Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
ZINGARETTI OTTIENE IL PRIMO VERO INCASSO DELLA SUA STRATEGIA
La reazione (di Renzi) è propria di uno che è spiazzato. Quel “non voteremo la prescrizione, ma non faremo cadere il governo” che l’ex premier affida ai microfoni di Circo Massimo disvela il fallimento di un disegno, quello di logorare Conte per arrivare a un cambio di inquilino a palazzo Chigi.
E il prender forma, per la prima volta con concretezza, di un altro disegno, il famoso “campo” che ha in mente Zingaretti, proprio grazie al premier che, sulla prescrizione, ha rotto un tabù.
È questo che è accaduto nelle ultime ventiquattr’ore. Perchè c’è poco da fare: l’accordo raggiunto sulla prescrizione nel vertice di giovedì sera, discutibile, opinabile, su cui si può discutere all’infinito è, comunque, un fatto politico, che segna un “volta pagina”.
È questo che spiazza Renzi. Solo qualche giorno fa, con la consueta sopravvalutazione di sè, il leader di Italia Viva confidava ai suoi più stretti collaboratori: “Questi del Pd mi hanno fatto un regalo”. E, al tempo stesso, lasciava trapelare che, in caso di crisi, si sarebbe potuti arrivare a un altro governo, magari guidato da Franceschini, o da chiunque ma non dall’attuale inquilino di palazzo Chigi, eletto a principale responsabile delle basse percentuali elettorali di Italia Viva, perchè pesca nell’elettorato centrista.
Al fondo, la sua convinzione era che, sul tema, i Cinque stelle non avrebbero mai mollato sul punto, convinzione consolidata dalla convocazione della piazza da parte di Di Maio, animato dallo stessa foga nel logorare Conte che gli sta sfilando il movimento.
La fotografia l’ha scattata oggi il ministro Provenzano, parlando con qualche collega a margine della direzione: “Uno che è minoranza nel paese e uno che è minoranza del suo partito… Abbiamo dimostrato che Renzi non ha munizioni”.
Ed è proprio uno sparo a salve lo scenario che, al momento, si prefigura a Palazzo Madama, quando arriverà il decreto ad hoc che recepirà il contenuto dell’accordo sulla prescrizione, ovvero lo stop dopo il secondo grado e la riforma penale che impatta sulla durata dei processi.
Prima, ovviamente, che si voti su quella proposta del forzista Costa su cui Renzi aveva orchestrato la “trappola”.
Magari Italia viva uscirà dall’Aula, il che consente di distinguersi, ma i numeri sono tali che il governo non cade.
L’ipotesi è questa, spiegano fonti degne di questo nome. Parliamoci chiaro, lì dentro nessuno vuole andare a votare, soprattutto dopo aver letto sui giornali le simulazioni su quanti parlamentari rientrerebbero che, come si suol dire, si contano sulle dita delle mani: “Guarda — spiegava a un collega Loredana De Petris, una che le antenne ce l’ha — che in parecchi sono pentiti di essere andati con Renzi, e stanno cercando di rientrare nel Pd. Se quello forza, perde parecchi pezzi”.
Ecco: Renzi aveva scommesso che i Cinque stelle non si sarebbero mai mossi, considerando inviolabile il tabù sulla prescrizione, un po’ come l’altro Matteo dopo il Papeete aveva scommesso che lui non avrebbe mai fatto un governo con i Cinque Stelle.
E invece quel tabù irrinunciabile, in nome del quale anche il Fatto considerava giustificabile una crisi di governo, come accade di fronte a principi non negoziabili, è stato comunque rotto. Dicevamo: si può discutere il “come”, ma è un fatto politico.
Per la prima volta Nicola Zingaretti incassa uno spostamento politico dei Cinque stelle, grazie alla leva Conte.
È forse il primo “incasso” della sua strategia. E non è un caso che, proprio su questo sfondo, la sua relazione alla direzione segna un cambio di passo sul governo, invitato a uscire dall’immobilismo e a “ripartire”: “Nessuno pensi di allungare la legislatura con un Parlamento in uno stato vegetativo”.
Parole che, con grande onestà , dipingono un governo fermo e sollecitano i Cinque stelle a non allungare fino all’eternità il “travaglio interno”.
Non è un dito puntato nella direzione delle urne, però il sottotesto è che, nel caso, un abbozzo di “campo” c’è: il Pd, una “lista Conte”, una lista di sinistra modello Schlein, con Conte calamita di un pezzo dei Cinque stelle.
Chissà se il buon umore odierno del segretario non riveli una mai sopita tentazione, comunque rivela la profonda convinzione di un contesto cambiato. In fondo, anche grazie a Renzi, che ha sbagliato la mossa.
È evidente che l’alternativa a questo quadro sono solo le urne, come al Colle hanno ben presente. È semplicemente impensabile che possa nascere qualcosa di alternativo in questo Parlamento se si sfarina l’attuale equilibrio.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
PER IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CONSULTA NON SONO FONDATI I DUBBI DI INCOSTITUZIONALITA’
Il lodo Conte bis sulla prescrizione? Per Valerio Onida è “una fortissima attenuazione” della riforma entrata in vigore il primo gennaio 2020.
