Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
SI EVITEREBBE COSI’ DI RITROVARLI PER STRADA IL GIORNO DOPO L’ARRESTO… GRANDE SODDISFAZIONE DEI SINDACATI DI POLIZIA… LA DIFFERENZA TRA CHI FA FATTI E I PAROLAI
Arresto immediato, con custodia cautelare in carcere, anche per chi spaccia piccole quantità di sostanze stupefacenti. Obiettivo: punire chi viene fermato, rilasciato e riprende a spacciare poche ore dopo.
Ad Ancona, dove ha incontrato i familiari delle vittime della strage della Lanterna azzurra di Corinaldo, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese annuncia una stretta nella lotta alla droga. Una modifica al codice penale che – se dovesse essere approvata – farebbe rischiare la cella ai pusher, molti giovanissimi, che vengono utilizzati come pusher nelle piazze dello spaccio.
“Il provvedimento predisposto una norma per superare l’attuale disposizione dell’articolo 73 comma cinque che non prevede l’arresto immediato per i casi di spaccio di droga – ha detto Lamorgese – Abbiamo fatto un tavolo di lavoro con il ministero della Giustizia e abbiamo trovato una soluzione che convince sia noi sia la Giustizia, dando la possibilità di arrestare immediatamente con la custodia in carcere coloro che si macchiano di questo reato”.
“E’ stato rilevato il fatto che arrestare, senza custodia in carcere, e il giorno dopo vedere nello stesso angolo di strada lo spacciatore preso il giorno prima, incide anche sulla demotivazione del personale di polizia che tanto si impegna su questo versante e vede la propria attività essere posta nel nulla quando il giorno dopo li ritroviamo nello stesso posto”, ha aggiunto la ministra dell’Interno raccogliendo le segnalazioni di diversi Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica e gli allarmi sull’abbassamento dell’età dei consumatori.
“Accogliamo con particolare favore l’ipotesi normativa predisposta dal ministero dell’Interno che consentirà l’applicazione di misure cautelari in carcere per chi spaccia sostanze stupefacenti indipendentemente dalla quantità ceduta. I dati in nostro possesso sono allarmanti non solo e non tanto per quanto riguarda l’uso di stupefacenti ma anche e soprattutto per il dilagare del suo consumo tra i più giovani – il commento dell’Associazione nazionale funzionari di Polizia – L’impegno ed il lavoro svolto quotidianamente dagli appartenenti alle forze di polizia nelle piazze dello spaccio di tutti i centri urbani è infatti oggi mortificato dalla impossibilità , di fatto, di applicare misure limitative della libertà personale nei confronti di soggetti sorpresi in flagranza di reato di cessione di stupefacenti e regolarmente rilasciati dopo meno di 48 ore”.
Plauso anche dal sindacato di polizia Siap. “L’applicazione di misure cautelari in carcere per chi spaccia sostanze stupefacenti indipendentemente dalla quantità ceduta è una misura che accoglieremo con soddisfazione”, dice Pietro Di Lorenzo, segretario provinciale del Siap di Torino.
(da agenzie)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
IL PREMIER SCEGLIE DI NON DRAMMATIZZARE E STUDIA LA MOSSA PER STANARE RENZI: UN VOTO PARLAMENTARE SULLA NUOVA AGENDA DI GOVERNO
“Non ho nessuna intenzione di farmi cucinare a bagnomaria”. Giuseppe Conte ha letto i lanci delle agenzie sul suo smartphone, è stato informato passo passo dai suoi collaboratori.
La reazione al caleidoscopio di dichiarazioni squadernato da Matteo Renzi a Porta a Porta è ambivalente.
Da un lato il premier non ha la volontà di drammatizzare una situazione che legge come un petardo piazzato sotto la sua poltrona, più che una bomba.
Dall’altro ha scavato ancor più il solco tra quelli che sono ormai i due rivali nella maggioranza.
