Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
“E’ SOLO UN FAVORE ALLE MULTINAZIONALI”… NEI CENTRI NECESSITANO EDUCATORI CHE FAVORISCANO L’INTEGRAZIONE ATTRAVERSO TIROCINI, SCUOLA DI ITALIANO, ASSISTENZA LEGALE E INSERIMENTO LAVORATIVO… I SOVRANISTI VOGLIONO SOLO SBANDATI PER STRADA IN MANO ALLA CRIMINALITA’
Da ministro dell’Interno, Matteo Salvini voleva “rottamare” il vecchio sistema d’accoglienza, perchè a suo dire, mangiatoia per cooperative e parcheggio per “clandestini”.
Quando Luciana Lamorgese ha preso il suo posto al vertice del Viminale ha promesso discontinuità nel gestire l’immigrazione.
Eppure “le modifiche apportate al sistema vanno in una direzione peggiorativa, con ancora meno trasparenza”, dice Fabrizio Coresi, policy advisor sull’immigrazione di ActionAid.
Ha curato, insieme a Openpolis, Centri d’Italia, monitoraggio del sistema basato in gran parte su richieste di accesso agli atti, del quale il 17 febbraio è uscita la terza parte, che si concentra sulla distribuzione e le dimensioni dei centri di accoglienza.
Nemmeno la circolare del 4 febbraio che rialza le basi d’asta delle gara d’appalto per i centri d’accoglienza, documento che in teoria doveva segnare la discontinuità tanto sbandierata, segna una rottura con il passato.
Tutt’altro: ne abbraccia la filosofia di fondo, sostiene Coresi. L’effetto, peraltro, è minimo: l’incremento della base d’asta è del 10%, ossia circa 3 euro. Il documento ministeriale è firmato dal capo dipartimento per l’immigrazione e le libertà civili Michele Di Bari. Oggetto: “Nuovo schema di capitolato di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei centri di prima accoglienza”. “Centri di prima accoglienza” sono le strutture che accolgono i richiedenti asilo, a partire dal momento in cui sono entrati in vigore i decreti sicurezza di Salvini
Riavvolgiamo il nastro al momento della rottamazione salviniana.
Il leader della Lega al Viminale ha archiviato lo Sprar — il precedente sistema su base volontaria che coinvolgeva i Comuni nell’accoglienza ed era considerato come lo standard a cui accedevano i richiedenti asilo e i titolari di forme di protezione — e lo ha rimpiazzato con il più esclusivo Siproimi, una seconda accoglienza che esclude i richiedenti. Obiettivo: ridurre le strutture e gli spazi.
Con la riorganizzazione, è arrivato anche il taglio dei servizi e della base d’asta per le gare d’appalto: visto che non servono più assistenza legale, tirocini, corsi di italiano e inserimento lavorativo, la media giornaliera pro capite varia da 19 euro per i centri più grossi, fino a 26 per gli appartamenti con accoglienza “individuale”.
La base in precedenza era di 35 euro al giorno. Risultato: gli ultimi bandi di gara sono andati deserti in tutta Italia. Nessun ente del terzo settore può chiudere i conti a queste condizioni economiche.
Alle gare senza partecipanti, si aggiunge un parere dell’Anac, da cui ha origine la circolare ministeriale. Risale al 27 novembre 2019 ma in realtà è stato sottoposto all’Anticorruzione nel luglio 2018.
L’adeguamento del nuovo capitolato, però, secondo Coresi, “non cambia niente, incide solo sui costi d’affitto. Non inserisce servizi, ma si adegua alle richieste dei grandi attori del mercato”.
Quindi, invece che imporre le necessità del sistema italiano, si adegua alle richieste di chi può offrire quel servizio. Il policy advisor di ActionAid ritiene che il punto A2, “Requisiti richiesti per l’accesso alla gara”, sia il più pericoloso, perchè allarga le maglie d’accesso alle gare d’appalto: non è più obbligatorio avere almeno tre anni di esperienza nel settore.
“La circolare apre a grandi gestori e all’immissione di capitali esteri. Spinge sugli oligopoli, sulle multinazionali del sociale, sui grandi centri che possono fare economia di scala”, aggiunge. Contattato da Ilfattoquotidiano.it, il Viminale non ha rilasciato commenti sui rilievi di ActionAid e Openpolis.
I nomi di chi cerca di aggiudicarsi gli appalti più importanti sono noti: c’è la svizzera Ors — società controllati da fondi d’investimento — che s’è aggiudicata, ricorda Avvenire, il centro di detenzione per irregolari a Macomer, in Sardegna, e Casa Malala a Trieste, centro di prima accoglienza. C’è poi Gepsa, multinazionale francese del gruppo Engie Cofely che si occupa di strutture detentive, la quale già ha una presenza in Italia almeno dal 2017.
Oltre i grandi gruppi, ci sono sempre più srl che si dedicano all’accoglienza, una tendenza che alimenta il business, secondo Coresi, invece che la fornitura dei servizi.
In sostanza, quindi, il sistema così strutturato non è in grado di assorbire un incremento dei numeri. Non ci sono candidati per entrare nelle strutture, e malgrado gli annunci, lo smantellamento cominciato sotto Salvini rischia di continuare con questo Viminale.