“Molti processi si prescrivono in appello”, spiega il presidente emerito della Corte costituzionale ad Huffpost, quindi lo stop dopo il secondo grado di giudizio per i condannati “ha chiaramente degli effetti diversi”.
Per il noto giurista lo stop alla prescrizione non è il mostro che alcuni dipingono, “non sarà questo a rendere i processi più lenti”, dice.
Per snellire la macchina della giustizia bisogna intervenire altrove. Come? “Depenalizzando, ad esempio. Riducendo i tempi morti del procedimento penale. Aumentando le risorse a disposizione”.
Quanto alla diversità di trattamento nel caso di imputato assolto o condannato, prevista dal lodo Conte bis come dalla prima bozza di accordo, Onida afferma che non sembrano fondati i dubbi di incostituzionalità .
Professore, la maggioranza – senza Italia Viva – è arrivata a un nuovo accordo sulla prescrizione. Il lodo Conte bis, in sintesi, farebbe scattare lo stop alla prescrizione solo dopo la condanna di secondo grado. Per il Pd, con questo accordo, Bonafede ha rinunciato all′80% delle sue pretese. È così?
È una fortissima attenuazione della riforma entrata in vigore il primo gennaio. Molti processi, infatti, si prescrivono in Appello: ciò significa che la decisione di secondo grado è in molti casi una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, che rende inutile tutta l’attività processuale già svolta. Se si sposta a dopo il secondo grado lo stop, è chiaro che gli effetti saranno diversi rispetto a quanto può accadere fermando la prescrizione dopo il verdetto di primo grado.
Anche in questo caso, come abbozzato nel primo lodo Conte, si prevede un trattamento diverso tra assolti e condannati. Non ravvisa profili di incostituzionalità ?
Secondo me non ce ne sono. Anche se il diritto alla durata ragionevole del processo (ma prima ancora ad un giusto processo) c’è sempre, altra è la posizione di chi, assolto, deve attendere, per vedere consolidata l’assoluzione, che si esauriscano i procedimenti messi in moto dai ricorsi del Pubblico Ministero, altra quella di chi, già condannato, ha interesse soprattutto a vedere riesaminata in meglio la sua posizione esperendo tutti i ricorsi, e anche, se del caso, rinunciando alla prescrizione, ciò che nel nostro ordinamento è sempre ammesso. Poi, magari, qualcuno può avere di fatto l’interesse a far prolungare i tempi in modo da fare scattare la prescrizione. L’imputato assolto non può essere costretto a dover attendere a lungo prima che la sua assoluzione passi in giudicato. La differenza di posizione e di interesse è intuitiva.
Lo stesso timore riguarda anche i condannati. Non c’è il rischio che il sovraccarico di processi dovuti allo stop alla prescrizione li costringa a processi infiniti?
Ma questo problema non si risolve ricorrendo alla prescrizione, alla quale peraltro l’imputato fra l’altro può rinunciare. Vorrei poi ricordare che i reati più gravi, per i quali è previsto l’ergastolo, non si prescrivono. Vogliamo forse dire che è sbagliato? Insomma, se si riesce ad evitare che i processi vengano conclusi con il non doversi procedere per intervenuta prescrizione, è una cosa sacrosanta.
Lo stop voluto da Bonafede e ora rimodulato d’accordo con Pd e LeU, dunque, non è il mostro che alcuni dipingono?
Esatto, non lo è. Certamente poi ci sono modi per rendere i processi più veloci. Ma bisogna innanzitutto pretendere che siano giusti. Cosa vogliamo, un processo di pochi mesi senza tutte le garanzie? Vorrei inoltre ricordare che il decorso della prescrizione parte da quando il reato è stato commesso, non da quando è stato scoperto. Da ciò può derivare il fatto che il reato si prescriva mentre ancora il processo non è iniziato o si sta da poco celebrando.
Il processo, appunto. Il legislatore promette da mesi una riforma di quello penale che, forse, arriverà in cdm tra qualche giorno. Non era invece il caso in intervenire prima su tutto il procedimento anzichè stravolgere solo un istituto?
Per fare una riforma globale del processo penale è chiaro che ci vuole più tempo. In ogni caso non è lo stop alla prescrizione, dopo il primo o dopo il secondo grado che sia, a rendere più lunghi i processi. Certamente ci sarà bisogno di altri interventi
Quali?
Interventi di depenalizzazione, ad esempio. Siamo così sicuri che ci sia bisogno di tutti questi reati? Forse anche un maggior ricorso ai riti alternativi potrebbe essere utile. Poi ci sono le risorse: certamente attraverso la dotazione di maggiore personale, laddove manchi, oltre che attraverso una migliore organizzazione (e qui conta anche la capacità dei capi degli uffici) si possono rendere i tempi della giustizia più veloci.
Il ministro Bonafede ha promesso che arriveranno nuove assunzioni. Nella bozza di riforma del processo penale sono previste anche delle sanzioni per i magistrati che non rispettano i tempi. Cosa ne pensa?
