, ma la preoccupazione, per lei e suo cane Amalo, che era in casa, è stata tanta”.
L’articolo è poi stato fatto sparire dal sito ma nel frattempo è stato fatto circolare nei social dai soliti membri della associazione a delinquere sovranista.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
LA GIORNATA SI CONCLUDE CON L’ENNESIMA RETROMARCIA: NON VUOLE DARE RETTA ALLA BONGIORNO, MA DOMANI DIPENDE DA COME SI SVEGLIA
Ricomincia la recita.
“Non vedo l’ora di andare in tribunale e guardare negli occhi quel giudice per spiegargli che difendere i confini del mio Paese era un mio diritto e un mio dovere: non è stato un crimine”: così Matteo Salvini torna sulla questione del caso Gregoretti, per cui il prossimo 12 febbraio l’Aula sarà chiamata a votare se mandare o meno a processo il leader della Lega.
“Mercoledì vado in Aula assolutamente tranquillo. È sicuro che passerà la richiesta di processo ai miei danni: spero solo che facciano in fretta”
Il segretario del Carroccio sembra quindi smentire le indiscrezioni che lo vedevano fare dietrofront sul caso Gregoretti: secondo la stampa, Salvini avrebbe chiesto ai parlamentari leghisti di non votare più l’autorizzazione a procedere contro di lui, come avevano invece fatto lo scorso 20 gennaio.
L’ex ministro avrebbe cambiato idea e non spingerebbe più i suoi ad approvare il via libera al processo dopo l’avvertimento della senatrice Giulia Bongiorno, secondo cui un voto favorevole dei leghisti indebolirebbe troppo la strategia difensiva.
“Nessuna richiesta di negare questa possibilità di giudizio”, dice però ora Salvini, negando la notizia secondo cui sarebbe già stata comunicata al capogruppo Massimiliano Romeo la volontà di fare marcia indietro.
Bisognerà aspettare mercoledì per conoscere la strategia finale che i leghisti decideranno di adottare sul caso Gregoretti. I parlamentari del Carroccio e Salvini saranno sicuramente in Aula, una presenza mai messa in discussione.
Per prima cosa prenderà la parola la senatrice Erika Stefani, che illustrerà il voto della Giunta dello scorso 20 gennaio, quando i leghisti votarono per mandare Salvini a processo dietro esplicita richiesta del leader.
Poi interverrà anche lo stesso Salvini
L’esito è scontato. L’Aula autorizzerà il processo: Salvini non ha i numeri per evitarlo. Potrebbe quindi decidere, come sembrano affermare le sue ultime dichiarazioni, di continuare a dipingersi come una vittima della magistratura
Oppure potrebbe ascoltare i suggerimenti di Bongiorno, secondo cui un’autorizzazione favorevole da parte dei leghisti si tradurrebbe in un autogol, e abbandonare l’Aula insieme ai suoi.
La strategia della vittima, su cui Salvini aveva puntato tutto prima delle elezioni regionali, è stata messa in discussione dalla sconfitta in Emilia Romagna
(da Fanpage)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI GREEPEACE SULLA BASE DEI DOCUMENTI RISERVATI OTTENUTI DAL GOVERNO DI KUALA LUMPUR
Sono oltre 1.300 le tonnellate di rifiuti in plastica che sarebbero state spedite illegalmente dall’Italia ad alcune aziende in Malesia.
«E questo solo nei primi nove mesi del 2019 quando, su un totale di 65 spedizioni dirette in Malesia, 43 sono state inviate a impianti privi dei permessi per importare e riciclare rifiuti stranieri» scrive Greenpeace a seguito di una complessa indagine, condotta tra Italia e Malesia, che ha portato alla scoperta di un traffico internazionale di rifiuti in plastica. Tutta la documentazione è già stata consegnata alle autorità competenti.
L’inchiesta di Greenpeace
Nei primi nove mesi dello scorso anno, su un totale di 2.880 tonnellate di rifiuti plastici spediti per via diretta in Malesia, il 46% «è stato inviato a impianti privi delle autorizzazioni necessarie, e che quindi operano senza alcun rispetto per ambiente e salute umana».
Un’analisi che Greenpeace è riuscita a condurre anche grazie a documenti riservati, ottenuti dal governo di Kuala Lumpur, contenenti i nomi delle 68 aziende malesi autorizzate a importare e trattare rifiuti in plastica dall’estero.
«Pochi mesi fa abbiamo mostrato le drammatiche conseguenze sanitarie e ambientali delle esportazioni di rifiuti in plastica dall’Italia verso la Malesia. Ora, con questa nuova inchiesta, sveliamo le illegalità che si celano dietro questi fenomeni» ha dichiarato Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.
«Si tratta di una situazione inaccettabile che conferma, ancora una volta, l’inefficacia del sistema di riciclo — ha spiegato — e la necessità di adottare misure urgenti per ridurre la produzione di quella frazione di plastica, spesso inutile e superflua, rappresentata dall’usa e getta».
Un team di Greenpeace è anche andato di persona in Malesia e, grazie ad alcune telecamere nascoste, ha raccolto testimonianze video in alcune delle aziende malesi disposte a importare illegalmente i nostri rifiuti (plastica contaminata e rifiuti urbani compresi).
