Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL FALLIMENTO DELLA STRATEGIA DI RENZI CHE RESTA IRRILEVANTE NEI SONDAGGI … E SETTE SUOI PARLAMENTARI HANNO GIA’ RIBUSSATO ALLE PORTE DEL PD
Dunque, nel suo “ultimo post” sulla prescrizione, Matteo Renzi fa sapere che voterà la fiducia al mille-proroghe e che, con lo spirito dell’“alleato” e non del “suddito”, non rinuncia alla battaglia sulla prescrizione, quando sarà . Battaglia che, un po’ come la rivoluzione per Gaber, si celebrerà “oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente”. Perchè lo strumento scelto, il disegno di legge sulla riforma del processo penale, si discuterà chissà quando.
Ecco, ancora una volta, l’asse politico dominante del governo è il rinvio, con la paradossale conclusione (per Renzi) che resta la legge vigente, quella Bonafede, in nome della quale è stata ingaggiata la madre di tutte le battaglie.
La vicenda è paradigmatica di una legislatura diventata una “gabbia”: un involucro, dentro il quale il governo di turno produce i suoi conflitti, in una dimensione separata dalla realtà e dalle sue urgenze.
La tenzone non è nè sul Pil, nè sulle politiche per il lavoro, nè sul Coronavirus o sull’immigrazione, su nessuno dei gridi di dolore o delle emergenze reali che si levano dal paese verso il Palazzo.
Ma si consuma in una dimensione di estraneità su una roba incomprensibile come lo stop alla prescrizione per chi è condannato dopo due gradi di giudizio.
È in questa dimensione che il governo giallorosso oggi, come quello gialloverde prima del colpo di sole di Salvini, vive una crisi politica a bassa intensità permanente, senza un orizzonte progettuale e senza che nessuno abbia la forza di staccare la spina, al netto dei ruggiti di giornata.
È la dimensione di una crisi che “si dice ma non si fa”, mai formalizzata, secondo le logiche della politica razionale e le antiche consuetudini repubblicane. In questo senso questa legislatura rappresenta una grande rottura istituzionale, in tempi di populismo perchè tutto è lecito, come parola e prassi, anche maggioranza e opposizione dentro lo stesso governo.
È chiaro che tutta questa vicenda racconta una sorta di “morte in diretta” del progetto politico di Renzi, e di una sua crisi psicologica e di collocazione: l’idea di fare il Macron italiano riducendo il Pd al ruolo che in Francia ha il Ps è franata nel piccolo cabotaggio di una politica senza prospettiva e senza una complessiva “proposta di governo”, totalmente ego-riferita.
Ma, al tempo stesso, in questo passaggio e in vista del prossimo, si chiami Autostrade o intercettazioni, Renzi ha ottenuto, di fatto, la licenza delle “mani libere”. Ha votato tre volte contro la maggioranza di cui fa parte, ha disertato un consiglio dei ministri di cui fa parte, si è concesso liceità semantiche e libertà di provocare, come il “cacciatemi” sapendo che nessuno lo farà , almeno per ora.
E sapendo che non si può votare. E questo è l’unico argine istituzionale che porta alla crisi un minimo di logica. Il referendum istituzionale del 29 marzo non rinviabile, poi vanno ridisegnati i collegi, insomma prima di settembre non esiste nessuna finestra. Poi c’è la finanziaria: non è un caso — fu la discussione anche dello scorso anno — che in autunno non si è mai votato
Ecco, dicevamo: la gabbia, dentro la quale si consuma una guerriglia tutta interna, tutta politicista, tutta priva di respiro.
Nell’ossessiva ricerca di un capro espiatorio per giustificare il proprio fallimento nei consensi, Renzi ha eletto Conte a nemico da abbattere per arrivare a un nuovo governo guidato da chicchessia, ma sa che non tutti i suoi sono disposti a seguirlo nell’affondo finale.