Sanzioni disciplinari sono già previste, perchè è una mancanza disciplinare quella del magistrato che non rispetta i tempi stabiliti per il deposito della motivazione, in molti casi fissati, entro certi limiti massimi, dallo stesso Giudice A volte ci sono dei ritardi clamorosi. Ma naturalmente occorre soprattutto mettere i giudici e tutto l’apparato giudiziario in grado di rispettare i tempi e di procedere più celermente.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
LA CASA DELLE DONNE IN TRASTEVERE ASSISTE GRATUITAMENTE LE DONNE VITTIME DI STALKING E VIOLENZE E NON CHIEDE LA TESSERA DI PARTITO, AIUTA TUTTE… ORA ESULTERANNO I VIOLENTATORI, INSIEME AI FRATELLINI D’ITALIA
Giorgia Meloni, è cosa nota, è una donna, è una madre ed è cristiana. Giorgia Meloni purtroppo come tante donne in Italia è anche una vittima di stalking.
Qualche giorno fa ha raccontato di essere terrorizzata, in quanto donna e in quanto madre, a causa di un uomo che la perseguita con messaggi e minacce: «Ho paura per me e per la mia bambina. Sono spesso fuori casa e leggere quelle cose mi ha gettato nella paura. Non dormo più la notte».
«Lui diceva che gliel’ho strappata, che la bambina era sua, che prima o poi sarebbe venuto a riprendersela a Roma», ha raccontato la leader di Fratelli d’Italia in tribunale dove è in corso il processo a carico dell’uomo, Raffaele Nugnes, arrestato lo scorso luglio per il reato di stalking.
L’onorevole Meloni quell’uomo non l’ha mai visto nè conosciuto, ma le minacce hanno profondamente cambiato il suo modo di vivere: «se questa persona pubblica un messaggio di questo tenore ‘hai tempo tre giorni per venire dove sai, se non vieni sai cosa succede, vengo a Garbatella…’, voi capirete bene il mio stato d’animo», anche perchè il presunto stalker ha inviato un video intimidatorio anche alla sorella della deputata di FdI.
Non c’è quindi alcun dubbio che Giorgia Meloni, in quanto donna e mamma, sappia bene cosa si prova ad essere vittime di minacce e violenze psicologiche.
E possiamo immaginare che sempre in quanto donna, possa ben immaginare cosa vuol dire essere una donna o una donna e mamma, vittima di violenze e abusi.
Per questo risulta abbastanza incomprensibile la battaglia che Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia — un partito che ha partecipato con entusiasmo alla gogna contro Junior Cally per la canzone “sul femminicidio” — contro il finanziamento alla Casa Internazionale delle Donne di Roma.
«Vittoria! Grazie alla denuncia di Fratelli d’Italia, oggi in Commissione è stata bloccata l’ultima oscenità del Pd, che voleva prendere quasi un milione di euro da un fondo del Mef guidato da Gualtieri per darli alla Casa delle Donne, un’associazione di sinistra che si trova nello stesso collegio nel quale il ministro Pd Gualtieri è candidato», così esultava ieri la Meloni dopo la bocciatura di un emendamento che avrebbe consentito di proseguire l’attività dell’associazione.
Secondo Fratelli d’Italia quell’emendamento è una marchetta elettorale per comprare voti per consentire l’elezione di Gualtieri, candidato alle suppletive nel collegio Roma Centro dove è stato eletto Paolo Gentiloni (ora alla Commissione Europea) e dove il centrodestra ha scelto di sostenere la corsa di Maurizio Leo, guarda caso un esponente del partito della Meloni.
Il dubbio è che a fare campagna elettorale sulla Casa delle Donne non siano il PD o Gualtieri (peraltro l’emendamento è stato “sostenuto” anche da Virginia Raggi e il M5S ha un suo candidato alle suppletive) ma la Meloni che così ha trovato il modo di preparare il terreno a Maurizio Leo.
C’è poi da dire, come fa notare Makkox, che la Casa delle Donne non si chiama mica casa comunista delle donne partigiane de Che Guevara con gli Inti Illimani in filodiffusione.
Questo perchè la Casa delle Donne, oltre ad essere un’associazione storica, non fa “propaganda politica” per la sinistra.
La Casa Internazionale delle Donne a Trastevere era stata già affossata dal M5S Roma che aveva sfrattato la struttura che fornisce prestazioni socio-sanitarie, psicologiche, legali, di accoglienza e orientamento al lavoro.
Un punto di riferimento passato, presente e futuro per il Municipio I. Ma dal momento che la Casa delle Donne fornisce gratuitamente quelle prestazioni non è in grado di pagare l’affitto e per questo ha accumulato negli anni un debito con il Comune di Roma che quell’emendamento avrebbe dovuto aiutare a sanare.
C’è qualcosa di osceno e aberrante (come lo ha definito Luca Bottura) nel pensare che si possa fare campagna elettorale sulla violenza sulle donne.
L’oscenità non è l’emendamento, è pensare che aiutare un’associazione che aiuta tutte le donne senza distinzione di fede politica possa in qualche modo condizionare l’esito del voto in un singolo collegio.
Anche perchè non c’è logica: quante di quelle donne che ricevono assistenza dalla Casa delle Donne sono elettrici del collegio in cui è candidato Gualtieri?
Se fossero davvero così tante dovremmo preoccuparci di un problema ben più importante: l’enorme numero di violenze e abusi nei confronti delle donne che vivono nel I Municipio a Roma.
Giorgia Meloni vuole forse impedire alla Casa delle Donne di aiutare tutte queste ragazze, donne, mamme romane? E perchè?
