Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
“AVANTI CON LA SFIDUCIA A BONAFEDE SE NON SI CAMBIA SULLA PRESCRIZIONE”… ORMAI LA POLITICA E’ IN MANO A MEGALOMANI
Tornato dal Pakistan, Matteo Renzi si presenta in Senato con tanto di selfie che sa di sfida agli alleati e al premier Conte: “In Aula puntualissimo. Con un pensiero affettuoso a tutti quelli che hanno detto che per sciare saltavo i lavori parlamentari”.
Il leader di Italia Viva, nei fatti, non sembra sia tornato con toni distensivi nonostante si dica “tranquillissimo”. §
Le voci di una pattuglia di responsabili pronta a sostenere il premier Giuseppe Conte, qualora Italia Viva si sfilasse, si fanno sempre più insistenti. Dunque l’ex premier passeggia in Transatlantico e di fronte ai taccuini dei cronisti prova a ribaltare questa narrazione, forte del passaggio di una deputata da Leu e di un senatore dal Pd. Vuole tenere il governo sulle spine, lanciando minacce più o meno velate: “I nostri numeri sono decisivi. Conte deve ascoltarci. Altrimenti, se ha i numeri, ma non credo, ce ne andiamo all’opposizione”.
Renzi vuole i riflettori su di sè per continuare a indebolire il presidente del Consiglio, convinto che si possa formare un nuovo governo con la stessa maggioranza. Dipenderà dai 5Stelle e da Luigi Di Maio, i contatti sono in corso. Intanto il leader di Italia Viva domani sera sarà nel salotto di Porta a Porta a prendersi la scena provando a dettare la sua di agenda. L’obiettivo è fare ancora battaglia sulla prescrizione, “tema che può portarci un po’ di voti”, sostengono i suoi, e che diventa anche un pretesto casomai per far venire giù tutto.
Se il lodo Conte arriverà in Aula, inserito nel disegno di legge sul processo penale, Italia Viva annuncerà immediatamente la mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Sarà questo uno dei passaggi dell’intervista di domani insieme all’ostentazione che difficilmente potrà esserci un nuovo governo senza Italia Viva: “A noi va bene anche il Conte ter. Andiamo all’opposizione. Conte è contento e sono contento io. Io però questi 10 senatori di Italia Viva che vanno via non li vedo. Per il momento è entrata una deputata”, Michela Rostan, arrivata da Leu.
Cambio di casacca che Renzi rivendica dal momento che, dopo giorni di rumors che riferivano di parlamentari in uscita da ‘Italia viva’ per fare da stampella al governo Conte, in disaccordo con la linea dell’ex presidente del Consiglio, in realtà gli unici ‘movimenti’ che al momento si segnala è verso il senatore di Rignano sull’Arno. Come quello del senatore Tommaso Cerno.
Forte di questo Renzi andrà in tv. È possibile che chieda un patto di legislatura “per far ripartire l’economia e il lavoro cominciando con lo sblocco dei cantieri”. Su questi temi il leader di Italia Viva chiederà a Conte di arrivare al 2023 modificando prima di tutto la riforma sulla prescrizione “che io non condivido, la porto in discussione in Aula e su questo vado avanti fino in fondo”.
L’offensiva dei renziani sulla giustizia continua anche se, dopo una giornata di suspense, si è trovato un accordo sulle intercettazioni. Ma a metà pomeriggio mentre sorseggia un succo di frutta nella buvette del Senato, il leader di Italia Viva incrocia Pietro Grasso, che ha presentato l’emendamento della discordia poi ritirato: “Così la situazione politica si fa sempre più incasinata”. Domani Renzi proverà a dettare le condizioni per proseguire la legislatura sfidando il premier e senza fare marcia indietro sulla prescrizione.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
CHI ORGANIZZA VIENE DA FORZA ITALIA, MA ANCHE TRA I RENZIANI CI SI CHIEDE: “QUESTA TATTICA DI RENZI CI STA FACENDO SOLO PERDERE VOTI”
Ilaria Proietti e Gianluca Roselli sul Fatto Quotidiano ci raccontano che per oggi è previsto un conclave “segreto” dei Responsabili anti-Renzi per il Conte Ter (potrebbe essere il nome del nuovo gruppo, non sarebbe male!) e fa i nomi di alcuni che sarebbero della partita:
Quanti saranno a riunirsi non è noto, anche se pare certo chi sia a organizzare l’iniziativa: Renata Polverini alla Camera e Paolo Romani al Senato sono indaffaratissimi. Avevano sperato che Mara Carfagna s’intestasse un’iniziativa di rottura con Forza Italia. Ma poi quella “si è convinta che i tempi non erano maturi e ha smesso di scalpitare pensando in prospettiva. La sua”.