Finchè i numeri degli sbarchi sono stati quelli dello scorso anno, il tema non si è posto. Ma il 2020, data l’instabilità libica, potrebbe riservare risultati diversi. Dall’inizio dell’anno al 7 febbraio gli sbarchi sono stati 1.751 contro i 202 del 2019. Quello che potrebbe accadere, quindi, è che il sistema debba di nuovo muoversi in emergenza, con assegnazioni dirette fatte dalle prefetture per centri d’emergenza sulla carta temporanei, che poi potrebbero diventare permanenti.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
PER FELTRI “NON TUTTO IL MALE VIENE PER NUOCERE, COSI’ CHIUDONO I PORTI”…QUI DI SEGUITO UNO SPACCATO DELLA FOGNA UMANA
Succede che in Europa ci siano 45 casi di COVID-19, con un morto. Succede che tre di quei casi siano in Italia. Succede che in Cina i morti siano 1.773 e le persone contagiate dal coronavirus sono almeno 71 mila.
Succede però che qualche giorno fa sia stata confermata la diagnosi di un paziente affetto da coronavirus in Egitto. E dal momento che l’Egitto è un paese che si trova in Africa ecco che scatta l’allarme per il rischio che il virus arrivi dal continente africano.
Matteo Salvini ha già fatto sapere di temere che COVID-19 possa arrivare in Italia sui barconi dei migranti. Ma come sempre Vittorio Feltri, il direttore di Libero, supera tutti e in un tweet afferma che «non tutti i mali vengono per nuocere. Il Coronavirus se dilaga in Africa finalmente sarà possibili in Italia chiudere i porti per motivi sanitari senza scomodare il razzismo».
Il ragionamento è semplicissimo, c’è da sperare che il coronavirus “dilaghi” in tutta l’Africa — la cui conseguenza è che morirà qualcuno — per avere la possibilità di chiudere i porti senza passare per razzisti. Il che lascia anche aperto il dubbio che fino ad ora quando si è parlato di chiudere i porti non c’era alcuna ragione per farlo, se non forse proprio il razzismo.
Ma Feltri non è l’unico a “tifare” coronavirus per portare a casa la vittoria simbolica dei porti chiusi “per motivi sanitari”. Anche una docente di Gubbio, Sabina Venturi, candidata consigliera comunale (ma non eletta) con la Lega, qualche giorno fa commentava così un post del noto sito “stopcensura.info” sull’allarme barconi dall’Africa e che parlava di “molti casi” in Africa: «Magari che ci metta lo zampino il Coronavirus». Sottinteso, ma non troppo, a fermare i barconi.
Come detto sopra un solo caso di COVID-19 in Egitto — tra l’altro non si tratta nemmeno di un cittadino egiziano ma di uno straniero la cui nazionalità non è stata resa nota — non significa che tutta l’Africa sia a rischio epidemia.
Per fortuna la docente si è scusata per quello che aveva scritto: «Mi scuso tanto pubblicamente per ciò che ho detto, ho esagerato, e scritto cose di cui non penso”, Feltri invece non lo ha ancora fatto.
C’è poi tutta una serie di commentatori e persone che non festeggiano ma che invece usano quel caso in Egitto (che è pur sempre in Africa, per carità ) come occasione per portare avanti un’agenda politica.
Il deputato leghista Eugenio Zoffili chiede «la chiusura dei porti agli immigrati clandestini e la valutazione di una sospensione temporanea dei voli provenienti dal continente africano nel caso in cui il rischio di diffusione del virus dall’Africa fosse reale».
Il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida invece venerdì chiedeva addirittura di «attivare il prima possibile un blocco navale per evitare l’ingresso di persone potenzialmente infette e contagiose».
Problema: il blocco navale è un atto di guerra, i migranti arrivano più da Libia e Tunisia che dall’Egitto. Che ha intenzione di fare Lollobrigida, dichiarare guerra a tutto il Nord Africa?
Inutile notare che per il momento non sono state chiuse le frontiere o sospesi i voli con la Francia — paese che qualcuno definisce “la nazione più infetta“, anche se il maggior numero i casi si registra in Germania (ma forse non è dell’infezione da coronavirus di cui si parla) — o con gli altri paesi europei: il problema è l’Africa.
Finalmente, ora che il coronavirus è sbarcato in Africa «è ora di chiudere i porti». Con buona pace dei buonisti e dei volontari delle ONG che magari «alzeranno le quote di denaro a coop caritas etc» a causa dell’indennità di rischio.
Insomma se per Feltri il coronavirus non viene per nuocere e ci consente di chiedere la chiusura dei porti senza passare per razzisti per altri invece sembra essere più un’occasione ghiotta per le ONG che così potranno magari lucrare maggiormente sui migranti.
E sono in molti a chiedersi se finalmente «chiuderanno sti caxxo di porti» e smetteranno di accogliere a tutti i costi al costo di fare ammalare gli italiani di coronavirus (o di buonismo?)
«Era già pericoloso prima, diciamocelo questi arrivano in Italia senza controllo medico! Non dicono niente bisogna stare molto attenti» rilancia un’altra utente nei commenti ad un tweet di Salvini.
Rimane però il dubbio in che modo i porti chiusi possano fermarci da un’eventuale epidemia di COVID-19 proveniente dall’Africa. Sappiamo infatti che nemmeno Salvini è riuscito a chiudere davvero i porti. Possiamo senza dubbio chiedere alle ONG di “ritirarsi”, forse anche sequestrare le imbarcazioni “per ragioni sanitarie”.