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
“NON MI FIDO DELLE VERITA’ CENTELLINATE, DICA PERCHE’ PARLA ADESSO”… “SI RIVOLGE AI SUOI COMPARI IN CARCERE, ALLO STATO, A PEZZI DEVIATI DELLE ISTITUZIONI?”
Perchè parla adesso Giuseppe Graviano? E, soprattutto, a chi si sta rivolgendo, a chi sta lanciando il suo messaggio?
Per Claudio Fava sono queste le domande a cui bisogna rispondere, o meglio, a cui il boss delle stragi deve dare una risposta. Solo dopo, le dichiarazioni come quella fatta oggi sui presunti incontri – tre, sostiene – avuti con Silvio Berlusconi ormai tanti decenni fa potranno essere prese in considerazione.
“Graviano dice che non si fida dei magistrati. Io non mi fido di Graviano”, sostiene il presidente della Commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana parlando con HuffPost.
“La giustizia non è un mercato. La verità è tale o non è”, tuona Fava, che si chiede chi sia il vero obiettivo delle parole del boss. “Non credo proprio sia Berlusconi”, aggiunge.
Graviano ha dichiarato di aver visto per tre volte, quando era latitante, Silvio Berlusconi, allora imprenditore. Cosa ci dicono le sue parole?
Premetto una cosa: lui dice che non si fida dei giudici. Io invece non mi fido di Graviano. Non mi fido di verità centellinate, raccontate con tempi, forme e modi discutibili, come se il suo fosse un capriccio, e le sue dichiarazioni rispondessero solo ed esclusivamente ai suoi interessi. Stiamo parlando di verità presunte, tirate fuori a tempo scaduto. Graviano spieghi perchè non ha parlato prima. Poi possiamo ragionare.
Perchè parla di “verità tirate fuori a tempo scaduto”?
Perchè siamo di fronte a sentenze sulle stragi passate in giudicato, a un depistaggio smascherato. Le sue mi sembrano verità ad orologeria. È come dire “io non c’entro nulla con le stragi. Incontravo Berlusconi per fare affari”.
Il boss davanti al pm ha affermato che potrebbe dire ancora altre cose. A chi si sta rivolgendo?
Non so a chi stia parlando. Se a un magistrato, se ai suoi compari. Ecco, prima spieghi perchè parla proprio adesso. La giustizia non è un mercato, nè una soap opera a puntate. La verità è o non è. E, finora, quella di Graviano non è mai stata una verità .
E allora queste parole cosa significano?
Secondo me sono messaggi in codice. Lanciati non sappiamo a chi. Graviano sta giocando la sua partita, in modo subdolo e opaco. Poi, chiaramente, può darsi che le cose che sta dicendo siano vere. Ma le forme e i tempi con cui vengono raccontate, per step, mi fanno dire: ‘io non ho alcuna fiducia nel fatto che questo signore abbia buone intenzioni, o buona fede’. Penso, però, che il messaggio che sta lanciando con le sue dichiarazioni non sia rivolto a Berlusconi. I destinatari di queste affermazioni sono altri. Il suo è comunque un linguaggio sgradevole, per le forme in cui arriva. Per le allusioni cui si aggrappa.
Se non è un messaggio a Berlusconi, a chi parla Graviano?
Il tema principale di questa vicenda è: qual è l’obiettivo del boss? Io non credo sia Berlusconi. Penso si stia rivolgendo a gente che è in carcere, o a chi è fuori. A pezzi delle istituzioni, forse a pezzi deviati delle istituzioni che attorno alle stragi si sono mosse, hanno manipolato, depistato. Graviano ha molte colpe sulla coscienza, ma anche molti segreti indicibili. E fino a quando non dice perchè sta parlando proprio ora, io continuerò a non fidarmi di quello che afferma.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
“DUE SETTIMANE PER DISEGNARE IL PROCESSO DI FUSIONE IN VISTA DELLE REGIONALI”
Si poteva immaginare, visto che si muovono lungo una linea simile: Carlo Calenda ha proposto a Piu’Europa la fusione con Azione.
Lo ha fatto pubblicamente in uno scambio di tweet con il segretario di Più Europa Benedetto Della Vedova. La proposta prende le mosse da liste comuni alle prossime regionali.
“Io volevo liste comuni con Siamo Europei/Azione alle europee e in Emilia-Romagna – ha scritto Della Vedova -. Ora facciamo liste insieme alle prossime regionali: mi sembra oggi la cosa più importante, un messaggio di unione e apertura”. “Bene. Facciamo le liste. Una cosa impedisce l’altra? – risponde Calenda -. Proposta: pubblica questa volta perchè altrimenti non quagliamo. Due settimane per disegnare il processo di fusione da chiudersi prima delle elezioni regionali”.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
“NULLA DI PERSONALE MA RAPPRESENTA UN MODO DI FARE POLITICA CORRENTIZIO E CIENTELARE LONTANO DA NOI”
“Niente di personale contro il governatore De Luca, sappiamo che è uomo intelligente”. Così si legge su Repubblica Napoli. Ma lo svolgimento non fa sconti: “Visto che è così intelligente non può pensare di gestire il potere per quarant’anni di fila o quasi. Da accentratore. E peraltro servendosi anche di fritture e clientele. Lo ringraziamo per le parole di stima che ha avuto per noi, ma onestamente abbiamo poco in comune”, spiega Lorenzo Donnoli a Repubblica, da Bologna.