I nomi sono quelli circolati negli ultimi giorni: pezzi di “liberal”di FI, adepti del centro di Lorenzo Cesa, totiani, cani sciolti del “misto ”, ex pentastellati e pure renziani di ritorno.
A Palazzo Madama ce ne vorrebbero 17, tanti quanti i senatori di Italia Viva, ma potrebbero bastarne anche una decina, dovendo pescare tra le sensibilità più varie.
C’è chi non vuole morire salviniano e chi giura “mai col centrosinistra”.
Giovanni Toti la mette così: “Se questo esecutivo andasse in crisi, la via maestra sarebbe un governo elettorale, scelto dal presidente Mattarella, visto che il voto subito è impossibile: prima c’è il referendum sul taglio dei parlamentari, poi le Regionali di primavera…”. Ma di qui all’autunno la strada è lunga e può succedere di tutto.
Poi ci sono i renziani. Tra di loro alcuni, se non proprio pentiti, sono “perplessi”.
Non capiscono lo scopo di questa guerriglia a bassa intensità con Conte e Zingaretti, se non ad alzare il prezzo in vista di una maggiore voce in capitolo su legge elettorale e nomine.
Perchè “questa tattica finora non ci ha portato un voto in più”. E “se Renzi strappa, e non lo farà mai sulla prescrizione, non tutti lo seguiranno”, assicura una fonte.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
DI BATTISTA PONE PURE CONDIZIONI (NON SI SA SE PIANGERE O RIDERE)
Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera scrive che per la leadership del MoVimento 5 Stelle prende quota l’idea di un ticket tra Chiara Appendino e Alessandro Di Battista, con Luigi Di Maio che resterebbe in seconda fila, regista dell’operazione.
L’ex capo politico si candiderebbe in prima persona solo per frenare la corsa di qualche big ortodosso, a partire da Paola Taverna, molto attiva in queste ultime settimane come facilitatrice.
Ma l’idea di un ticket tra la sindaca di Torino –che sarebbe il volto del M5S di palazzo, mentre a Di Battista toccherebbe quello di anima delle piazze – ha ancora diversi ostacoli da superare. E non solo le eventuali resistenze dell’ala ortodossa. Anzitutto sulla sindaca pende la sentenza del caso Ream, per la quale la Procura ha chiesto una condanna di 14 mesi (l’imputazione è di falso e abuso).
Di Battista invece è in Iran, ma sta studiando un suo progetto. A chi ha avuto modo di sentirlo, l’ex deputato ha confidato che sta formando una squadra. Non solo. L’ex esponente del direttorio sta fissando dei paletti. Chiari.
Di Battista pone condizioni valoriali e tematiche. «Non interessano nè poltrone, nè incarichi dirigenziali», dicono i suoi fedelissimi. E spiegano che Di Battista è pronto a tornare protagonista a patto che sia libero di agire su una sua linea.
È «determinato» – viene sottolineato – a portare avanti un progetto di lungo respiro, decennale. I rumors parlano di una proposta con due grandi aree: una ambientalista e una antiliberista, centrata sul rilancio in chiave statale della sharing economy.
Linee che dovranno, secondo le intenzioni dell’ex deputato, in qualche modo essere portanti nel Movimento che sarà . Per arrivare agli Stati generali, però, la strada è ancora lunga
Ci sono big che si stanno muovendo silenziosamente con incontri capillari sul territorio, serrando le file. Gli ortodossi per il momento sono in una fase attendista.
Roberto Fico farà la sua proposta politica e tra i falchi c’è un forte richiamo alla collegialità . C’è chi spinge per una candidatura unitaria, ma quello a cui punta l’ala di sinistra del Movimento è definire una volta per tutte la collocazione dei Cinque Stelle nell’alveo progressista.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
IL PM AVEVA GIA’ CHIESTO L’ARCHIVIAZIONE, SALVINI VUOLE LE SCUSE… IL LEGALE DI DON VIGORELLI: “PREDICARE IL VANGELO NON E’ UN’AZIONE DELLA QUALE SCUSARSI”
E’ stato aggiornato in maggio il processo per diffamazione davanti al giudice di pace di Como che vede imputato don Alberto Vigorelli, 80 anni, ex missionario in Africa e Perù, citato a giudizio dal leader della Lega Salvini.