Ma i barconi continueranno ad arrivare (in fondo pensate che Soros e quelli del Piano Kalergi si facciano fermare così?) come sono sempre arrivati. E mentre almeno a bordo delle navi delle ONG c’è personale medico attrezzato sulle carrette del mare non c’è.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
UN ERRORE DAI RISVOLTI COMICI NELL’EDIZIONE MILANESE DEL QUOTIDIANO
Si tratta dell’edizione di domenica 16 gennaio de Il Corriere della Sera.
Tra le pagine della cronaca di Milano (quindi non si trova nelle edizioni nazionali), si parla dei piani del Carroccio per le elezioni comunali del 2021.
Vengono riportate alcune dichiarazioni di Matteo Salvini sul futuro candidato per la corsa alla poltrona di sindaco di Milano, senza che sia stato ancora delineato il nome di chi concorrerà per la carica di primo cittadino nel centrodestra. E, a pagina 6 dell’edizione meneghina, ecco arrivare l’errore e la gaffe.
«Lo ha detto il leader della sega Matteo Salvini», si legge al centro del box che riporta alcune brevi dichiarazioni del leghista. Un errore, una gaffe comica che non è passata inosservata agli occhi sempre attenti dei social network.
Quella lettera scambiata, la ‘S’ al posto della ‘L’, è difficile da spiegare se non per semi-assonanza delle due parole. Sta di fatto che le due consonanti, sulla tastiera di un pc, si trovano in posizione diametralmente opposta.
Insomma «Salvini leader della Lega» è un errore di battitura che, ovviamente, i sistemi di correzione automatica degli errori grammaticali non potevano cogliere, data l’esistenza nel vocabolario di quella parola. Un errore dai risvolti comici che ha scatenato il sarcasmo sui social
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
SILVIO VIALE LAVORA AL SANT’ANNA DI TORINO: “SOLO IL 2% DELLE DONNE HA PIU’ INTERRUZIONI DI GRAVIDANZA”… “I 3/4 DEGLI ABORTI SONO DI DONNE ALLA LORO PRIMA RICHIESTA”
Silvio Viale è un ginecologo del Sant’Anna di Torino che è intervenuto duramente sul commento di Salvini sullo ‘stile di vita incivile’ delle donne che praticano l’interruzione di gravidanza:
“Crassa ignoranza e misoginia” è stato il secco commento del medico, che ha poi spiegato: “Solo il 2,3% delle donne fa 3 o più interruzioni volontarie di gravidanza e di solito sono anche quelle che hanno fatto più figli, mentre i 3/4 sono alla loro prima. Ridicola la polemica contro le donne straniere. Se è vero che fanno il 30% delle interruzioni, di cui il 40% dei Paesi dell’est, è altrettanto vero che il 22% dei nati ha almeno un genitore straniero. Condannare e punire le donne ed essere indulgenti con i maschi è tipico della misoginia. Quella misoginia ignorante che dieci anni fa faceva dire a Cota, che “la RU486 (la pillola abortiva, ndr) sarebbe marcita negli armadi”, e che oggi spinge Salvini a prendersela con il 2% delle donne, come male assoluto”.
Oggi al Sant’Anna di Torino — continua Viale – il principale ospedale italiano per la 194, la RU486 è utilizzata in oltre 2.000 casi, con le interruzioni mediche che hanno superato quelle chirurgiche.
“Ignorante era Cota e ignorante è Salvini, che non sa neppure che il segreto di legge e professionale tutela le donne. Se vi fosse una sanzione, nessuna lo dichiarerebbe e devo dire crudamente a Salvini, che non rimangono delle tacche sull’utero a ricordo”.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
NEGLI ULTIMI 40 ANNI GLI ABORTI SONO CALATI DEL 46,58%… LA PERCENTUALE DELLE DONNE STRANIERE E’ SOLO DEL 30%… SEI VOLTE AD ABORTIRE? NESSUN CASO. IL PIU’ ALTO E’ QUATTRO VOLTE MA CON UNA PERCENTUALE DELLO 0,9%
Aborto. Un dibattito che si è riacceso a partire da una dichiarazione di Matteo Salvini: «Ci sono delle donne, nè di Roma nè di Milano, che si sono presentate in pronto soccorso per la sesta volta per un’interruzione di gravidanza. Non spetta a me giudicare, è giusto che sia la donna a scegliere, ma non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile nel 2020».
La segnalazione arriva da alcune «infermiere del pronto soccorso di Milano», come spiega lo stesso leader della Lega.
Una fonte che non è possibile verificare, al netto che le interruzioni di gravidanza volontaria non avvengono in pronto soccorso ma prevedono un percorso che parte da una visita ginecologica e un trattamento in un ospedale o in un centro autorizzato.
Quello che invece è possibile fare è analizzare i dati e capire quanto questa segnalazione, sempre presunta, sia radicata su dati reali.
Per farlo ci siamo affidati agli ultimi dati disponibili sul sito del ministero della Salute: quelli del 2017 pubblicati il 31 dicembre 2018 nella Relazione del ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg)
Il calo (a picco) degli aborti in Italia
I primi dati che il ministero della Salute riporta sulle interruzioni volontarie di gravidanza risalgono al 1982: 234.801 in tutto l’anno. Nel grafico i numeri partono dal 1983, purtroppo non sono disponibili i dati anno per anno, quindi abbiamo scelto di conservare un intervallo temporale di due anni con i dati disponibili. Nel 2017 le interruzioni di gravidanza volontarie sono state 80.733.