Donnoli è uno dei portavoce nazionali (il numero due, per chi ama gli schematismi, al fianco di Mattia Santori) del Movimento che in cento giorni ha scosso la scena politica italiana.
Il nucleo fondante delle Sardine in avvicinamento, in tutti i sensi, su Napoli. Il 14 primo congresso a Scampia, costante il legame con Luga Delgado e il gruppo partenopeo.
“La nostra riflessione parte da un interrogativo doveroso per chi vuole pensare all’efficacia e alla credibilità di una politica in grado di rinnovarsi e proiettarsi anche sul futuro. E cioè: come fate a rivoluzionare il centrosinistra, se ricandidate per la terza volta in Regione la stessa persona? E questo anche come criterio generale. Se poi entriamo nel merito, non è che vada meglio”.
“Siamo diversi geneticamente. De Luca rappresenta quel modo di fare politica correntizio e personalistico che non appartiene alla nostra idea di comunità . Con le clientele, o le fritture, non abbiamo nulla a che vedere. Noi vogliamo rappresentare un’idea di partecipazione e di potere collettivo. Se è davvero così intelligente e colto, De Luca dovrebbe avere l’accortezza di fare un passo indietro, non si può fare l’amministratore pubblico tutta la vita: con l’aggravante, poi, di fare strada a entrambi i suoi figli. Ma stiamo scherzando?”.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
SONO SEI LE REGIONI CHIAMATE AL VOTO, DATA PROBABILE IL 31 MAGGIO
Tra maggio e giugno Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia andranno al voto per la scelta del governatore.
Si vota anche in mille comuni tra cui Venezia, dove l’ultima volta ha vinto il centrodestra.
La data è ufficiosa: 31 maggio. Non è certo se ci sarà un election day.
Il Corriere della Sera riepiloga la situazione delle candidature regione per regione, partendo dalla Toscana dove Salvini ha detto agli alleati di voler ridiscutere la partita, rinunciando a scegliere il candidato governatore.
Pd e Italia Viva si sono accordati sul nome di Eugenio Giani, dna socialista e oggi dem e presidente del Consiglio regionale. Il M5S ha scelto Irene Galletti.
In Veneto il leghista Luca Zaia, governatore da 10 anni, può correre per il terzo mandato dopo la modifica della legge regionale. Per il PD potrebbe correre Arturo Lorenzoni, docente universitario e attuale vicesindaco di Padova.
Anche in Liguria Giovanni Toti verrà ricandidato dal centrodestra, mentre Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle potrebbero scegliere un candidato comune: potrebbe essere il giornalista del Fatto Ferruccio Sansa. Ma il M5S ha già puntato su Alice Salvatore, che ha perso in altre occasioni.
In Campania Vincenzo De Luca è deciso a ricandidarsi, anche con l’appoggio (seppur ambiguo) di Italia viva. Il M5S correrebbe da solo.
C’è un’opzione per un candidato comune, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa; in quel caso De Luca traslocherebbe al governo con i grillini.
Per il centrodestra si fa il nome di Stefano Caldoro.
In Puglia Michele Emiliano ha vinto le primarie del centrosinistra a cui non ha partecipato Italia Viva, che potrebbe schierare un proprio candidato “forte” (Teresa Bellanova?) che metterebbe in difficoltà la riconferma e aprirebbe alle possibilità di Raffaele Fitto, candidato in pectore del centrodestra.
Infine le Marche, dove l’amministrazione di centrosinistra è in grave difficoltà : il governatore uscente Luca Ceriscioli (Pd) difficilmente sarà ricandidato, probabilmente a causa del suo profilo ritenuto divisivo dai vertici dem.
Per scegliere il profilo migliore si potrebbero tenere le primarie, ma la discussione sembra in alto mare. Il dialogo con il Movimento, qui, è aperto per trovare un nome terzo che sostenga l’alleanza. Il centrodestra è invece compatto sul deputato Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia, che ritenterà la sfida 5 anni dopo: nel 2015 raccolse solo il 19%, Lega compresa ma senza Forza Italia.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
HANNO PROVOCATO PIU’ VITTIME DEL TERRORISMO JIHADISTA
Nel dopo 11 Settembre hanno provocato più vittime del terrorismo jihadista. Eppure, guai a usare il termine “terrorista” per definire i loro crimini.
Le parole che Donald Trump non riesce a pronunciare sono due: “suprematismo bianco”. Di questo universo impastato di odio antisemita, faceva parte John Earnest, il diciannovenne autore dell’attacco, il 28 aprile 2019, alla sinagoga di Poway, nella contea di San Diego, California, che ha provocato un morto e tre feriti.
Come i suoi “eroi” anche Earnest ha postato prima dell’attacco il suo “manifesto”. Il killer l’ha riempito con copia/incolla, tesi a volte a posticce, parla di “rivoluzione”. In questo ha emulato Breton Tarrant, lo stragista della Nuova Zelanda diventato suo ispiratore e modello. Nelle lunghe pagine cita anche Robert Bower, l’assassino responsabile del massacro alla sinagoga di Pittsburg.