I ben informati raccontano che sarebbero sette i parlamentari che hanno riaperto canali col Pd.
Nella sua tenace volontà di resistere il premier, pur consapevole di questo dato, è titubante rispetto all’ipotesi di forzare, sollecitando la formazione di un gruppo di “responsabili” a sostegno del governo, perchè c’è sempre un margine di rischio.
E sa che, in caso di caduta, a palazzo Chigi non torna più. In una condizione di normalità istituzionale, Conte avrebbe deciso di andare alle Camere, con una piattaforma chiara su cui chiedere la fiducia, e lo avrebbero chiesto i partiti che lo sostengono, mettendo in conto di incassarla (con la stessa maggioranza o con un’altra) o di cadere su una linea e su un progetto per l’Italia.
Non lo farà , anzi neanche ci pensa. Perchè questo principio istituzionale romperebbe la gabbia. Voi capite: siamo dentro una crisi che va ben oltre una crisi di governo mai formalizzata.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
CONTE NON SI FIDA DI RENZI E HA CAPITO DI ESSERE IL SUO OBIETTIVO… ECCO PERCHE’ MONITORA I MOVIMENTI AL SENATO E NON ESCLUDE UN CONTI-TER
Giuseppe Conte non si fida. Non si fida dell’improvvisa pax renziana, il giorno dopo lo tsunami. Contro il muro di Palazzo Chigi si sono abbattuti i cavalloni dei voti con l’opposizione di Italia Viva. Quello annunciato sulle concessioni autostradali.
E quello che ha fatto vacillare i numeri al Senato sulla prescrizione, con la cosa giallorossa a vacillare e a resistere per un solo voto di scarto.
E l’onda d’urto della diserzione del Consiglio dei ministri, con l’assenza dell’intera delegazione dell’ex rottamatore, definita “grave” dal premier.
Oggi l’improvvisa retromarcia. “Voteremo la fiducia al decreto Milleproroghe”, spiegano i renziani, il testo sul quale hanno provato il blitz per ribaltare il tavolo.
“Il lodo Conte è incostituzionale”, spiega Matteo Renzi in quello che però promette di essere l’ultimo post sul tema. Fonti del partito ammorbidiscono ulteriormente le posizioni: “Voteremo la riforma del processo penale decisa ieri in Cdm — spiegano — Poi quando arriverà la discussione sulla prescrizione, si lavorerà per le modifiche. Ma sulla velocizzazione dei tempi della giustizia abbiamo sempre detto che per noi è una priorità ”.
Il presidente del Consiglio sente puzza di bruciato. Un uomo a lui vicino la mette così: “La questione generale non è rientrata. Siamo semplicemente nell’occhio del ciclone”. In quello spazio di calma assoluta che segue la tempesta e ne vede arrivare un’altra nel prossimo orizzonte.
Sono troppi i nomi, troppe le suggestioni, troppi gli schemi alternativi che si sentono girare. Da Mario Draghi a Roberto Gualtieri, gli sherpa in cerca del nuovo Carlo Azeglio Ciampi si fanno latori di messaggi incrociati e spargono veline.
Il premier ha capito che l’obiettivo finale dell’operazione è lui e il ruolo che ricopre. E non è deciso a farsi cucinare a fuoco lento.
Chi l’ha incrociato negli ultimi giorni lo descrive livido come poche altre volte prima nei confronti di Renzi e dei suoi. Ma ripete anche a più riprese di mantenere la calma, di non farsi sfuggire la situazione di mano.
Ecco che il capo del governo diventa uno dei principali frenatori di chi vuol correre in direzione di nuovi gruppi che puntellino la maggioranza.
Conte non vuol fornire nessun alibi a chi lo vuole terremotare. Sa che in uno scontro in campo aperto con tutta probabilità ne uscirebbe malconcio.