La differenza è abissale: 154.068 aborti in meno nel 2017 rispetto a 35 anni prima. In termini percentuali parliamo del 65,61% in meno.
Questo dato però non tiene conto di diversi fattori, ad esempio la diminuzione del tasso di natalità . Per questo una stima più corretta si può fare prendendo in considerazione un altro valore chiamato rapporto di abortività : il numero di interruzioni volontarie per 1000 nati vivi. Anche qui la differenza si vede, anche se non è così marcata, come si può leggere dalla seconda linea del grafico. Nel 1982 il rapporto di abortività era di 380,2 mentre nel 2017 è stata registrato a 177,1. Il calo è dunque del 46,58%
Quante sono le donne straniere che hanno affrontato un’Ivg
Le dichiarazioni di Salvini sulle donne riguardano soprattutto quelle straniere. Quando il leader della Lega dice «nè di Roma nè di Milano» il riferimento è abbastanza chiaro. In questo caso il totale delle donne con cittadinanza straniera che hanno affrontato un’interruzione volontaria di gravidanza nel 2017 è di 24.372, il 30,3% del totale.
Questo dato però non corrisponde a quello degli stranieri in Italia. Al 1 gennaio del 2018 la percentuale di cittadini stranieri residente in Italia era dell’8,5%, poco più di 5 milioni di persone. Il dato delle interruzioni di gravidanza quindi evidenzia una sproporzione, visto che è superiore di quasi quattro volte a quello degli stranieri in Italia
Il numero di aborti precedenti
«Per la sesta volta». È su questo punto che Salvini ha marcato di più, anche quando il giorno dopo è tornato sul tema dichiarando: «Il nostro compito è prevenire: l’aborto non è un sistema contraccettivo». Nelle tabelle del ministero della salute non sono nemmeno riportati i casi in cui il numero di Ivg è stato uguale o superiore a sei.
Le statistiche si fermano a uguali a quattro, una circostanza che ha riguardato nel 2017 2.072 donne, lo 0,9% del totale di quelle che hanno affrontato un aborto.
Quelli che sono riportati invece sono i rischi a cui sono andate incontro le donne che si sono sottoposte a un’interruzione di gravidanza: il 10% è stata ricoverata da uno a oltre sei giorni e oltre il 5% ha avuto una complicazione, dall’emorragia a un’infenzione.
Rischi, uniti al fatto che in Italia sono obiettori di coscienza il 68,4% dei ginecologi e il 45,6% degli anestesisti che non rendono certo l’aborto un «sistema contraccettivo» facile da scegliere.
(da Open)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
ALLA LEGA INTERESSA SOLO DIFENDERE GLI INTERESSI DELLE LOBBY DELLA SANITA’ PRIVATA
Matteo Salvini ieri ha tirato fuori la sua faccia da guerra. Quella del leader che riesce sempre a trovare qualcuno il perfetto capro espiatorio per tutti i mali del Paese.
Manco a dirlo sono gli immigrati, in particolare se sono donne e se sono incinte.
Cosa ha detto Salvini? Ha detto due cose, in particolare.
La prima contro gli immigrati la seconda contro le donne (immigrate).
«Qua bisogna essere seri, qualcuno ha preso il Pronto Soccorso come il bancomat sanitario per farsi gli affari suoi senza pagare una lira ed è ora di smetterla che ci siano migliaia di cittadini non italiani che campeggiano in Pronto Soccorso. Che hanno preso il Pronto Soccorso come l’anticamera di casa loro. Non è possibile perchè non pagano una lira. Alla terza volta che ti presenti, paghi».
Salvini, quello che vuole tenere gli ospedali aperti anche di notte e nei fine settimana (ma non sa che lo sono già ) sostiene che ci siano “migliaia di cittadini non italiani” che addirittura bivaccano al Pronto Soccorso. E a pagare sono sempre gli italiani.
Ora, è vero che esiste un problema di sovraffollamento del Pronto Soccorso. Una questione denunciata da tempo dai medici: i cittadini italiani e non si recano al PS anche quando non è necessario intasando un reparto che è fatto soprattutto per rispondere alle emergenze e urgenze mediche e non prestare cura per una semplice influenza.
La soluzione? C’è chi sostiene che sia necessario alzare ulteriormente il ticket per le prestazioni di Pronto Soccorso c’è chi invece ritiene sia importante potenziare il ruolo dei medici di famiglia.
Perchè il Pronto Soccorso si paga già il ticket, ma solo nel caso il paziente sia in “codice bianco”. Non è vero quindi che chi va al Pronto Soccorso “non paga una lira”.
O meglio: non paga se viene fuori che le sue condizioni sono tali da giustificare l’accesso al servizio. Certo, meglio sarebbe prima consultare il proprio medico di base.
Ma indovinate un po’ qual è il partito che ha detto che i medici di famiglia ormai non servono più? Proprio la Lega, per voce dell’ex sottosegretario Giancarlo Giorgetti che disse , testuali parole, «Nei prossimi cinque anni mancheranno 45 mila medici di base, ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti qui presenti?». Giorgetti sosteneva che ormai i cittadini “saltano” il passaggio dal medico di famiglia per andare direttamente dallo specialista (privato, perchè senza prescrizione non puoi fare altro).