Don Vigorelli in una omelia domenicale nel 2016 a Mariano Comense, nel commentare un passo del vangelo dedicato all’accoglienza (“ero straniero e mi avete accolto”) aveva affermato “O siete cristiani o siete di Salvini”.
L’affermazione era stata stigmatizzata da un referente locale della Lega ed era arrivata ai vertici del partito.
Il pm di Como aveva chiesto l’archiviazione della denuncia, che è stata però rigettata, per cui il sacerdote si è trovato davanti al giudice di pace.
Questa mattina l’aula era gremita da alcune decine di persone che hanno voluto mostrare la loro solidarietà all’anziano sacerdote, presente con il suo legale. Non c’era la parte lesa, Salvini, che ieri sui social aveva postato “Disse durante la Messa che un cristiano non può essere della Lega, non ho parole… Se questo prete, che mi odia, chiederà scusa e devolverà 1.000 euro a una Onlus che si occupa di disabili, pace fatta e amici come prima”.
E stamani il legale di Salvini ha ribadito la richiesta di scuse.
“Don Vigorelli ha predicato il Vangelo quel giorno, un’azione del quale non può scusarsi” ha replicato l’avvocato Oreste Dominioni, che assiste il sacerdote. Il giudice ha aggiornato il processo a maggio
Salvini aveva anche scritto a Scola e Stella per chiedere la rimozione del prete.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
SOLO APRENDO ALL’IMMIGRAZIONE REGOLAMENTATA IL SISTEMA POTRA’ REGGERE O SALTERA’ IL SISTEMA PENSIONISTICO, CROLLERA’ IL PREZZO DELLE CASE E SI RIDURRANNO I CONSUMI
In Italia saremo sempre meno persone, se non si inverte la tendenza. Con una perdita di oltre 4 milioni di abitanti, prevista entro il 2050 (Eurostat), e un innalzamento esponenziale dell’età media, l’Italia rischia di collassare per mancanza di abitanti, lavoratori e consumatori attivi.
Si tratta della crisi demografica più importante dal dopoguerra in poi, un tema che sta interessando anche i principali media internazionali.
L’emergenza più importante riguarda i giovani. Secondo i dati delle Nazioni Unite, la popolazione tra i 15 e i 24 anni, che negli anni Ottanta aveva raggiunto il suo picco (oltre 9 milioni di persone), oggi è diminuita di oltre il 30 per cento (poco meno di 6 milioni) e verrà dimezzata nel 2040, tra 20 anni.
Per quanto riguarda la popolazione anziana, invece, la curva è esattamente opposta, con un picco previsto tra il 2045 e il 2050, quando nel nostro paese gli over 60 dovrebbero diventare 25 milioni (oggi sono 18 milioni).
Si tratta di stime probabilistiche, che tengono conto del tasso di fertilità e dell’aspettativa di vita media, e che segnano un futuro nero per il nostro Paese.
Avere un numero così ridotto di giovani, e in generale di popolazione, significa avere meno consumatori, meno lavoratori, meno popolazione attiva.
L’impatto sull’economia può essere devastante: dal crollo dei prezzi delle case (specialmente in provincia, dove la popolazione diminuisce di più) alla riduzione dei consumi, fino al collasso del sistema pensionistico, tuttora basato su un sistema del tutto insostenibile.
La diminuzione del numero medio di figli è un fatto comune per paesi che hanno garantito l’accesso a metodi anticoncezionali, e all’occupazione delle donne, e deve essere visto come un successo, e non come un insuccesso, di scienza, tecnologia e democrazia.
È utile far notare che paesi relativamente vicini, come la Francia, non presentano stime di decrescita comparabili a quelle dell’Italia. Tra il 2020 e il 2040 è previsto che in Francia il numero di residenti tra i 15 e 59 anni resti sostanzialmente invariato.
Considerando che la questione demografica non può risolversi da sola, molti Paesi hanno adottato politiche di immigrazione regolamentata e incentivata unite a sistemi di welfare (asili, sanità ecc… ) che sostengano la volontà di mettere al mondo dei bambini.
Ad oggi in Italia mancano l’una e l’altra proposta. Non solo, con circa 250.000 italiani in fuga all’estero ogni anno, il problema demografico potrebbe persino peggiorare.
Se le proposte di welfare prevedono un investimento sostenuto dalle finanze pubbliche, la promozione di politiche di immigrazione regolamentata prevederebbe più introiti che spese.