Le stesse intemerate nei confronti di Italia viva — “Fanno opposizione aggressiva e maleducata” ha detto appena ieri — sono frutto più di un pressing serrato del Partito democratico che non di una personale convinzione. Intendiamoci, non che il premier non lo pensi. Ma il suo registro pubblico e la sua strategia di lungo periodo mettono in conto pazienza e cesellatura, non con un continuo ricorso al braccio di ferro.
Complice una telefonata con il Quirinale, nella conferenza stampa di mezzanotte i toni si erano già ammorbiditi rispetto a sole poche ore prima.
Palazzo Chigi monitora con attenzione i movimenti. Soprattutto quelli a Palazzo Madama. Non c’è nessuna contrarietà ad allargare il perimetro della maggioranza a volenterosi folgorati sulla via del seggio, oltre che su quella di Damasco.
Il premier non esclude di poter arrivare a un suo governo-ter senza Italia Viva. Un’opzione, al momento. Ma in ogni caso vuole manovrare con passi ponderati, la fretta è cattiva consigliera.
Conte punta a logorare il grande avversario prima di essere logorato. “Dobbiamo lavorare, gli italiani ci chiedono di lavorare, non di litigare”, ripete ossessivamente. Senza sapere ancora bene quanto tempo avrà per farlo.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
A PALAZZO MADAMA I TELEFONI DEI PRESUNTI RESPONSABILI RIBOLLONO… “TUTTO PRONTO?”
Il telefono del senatore azzurro Andrea Causin è perennemente occupato. Chissà perchè. E’ lui uno degli indiziati speciali della scialuppa di responsabili, disposti a salvare a Palazzo Madama l’esecutivo dell’avvocato Giuseppe Conte.
E allora, forse per questa ragione, risulta essere fra i più ricercati.
Classe ’72, di Mestre, omone occhialuto, già presidente nazionale del movimento giovanile delle Acli, eletto nel 2013 con Scelta Civica, il contenitore montiano, un passaggio con Angelino Alfano, poi, oplà , eccolo fra le fila del partito di Silvio Berlusconi. “Con chi parlo?”, è l’incipit della sua voce. C’è aria di crisi di governo e si torna a parlare di “stabilizzatori”, “responsabili”
E anche se nel frattempo Matteo Renzi ha deciso di fare l’ennesima giravolta nel segno della “responsabilità ” – Italia Viva darà infatti il suo sostegno in caso di fiducia – qualcosa si muove tra Montecitorio e il Senato.
Scalpitano, brigano. I telefoni ribollono. I bar della Capitale attorno ai palazzi si trasformano nei centri di crisi della strategia contiana. Su tutti il caffè Rosati, a pochi passi da piazza del Popolo. Eccome se si muove qualcosa al punto che Causin ragiona con fare democristiano: “Non mi sembra il caso di litigare sulla prescrizione”.
Se questo è la premessa, poi c’è lo svolgimento: “Conte? Umanamente mi è simpatico. E’ un uomo intelligentissimo. D’altro canto, è stato presidente del Consiglio di due governi. Un’impresa del genere riusciva solo al mio vecchio leader democristiano che di nome faceva Giulio Andreotti”.
E allora torniamo alla domanda di partenza: è possibile un Conte-Ter con i responsabili al posto di Italia Viva? Causin ci lascia così, sospesi, senza una risposta, ma solo con una risata.
La stessa risata che fa dire a Paolo Romani, da sempre berlusconiano fin dai primi passi del Cavaliere nel mondo della politica, grande ciambellano del fu Patto del Nazareno, che “siamo ancora alla prima mano di una partita di poker”.
E lui che sa di saper giocare a poker in virtù anche della grande esperienza nel Palazzo non svela la prossima mossa: “Se per caso dovesse nascere un gruppo che non si riconosce più in Forza Italia, anche perchè Forza Italia al prossimo giro non esisterà più, saremmo 11, 12, 13”. Tradotto, è tutto pronto? “Risentiamoci martedì”. E perchè proprio martedì? “Perchè martedì riapre il Parlamento”. Passo e chiudo.
