Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO LA LEGA ORA LE SARDINE PUNTANO LA PRUA CONTRO IL M5S: “DIAMO FASTIDIO A CERTI VERTICI GRILLINI PERCHE’ RAPPRESENTIAMO QUELLO CHE LORO NON SONO PIU'”
“Pronto? Incontriamoci”. Da un lato del telefono c’è il premier Giuseppe Conte, dall’altro Mattia Santori, il leader delle Sardine, ormai entrate nei palazzi romani facendo arrabbiare il Movimento 5 Stelle.
In ventiquattro ore vedono due ministri quota Pd, Francesco Boccia e Giuseppe Provenzano, e ora si preparano a varcare anche la soglia di Palazzo Chigi.
Dopo tanta attesa, finalmente, Conte e Santori si sono sentiti. Loro due in persona, in un momento in cui i rapporti tra Luigi Di Maio e il presidente del Consiglio non sono idilliaci.
Nel corso della telefonata Conte assicura loro che molto presto, forse già la prossima settimana, ci sarà il famoso colloquio che hanno chiesto le Sardine per parlare di Sud, sanità , lavoro, istruzione. È solo una questione di agenda e di impegni ma ormai manca poco.
In questo contesto le Sardine sembra quasi abbiano spostato obiettivo. Dopo i ripetuti attacchi alla Lega, ora cambiano bersaglio con un nuovo intento: indebolire il Movimento 5 Stelle, che li ha definiti il “vuoto che avanza”.
“Talmente vuoto — replica Santori – che in 3 mesi siamo arrivati a parlare con dei ministri che ci hanno ascoltato, che erano interessati a parlare con noi di alcuni temi”. E poi ancora: “Tra l’altro, anche diversi esponenti 5 Stelle ci hanno chiesto la stessa cosa e hanno chiesto un coinvolgimento”, dice il leader sganciando questa bomba subito dopo l’incontro con il titolare del dicastero per gli Affari Regionali Francesco Boccia.
Incontro “molto intenso”, viene definito dalla delegazione delle Sardine, guidata, tra gli altri, anche da Jasmine Cristallo, responsabile del movimento in Calabria. “Il ministro – spiegano – ci ha assicurato che qualsiasi legge sull’autonomia si muoverà all’interno del perimetro dei principi costituzionali. Non vogliamo leggi che tutelino il Sud come luogo geografico, vogliamo leggi che tutelino i cittadini da Nord a Sud. Il ministro – afferma Cristallo – si è detto disponibile a venire nei nostri territori per esporre il suo progetto”.
Ora ogni mossa fa parte di una narrazione ben precisa.
Dopo aver definito “strumentale” la manifestazione di sabato del Movimento 5 Stelle, ingaggiando così una guerra tra le due piazze, Santori insiste sull’argomento: “Diamo fastidio perchè rappresentiamo qualcosa che loro non sono più, ma non solo per i 5 Stelle. La riappropriazione delle piazze da parte di un movimento pre-politico toglie evidentemente visibilità a chi le piazze le aveva perse, che va dal Pd ai 5 Stelle al centrodestra”.
Inevitabile, a questo punto, che nel week end ci sia la gara a chi riempie di più piazza Santi Apostoli. A distanza di un giorno, M5s sabato e Sardine domenica, entrambi i movimenti si ritroveranno nello stesso luogo.
Dopo la manifestazione di domenica, le Sardine torneranno nei territori, soprattutto quelli in cui si vota. In Toscana per esempio è già in programma una piazza domenica prossima. Sull’onda lunga dell’Emilia Romagna, il movimento guidato da Santori vuole convincere chi vorrebbe astenersi
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
INDOSSA LA FELPA VIRTUALE DEL “PERSEGUITATO POLITICO”, DELIRANDO SU CONFINI E STRUMENTALIZZANDO PURE I FIGLI… IL TIMORE DEI SUOI E’ CHE IL PROCESSO GREGORETTI FINIRA’ PER AZZOPPARLO… E LA MELONI ASPETTA SULLA RIVA DEL FIUME
Li cita più volte e nel momento di massima tensione rivela che “oggi mio figlio mi ha mandato un sms: forza papà ”. Vuole fare il martire Matteo Salvini, la vittima del sistema, nel giorno del voto dell’autorizzazione a procedere sul caso Gregoretti.