“È assurdo e non porta da nessuna parte — il senso del ragionamento del premier — che uno dei principali leader di maggioranza parli a tutti gli effetti come se fosse un capo dell’opposizione”.
È per questo che il presidente del Consiglio sta valutando in queste ore la mossa per stanare Italia viva: un voto parlamentare sulla nuova agenda di governo. Non domani, nemmeno dopodomani, per non far precipitare le cose, ma seguendo regole e rituali delle assemblee parlamentari.
Un membro del governo considerato vicino al capo del governo risponde al telefono: “È assurdo che ai tavoli del programma i renziani arrivino pieni di buone intenzioni e proposte interessanti. Poi vanno davanti ai microfoni e ci sparano addosso, vanno in in Commissione e ci votano contro”.
Il riferimento è alle votazioni sulla legge Costa alla Camera. Ancora la prescrizione, ancora un tentativo di sgambetto che ha fatto tremare la maggioranza, salva per un solo voto.
L’inquilino di Palazzo Chigi ha dato prova nelle ultime settimane di non volersi muovere con impeto e precipitazione. Il meccanismo per inchiodare Italia viva è ancora allo studio.
Ci si concentra su una mozione o risoluzione parlamentare nella quale far confluire le misure di rilancio della crescita economica o l’intera Agenda 2023.
Chiedere un voto sul nuovo programma non significa, non essendo prevista la fiducia, arrivare al redde rationem finale. Ma politicamente significherebbe per il presidente mettere nero su bianco, davanti alle Camere e al paese un impegno comune. Alla luce del quale ognuno si dovrà assumere ogni decisione futura.
“Non voglio sfiduciare Conte, non c’è nessun problema” ha detto l’ex rottamatore. Più o meno qui si ferma la mano tesa in più di un’ora di intervista.
Conte e il suo entourage hanno soppesato tutti i passaggi. Quello sul governo istituzionale è stato derubricato a pistola caricata a salve. L’ex premier vuole un nuovo Nazareno, o un esecutivo stile Maccanico, per fare una riforma in stile presidenziale. “Salvini e la Meloni non ci staranno mai — spiega una fonte vicina all’avvocato del popolo — sta roba qui si arena in pochi giorni”.
La volontà di logorare un presidente che è, con tutti i distinguo del caso da parte degli interessati, espressione del Movimento 5 stelle la si è chiaramente avvertita nella proposta di abolire il reddito di cittadinanza.
Definita da Renzi la “cura del cavallo”, facendo il verso alle dichiarazioni pomeridiane del premier che ne esortava proprio a una “cura del cavallo per la crescita e il rilancio del paese”, solertemente rilanciata dalla sua comunicazione.
Che bisogno c’è, si vocifera nell’entourage presidenziale, di mettere in discussione un provvedimento che Renzi sa perfettamente essere la pietra miliare per il Movimento 5 stelle, e che è stato archiviato e non rientra nell’orizzonte di questa maggioranza?
Ma ancor più ha destato irritazione e stupore il rilancio della mozione di sfiducia nei confronti di Alfonso Bonafede se non ritirasse il provvedimento sulla prescrizione.
“La situazione sarebbe veramente pesante”, spiega un collaboratore del premier, prefigurando scenari di crisi vera. Le prime file pentastellate, dal ministro Fabiana Dadone al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, hanno fatto partire il fuoco di fila di sbarramento.
Conte deve affrontare Renzi muovendosi sullo strettissimo crinale che vede ai rispettivi lati il Pd e i 5 stelle.
Buona parte di questi ultimi sono preoccupati da uno scenario che vede il loro governo reggersi sulla stampella di deputati ex forzisti. Nonostante le smentite che sono arrivate e che arriveranno, anche da Palazzo Chigi si sta lavorando a una rete di sicurezza che preveda un manipolo di peones pronti a sostituirsi a Iv. Il pallottoliere di Palazzo segna intorno alla decina il numero necessario.