Undici, dodici o tredici non sono certo numeri da giocare al Lotto ma rappresentano gli stabilizzatori della stagione contiana.
Forse potranno addirittura essere di più. Ed è un numero variabile che annovera al suo interno appunto Romani, i tre udiccini Antonio De Poli, Paola Binetti e Antonio Saccone, e poi ancora i berlusconiani Andrea Causin, Massimo Mallegni, Roberto Berardi, Franco Dal Mas, Andrea Cangini (anche se l’ex direttore del Quotidiano nazionale smentisce categoricamente) e Barbara Masini.
Tutti ufficialmente si tengono a debita distanza. Ma si vocifera che nella lista potrebbe esserci anche Sandro Biasotti. Ecco, il ligure Biasotti al solo sentire la parola responsabile scandisce “non dico niente” e poi chiude la cornetta e ringrazia.
Punto e a capo. In verità dopo la retromarcia di Renzi tutti questi quasi responsabili potrebbero tornare sotto coperta. E riemergere alla prossima scossa.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA SANGERMANO: “NON LITIGO CON BERLUSCONI PER LA CAMPANIA”
Genny Sangiuliano vuole la benedizione di Silvio Berlusconi prima di accettare l’investitura per le regionali in Campania.
Il direttore del Tg2, nome messo sul tavolo delle trattative dalla Lega per la guida del centrodestra in Campania, non avrebbe alcuna intenzione di correre senza il via libera di Berlusconi: “Non litigo con il cavaliere per la Campania”, avrebbe confidato Sangiuliano a un amico campano di vecchia data nei giorni scorsi.
“E poi non mi va di essere il candidato del Carroccio” ha spiegato il giornalista Rai.
Al momento dunque le condizioni per la discesa in campo di Sangiuliano non ci sono. A meno che non arrivi il via libera da Arcore. Ipotesi poco probabile: Forza Italia fa quadrato e blinda la candidatura di Stefano Caldoro.
Anche a costo di rompere l’alleanza con Fratelli d’Italia e Lega in Campania.
Giochi, dunque, ancora aperti: il 18 arriva Matteo Salvini a Napoli. E forse quel giorno il nodo sulle regionali sarà sciolto.
(da Anteprima24)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
NEL FONDO EMERGENZE CI SONO APPENA 20.000 EURO, TAGLIATI ANCHE I CONTRIBUTI AI VOLONTARI, COSI’ NON RIESCONO NEANCHE A PAGARE IL BOLLO DELL’AUTO DI SOCCORSO
La giunta regionale dell’Umbria guidata dalla leghista Donatella Tesei è al lavoro sul prossimo bilancio. Oltre ai tagli al trasporto pubblico locale che stanno facendo infuriare i sindacati sono previsti anche minori stanziamenti ad un comparto che in Umbria, una regione che sta faticosamente uscendo dalla fase post-terremoto e dove sono presenti diverse criticità per quanto riguarda il rischio idrogeologico, è molto importante: la Protezione Civile.
Al punto che al termine della Consulta Regionale per la Protezione Civile il Presidente della Consulta Giuliano Santelli ha espresso preoccupazione per la scarsità di fondi e di risorse messe a disposizione del comparto della Protezione Civile umbra. «Noi abbiamo sollevato problemi relativi al funzionamento del sistema che vede il volontariato assieme alla protezione civile il punto di riferimento per le tante emergenze del territorio», ha detto durante una conferenza stampa spiegando che «porre queste questioni significa mettere al centro al sicurezza dei nostri concittadini».
Ma cosa è successo? Dopo un incontro con l’assessora regionale Paola Agabiti sulle disponibilità di bilancio per la Protezione Civile sono state fornite le cifre che la nuova giunta intende stanziare.
Bisogna tenere presente che «la Regione dell’Umbria ha un sistema di protezione civile che per funzionare ha bisogno di risorse ingenti, soprattutto dopo il terremoto. Risorse, personale e funzionamento del sistema. Con importi che sono all’incirca di un milione di euro per il funzionamento complessivo».