L’accusa è di quelle da fare tremare i polsi: sequestro di persona per aver impedito a 131 migranti di approdare in territorio italiano.
Aula svogliata, a tratti dormiente, fino a quando non arrivo lui, Salvini, tutto incravattato ed elegante come conviene al rito di Palazzo Madama, che scomoda i pargoli per cavalcare l’onda processuale.
E si sgola da quel banco dell’emiciclo con al fianco i suoi fedelissimi, Gian Marco Centinaio e Roberto Calderoli, Massimiliano Romeo e Lucia Borgonzoni. Tutti presenti, tutti compatti. A ogni parola che il Capo scandisce, le truppe annuiscono. E sembra quasi che a ogni gesto del segretario corrisponda un gesto simile dei suoi soldati.
Sia come sia, il Capitano leghista inveisce contro l’esecutivo dell’odiato “Giuseppi” Conte: “Se c’è qualcuno che scappa, oggi non è tra la Lega ma tra i banchi del governo”. Ed è una gaffe bella e buona. “E’ la prassi di questa aula”, bofonchiano le truppe di LeU.
Non a caso la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, non perde un attimo e richiama il leader di via Bellerio all’ordine: “Non era prevista la presenza del governo”.
E giù gli applausi dei senatori del Partito democratico, soddisfatti per il rimbrotto ai danni del Truce da parte della seconda carica dello Stato.
Con un dettaglio: per la prima volta da quando è iniziata la legislatura Davide Faraone, campione del renzismo e capogruppo di Italia Viva, presenza ingombrante nell’emiciclo, non sbraita contro Salvini. Resta muto, composto, ordinato. Chissà perchè.
Gli indizi vanno tutti nella stessa direzione: al grande patto dei due Mattei, Renzi e Salvini, e alle regionali del prossimo maggio
Ma dicevamo della Casellati e di Salvini. Fermi tutti, però. “Qui non ci sono tifoserie”, rilancia colei che presiede l’aula. E poi si riparte con il solito refrain salviniano che ruota attorno ai soliti messaggi: “Lasciamo decidere un giudice se sono un criminale”.
E ancora: “La difesa della patria è un sacro dovere, ritengo di aver difeso la mia patria, non chiedo un premio per questo, ma se ci deve essere un processo che ci sia”.
I suoi parlamentari hanno visi scuri, preoccupati su come andrà a finire. Il clima ricorda più quello di un funerale. Come se qualcosa da oggi in avanti sia mutato.
Non a caso risuona l’arringa che sessanta minuti prima ha scolpito Giulia Bongiorno, avvocatissima fra i penalisti, consigliere giuridico di Salvini e senatrice della Lega. Ecco, il difensore di Andreotti fino all’ultimo secondo utile ha cercato di dissuadere il leader del fu Carroccio. “Matteo, ti prego, non lo fare”. L’arringa rispetta le parole che in privato gli ha sussurrato all’orecchio. “Il rischio è di trasformare noi senatori in azzeccagarbugli, ma non siamo strateghi e lo dico anche a Salvini: non si faccia processare, nessuno può scavalcare i giudici”.
E ancora: “Attenzione, attenzione, attenzione a non abdicare del tutto al nostro dovere e potere. Sembra che il tema oggi sia che chi di noi sceglie di votare no al processo fa in modo che Salvini fugga dal processo”.
Applausi a destra, con Ignazio La Russa in piedi ad annuire, e ghigni soddisfatti ma trattenuti a sinistra. Con un’eccezione. Quel Pierferdinando Casini, democristianissimo, che dal suo banco ha annunciato il suo no al processo, per garantismo: “Il tema vero è se Salvini ha agito in contrasto con l’alleato di governo, questo contrasto non c’è”. Punto e accapo.
Nè più nè meno come la stoccata finale della Bongiorno è rivolta all’inquilino di Palazzo Chigi : ”’Noi della presidenza del Consiglio abbiamo lavorato per ricollocare e consentire poi lo sbarco’. Sono le parole del presidente del Consiglio, l’avvocato Conte. Sono queste le sue parole”. E allora, insiste la Bongiorno, “se potete siate liberi, coraggiosi e forti”. Poi la abbracciano tutti. E Salvini le manda un saluto dal suo banco.