L’internazionale suprematista
Il manifesto di Earnest è zeppo di dichiarazioni d’odio contro ebrei, musulmani, africano-americani, ispanici, immigrati e femministe, così come altri gruppi e minoranze.
Ogni ebreo è responsabile del genocidio meticolosamente pianificato della razza europea, delira il diciannovenne terrorista. Earnest ripropone anche la teoria, molto popolare negli ambienti di estrema destra americani, del “complotto giudaico”, e cioè del piano pilotato dagli ebrei di “sostituire” americani bianchi con immigrati provenienti da altri Paesi.
Nel documento, scriveva il Washington Post, Earnest rivendica di aver dato fuoco un mese fa a una moschea nella località californiana di Escondido, a poche miglia dalla sinagoga in cui è avvenuta la sparatoria.
Gli estremisti del “white power” si passano il testimone, indicano a chi li vuole seguire cosa fare. Gli attentatori suprematisti amano l’esibizione mediatica, agiscono rivolgendosi sempre a un’audience a un pubblico che credono ricettivo alle loro idee, hanno sempre contatti con gruppi più o meno radicali.
E a quel mondo appartiene anche Christopher Paul Hasson, 49 anni, tenente della guardia costiera americana, arrestato nella cittadina di Silver Spring in Maryland con la grave accusa di terrorismo interno. A fermarlo l’Fbi e i servizi investigativi della Guardia Costiera dopo che una indagine federale aveva portato alla luce un piano criminale per un attacco terroristico su larga scala contro civili e personaggi noti. Nel mirino anche una lista di giornalisti e politici democratici.
La rete del terrore
Tra essi la speaker della Camera Nancy Pelosi, il leader dell’opposizione democratica al Senato Chuck Schumer, la deputata newyorkese Alexandria Ocasio-Cortez, ma anche i giornalisti della Cnn Don Lemon e Chris Cuomo e della Msnbc Chris Hayes e Joe Scarborough.
Nell’abitazione di Hasson, non distante da Washington, gli inquirenti hanno ritrovato una consistente scorta di 15 armi da fuoco e migliaia di munizioni, ma anche steroidi e ormoni. Rinvenuti nel suo computer lettere e documenti impregnati di odio e piani omicidi. Nella cronologia delle sue ricerche in rete c’erano “il miglior posto a Washington per vedere persone del Congresso” o anche “i giudici della Corte Suprema hanno la scorta?”.
L’uomo, che si è autodefinito un nazionalista bianco e filo-russo, era ossessionato da neo-fascismo e neo-nazismo. Hasson aveva anche studiato il manifesto di Anders Behring Breivik, il suprematista norvegese di cui era un ammiratore e che nel 2011 uccise 77 persone. Secondo la documentazione raccolta dalle forze dell’ordine e depositata al tribunale distrettuale del Maryland, l’obiettivo finale era quello di “stabilire una patria bianca”.
Le loro idee, le loro parole d’ordine, non sono estranee alle destre sovraniste in crescita in tutto il globo. Il mondo degli Earnest, dei Tarrant, dei Bower, è il mondo dei “suprematisti bianchi”, che possono contare su oltre 1022 siti che fanno riferimento a idee e pratiche razziste, che indottrinano e addestrano in rete gli affiliati e chi, anche se “cane sciolto”, vuole farsi giustizia da sè: aprendo il fuoco contro un centro in cui si pratica l’aborto, aggredendo persone di colore, e aprendo la caccia all’“islamico”. Gruppi che hanno come centro propulsivo gli Stati Uniti.
I suprematisti bianchi sono cresciuti di numero dopo le presidenziali del 2016. Alcuni appartengono al gruppo Vanguard America, usano slogan razzisti, iconografie connesse a simboli del passato e ora sulla loro divisa, polo bianca e pantaloni khaki, molti hanno aggiunto il cappellino rosso con la scritta “Make America Great Again”, motto della campagna elettorale di Trump. Un’immagine che ha creato imbarazzo per la Casa Bianca.
I “soldati” di Trump
Attualmente sono 1124 gruppi razzisti che sostengono idee come la supremazia bianca basata sulla teorica superiorità di questa razza su africano-americani, ispanici, arabi o ebrei. Queste credenze, basate sull’odio, hanno fondamenta politiche e sociali che a volte partono da una base religiosa spesso legata al cristianesimo fondamentalista.
Nel bienno 2018-2019 secondo i dati americani, il sessanta-settanta per cento degli omicidi di stampo politico, ideologico o religioso sono stati messi in atto da suprematisti bianchi o da gruppi di estrema destra, neonazisti.
E sono largamente superiori a quelli commessi dagli estremisti islamici. È stato stimato che un numero tra le 150mila e le 200mila persone s’iscrivono a pubblicazioni razziste, partecipano alle loro marce e manifestazioni e donano denaro. Circa 150 programmi radiofonici e televisivi indipendenti sono trasmessi settimanalmente e raggiungono centinaia di migliaia di simpatizzanti.
Saint Tarrant, il nuovo cavaliere crociato che “pulisce il mondo dalla feccia musulmana”. Ma anche James Mason, un membro del partito neonazista americano che idolatrava Hitler e Charles Manson, ispiratore del gruppo Atomwaffen, sospettato di diversi omicidi. O ancora il norvegese Andres Breivik, autore della strage di Utoya, o lo youtuber da 53 milioni di follower PewDiePie, accusato di antisemitismo.