A studiare il tema sono stati molti economisti, appartenenti anche all’ala conservatrice- liberale degli Stati Uniti, che sono riusciti a dimostrare il costo e il vantaggio inespresso dovuto all’eccesso di burocrazia che impedisce la libertà di circolazione dei lavoratori.
Uno di questi è Michael Clemens (Center for Global Development) e un altro economista, Bryan Caplan, ha messo questo stesso concetto su un libro a fumetti “Open Borders — The ethics and science of immigration”. L’approccio è quindi economico, più che umanistico, e in molti Paesi questo elemento ha garantito crescita e sviluppo per decenni.
Sebbene manchi dall’agenda di dibattito pubblico, questo tema diventerà cruciale per il futuro del Paese. E una soluzione che guardi agli effetti nel lungo periodo dovrà necessariamente entrare nelle proposte dei partiti che vorranno guidare l’Italia e portarla fuori dalla stagnazione e dalla crisi.
(da TPI)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL MEDICO DI LAMPEDUSA
“Sì, mi sono commosso incontrando Kebrat, la ragazza data per morta e che io…”. Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, ora eurodeputato, lascia la frase in sospeso per pudore di dire che è lui ad avere salvato la giovane naufraga eritrea già sistemata tra i cadaveri sul molo Favaloro, accorgendosi di un flebile battito del cuore.
Ieri a Bruxelles con il “comitato 3ottobe 2013” e 150 ragazzi delle scuole, Bartolo dice: “I ragazzi sono grandi e mettono noi adulti sulla strada maestra dell’umanità e del rispetto”. E invita: “I decreti sicurezza vanno cancellati com e il memorandum sulla Libia”.
Bartolo, quanti migrati ha visto e aiutato…
“Ho fatto il medico per 30 anni a Lampedusa, ho ricevuto dai migranti sempre un ringraziamento, sono persone straordinarie. E la gratitudine ti dà la forza di andare avanti nel momento dello sconforto, quando vorresti mollare per le situazioni terribili che vedi. A me è capitato. Allora mi sono detto: dai, Pietro, sta per cambiare tutto, invece è cambiato poco”.
Lei ha sempre chiesto che i decreti sicurezza fossero cambiati?
“Devono essere cancellati. Non lo dico io, ma anche Zingaretti, le Sardine e tutti coloro che mi hanno votato perchè sanno che porto avanti valori indiscutibili e universali”.
Poche modifiche non bastano?
“La ministra Lamorgese sta cercando di mettere mano a questi decreti. Per ora c’è solo una bozza, quindi è un primo passo, che però deve andare verso una soluzione definitiva”.
Per lei cosa è indispensabile?
“Lo ius soli. Chi nasce e studia in Italia è cittadino italiano. Non dargli la cittadinanza è un danno a loro e anche a noi stessi”.
I porti chiusi devono diventare un ricordo?
“I porti chiusi non ci sono mai stati se non per le Ong, per le motovedette, per la Diciotti, la Gregoretti… come se tutti i cattivi salissero su quelle navi. Ma i terroristi difficilmente arrivano con i gommoni e i barconi perchè non hanno intenzione di morire prima di fare il danno. E poi su quelle navi c’erano molti bambini: terroristi anche loro? Le politiche di Salvini sono state un abuso”.
Neppure sul memorandum con la Libia lei è d’accordo?
” Ci facciamo vanto del calo degli arrivi, Ma chi non parte è detenuto nei campi libici che sono lager. Dobbiamo evacuare quei campi attraverso corridoi umanitari; agire in Africa con la cooperazione. Non ci sono flussi, ci sono donne, uomini, bambini”.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
IL LAVORO PRECARIO PENALIZZA LA STABILITA’ DEI GIOVANI
Crollano i mutui erogati agli under 35 e si dimezzano di conseguenza le richieste. Ma è un circolo vizioso: meno si dà fiducia ai giovani, meno i giovani si sentiranno di poter rischiare
Come è cambiata l’idea di stabilità nel corso degli ultimi decenni? Per la concezione delle banche, nemmeno di un tono.
È stabile chi ha un rapporto di lavoro continuativo da oltre 18 mesi, chi ha un contratto da dipendente a tempo indeterminato e chi ha uno stipendio non suscettibile al numero di ore lavorate. A loro, e solo a loro, è concesso accedere alla «montagna di liquidità » (come l’ha definita Tito Boeri) che le banche mettono a disposizione per i mutui.