Eppure non ascolta l’ultimo appello della consigliera giuridica. No, no. “Sono d’accordo con quello che dice Giulia Bongiorno ma le devo disubbidire perchè sono testone e stufo di impegnare quest’aula con il caso Diciotti, Gregoretti, Open Arms e chissà quanti altri ne arriveranno su una questione per me talmente ovvia”. Che sia processo.
Ed è un processo che i leghisti stessi definiscono insidioso, come se sanno già che da questa vicenda il loro leader, il loro Capitano, ne uscirà azzoppato, ridimensionato.
Li vedi pascolare nel Salone Garibaldi di Palazzo Madama con l’aria di chi sa già che da oggi in avanti non sarà più la stessa cosa.
Perchè dopo la Gregoretti ci sarà l’Open Arms, e dopo ancora forse ci sarà un altro grattacapo per questo leader che svetta ancora nei sondaggi ma è insidiata da una Giorgia Meloni che nell’ultimo anno è la leader che è cresciuta maggiormente.
Ecco, dopo i rumors degli scorsi giorni di una accesa discussione fra lei e Salvini, Meloni si presenta in tribuna ad ascoltare e ad applaudire “Matteo”. Un modo, forse, per nascondere le distanze di queste ore. O forse per avvertire che dopo Salvini c’è già una leader donna, pronta, e in ascesa. E senza processi.
Perchè fra qualche ora, appena si concluderà la votazione, Salvini si ritroverà a doverne affrontare uno. E non sarà certo facile.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
ORA SARA’ IL GIP A DECIDERE SUL PROCESSO… PENA PREVISTA DA 6 MESI A 15 ANNI CON LE AGGRAVANTI… IN CASO DI CONDANNA IN PRIMO GRADO VIENE SOSPESO DALLA CARICA DI SENATORE
Ora che il Senato ha votato a favore della richiesta di autorizzazione a procedere del tribunale dei ministri contro Matteo Salvini per il caso Gregoretti, cosa succede?
La parola torna alla Procura di Catania, che già si era espressa per l’archiviazione dell’inchiesta valutando che non ci fosse stato alcun sequestro dei 131 migranti a bordo della nave militare Gregoretti che nel luglio scorso li aveva soccorsi ma poi era stata bloccata proprio per sei giorni dall’ex ministro dell’Interno.
A decidere se Salvini dovrà essere processato è il giudice per le indagini preliminari di Catania. Un punto che invece non risulta ancora chiaro è se l’imputazione sarà coatta, ovvero che la Procura non potrà che chiedere il rinvio a giudizio, oppure se potrà ribadire la richiesta di archiviazione.
Il tribunale dei ministri ha imputato a Salvini il reato di sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall’abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonchè di avere commesso il fatto in danno di soggetti minori di età ”.
In caso di condanna, il leader della Lega rischierebbe una pena che va dai 6 mesi ai 15 anni di carcere. Inoltre, in caso di una condanna in primo grado, Salvini potrebbe essere sospeso dalla sua carica di senatore.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
“E’ ARRIVATO A USARE I FIGLI COME UN FETICCIO COME HA FATTO CON IL ROSARIO”… “HA SEMPRE DIFESO SOLO SE STESSO USANDO I CONFINI A QUESTO SCOPO” (SE N’E’ ACCORTO ORA)
“Da Salvini solo fughe e menzogne”: questo il titolo del post di Vito Crimi, reggente del Movimento 5 Stelle, sul blog delle stelle. Il riferimento è al caso Gregoretti e all’autorizzazione a procedere concessa dall’Aula del Senato nei confronti del leader della Lega, Matteo Salvini.
Crimi scrive su Facebook e sul blog: “Oggi Matteo Salvini afferma di non essere intenzionato a scappare. E già questa è una novità assoluta, perchè a parlare è un soggetto perennemente in fuga. Se oggi non scappa è perchè lo ha già fatto la scorsa estate, quando pur di sfuggire alle sue responsabilità ha fatto cadere un governo”.
Per Crimi “Salvini ha sempre difeso sè stesso e i suoi interessi di partito, usando i nostri “confini” a questo scopo”.
Crimi riepiloga la vicenda Gregoretti, quanto avvenuto nell’estate del 2019, e prosegue, parlando di Salvini: “Oggi al Senato smentisce sè stesso, cercando di ribaltare la realtà dei fatti. Gioca a fare la vittima, l’incompreso. Non si è fatto nemmeno scrupolo di chiamare in causa i figli, utilizzando la famiglia come un feticcio così come fa con il rosario”.