Sono questi gli eroi dei lupi solitari di destra che si radicalizzano in rete, nei canali come 8chan trovano manifesti preconfezionati per motivare le loro azioni e sul Deep Webcomprano armi, abbigliamento militare per entrare in azione, magari utilizzando Bitcoin per evitare di essere rintracciati o per finanziare le loro ricerche “sul campo”.
Il network del nazionalismo è molto esteso e include diverse piattaforme. Si passa dai tradizionali gruppi Facebook (molti dei quali sono già stati bloccati) a social meno noti, come Reddit, fino a piattaforme come 8chan, utilizzate appunto dagli stessi autori delle stragi per spiegare le proprie intenzioni. Forum che garantiscono l’anonimato e che rendono più complicata l’identificazione degli autori dei messaggi.
Dopo la strage di El Paso, anche il fondatore di 8chan, Fredrick Brennan, ne chiede la chiusura: “Il sito non fa alcun bene al mondo. E’ completamente negativo per tutti”. Il programmatore da un anno non collabora più con la piattaforma che è diventata uno spazio di reclutamento per i nazionalisti bianchi violenti.
La richiesta di Brennan non ha lasciato indifferente CloudFlare, che si occupa di servizi di sicurezza informatica. L’azienda ha infatti deciso di non proteggere più il forum 8chan dagli attacchi hacker, interrompendo il supporto al sito con la seguente motivazione: “8chan ha dimostrato ripetutamente di essere un pozzo nero dell’odio”.
Perfino il mondo dei videogiochi è divenuto un mezzo di comunicazione per i suprematisti. Discord, un’applicazione che permette ai giocatori di chattare per scambiarsi opinioni e consigli, è spesso stata citata come luogo di incontro dei suprematisti. Già nel 2017 la piattaforma aveva iniziato a chiudere i profili di utenti considerati pericolosi.
Il nemico sono gli “infedeli”, i musulmani, gli ebrei, i gay, le donne. I target: le moschee, le sinagoghe, i luoghi di ritrovo di chi invece vive liberamente la sua vita. All’interno del movimento bianco suprematista, i gruppi neonazisti hanno registrato la crescita maggiore, aumentando del 22 per cento.
I gruppi anti-musulmani sono saliti per un terzo anno consecutivo.
In South Carolina, ad esempio, secondo il Southern Poverty Law Center, operano almeno 19 “hate groups”, cioè i gruppi che fanno dell’odio la propria cifra.
Tra quelli che operano attivamente sono compresi: neonazisti, miliziani del Ku Klux Klan, nazionalisti bianchi, neoconfederati, teste rasate di taglio razzista, vigilanti frontalieri.
I gruppi neonazi nel 2008 erano 159, otto anni dopo sono saliti a 1384. Tra i più attivi: American Front, American Guard, Hammerskins, National Alliance, National Socialist American Labor Party, National Socialist Vanguard, Nsdap/Ao, White Aryan resistance. Il suprematismo bianco Usa corre anche sul web. Un recente studio del Simon Wiesenthal Center ha identificato più di dodicimila gruppi di odio xenofobo e antisemita sul web.
La League of the South sul proprio sito avverte: “Se ci chiamerete razzisti, la nostra risposta sarà : e allora?”. L’amministrazione Trump ha tagliato i fondi per dieci milioni di dollari a diversi gruppi che combattono l’estremismo di destra negli Stati Uniti per un programma mirato alla de-radicalizzazione dei neonazisti Dagli Stati Uniti, il fenomeno dei gruppi anti-islamici, che sempre più prendono il connotato militante di gruppi anti-migranti, s’è esteso nel vecchio continente, in particolare nel Nord ed Est Europa.
I “Soldati di Odino”
Un esempio sono i “Soldati di Odino”, un gruppo di estremisti di destra che pattuglia le strade della Finlandia con l’obiettivo di “proteggere gli abitanti del posto dagli immigrati”: una pratica che si sta iniziando a diffondere in altre nazioni scandinave e baltiche, suscitando preoccupazione nelle autorità .
Questi autoproclamati “patrioti”, che prendono il proprio nome dal re degli dei della mitologia nordica, aspirano a diventare “gli occhi e le orecchie” dei poliziotti, i quali — secondo loro — farebbero oggi sempre più fatica a portare a termine i compiti loro assegnati. Dal Nord-Est al cuore dell’Europa: Gran Bretagna e Germania.
Nel Regno Unito, l’estrema destra (suprematista, razzista, isolazionista, anti-migranti) fa proseliti e ha un seguito crescente. Materiale estremista è disponibile ovunque in rete. Un gruppo come National Action, quello che è nato per “celebrare” la morte della deputata laburista Jo Cox, conta su un centinaio di militanti, ma i suoi video su YouTube hanno quasi 2800 adepti.
Proclamano una “White Jihad”, una guerra santa bianca, che significa rendere omogenea e aderente “ai valori tradizionali inglesi” questa terra che oggi invece ospita persone provenienti da ogni angolo del mondo ed è un crogiolo di culture. “I rifugiati non sono i benvenuti” si legge in uno dei loro proclami che va di pari passo alla proclamazione che “Hitler aveva ragione, i rifugiati devono tornare a casa”.