Le due cose — medico di famiglia e pronto soccorso — sono però connesse. Come evidenziava un’inchiesta de L’Espresso uno dei fattori dell’affollamento dei PS è proprio la mancanza dell’azione di filtro da parte dei medici di famiglia.
Chi può si rivolge agli studi privati, chi non può va al PS. E poi magari si scopre che la Lega spinge per la creazione di reparti di Pronto Soccorso privati in Piemonte o che in Veneto c’è una tendenza a privatizzare la Sanità seguendo il modello lombardo, altra regione orgogliosamente governata dalla Lega.
Ma se per legge non si può abortire al Pronto Soccorso perchè Salvini ha detto quella frase? Chissà se Salvini lo sa. E chissà se si è chiesto che senso abbia dire che “dopo tre accessi al PS” devi pagare. Pagare cosa? Un ticket maggiorato? Non è importante.
Perchè quello che conta è l’attacco contro i cittadini stranieri (che magari pagano le tasse come tutti). Non importa che sia vero. Così come non importa che sia vera l’altra storia che Salvini ha raccontato. Quella delle donne che vanno al Pronto Soccorso ad abortire. Il leader della Lega la racconta così: «mi hanno segnalato delle infermiere e delle dottoresse di Pronto Soccorso che alcune donne nè di Roma nè di Milano si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza. Ora io non entro nel merito di scelte che competono solo alla donna. Non è compito mio nè dello Stato dare lezioni di morale o di etica a chiunque, ed è giusto che sia la donna a scegliere per sè stessa e per la sua vita, però non puoi arrivare a prendere il Pronto Soccorso come una soluzione ad uno stile di vita evidentemente incivile per il 2020».
Un po’ come il tizio che dice “non sono razzista ma..” anche Salvini dice: le donne possono fare quello che vogliono ma è colpa del loro stile di vita incivile. E la Chiesa ovviamente ringrazia.
Il racconto è perfetto: non c’è una fonte o un dato verificabile (come per la scena del citofono al Pilastro c’è una fonte improbabile che “denuncia”) , c’è la difesa del diritto delle donne ma al tempo stesso la condanna dello “stile di vita incivile” e come sempre le colpevoli non sono di qui.
Cosa abbiamo quindi: delle infermiere e dottoresse che ignorando che non si va al Pronto Soccorso ad abortire (salvo casi di emergenza o urgenza, ma evidentemente in quel caso è giustificato) dicono che ci sono delle pazienti che non sono di Roma (e di dove? Frosinone? Viterbo? Terni?) che vanno addirittura “per sei volte” ad abortire.
Ora, ad eccezione che si tratti di un’emergenza, non c’è quasi nessun motivo per andare in Pronto Soccorso ad abortire (a meno che nella “statistica” non venga compresa la cosiddetta pillola del giorno dopo, che abortiva non è).
Perchè la Legge 194 stabilisce con precisione tempi e modi per l’interruzione volontaria di gravidanza, e il PS non è tra questi.
A meno che ovviamente quelle donne che si recano in Pronto Soccorso “per abortire” non lo sappiano. E non lo sappiano perchè sull’aborto non si fa abbastanza informazione, ad esempio. C’è poi il discorso sugli stili di vita “evidentemente incivili”. Nel 2020 ce ne sono tanti: fumare, bere alcool, mangiare troppi insaccati e carne rossa, abusare di antibiotici: tutti comportamenti che hanno importanti ricadute sulla salute e per i quali — prima o poi — si finisce all’ospedale. Ma forse non è un problema questo per la Lega, vuoi perchè i pazienti italiani possono andare al PS tutte le volte che vogliono, vuoi perchè la Lega sembra preferire la privatizzazione del servizio sanitario.
Così a pagare sono tutti, a potersi curare solo quelli che hanno soldi. Ed è incivile, nel 2020, anche lasciare morire la gente in mare. Ma quello forse è un risparmio: chissà quanti di quei poveracci sarebbero finiti al pronto soccorso.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
IL COMMOVENTE INCONTRO E’ STATA UNA SORPRESA PER IL MEDICO DI LAMPEDUSA, OGGI PARLAMENTARE EUROPEO… ERA GIA’ IN UN SACCO CON LA CERNIERA CHIUSA, BARTOLO DOVEVA SOLO CONSTATARNE LA MORTE MA SENTI’ UN FLEBILE BATTITO, LA RAGAZZA ERA ANCORA VIVA
Una sorpresa, un’emozione fortissima, le lacrime difficili da trattenere.
Sei anni e mezzo dopo Kebrat e Pietro Bartolo si ritrovano e si riabbracciano al Parlamento europeo. Lei è la ragazza eritrea sopravvissuta al terribile naufragio del 3 ottobre 2013, lui è il medico di Lampedusa, oggi parlamentare europeo del Pd, che le salvò la vita, cogliendo quel fievolissimo battito di vita nel polso e tirandola via dalla fila di cadaveri adagiati al molo Favarolo.
L’avevano creduta morta Kebrat e se non fosse stato per Bartolo oggi probabilmente non sarebbe più su questo mondo.