Il reggente del M5s conclude il suo post attaccando ancora l’ex ministro dell’Interno: “Salvini, questa è la tua ultima occasione: per una volta, non scappare. Assumi la responsabilità delle tue scelte, fatti processare e lasciaci lavorare per il nostro Paese senza farci perdere altro tempo”.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
LODO ANNIBALI RESPINTO PER NOVE VOTI
Con 49 no a 40 sì le commissioni congiunte Affari costituzionali e Bilancio della Camera hanno bocciato il ‘lodo Annibali’, l’emendamento di Italia Viva al Milleproroghe per rinviare di un anno la riforma Bonafede sulla prescrizione. Hanno votato sì i deputati dell’opposizione e di Italia Viva, mentre ha votato contro il resto della maggioranza. Il governo aveva dato parere negativo.
Il ministro della Giustizia Bonafede dice stop alle mediazioni sulla prescrizione. Per il Guardasigilli “domani il ddl sulla riforma del processo penale e il lodo Conte bis dovrebbe andare in Cdm. Sul lodo Conte bis si sta valutando il veicolo normativo migliore. Non esiste alcun lodo Conte ter. Adesso dobbiamo andare avanti e nel frattempo resta in vigore la riforma della prescrizione”.
In attesa del voto sul Lodo Annibali in Commissione alla Camera proposto dai renziani l’opposizione ha comunque pronta un’altra ‘trappola’ da inserire al Senato dove i numeri sono più ballerini: Forza Italia ha depositato un emendamento all’interno del dl Intercettazioni che dovrà essere convertito in legge la settimana prossima, riproponendo la riforma Orlando.
I timori nella maggioranza sono legati alle prossime battaglie che ci saranno proprio nell’emiciclo di Palazzo Madama.
Ecco il motivo per cui una parte dei senatori del Pd non chiuderebbe ad un’ulteriore mediazione che vada oltre il ‘Lodo Conte bis’: si tratta di prevedere lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di appello.
Una soluzione che sarebbe gradita a Matteo Renzi e che sarebbe stata prospettata nei giorni scorsi anche al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci oggi in un’intervista si è limitato a dire che una soluzione è ancora possibile.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
SALVINI VUOLE UNA REGIONE DEL SUD PERCHE’ IN TOSCANA GIOCA A PERDERE PER FARE UN FAVORE A RENZI CHE IN CAMBIO FAREBBE CADERE IL GOVERNO E INCASSEREBBE LA TOSCANA E IL RITORNO IN PARLAMENTO
I due Matteo della politica italiana, Matteo Renzi e Matteo Salvini, avrebbero siglato un patto segreto per far cadere l’attuale governo e tornare alle urne a breve.
Decisivo sarebbe in questo caso l’apporto di Italia Viva, movimento politico fondato dall’ex segretario del Pd, che avrebbe i numeri per far mancare la fiducia all’esecutivo giallorosso. In cambio c’è la regione Toscana, su cui Renzi punta con il candidato Eugenio Giani.
Secondo quanto riporta da tempo il Fatto Quotidiano, in cambio della caduta del governo, decisiva con i voti di Italia Viva, la Lega potrebbe garantire un sistema elettorale di natura proporzionale, con una bassa soglia di sbarramento per accedere in Parlamento, intorno al 3-4%, per garantire un buono risultato al nuovo movimento.
I retroscena rivelati dal quotidiano si basano sul presunto incontro tra Renzi e Salvini lo scorso 6 dicembre, che sarebbe avvenuto nella villa di Denis Verdini a Pian dei Giullari, vicino Firenze.
Nonostante i diretti interessati abbiano smentito quest’incontro, il giornale diretto da Marco Travaglio conferma che l’accordo tra i due Mattei sarebbe solido, e i due politici, sempre in contrasto e avversari tra loro, potrebbero avvicinarsi, promettendo favori reciproci.
In cambio della caduta del governo, il partito di Salvini potrebbe proporre anche un candidato “debole” e che non possa infastidire troppo il centrosinistra in occasione delle elezioni regionali in Toscana.
Per Matteo Renzi, che in passato è stato sindaco di Firenze, la regione Toscana è roccaforte elettorale ed è una partita importantissima che non vuole assolutamente perdere.