I Dem sono furiosi. Non è un caso che le reazioni più pesanti arrivino da ex renziani come Graziano Delrio o Dario Parrini. “Un chiacchiericcio insopportabile”, lo ha bollato Nicola Zingaretti. Ancor prima che parlasse i senatori si sono convocati giovedì mattina per “fare il punto sulla situazione politica”.
“Come abbiamo preso le parole di Renzi? Male, molto male”, spiega uno di loro. Che sui responsabili taglia corto: “Chiedete a Paolo Romani”.
La crisetta latente è destinata a continuare.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
ATTACCA MA NON VA FINO IN FONDO
Alza la tensione ma non supera la linea rossa della crisi di governo.
Ci gira intorno, la evoca ma non affonda il colpo. Matteo Renzi, a “Porta a Porta”, vuole accendere i riflettori su di sè e su Italia Viva per dettare lui le regole del gioco tenendo il governo sulle spine.
Pone delle condizioni, chiede di avviare un percorso di riforme che porti all’elezione diretta del premier, che lui chiama “sindaco d’Italia”.
Per far questo rispolvera il patto del Nazareno, l’accordo del Pd con Forza Italia che era all’opposizione. In questo caso si tratterebbe del governo Conte con il sostegno delle opposizioni, ma dire che questa strada sia difficilmente percorribile è un eufemismo.
La seconda ipotesi è un governo Maccanico. Ed è questo il punto di caduta a cui il leader di Italia Viva vuole arrivare, ovvero un governo istituzionale per far fuori l’attuale presidente del Consiglio. In fondo in ogni frase che l’ex premier pronuncia c’è sempre questo leit motiv sullo sfondo.
Renzi non esprime una preferenza, ma più voci nella maggioranza parlano della sua volontà di mettere fuori gioco Conte e la strada del governo istituzionale comporterebbe un avvicendamento a Palazzo Chigi.
Per dare forza alla sua proposta, l’ex premier la accompagna anche da una raccolta firme, una petizione online. Non è sufficiente, tuttavia, a suscitare l’interesse degli interlocutori di maggioranza e opposizione.
Inoltre, come se non bastasse, insieme alla proposta di riformare le regole del voto e la Costituzione, Renzi infila anche una stilettata contro la legge simbolo del Movimento 5 stelle, quella che istituisce il Reddito di cittadinanza: “Se Conte vuole una cura da cavallo per l’economia cominci con l’abolizione del reddito di cittadinanza”.
Ci si attendeva, dal ‘Rottamatore’, una parola definitiva sul futuro del governo, uno strappo insanabile che avrebbe portato allo show down. Ma non è andata così, seppure gli ‘schiaffi’ da parte del leader di Italia Viva a Conte e al resto della maggioranza non siano mancati.
Eccone qualche esempio: “Non è che diventiamo la sesta stella. Io non voglio morire grillino. Sono colpito dal modo in cui il Pd ha inseguito i grillini sul tema della giustizia”.
Dunque Renzi ribadisce che se non verranno modificate le nuove norme sulla prescrizione si andrà dritti verso la sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che è anche il capo delegazione M5s al governo.
Ma gli viene fatto notare come questo sia un modo per buttare la palla in tribuna perchè alla fin fine Renzi oggi non oltrepassa il punto di non ritorno. Non risparmia bordate al suo ex partito, il Pd: “Ci sono due modi di far politica. Il primo modo è il modo Lines notte assorbe tutto. Quello di chi assorbe qualsiasi proposta fatta pur di mantenere la seggiola”.
Poi, ancora, l’attacco agli alleati di governo: “Hanno provato a farci fuori dalla maggioranza, non ci sono riusciti. Hanno provato a mettere insieme i parlamentari ‘responsabili’. La prossima volta farebbero meglio a riuscirci”.