L’ipotesi della giunta invece è di destinare 200 mila euro (sui 700-850 mila necessari) per il funzionamento dell’intera struttura.
A questi vanno aggiunti i finanziamenti per il fondo per regionale per le emergenze che, con le parole di Santelli: «il fondo regionale per le emergenze significa che se domani mattina c’è un terremoto, c’è una calamità , si attinge a quel fondo. Quel fondo oggi ha zero lire. Sono previste — secondo quanto ci ha detto l’assessore Agabiti — solo 70 mila euro».
Il tutto a fronte di richieste per emergenze certificate dai Comuni e Province — soldi in parte già spesi dagli enti — di un milione e ottocentomila euro.
Ultima questione è quella del volontariato. La Protezione Civile aveva richiesto di mantenere lo stesso livello di finanziamenti degli anni precedenti, vale a dire 300 mila euro (ad eccezione dello scorso anno quando a causa della crisi della giunta regionale ne vennero stanziati solamente 60mila).
L’ipotesi della giunta Tesei è di ridurre ancora di più i fondi: «quello che è previsto in questo bilancio sono 20mila euro. Non riusciamo neanche a pagare bolli e assicurazione dei mezzi, oltre alla manutenzione, oltre ai DPI [dispositivi di protezione individuale NdR]».
Secondo il consigliere regionale del M5S Thomas De Luca la Regione ha così deciso di stanziare “solo le briciole” per la Protezione Civile, con il rischio di «provocare la paralisi del sistema della Protezione Civile soprattutto in caso si presentino emergenze e calamità ».
Per la Consulta infatti i fondi sono “altamente insufficienti” frutto di quella che sembra essere una sottovalutazione del problema.
Scrive la Consulta in una nota che le proposte di bilancio avanzate dall’assessora Agabiti sono «il frutto non chiaro dell’importanza del sistema di protezione civile in una Regione dove i rischi idrogeologi, idraulici e sismici sono altamente presenti, dove il tema della previsione-prevenzione—pianificazione dovrebbe essere centrale nella politica regionale». Sul suo sito De Luca riferisce le parole di alcuni volontari che a margine della conferenza avrebbero detto «Se in questo momento dovesse accadere qualcosa noi potremmo non essere pronti».
In poche parole destinare così poche risorse alla Protezione Civile regionale significa sottovalutare i rischi del territorio e quindi mettere a repentaglio la vita dei cittadini.
Il tutto senza considerare il fatto che la Protezione Civile oltre che di mezzi è fatta soprattutto di uomini.
In Umbria sono 6.500 i volontari e per Santelli «la proposta avanzata risulta perlomeno offensiva nei confronti 6.500 volontari, spina dorsale del sistema, volontari che anche in questi giorni stanno dando il proprio contributo nell’emergenza coronavirus presso l’aereoporto San Francesco di Assisi nell’ambito dell’emergenza coronavirus».
Per il consigliere pentastellato se queste ipotesi di bilancio venissero confermate si tratterebbe di «uno scenario da brividi che potrebbe provocare la paralisi del sistema della Protezione Civile soprattutto se si presentassero emergenze e calamità ». Per fortuna che al governo ci sono quelli che hanno fatto campagna elettorale sui terremotati “nelle tende”. Ma quelle tende sono anche della Protezione Civile.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
HANNO TROVATO UN LAVORO A TEMPO INDETERMINATO SOLO LO 0,63% DEGLI OCCUPABILI CHE HANNO FATTO RICHIESTA
Se prestate trenta euro a un amico con l’impegno di farveli restituire entro un anno e quello ve ne restituisce 15 poi vi viene da esultare per il grande affare che avete fatto? No, vero? Questo perchè non siete politici.