Il candidato ideale per la regione sarebbe Eugenio Giani, vicino a Renzi, che dovrebbe rappresentare lo schieramento del centrosinistra. E un candidato dell’opposizione non forte in quella regione potrebbe rendere la vittoria del candidato renziano più agevole, portando inoltre a rafforzare ulteriormente il nuovo movimento, che potrebbe contare su un governatore.
Ora a sospettare dell’accordo è anche Giorgia Meloni che di fronte alla pretesa di Salvini di avere un candidato governatore del Sud (Puglia o Campania) ha invitato Salvini a indicare il nome leghista per la Toscana, scoprendo così le carte.
E le continue polemiche di Renzi verso il governo di cui fa parte sono in linea con l’indiscrezione del “Fatto”.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
TAJANI RIBADISCE ALLA LEGA: “IL CANDIDATO SPETTA A FORZA ITALIA E SARA’ CALDORO”
“Non vedo perche’ devo votare e appoggiare un candidato della Lega come Governatore della Regione Campania quando la Lega non sostiene me“. Clemente Mastella risponde cosi’ ad Anteprima24 alla domanda se sosterrebbe un candidato leghista dopo la spaccatura tra Forza Italia e la Lega.
E dopo la bocciatura di Nicola Molteni, coordinatore del Carroccio in Campania, alla sua ricandidatura a sindaco. “Il candidato della Lega non e’ mio candidato e diventa insostenibile al Sud“. Quindi a questo punto Mastella sta con Vincenzo De Luca? “Mi fermo qua. Il candidato della Lega di certo non e’ il mio candidato“.
ll feeling Mastella-De Luca corre sul binario dell’alta velocita’. “Questa è una stretta di mano da 16 milioni di euro” scherza il Governatore che oggi insieme al sindaco ha firmato il protocollo che prevede per la citta’ di Benevento diversi progetti. Tra cui i collegamenti ferroviari.
Un protocollo milionario che in vista delle regionali potrebbe essere significativo anche nel far incassare al Governatore il ‘placet’ delle truppe mastellate.
(da Anteprima24)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO LA SCONFITTA IN EMILIA-ROMAGNA PER SALVINI UN LIVELLO DI COINVOLGIMENTO MAI COSI’ BASSO DA ANNI
C’è uno spettro che si aggira per i social. È il fantasma di Matteo Salvini.
E non è un modo di dire: nelle ultime due settimane il leader della Lega è letteralmente sparito dalla home di milioni di italiani. Una percezione diffusa ampiamente confermata dai numeri: impietosi.
Vero è che il mondo dei social network è tradizionalmente liquido e si muove alla velocità con cui Morgan cambia umore o il testo di una canzone. Ma, se tre indizi fanno una prova, abbiamo sufficienti elementi per poter parlare di crisi aperta nella macchina della comunicazione apparentemente infallibile della Lega, al secolo “La Bestia“.
Per capire da vicino cos’è accaduto, è necessario fare un balzo all’indietro al 13 novembre 2019. È il giorno prima del lancio ufficiale della campagna elettorale di Lucia Borgonzoni in Emilia-Romagna.
La Lega sta organizzando la grande serata del Paladozza che, nelle intenzioni di Morisi & C., avrebbe dovuto essere la location perfetta dello sbarco dell’alieno Salvini nella terra rossa per eccellenza.
Una sorta di prova generale di una cavalcata trionfale che avrebbe dovuto cambiare la storia di questa regione e, a stretto giro, dell’Italia. In quel momento esatto, la pagina Facebook personale di Matteo Salvini viaggia saldamente attorno ai 10 milioni di interazioni a settimana, con una media di 120 post prodotti ogni sette giorni e 3,8 milioni di followers netti sulla pagina (vale a dire di seguaci che hanno scelto di mettere il like). Numeri che ne fanno la pagina personale numero uno in Italia sotto tutti i parametri, staccando di più del doppio i diretti inseguitori.
Il giorno successivo, senza alcun reale preavviso, si abbatte come un asteroide sulla scena italiana un nuovo movimento civile e di piazza che, in una notte di novembre apparentemente come altre, riempie piazza Maggiore, a Bologna, e cambia la storia non solo delle elezioni regionali ma della storia politica recente di questo Paese.
Si fanno chiamare Sardine e, in meno di 24 ore, diventano il nemico numero di Salvini. Si può dire senza tema di smentita che c’è un prima e c’è un dopo le Sardine, il cui avvento provoca sostanzialmente due effetti conseguenti e per certi versi in contraddizione.