L’ha raccontata mille volte Bartolo questa storia ma oggi pomeriggio quando si è ritrovata davanti la ragazza, commossa e sorridente, portata a Bruxelles dal Comitato 3 ottobre insieme ai ragazzi delle 150 scuole che partecipano al progetto “semi di Lampedusa” non è riuscito a trattenere le lacrime prima di scioglieri in un gran sorriso.
“Molti di voi questa storia la conoscono bene perchè mi è rimasta nel cuore e non ho mai smesso di raccontarla – dice Pietro Bartolo – E’ la storia di Kebrat, una ragazza arrivata sul molo di Lampedusa senza polso, senza battito, durante il naufragio del 3 ottobre 2013. Sembrava morta, era già in un sacco, con la cerniera chiusa. Dovevo soltanto constatarne il decesso. Eppure ho sentito qualcosa, ho auscultato meglio. E’ stata una corsa contro il tempo, l’ambulatorio, il primo soccorso, il trasporto in elicottero fino al reparto di rianimazione più vicino. Non era finita per Kebrat. Oggi gli amici del Comitato 3 ottobre mi hanno fatto questa sorpresa immensa, hanno portato Kebrat qui, in parlamento europeo a Bruxelles. I nostri occhi lucidi dicono il resto”.
Kebrat da anni vive in Svezia. Non è ancora riuscita a superare lo shock di quel terribile naufragio e non se l’è sentita di tornare a Lampedusa, come tanti altri dei sopravvissuti per partecipare alle manifestazioni di ricordo della strage. Ma oggi, all’idea di riabbracciare l’uomo che l’ha fatta nascere una seconda volta non è riuscita a dire di no.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
CON UNA MEDIA SONDAGGI ATTUALMENTE AL 4,3% RENZI NON CONTEREBBE NULLA
I sondaggi su Italia Viva, che dopo una buona partenza non sono decollati. Una cosa balza subito all’occhio: la formazione dell’ex premier dopo una prima leggera impennata non è mai riuscita a crescere nei consensi, anzi.
Negli ultimi tempi, mentre il Pd sale, Iv resta ben sotto la soglia del 5%: da qui il tentativo di Renzi di ritagliarsi nuovi spazi politici.
Secondo la supermedia dei sondaggi Youtrend Italia Viva arranca dopo aver toccato il picco nel novembre 2019, qando è arrivata al 5,2%, e ora balla intorno al 4,3%.
Una situazione che potrebbe portare a un’ecatombe di parlamentari in caso di elezioni, sia con il sistema attualmente in vigore che con la nuova legge su cui hanno trovato l’accordo il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle.
Questo soprattutto a causa della riforma che ha dimezzato il numero dei parlamentari. In base alla Supermedia dei sondaggi YouTrend per Agi del 19 dicembre, e considerando il nuovo scenario post taglio dei parlamentari (Camera con 400 deputati e Senato con 200 senatori ai quali sono stati sottratti gli eletti all’estero), sarebbero 5 i deputati di Italia Viva
Al Senato Italia Viva avrebbe un solo senatore.
Il “Brescellum” prevede che tutti i seggi di Camera e Senato — con l’eccezione di quelli riservati all’Estero e alla Valle d’Aosta — siano assegnati in maniera proporzionale, con una soglia di sbarramento al 5% ma al contempo un diritto di tribuna per le forze politiche che non riescano a raggiungere tale soglia.
Rispetto al Rosatellum, dunque, verrebbe completamente azzerata la quota di parlamentari eletti in collegi uninominali.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile
NON E’ COMPITO DELLA STATO DI BANDIERA INDICARE IL POS, SALVINI HA VIOLATO IL PUNTO 6.8 DELLE LINEE GUIDA DELL’IMO, OLTRE ALLA SENTENZA DEL TAR… IL 2 AGOSTO OPEN ARMS HA CHIESTO ALL’ITALIA DI INDICARE IL PORTO SICURO PIU’ VICINO E PER DUE SETTIMANE I PROFUGHI A BORDO SONO STATI SEQUESTRATI… SI ERANO DISSOCIATI ANCHE I DUE MINISTRI TRENTA E TONINELLI
Archiviata — si fa per dire — la questione dell’autorizzazione a procedere del Senato nei confronti di Matteo Salvini per il caso Gregoretti all’attenzione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari è pervenuta la memoria del capo della Lega relativa ad un’altra richiesta di autorizzazione a procedere: quella per la Open Arms. Domani alle 13.00 si terrà la riunione della Giunta e in quella seduta il relatore della vicenda, il Presidente della Commissione, il senatore Maurizio Gasparri, farà la sua proposta, su cui si aprirà il dibattito in vista poi delle successive decisioni.
Per il caso Open Arms le accuse all’ex Ministro dell’Interno sono le stesse: plurimo sequestro di persona aggravato «per avere — si legge nella richiesta del Tribunale dei Ministri — nella sua qualità di ministro dell’Interno pro-tempore, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 107 migranti di varie nazionalità giunti in prossimità delle coste di Lampedusa nella notte tra il 14 e il 15 agosto».
La vicenda, ultima della lunga serie della stagione dei “porti chiusi” del Governo Conte 1 ormai agli sgoccioli si era risolta con lo sbarco dei migranti a bordo dell’imbarcazione della ONG spagnola alla quale il Viminale aveva vietato lo sbarco a Lampedusa.
All’epoca molti migranti si erano gettati in mare ed erano stati poi caricati a bordo della Guardia Costiera e portati a riva.