Se lo foste, esultereste anche se ve ne restituissero meno di quindici. E infatti in queste ore si sente un tripudio festante di politici del MoVimento 5 Stelle perchè Paolo Gentiloni, commissario all’Economia dell’Unione Europea, ha “ammesso” (ahah, grande vittoria!1!undici) che il Reddito di cittadinanza, misura bandiera del M5S dovrebbe apportare tra 0,1 e 0,2% di crescita all’Italia su un totale di 0,6% previsto da Bruxelles.
“Adesso lo certifica anche l’Unione Europea: infatti, nello stesso giorno in cui, purtroppo, siamo costretti a sentire ancora qualcuno che definisce il Reddito di Cittadinanza ‘una follia’, la commissione Ue ci dice che il Reddito avrà un impatto positivo su consumi e crescita, da qui al 2021. Una crescita che, siamo certi, sarà ancor più forte grazie a quel salario minimo orario — altra battaglia storica del MoVimento 5 Stelle — che presto diventerà legge”, dichiarano garruli i grillini tutti impegnati nella circonvenzione dell’elettore incapace (di comprendere).
“Ha avuto un effetto imponente non solo a sostegno della povertà , ma ad esempio sulla spesa e i consumi delle famiglie, quindi anche sul Pil italiano”, fa il palo Davide Casaleggio.
Questo accade perchè la maggior parte delle persone non si rende conto di quello che accade ai conti pubblici e la propaganda criminale (lo storytelling) fa di tutto per farli fessi. Quello che non vi dicono, infatti, è che l’apporto alla crescita del PIL da parte del reddito di cittadinanza andrebbe commisurato all’impegno economico assunto dal governo Lega-M5S che lo ha varato (e a quello PD-IV-M5S che oggi lo tiene in piedi così com’è, ovviamente).
E sapete perchè non ve lo dicono? Perchè se ve lo dicono rischiate di imparare a fare di conto e di cominciare a inseguire con catrame e piume chi parla a sproposito. Ma c’è chi comunque lo scrive negli articoli:
L’impatto sulla crescita del primo vale circa lo 0,15% del Pil grazie alla spinta ai consumi. Si tratta di una quota significativa se considerata in termini relativi (è la metà dello 0,3%), ma pur sempre limitata se vista in un’ottica complessiva.
Del resto il costo della misura-bandiera del M5S è comunque significativo e — come aveva sottolineato nei mesi scorsi la Commissione — ha un forte impatto su deficit e debito: circa 6 miliardi di euro quest’anno, pari a oltre tre decimali di Pil.
In termini di crescita, dunque, il provvedimento rende la metà di quel che costa e gli effetti sul mercato del lavoro ancora non sono stimabili. (La Stampa, 14 febbraio 2020)
E volendo c’è anche chi lo precisa in maniera diversa:
Tuttavia, spiegano a Bruxelles, se la misura bandiera dell’M5S contribuisce tra lo 0,1 e lo 0,2% alla crescita, è costato alle casse pubbliche lo 0,4% del Pil, ovvero circa 6 miliardi. Inoltre la Commissione vede pronunciati rischi al ribasso per l’economia del Paese. (La Repubblica, 14 febbraio 2020)
Infine, è vero che non è possibile ancora stimare gli effetti totali del reddito di cittadinanza sul mondo del lavoro, anche perchè quel gran genio che l’ha ideato lo ha fatto partire senza prima predisporre gli apparati di ricerca di un’occupazione.
Tuttavia, è possibile riferirsi ai dati ANPAL per scoprire che “al 13 dicembre sono stati attivati 422.947 beneficiari, convocati dai centri per l’impiego, per poter partecipare alla prima fase preparatoria del più ampio percorso finalizzato alla ricerca del lavoro e a ricevere un’offerta congrua nei prossimi mesi.
È il 53% di un totale di 791.351 avviabili al lavoro, cioè quella parte dei beneficiari che risultano tenuti a sottoscrivere un Patto per il lavoro (gli altri vengono inviati ai Comuni per sottoscrivere il Patto per l’inclusione sociale)”.