Il primo: Salvini perde le piazze. O, per essere più precisi, non le perde: scompare proprio. Dall’ultima adunata di popolo di piazza San Giovanni a Roma, il 19 ottobre scorso, e con ancora più evidenza dalla nascita delle Sardine, il numero uno della Lega evita le piazze come se dei cecchini sparassero a vista dai tetti e si rifugia puntualmente in palasport, palestre, tendoni, bar, ristoranti, viuzze laterali, sedi di partito, ovunque ci sia un luogo “bonificato” dal rischio flop e nessun rischio di confronto con le sardine, che da Bologna in poi nuotano in mare aperto inondando l’Emilia-Romagna e l’Italia con ondate oceaniche che a sinistra non si vedevano da tre lustri abbondanti.
Il secondo, che altro non è che un effetto del primo: la crescita esponenziale della “Bestia” sui social, su ogni piattaforma, sull’intera galassia di pagine più o meno direttamente legate a Lega Salvini Premier, e in particolare sulla propria pagina Facebook, con un boom che ha pochi precedenti nella storia del social network inventato da Mark Zuckerberg.
Nel giro di appena due mesi, le interazioni settimanali passano dai 10 milioni di novembre ai quasi 14 milioni di fine gennaio, in coincidenza con l’apice della campagna elettorale in Emilia-Romagna e Calabria, mentre il numero complessivo di follower cresce dai 3,8 milioni agli attuali 4,1, con un aumento netto addirittura del +7,5 per cento: una performance sbalorditiva per una pagina che era già la più seguita dell’intero social network e i cui margini di crescita erano, almeno in apparenza, pressochè nulli.
Anche il numero complessivo di post e video è cresciuto a dismisura, superando abbondantemente quota 200 settimanali, ma senza giustificare da soli un progresso così repentino.
Quanto abbiano inciso su questo boom il “doping” digitale di profili fake e bot acquistati in batteria è difficile tanto da affermare quanto da dimostrare.
Limitandoci ad osservare i numeri nudi e crudi, non è difficile ravvisare come il successo delle “sardinate” abbia provocato e, in un certo senso, alimentato una risposta social prepotente della “Bestia”, che ha trovato nel movimento di Mattia Santori al tempo stesso un avversario e uno sparring partner abbastanza forte e credibile da poter essere utilizzato di sponda e in contrasto.
D’altra parte, la comunicazione leghista è stata per anni un modello inarrivabile nell’uso dell’influenza dell’avversario come arma per la propria propaganda. Basti pensare a quando i personaggi di riferimento della sinistra — da Saviano a Renzi, alla Boldrini — venivano mostrati in serie, a ridosso delle grandi manifestazioni sovraniste, con tanto di foto e quattro parole diventate un mantra: “Lui (o lei) non ci sarà ”.
Fermi tutti, so cosa state pensando. “Ma questo non era un articolo sul crollo social della Lega?” E ancora: “Ma quale crollo? Dopo un boom del genere, quello di oggi è un normale calo fisiologico.” Le risposte a questi dubbi, più che legittimi, sono rispettivamente: Sì e No. Più esattamente: Sì, ora arriviamo al crollo. E No: non si tratta di un semplice calo fisiologico.
Sono trascorse più di due settimane dalle elezioni regionali che hanno visto Bonaccini sconfiggere nettamente Lucia Borgonzoni, fermando un filotto di dieci vittorie (considerando anche la Calabria) che avrebbe consegnato, di fatto, a Salvini non solo le chiavi della regione rossa per eccellenza ma dell’Italia intera.
L’impatto emotivo, prima ancora che numerico e politico, di quella notte — ora lo sappiamo, numeri alla mano — è stato devastante. Per la prima volta quel treno in corsa lanciato verso la conquista del Paese si è fermato bruscamente in stazione, con il doppio effetto di rafforzare gli avversari interni (su tutti Giorgia Meloni e i malpancisti dentro il partito sin qui rimasti silenti) e di mettere a nudo, per la seconda volta dopo il colpo di sole del Papeete, tutte le fragilità della Bestia sul terreno a lei caro: la comunicazione social.