Secondo la difesa di Salvini, che questa volta non può nemmeno tirare in ballo i suoi ex colleghi di governo, «l’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms» avvenuti «al di fuori di aree di sua pertinenza».
Il salvataggio dei naufraghi era avvenuto infatti al di fuori della zona SAR di competenza dell’Italia e all’interno della cosiddetta SAR libica.
Una zona di search and rescue notificata all’IMO nel luglio del 2018 da molti considerata “fittizia” quando non addirittura un bluff o una vera e propria farsa.
Perchè la Libia — un paese in guerra — non ha i mezzi per effettuare le operazioni di ricerca e soccorso nell’area di sua competenza.
Con tanto di inchieste — giornalistiche e della magistratura — volte a fare chiarezza sul ruolo di coordinamento delle unità della Marina Militare italiana ormeggiate nel porto di Tripoli, che secondo alcuni sarebbero in buona sostanza la base operativa per gli interventi della sedicente guarda costiera libica.
Ma il punto centrale della difesa di Salvini, stando alle agenzie di stampa, sembra essere un altro. Nella memoria difensiva l’ex ministro spiega che «è sicuramente lo Stato di bandiera della nave che ha provveduto al salvataggio che deve indicare il Pos nei casi di operazioni effettuate in autonomia da navi Ong».
La questione è interessante. In primo luogo perchè implicitamente ammette che per il caso Gregoretti spettava all’Italia indicare il POS (cosa che il governo non ha fatto lasciando i migranti fermi nel porto di Augusta).
In secondo luogo perchè non è una tesi nuova. È anzi la stessa linea sostenuta dal Corriere della Sera per spiegare l’archiviazione a carico di Salvini del procedimento di indagine sulla Alan Kurdi.
Nel caso di Open Arms l’imbarcazione della ONG spagnola aveva chiesto il Pos all’Italia la sera del 2 agosto ma secondo l’ex ministro la competenza era dello stato di bandiera (la Spagna) o di quello più vicino all’area dove si erano svolte le operazioni di salvataggio (Malta).
Per quanto riguarda la posizione di La Valletta è semplice: Malta ha una sua zona SAR ma, visto che è un’isola relativamente piccola, non è in grado di svolgere o coordinare le operazioni di soccorso nè tanto meno di accogliere tutti i migranti che transitano per il Mediterrano Centrale. Per questo motivo l’Italia generalmente ha spesso assunto il ruolo di coordinamento delle operazioni SAR e di sbarco.
Ma torniamo alla questione dello stato bandiera.
Tocca tornare alla richiesta di archiviazione per la Alan Kurdi, fondata, secondo il ricercatore dell’ISPI Matteo Villa, su un palese errore di interpretazione di due articoli (il 3.1.3 e il 3.1.4) della Convenzione di Amburgo in base alla quale deve essere lo “Stato di primo contatto” (vale a dire lo stato bandiera) a dover procedere al coordinamento delle operazioni di salvataggio.
Ma quei due articoli della Convenzione di Amburgo riguardano invece la richiesta di ingresso, da parte di uno Stato nelle acque territoriali di un altro Paese allo scopo di compiere le operazioni di ricerca e di salvataggio in mare. Si tratta di rapporti di cooperazione tra Stati.
Sia nel caso della Alan Kurdi che della Open Arms non solo si parla di un’imbarcazione privata operata da un’organizzazione non governativa ma soprattutto il salvataggio è stato effettuato al di fuori delle acque territoriali perchè si è svolto nella zona SAR, che si estende ben oltre il limite delle acque nazionali (libiche o italiane o di qualsiasi altro Stato).
Inoltre quei due specifici articoli della Convenzione di Amburgo non parlano dell’indicazione del POS, il Place of Safety, ma di operazioni di soccorso in mare. L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) stabilisce invece che sia il primo MRCC contattato a dover eventualmente trasferire la richiesta di soccorso al RCC responsabile per quell’area e che questo RCC debba «immediately accept responsibility for co-ordinating the rescue efforts, since related responsibilities, including arrangements for a place of safety for survivors» compito che ricade principalmente sul Governo responsabile per quell’area.
E che fine fa il RCC di primo contatto? Secondo l’IMO è responsabile per la gestione dei soccorsi fino a che l’RCC competente non assume la responsabilità dei soccorsi. Aggiungete a questo punto quanto detto in precedenza sul ruolo degli assetti della Marina Militare italiana nel coordinamento dei soccorsi “libici” da Tripoli e capirete che la questione non si risolve certo lavandosene pilatescamente le mani e dicendo che sono affari della Spagna.
Inoltre al punto 6.8 delle linee guida dell’IMO si legge che il governo e il MRCC responsabile dei soccorsi deve mettere in atto qualsiasi sforzo per «minimizzare il tempo di permanenza dei sopravvissuti a bordo della nave che ha prestato soccorso». Esattamente l’opposto di quello che ha fatto Salvini.
In base ai trattati e alle convenzioni internazionali non è vero quindi che spetta allo “stato bandiera” indicare il POS. Vi immaginate ad esempio se a soccorrere dei naufraghi nell’Egeo fosse un mercantile battente bandiera cinese o panamense?
Non ha alcun senso che si imponga lo sbarco in un porto distante migliaia di miglia quando ce ne sono di più vicini.