Se si guardano le cose da questa prospettiva, le generazioni degli under 36 sembrano essere il prototipo della precarietà e dell’inaffidabilità finanziaria. Meglio rimanere sicuri sugli anziani, sembrano dire le banche, e puntare a concedere prestiti a chi ha davanti a sè la sicurezza di una pensione.
A rafforzare questa credenza c’è la scarsa attenzione che la legislatura italiana pone sul tema del lavoro autonomo.Ancora lontani dal creare una rete di tutele sociali, il freelance — o chiunque tenti una strada diversa dalla subordinazione — viene lasciato a se stesso, portando avanti la vulgata della precarietà come unica dimensione al di fuori del contratto da dipendente. La conseguenza, per quanto riguarda il lato abitativo (ma non solo), è che le banche non rischiano e i giovani non ci provano più nemmeno a chiederlo.
«Certo che esiste un problema», ha dichiarato a la Repubblica Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi (l’Associazione bancaria italiana) Ma non è creato dalle banche, è del Paese: che non cresce, non crea lavoro, non dà occupazione ai giovani». Ma la verità , aldilà degli interessi della parti, è che è un circolo vizioso: meno si investe sul futuro, meno futuro si avrà a disposizione. Meno si dà fiducia ai giovani, e meno i giovani si sentiranno di poter rischiare.
Stando all’ultima rilevazione di MutuiOnline.it, la quota di mutui erogati a chi ha fino a 35 anni si è dimezzata nel giro di 15 anni. Si è passati dal 44,8% del 2006 all’attuale 22,6%.
E una variazione simile si è avuta anche nelle richieste, che sono passate dal 49,2% al 27,2% — il restante 20% si è perso tra le due fasce di età superiori, dai 36 ai 55 anni.
Di base, quindi, solo un mutuo su 5 va nelle tasche degli under 35. Se si guardano le fasce di età più nello specifico, si vede che a essere meno finanziati sono gli under 25 (con uno 0,6% di mutui erogati), seguiti dalla fascia tra i 26 e i 35 (con il 22% dei mutui erogati).
Le fasce più coperte nell’ultima rilevazione dei mesi del nuovo anno sono quelle tra i 36 e i 45 e quelle tra i 46 e i 55 anni. Considerando l’annata completa, per gli under 35 è stato il 206, con un totale di 27,1% di mutui erogati. Certo, i mutui sono alti e spesso di difficile onere per chi guadagna attorno ai 1.000/1.500 euro al mese come molti di coloro che si affacciano al mondo del lavoro. «Non vogliamo rischiare», dicono dalle banche.
Ma quanti ragazzi e quante ragazze vivono da soli, senza avere le spalle coperte, facendo sacrifici e pagando comunque puntualmente un affitto ogni mese — che può arrivare a chiedere fino al 40% del proprio stipendio? Quello dei costi elevati che gravano sulle giovani generazioni (e non solo) è un altro enorme problema. Ma che non va sovrapposto a quello dell’erogazione dei mutui.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
MOLTI SONO STATI ESCLUSI, ALTRI HANNO RICEVUTO UNA CIFRA INFERIORE AL PREVISTO, TANTI NON VOTANO NEPPURE
Il reddito di cittadinanza ha fatto perdere voti al MoVimento 5 Stelle. Nonostante l’enorme impegno economico e debitorio per allargare la platea del REI e mettere insieme il sistema di ricerca di lavoro tramite i Navigator (con scarsi risultati) il rapporto fra le domande di assistenza accolte dall’Inps e i risultati elettorali dei grillini è così negativo da meritare una riflessione.
Spiega oggi Diodato Pirone sul Messaggero:
La Calabria è il caso più eclatante. Qui il Reddito di cittadinanza è stato sinora assegnato a circa 74.000 nuclei familiari e coinvolge grosso modo 170.000 persone (parte dei quali minorenni e dunque senza diritto di voto) ma nelle ultime Regionali del 26 gennaio la lista grillina ha ottenuto appena 48.784 voti non riuscendo ad eleggere neanche un rappresentante in consiglio regionale. Avete letto bene: alle regionali i 5 Stelle hanno preso un terzo dei voti rispetto ai calabresi che percepiscono il “Reddito”.
Eppure il serbatoio elettorale calabrese aveva garantito ai 5 Stelle oltre 400.000 voti appena due anni fa, alle politiche del 4 marzo. E anche alle difficili elezioni europee i pentastellati nella punta dello stivale avevano racimolato quasi 200.000 voti, dimezzando lo straordinario risultato del 2018 ma segnando un risultato considerevole.