A certificarlo in modo impietoso ci sono gli insight della F più famosa del mondo: nell’ultima settimana le interazioni complessive di Matteo Salvini si sono fermate a 6,6 milioni, mentre sia il numero di follower, sia il numero di post è rimasto invariato.
Un risultato che, se gli permette di mantenere il primato, resta un dato straordinariamente deludente per una pagina da oltre 4 milioni di follower.
Per spiegarlo ancora meglio: dopo la sconfitta in Emilia-Romagna, Salvini non è “fisiologicamente” tornato ai 10 milioni di engagement pre-elettorale, ma ha fatto un balzo indietro addirittura di quasi 8 milioni di interazioni (per un clamoroso -60 per cento), fino a toccare un livello di coinvolgimento degli utenti mai così basso da anni.
Altro che calo fisiologico: siamo di fronte a una Waterloo social, che in casa Lega stanno vivendo in queste ore con un clima di crescente apprensione.
Questi numeri rappresentano un campanello d’allarme che nessuno si può permettere di sottovalutare, e dimostra per la prima volta in maniera plastica una tesi con cui chiunque si occupi di comunicazione politica social prima o poi deve fare i conti: che la propaganda virtuale funziona nella misura in cui funge da grancassa di un clima di consenso esistente o quantomeno percepibile nella società reale, di cui post e tweet sono uno straordinario propellente virtuale.
Ma, nel momento in cui la macchina va a sbattere, viene sconfitta alle urne (non accadeva dal 2016) e si dimostra vulnerabile, Facebook e Instragram, da soli, non bastano per evitare lo scontro, ma, anzi, per certi versi, rendono ancora più manifesta la difficoltà del momento, come la linea di mercurio su un termometro.
Lorenzo Tosa
(da TPI)
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Febbraio 12th, 2020 Riccardo Fucile
POSSIBILI DEROGHE ANCHE PER ESTENDERE L’APERTURA DELLE SALE.. UNA VERGOGNOSA MARCHETTA PER GLI ESERCENTI CHE ROVINERANNO MOLTE FAMIGLIE
Si chiama Legge 30/2014 sul contrasto e diffusione del gioco d’azzardo patologico, ma nei fatti prevede delle misure che hanno ben poco a che vedere con il contrasto del gioco d’azzardo.
È stata approvata, nel corso di una accesissima seduta del consiglio regionale della Basilicata, una proposta di legge partita dalla Lega — il primo firmatario è stato il leghista Massimo Zullino — che ha previsto una nuova disciplina sul gioco d’azzardo in regione. Una norma che ha provocato contrasti anche all’interno dello stesso gruppo consiliare della Lega in Basilicata, con Gerardina Sileo — altro esponente del Carroccio — che ha più volte sottolineato i punti più discutibili del provvedimento.
Il risultato è stato l’approvazione di una legge che, pur nell’intenzione di voler contrastare il gioco d’azzardo, tutela gli esercenti in maniera anche superiore al dovuto, sanando tutte quelle posizioni che in passato non erano in regola con la disciplina regionale.
La distanza delle slot machine dai luoghi sensibili, ad esempio, è stata ridotta passando da 500 a 250 metri per comuni fino a 20 mila abitanti e 350 metri per i comuni con un numero di abitanti superiore.
I comuni, inoltre, avranno compiti di vigilanza e di gestione dei punti di scommesse ed è stata prevista una estensione degli orari di apertura delle sale.
Tutto questo, nelle intenzioni della Lega, per tutelare i posti di lavoro legati al settore e favorire gli esercenti del gioco d’azzardo che siano in regola con le disposizioni di legge, sottraendo utenza al gioco d’azzardo non disciplinato e quindi irregolare, spesso in mano alla criminalità organizzata.
Ma norme di questo genere aiuteranno davvero a contrastare il gioco d’azzardo? Se si estendono gli orari per il funzionamento delle sale slot non si darà un ulteriore incentivo al gioco, aumentando le percentuali di tempo trascorso di fronte a una slot machine?
La legge è stata emendata in più punti da proposte arrivate in seno allo stesso partito che ha proposto la modifica originaria, per cercare di salvaguardare quantomeno gli aspetti della legge sul gioco d’azzardo che più vanno nella direzione del contrasto alla ludopatia. Ma complessivamente il provvedimento fa discutere. Un segnale inequivocabile del metodo con cui il nuovo consiglio regionale della Basilicata, a trazione leghista, sta operando sul territorio
(da agenzie)
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