Inoltre, ha documentato la presenza di rifiuti plastici provenienti dall’estero, Italia inclusa, abbandonati all’aperto senza alcuna sicurezza per l’ambiente e la salute umana.
Secondo Greenpeace, nel corso degli ultimi anni «la Malesia è diventata una delle principali destinazioni delle esportazioni di rifiuti occidentali in plastica di bassa qualità e di difficile riciclo, pur essendo sprovvista di un sistema di trattamento e recupero efficace e di rigorose regolamentazioni ambientali, alimentando così un mercato globale spesso illegale».
A questo punto Greenpeace chiede al governo italiano di non «chiudere gli occhi» e di «assumersi le proprie responsabilità intervenendo subito per porre fine a questi traffici illeciti di rifiuti».
(da Open)
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Febbraio 10th, 2020 Riccardo Fucile
ROBERTA E’ TRA I 35 ITALIANI A BORDO DELLA DIAMOND PRINCESS E RACCONTA LA QUARANTENA A BORDO… I CONTAGIATI SONO SALITI A 136
“Ho paura che la marea stia arrivando al suo picco. La speranza è che finalmente la parabola cominci a scendere e che i casi comincino a scemare fino ad azzerarsi. Anche questo, come per ogni dolore o avvenimento brutto deve fare il suo corso”.
Scrive così Roberta, tra i 35 italiani a bordo della Diamond Princess, la nave da crociera messa in quarantena per il coronavirus, ancora ferma nella baia di Yokohama, in Giappone.
Parole affidate a Facebook, al diario che la donna, di Pozzallo in provincia di Ragusa, scrive col nom de plume, “Allegra Viandante”.
Il post è di stamattina, tra i passeggeri si è appena diffusa la notizia di 60 nuovi casi del virus arrivato dalla Cina. Il numero dei contagiati, dunque, è salito a 130.
“Secondo il Japan Time altre 66 persone sono state infettate – scrive Roberta – aggiungendole alle 70 precedenti confermate arrivano a 136 in totale. I contagiati non sono di nuova contaminazione, ma sempre facenti parte dello stesso periodo di incubazione dei precedenti. Nel frattempo fuori in banchina si sono riversate nuovamente diverse ambulanze. Tante ambulanze”.
Posta foto, posta e video, Roberta, in uno si vede il personale sanitario giapponese – sei uomini in tuta bianca e cappucci schermati dalla testa ai piedi – che arriva per indagini e controlli.
E scrive, per sdrammatizzare, per passare il tempo, racconta anche come il tempo trascorra a bordo della Diamond Princess, la “nave Lazzaretto”, l’ha definita qualcuno. Coi pasti confezionati e consegnati nelle cabine, dove la gran parte dei passeggeri se ne sta confinata, e i test da fare ogni quattro ore.
“Ogni anima su questa nave è provvista di un termometro personale da usare e auto testarsi ogni 4 ore – scrive Roberta – informando subito l’equipe medica, tramite apposito numero nel caso in cui la temperatura corporea superi i 37,5 gradi. La nave continua a ricevere ininterrottamente forniture di ogni tipo tra: cibo sicuro, medicinali per uso personale, salviette disinfettanti e maschere da cambiare almeno 2 volte al giorno”.
E intanto “si continua incessantemente a testare le persone, ad oggi altri 336 campioni sono stati prelevati”, il Governo giapponese che ieri aveva inviato a bordo un gruppo di 28 persone, tra cui 14 (tra medici e biologi ) e 16 infermieri, per aiutare e sostenere professionalmente l’equipe medica già presente” oltre a forniture mediche, macchinari e medicine per i passeggeri, “sta prendendo molto sul serio questa situazione di crisi, così come la compagnia di crociera”.
Delle 3700 persone che viaggiano sulla Diamond Princess, 35 sono italiani, di cui 25 membri dell’equipaggio: nessuno di loro, stando anche a quanto scrive Roberta, è stato contagiato dal coronavirus. È italiano anche il comandante della nave, Gennaro Arma. Quarantacinque anni, è nato e vive in penisola sorrentina, dove, parenti e amici stanno seguendo non senza apprensione il susseguirsi delle notizie sulla nave contagiata dal coronavirus.
Contattata da HuffPost qualche giorno fa, Mariana, moglie di Arma, ha chiesto rispetto per la privacy della famiglia, per lei, il marito, il loro bambino, ribadendo quanto già dichiarato all’Ansa: “Siamo un po’ in ansia, ma sereni. Sono in contatto con mio marito, certo, come accade sempre, credo sia normale”. Siamo tranquilli, ripete ferma Mariana, “lui mi ha rassicurata rispetto al fatto la situazione a bordo è sotto controllo”.
La speranza, anche se la moglie del comandante preferisce non aggiungere altro, è che l’allarme coronavirus a bordo della Princess Diamond rientri, che tutta questa vicenda si concluda al più presto.
Come scrive Roberta nel suo diario di viaggio: “Mi auguro che il peggio sia passato e che il “picco” all’interno di questa nostra realtà sia stato raggiunto per andare a scemare piano piano spegnendo questo focolare indesiderato. Credo sia inevitabile, proprio come il flusso e il riflusso del mare e le maree, come è anche quando si affrontano le circostanze della vita”.
(da “Huffingtonpost”)
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