Thomas Mair, l’assassino (16 luglio 2016) di Cox, era legato al gruppo suprematista bianco Springbok Club, visceralmente ostile all’Europa e simpatizzante del vecchio apartheid sudafricano.
Le prove emerse al processo, conclusosi con la condanna all’ergastolo dell’assassino della quarantunenne deputata laburista, hanno dimostrato che Mair ha ucciso Jo Cox sulla spinta di un’ideologia neonazista, razzista e suprematista bianca. La polizia aveva trovato nella sua abitazione simboli e libri sul Terzo Reich, sul Sudafrica dell’apartheid e su movimenti razzisti di altri Paesi.
Prima di Mair, ad entrare in azione (nel 2013) era stato Pavlo Lapshin, neonazista ucraino trapiantato a Birmingham, che uccise un’anziano musulmano e si preparava a piazzare esplosivi in varie moschee.
Lapshin era un suprematista, così come David Copeland, l’uomo che ha ucciso tre persone in una serie di attacchi dinamitardi e voleva dare inizio ad una guerra civile nel Paese. Un altro dinamitardo — Ryan McGee — era un estimatore del Ku Klux Klan. McGee è stato fermato in tempo per evitare una strage.
Come Ian Forman, che stava pianificando di attaccare una moschea, e passava ore nella sua camera da letto indossando cimeli nazisti e postando messaggi razzisti sul web. Il ministero dell’interno britannico ha dichiaro fuori legge un gruppo dell’ultradestra inglese denominato “National Action”, accusato di progettare e istigare atti di violenza razzisti. Dal Regno Unito alla Germania.
Qui è nato il movimento “Pegida” i “patrioti europei contro l’islamizzazione dei paesi occidentali” (Patriotische Europà¤er gegen die Islamisierung des Abendlandes), movimento che sta catalizzando l’attenzione di tutti i discorsi riguardanti l’islamismo e l’anti-islamismo in Germania.
Nel febbraio 2015, “Pegida” ha reintegrato nel suo comitato di direzione il leader del gruppo Lutz Bachmann, che si era dimesso il 21 gennaio dello stesso anno dopo che il giornale tedesco Bild aveva pubblicato una sua foto in cui mostrava un taglio di capelli e di baffi che ricordava quello di Hitler.
Gli estremisti di destra — si legge nel rapporto — hanno scoperto come condurre la loro guerra via Intemet, come usare la “elecronic warfare”.
Simili tattiche hanno indotto le autorità di alcuni Stati a mettere in guardia contro le derive terroristiche dello spettro dell’estrema destra. In più, la potenziale violenza è coltivata dai peggior tipi di giochi elettronici, diventati arma politica vera e propria utilizzata abilmente dai neo-nazi.
Questi siti hanno un pubblico fedele e ampio, costituito non di semplici curiosi, ma di persone che sull’odio hanno costruito il proprio rapporto col mondo e usano Internet per ritrovarsi, scambiarsi informazioni, infiammarsi reciprocamente, creare steccati, alzare barriere, scavare fossati. E assaltare moschee.
È l’internazionale del separatismo. Internazionale del terrore bianco.
(da Globalist)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
“NON POSSIAMO COMBATTERE DA SOLE”… LE OFFESE SONO ARRIVATE DA UN OPERATORE COMUNALE
La foto di un paio di pantaloni, una maglietta rossa, un cappotto e una sciarpa e la scritta troia. È questo il post che in poche ore è diventato virale.
È la storia di Valentina che nella serata di lunedì, mentre si trovava in attesa a una fermata dell’autobus nel centro di Genova, è stata offesa da un operatore Amiu, l’azienda municipalizzata per i servizi all’ambiente.
Nel suo lungo post su Facebook la donna ha raccontato di essere stata pesantemente insultata da un uomo alla guida di un mezzo della nettezza urbana: «Un operatore su una camionetta dell’Amiu della spazzatura mi ha gridato “t***a”», scrive la donna su Fb.
L’immagine dei vestiti a richiamare che «non sono un cappotto o un burqa a poterci proteggere dalla molestie maschili, perchè non è come siamo vestite la causa dell’abuso, ma la loro convinzione di avere il potere decisionale sulle donne».
La donna ha aspettato un attimo prima di girarsi e rispondere alle urla: «Gli ho chiesto che cosa volessero dire, allora hanno continuato insistendo sul fatto che uno di loro “mi si fosse scopata”, e poi risate».
«Se c’è bisogno di un coprifuoco — continua — che non sia quello che ci autoimponiamo per timore di essere aggredite, perchè non sono le vittime a dover essere limitate ma i carnefici. Che siano loro a temere le strade occupate dalle donne. Perchè io sono stanca di dover essere insultata e aggredita per essere donna».
Per ora non si conoscono ulteriori sviluppi della vicenda ma Amiu, che «condanna ogni forma di violenza», ha risposto alla mail della donna insultata assicurando di avere avviato verifiche per risalire all’identità del presunto autore dell’insulto a sfondo sessista. E ricorda di essere tra le prime realtà aziendali ad aver sottoscritto l’accordo quadro sull’eguaglianza, pari opportunità e assenza di discriminazioni e rispetto della dignità delle persone.
(da Open)
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