Purtroppo — e stranamente… — all’ANPAL non viene in mente di farci sapere qual è la percentuale di persone che hanno trovato lavoro rispetto ai 791mila che sono idonei al lavoro (i percettori totali, ha fatto sapere l’INPS qualche tempo fa, sono invece 839.794). Ebbene, il rapporto percentuale tra chi è avviabile al lavoro e chi lo ha effettivamente trovato è questo: il 3,63%. Rispetto al totale dei percettori invece la percentuale è — ovviamente — più bassa e ammonta al 3,425%.
Tra questi, quanti sono ad aver trovato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato? Il 18% di 28763 è 5177. Quindi, ha trovato un lavoro a tempo indeterminato lo 0,63% del totale degli avviabili al lavoro.
Un’altra grande vittoria come questa e siamo rovinati.
(da “NextQuotidiano“)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
L’AUDIO DIVENTA FONTE DI PROVA NEL PROCESSO MENTRE EMERGONO NUOVI ELEMENTI NELL’INCHIESTA
È fondata l’ipotesi che a registrare l’ormai noto dialogo nella hall dell’hotel Metropol di Mosca, del 18 ottobre di due anni fa, sia stato uno dei presenti, verosimilmente Gianluca Meranda, l’avvocato indagato, assieme al leghista presidente dell’associazione LombardiaRussia Gianluca Savoini e all’ex bancario Francesco Vannucci, per corruzione internazionale.
Ne è convinta la Procura di Milano che indaga sul caso dei presunti fondi russi alla Lega e che ha acquisito in questi mesi di accertamenti anche nuovi elementi sul fronte dell’origine di quell’audio, che venne pubblicato dal sito americano BuzzFeed lo scorso luglio.
Per gli inquirenti, infatti, è importante poter dimostrare che la registrazione venne effettuata da uno dei partecipanti all’incontro (c’erano anche tre russi) perchè, se così fosse, il file, stando a quanto chiarito ieri dalla Cassazione, sarebbe fonte di prova documentale utilizzabile in un eventuale processo. Altrimenti si tratterebbe di un’intercettazione abusiva inutilizzabile, se non come notizia di reato per indagare sulla trattativa che non andò a buon fine.
Il faccia a faccia nell’albergo moscovita, stando proprio alle trascrizioni dell’audio, sarebbe servito per discutere di una compravendita di petrolio che avrebbe dovuto garantire, attraverso un sconto di almeno il 6% su un affare da 1,5 miliardi di dollari, 65 milioni al Carroccio per la campagna elettorale per le Europee dello scorso anno, ma anche mazzette ad almeno un funzionario di Mosca.
Da qui la contestazione di corruzione internazionale nell’inchiesta del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dei pm Donata Costa, Gaetano Ruta e Sergio Spadaro, nell’ambito della quale, tra i molti testimoni sentiti finora, è stata ascoltata anche una giornalista russa che ha conosciuto, quando è stato a Mosca più volte, lo stesso Savoini, che fu anche portavoce di Matteo Salvini.
Confermando i sequestri di telefoni e altri dispositivi a carico del presidente di LombardiaRussia, la Cassazione nelle motivazioni depositate ieri ha chiarito, però, che l’audio del Metropol, risultando al momento dagli atti di origine incerta (venne consegnato ai pm dai giornalisti de ‘l’Espresso’ che si avvalsero del segreto professionale sulla fonte), non può essere utilizzato in un processo, ma è una “notizia di reato” e, come tale, da quella gli inquirenti sono potuti partire nella ricerca delle prove.
Ad ogni modo, si è saputo che i pm e gli investigatori della Gdf hanno trovato ulteriori elementi – oltre alla buona qualità della registrazione che dimostrerebbe che è stata realizzata da uno degli interlocutori – per sostenere l’ipotesi che a captare il colloquio fu uno dei protagonisti del meeting, probabilmente Meranda.