E al premier manda a dire: “Il reddito di cittadinanza è un fallimento, se hai messo soldi per 2,3 milioni di persone e l′1,7% ha trovato lavoro e oggi Gaetano Scotto, mafioso, è stato interrogato e ha detto che ha il reddito di cittadinanza. Se Conte vuole fare la cura da cavallo” per l’economia “inizi ad abolire il reddito di cittadinanza e metta i soldi per il taglio delle tasse alle aziende”
Da parte del fondatore di Italia Viva poi, uno sguardo al futuro prossimo: “Occhio che arriva una recessione e allora i posti di lavoro saltano. Allora in un clima normale forse Pd e 5 Stelle respingerebbero la proposta dei commissari per far ripartire le opere ma in questo clima straordinario dobbiamo finalmente sbloccare opere pubbliche per cui i soldi ci sono già ”.
I commissari per Renzi dovrebbero essere cento. Insomma, proposte indigeribili per gli alleati che servono solo ad alzare ancora la tensione senza strappare. Almeno per ora.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
LA CONFERMA ARRIVA DALLO STESSO LEGHISTA… 35 VOLI UTILIZZATI FACENDO COMBACIARE IMPEGNI ISTITUZIONALI A COMIZI ELETTORALI NEL CORSO DELLA STESSA GIORNATA
La magistratura è pronta a chiedere il processo nei confronti del leader della Lega con l’accusa di abuso d’ufficio per la vicenda dei voli di Stato.
Lo ha confermato lo stesso ex ministro dell’Interno in una diretta video su Facebook, nella quale ha parlato dell’ennesimo procedimento giudiziario in cui è stato coinvolto. E, come al solito, attacca la sinistra.
«Sembra che mi stia arrivando un altro processo per abuso di ufficio. Ormai colleziono processi come fossero figurine Panini. Ma io non ho paura, perchè male non fare, paura non avere».
E la collezione di figurine, come quelle dei calciatori, è stata quasi completata.
La magistratura, infatti, starebbe per chiedere — e, a quanto pare, la notizia sembra certa dato che è lo stesso Matteo Salvini a parlarne apertamente — l’autorizzazione a procedere nei confronti del leader della Lega per quelle anomalie dei voli di Stato utilizzati durante il suo mandato di ministro dell’Interno.
Si tratta di 45 voli di Stato, effettuati con mezzi aerei istituzionali, utilizzati da Matteo Salvini per presiedere ad alcune iniziative che lo vedevano protagonista: da celebrazioni ufficiali a impegni istituzionali nel ruolo di capo del Viminale.
Alcune di queste località , però, si trovavano in prossimità di luoghi in cui il segretario della Lega ha tenuto comizi elettorali nel corso della stessa giornata (o in prossimità di essa). Per questo motivo c’è l’ipotesi di abuso d’ufficio.
In pratica avrebbe fatto coincidere visite istituzionali al suo calendario elettorale, utilizzando di fatto voli di Stato per presenziare a impegni di partito in 35 casi.
(da agenzie)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
IL SUOCERO HA UNA CONDANNA DEFINITIVA PER TENTATA ESTORSIONE AGGRAVATA DA METOSO MAFIOSO… ORA LE ACCUSE AL MAGISTRATO PETRINI, INDAGATO PER CORRUZIONE RIAPRONO IL CASO: 100.000 EURO OFFERTI AL GIUDICE PER SBLOCCARE BENI SEQUESTRATI
Duecento militanti calabresi della Lega hanno scritto una lettera a Matteo Salvini per chiedere “maggiore trasparenza” nella gestione del partito. Lo riferiva esattamente un anno fa il Fatto Quotidiano.
Sul banco degli imputati c’è il Segretario regionale Lega Salvini Premier Calabria, l’onorevole Domenico Furgiuele.
Non risulta che quelle richieste siano state accolte, visto che Furgiuele — che è l’unico deputato eletto dalla Lega in Calabria — è ancora al suo posto e Salvini si è limitato a inviare un commissario, Christian Invernizzi, al quale non sono stati dati molti poteri operativi. Il problema quindi potrebbe non essere stato risolto, almeno secondo una recente inchiesta di Alessia Candito per l’Espresso.