La stessa cosa è accaduta in Sardegna, dove le famiglie che possono contare sull’indennità sono 47.434, il che significa che ne godono quasi 100.000 sardi, ma i voti sono calati: 396.000 voti alle politiche del 2018; 126.000 alle Europee del 2019 e appena 70.000 alle regionali di qualche settimana dopo.
I “fedeli” che hanno confermato il proprio voti ai grillini sono stati il 25% a Sassari e solo il 19% a Cagliari — si legge nel report dell’Istituto Cattaneo — Un numero inferiore a quello dei “disillusi“, ovvero coloro che hanno scelto l’astensione: sono il 33% a Cagliari e il 27% a Sassari, il gruppo più consistente. Ora la domanda è: perchè?
«Il punto è che il Reddito di Cittadinanza è una misura che riguarda una parte relativamente piccola della società italiana», spiega Enzo Risso, docente della facoltà di sociologia della Sapienza.
In effetti la misura viene erogata a circa un milione di famiglie e coinvolge 2,5 milioni di italiani. Numeri di peso ma niente a che vedere con i 10 milioni di beneficiari degli 80 euro del governo Renzi e comunque va ricordato che a dicembre 2018 già 350.000 famiglie italiane avevano il Reddito di Inserimento, misura anti-povertà implementata dai governi di centro-sinistra.
«Per capire poi perchè il Reddito non produce consenso elettorale — chiosa Risso va detto che i percettori dell’indennità in gran parte sono poco interessati alla politica e sono rimasti nell’area del non-voto».
C’è da aggiungere anche un altro motivo, strettamente collegato all’ultimo segnalato da Risso: il M5S durante la campagna elettorale 2018 ha presentato la sua misura come un reddito di cittadinanza vero e proprio, ovvero che spettava a tutti (gli indigenti o i “poveri”) e che sarebbe arrivato a 780 euro.
Le norme del provvedimento hanno quindi rappresentato una doccia fredda per un’aspirante platea di votanti che si è rivolta ai grillini convinta che avrebbe percepito un sussidio di quella cifra. Quando in molti si sono accorti di essere esclusi o di aver diritto a una cifra più bassa (la media è di 480 euro) hanno scelto di punire il M5S. Come era ampiamente preventivato, del resto.
E come è successo per altre promesse grilline, come la TAP, il TAV, l’ILVA e prossimamente Whirlpool.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile
FUORI DAL TEATRO CONTINUANO AD AFFRONTARSI MANIFESTANTI ANTI-SALVINI E FORZE DELL’ORDINE
Problemi agli impianti elettrici al Teatro Augusteo di Napoli, durante il comizio di Matteo Salvini per la campagna elettorale, oggi, 18 febbraio: mentre il leader della Lega era sul palco col microfono in mano è saltata la corrente elettrica. E il microfono, ovviamente, ha smesso di funzionare.
L’imprevisto è accaduto intorno alle 19:30. Il comizio si è interrotto, lasciando sorpresi per qualche secondo i presenti, che subito dopo si sono resi conto di quello che era successo.
Mentre i presenti nel teatro avevano capito la difficoltà e hanno cercato di sostenerlo, al grido di “Matteo, Matteo” e di “resisti”, dal fondo della sala è arrivato anche un “vaffan…”, che subito è stato coperto da un altro coro che parte dagli attivisti: “C’è solo un capitano”.
Intanto, all’esterno, ai Quartieri Spagnoli, continua il faccia a faccia tra attivisti dei centri sociali e le forze dell’ordine.
Un gruppo di manifestanti si è staccato dal corteo principale, che è partito da largo Berlinguer per arrivare nei pressi del Teatro Augusteo, e ha cercato di raggiungere piazzetta Duca d’Aosta dai Quartieri Spagnoli, aggirando il cordone delle forze dell’ordine; gli attivisti sono stati raggiunti da un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa e sono stati bloccati.
Ci sono stati momenti di tensione, che si sono tradotti in un corpo a corpo con spintoni tra i due gruppi, senza arrivare alla carica di alleggerimento. Al momento, poco dopo le 19:30, i manifestanti sono bloccati nel vicolo e stanno cercando di proseguire oltre, continuando a intonare cori contro Matteo Salvini e contro le forze dell’ordine.
(da Fanpage)
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