Impensabile quindi che una nave come la Open Arms potesse andare in Spagna dopo che il premier Sanchez aveva offerto il porto di Algeciras (il 18 agosto, sedici giorni dopo la prima richiesta all’Italia).
Salvini conclude ricordando che «gli eventi dell’agosto 2019 sono simili a quelli del 16 marzo 2018, che avevano coinvolto Open Arms e lo stesso comandante e rispetto ai quali la procura di Ragusa aveva già chiesto il rinvio a giudizio (accuse: violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina)».
Ma non la racconta tutta, infatti dimentica che a carico del comandante della Open Arms c’era anche l’accusa di associazione a delinquere mossa dalla procura di Catania, che però è stata archiviata.
E non sarebbe la prima volta se anche il processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina finisse in un nulla di fatto.
IL TRIBUNALE DEI MINISTRI di Palermo ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere per l’ex ministro Salvini, accusato di sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio in concorso. Reati commessi dal 14 al 20 agosto 2019 per aver privato della libertà personale 164 migranti a bordo della ong catalana. Il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, a novembre aveva condiviso le ipotesi di reato con le quali il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, gli aveva inviato il fascicolo sul caso Open Arms.
Il Tribunale dei ministri ha condiviso le loro tesi accusatorie: secondo le tre giudici Caterina Greco, Lucia Fontana e Maria Cirrincione il decreto Sicurezza non può essere applicato a navi che soccorrono persone in difficoltà perchè «il soccorso in mare è obbligatorio» così come c’è sempre l’obbligo da parte degli stati «di indicare il pos, cioè un porto sicuro».
E ancora: «Non è stato un atto politico ma un atto amministrativo» deciso individualmente da Salvini, quindi non «condiviso» con gli altri esponenti del governo. I naufraghi erano stati salvati al largo della Libia, il primo agosto il Viminale firmò il divieto di ingresso nelle acque territoriali, atto poi siglato anche dai ministri 5S di Infrastrutture e Difesa del tempo, Toninelli e Trenta.
L’ong fece ricorso al Tar del Lazio che il 14 agosto dispose l’ingresso nei confini. Il Viminale firmò un secondo divieto ma Toninelli e Trenta, per la prima volta, si rifiutarono di sottoscriverlo. Così per una settimana la nave rimase alla fonda a un miglio da Lampedusa, soffrendo anche il mare in tempesta, perchè il ministro dell’Interno continuava a porre il veto allo sbarco.
IN TOTALE FURONO 19 i giorni passati sul ponte dell’Open Arms: i migranti, disperati, provarono persino a buttarsi in mare per raggiungere l’isola. Per sbloccare la situazione Patronaggio arrivò in elicottero a Lampedusa, salì a bordo per un’ispezione con medici e psichiatri, quindi dispose il sequestro facendo sbarcare naufraghi ed equipaggio. Nella sua ordinanza imputò al Viminale un atteggiamento «volutamente omissivo a danno dei migranti». Nel registro degli indagati finì anche il capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi, perchè al vertice della catena di comando. Dieci giorni dopo toccò al gip di Agrigento, che scrisse: le persone hanno subito una «illecita e consapevole privazione della libertà personale. Erano presenti a bordo un centinaio di naufraghi con gravi rischi per la loro incolumità , per la loro salute fisica e psichica». Lo stesso gip dissequestrò la nave perchè «non sussistono esigenze probatorie e all’equipaggio non viene ascritta alcuna responsabilità ».
SECONDO IL TRIBUNALE dei ministri, Salvini ha «scientemente ignorato l’emergenza sanitaria mettendo veti alle autorità locali», non c’era poi alcun indizio che l’approdo potesse rappresentare un pericolo per l’ordine e la sicurezza, condizioni a cui il decreto Sicurezza bis subordina il divieto di sbarco. Inoltre aveva bloccato sulla nave anche i minori «nonostante un provvedimento del Tribunale» e «ignorato il Tar del Lazio con interpretazioni giuridiche» non valide. Il 12 febbraio il Senato deciderà se autorizzare il processo a Salvini sul caso Gregoretti.
Per il Tribunale dei ministri di Palermo l’ex titolare del Viminale “in violazione di convenzioni internazionali e di norme interne in materia di soccorso in mare e di tutela dei diritti umani ed abusando dei poteri allo stesso rimessi quale autorità nazionale di pubblica sicurezza, ometteva, senza giustificato motivo” di concedere un porto sicuro alla nave, si legge nelle oltre cento pagine di accusa. Salvini, sottolineano ancora i magistrati nel documento che è stato pubblicato sul sito della Giunta, non ha “esitato positivamente le richieste di Place of safety inoltrate al suo Ufficio di Gabinetto dall’Italian maritime rescue coordination center” per tre volte – il 14, il 15 e il 16 agosto – “così provocando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale dei migranti, costringendoli a rimanere a bordo della nave per un tempo giuridicamente apprezzabile, precisamente dalla notte tra il 14 e il 15 agosto sino al 18, quanto ai soggetti minorenni, e per tutti gli altri sino al 20 agosto”, quando la Procura di Agrigento pose l’imbarcazione sotto sequestro preventivo e dispose lo sbarco di tutti. L’allora ministro, affermano ancora i giudici, avrebbe dovuto rispondere alle richieste “senza ritardo” “per ragioni di ordine e sicurezza pubblica, di igiene e sanità “.
(da agenzie)
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