Tra l’altro, proprio sul fronte della pianificazione dell’affare e delle trattative già intavolate nei mesi precedenti rispetto al Metropol, gli investigatori hanno potuto analizzare una quindicina di telefonate di Meranda, da lui stesso registrate attraverso un’applicazione, oltre che messaggi ‘vocali’ e audio di altri colloqui.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
LA CAMPAGNA LANCIATA CONTRO L’ARRESTO DEL RICERCATORE EGIZIANO HA SUPERATO 80.000 FIRME
Gara di solidarietà per Zaki: cambiare la propria foto profilo su Facebook con un fumetto che ritrae lo studente avvolto dal filo spinato su sfondo rosso e le scritte “Patrick libero” in italiano, inglese e arabo.
L’iniziativa — lanciata su Facebook e su Twitter dall’Eipr (Egyptian Initiative for Personal Rights) — è un’idea dagli attivisti della campagna ufficiale a favore di Patrick George Zaki, il ricercatore egiziano dell’Università di Bologna arrestato al Cairo una settimana fa e da allora detenuto con l’accusa, tra le altre, di istigazione al rovesciamento del regime.
«Per mostrare la nostra solidarietà — rilanciano gli attivisti — cambiamo tutti i nostri profili personali su Facebook a partire da stasera alle 21 fino a quando ascoltiamo la decisione del procuratore in merito all’appello».
Domani, sabato 15 febbraio, alle 9 è fissata in Egitto l’udienza per l’appello sui 15 giorni di custodia cautelare inflitti a Patrick: è qui che si deciderà , dunque, se Zaki dovrà restare in carcere o potrà tornare a casa. Su Change.org la petizione pro Zaki ha superato le 80mila adesioni.
(da agenzie)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
600.000 EURO DI CATERING LUCULLIANI E NON SI PAGAVA LA TREDICESIMA PER RISPARMIARE
Daniele Martini sul Fatto Quotidiano racconta oggi il mini-pasto dei piloti di Alitalia: una mela dal diametro di appena due falangi dell’indice, una fettina trasparente di pomodoro e una di melanzana, un panino avvolto nel cellophane e non più grande del mignolo, verdurine anemiche miste in una ciotolina, due fettine esangui di bresaola con fogliette verdi di qualcosa che un tempo somigliava alla rucola.
Non male, soprattutto in confronto ai banchetti e ai catering da applausi a cui erano abituati manager e vertici:
Da “Radio Pista” gli erano arrivate voci di catering luculliani ordinati a suo tempo dai manager italo-arabi per celebrare le nuove“strategy”, costati nel complesso 600 mila euro, e divorati dai nuovi capi, i quali, come Maria Antonietta a Versailles con la folla fuori che issava i forconi, non si vergognavano di strafare nonostante fosse chiaro a tutti che la compagnia stava perdendo inesorabilmente quota.
Come se la tragedia non li riguardasse, mai sfiorati dal dubbio che mentre ai dipendenti veniva imposto di tirare la cinghia forse loro potevano rinunciare almeno a qualche ostentazione. Qualche giornale l’aveva anche scritto di quei catering fuori luogo, ma il pilota, un tetragono aziendalista, non ci voleva credere.
Il pilota ricorda che due anni fa, proprio negli stessi giorni in cui decisero di non pagare la tredicesima ai dipendenti per risparmiare, la flotta aziendale dei capi fu rinnovata con una quarantina di vistosi suv Cherokee.
Come quando successe che una signora presentata come una super-manager dai nuovi padroni arabi volle dare un tocco di classe al look delle assistenti di volo della compagnia italiana imponendo a tutte, comprese compassate signore a due passi dalla pensione, di presentarsi con labbra dipinte rosso fuoco e calze color verde prato. E specificando pure cosa dovessero indossare sotto come intimo.
(da “NextQuotidiano”)
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