Ma perchè, esattamente, Furgiuele dovrebbe rappresentare un problema per la Lega e per Salvini? In che modo la sua figura potrebbe mettere in imbarazzo la Lega?
L’elemento chiave è la figura del suocero dell’onorevole Furgiuele: l’imprenditore Salvatore Mazzei. Noto imprenditore e titolare di una cava a Lamezia Terme (dove c’è anche il quartier generale della Lega) Mazzei è stato condannato, in via definitiva, per tentata estorsione aggravata da metodo mafioso (e assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa).
Di lui si parlava già nell’inchiesta di Claudia Di Pasquale per Report sulla “nuova” Lega che sfondava al Sud Italia nel 2018.
A Mazzei (che oltre a Furgiuele aveva anche un altro genero all’epoca impegnato in politica, ma con CasaPound) sono stati sequestrati beni per 200 milioni di euro. Tra i beni sequestrati anche un immobile — di proprietà di una delle figlie di Mazzei, la moglie del deputato leghista — dove risultava avere domicilio proprio l’onorevole Furgiuele.
Lui, che con quel processo non c’entra, si è difeso dicendo che la sua unica colpa «è quella di essermi innamorato a 15 anni di una ragazza, dopo di che, io mi sono sposato, sono cresciuto con mia moglie, la mia condotta di vita, politica, personale è trasparente».
Il provvedimento di sequestro però colpisce anche il patrimonio intestato ai figli di Mazzei che la Polizia giudiziaria di Catanzaro ritiene che sia di Salvatore Mazzei perchè «le risorse, ab origine fornite dal capostipite — si leggeva nel provvedimento — sono state trasferite indistintamente fra persone fisiche e soggetti collettivi, a seconda dell’abbisogna del momento».
Inoltre, aveva scoperto Report, dopo essere stato eletto Furgiuele aveva ceduto le sue quote di una società (la Terina Costruzioni Srl) di cui era socio assieme ad una delle figlie di Mazzei (Maria Concetta, che ne deteneva l’80%) al cognato Armando Mazzei, vale a dire a una delle persone a cui erano stati confiscati i beni: «e grazie a questa società gli consente di lavorare all’interno della cava confiscata alla famiglia» commentava in studio Sigfrido Ranucci.
Storia vecchia, si dirà . Tanto più che Furgiuele ne è sempre uscito pulito.
Il punto però è che Mazzei non ha mai gradito quel provvedimento di sequestro ed è tutt’ora pendente un ricorso alla Corte d’Appello di Catanzaro.
E il nome dell’imprenditore lametino, suocero del deputato leghista, è spuntato fuori nelle carte dell’inchiesta su Marco Petrini, il magistrato presidente della III sezione della Corte d’Appello di Catanzaro arrestato il mese scorso con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
Secondo l’accusa gli indagati (otto in tutto) offrivano a Petrini denaro, oggetti preziosi o altre utilità «per ottenere, in processi penali, civili e in cause tributarie, sentenze o comunque provvedimenti favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo. In taluni casi i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato e da quest’ultimo promessi e/o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai tribunali del distretto, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonchè sentenze in cause civili e accertamenti tributari».
Interrogato a inizio febbraio Petrini ha raccontato in tribunale gli innumerevoli episodi di corruzione di cui è stato protagonista. Il nome di Salvatore Mazzei — scrive Alessia Candito su LaCNews24.it — salta fuori in un’intercettazione del faccendiere Mario Santoro che rivela il tentativo di comprare una sentenza favorevole in appello per far cadere l’aggravante mafiosa. Il prezzo? Centomila euro.
Secondo la Guardia di Finanza Mazzei avrebbe consegnato delle somme di denaro al commercialista Antonio Claudio Schiavone «al fine di interferire sul predetto giudice [Petrini NdR] per fare restituire dei beni sottoposti a sequestro nell’ambito di una indagine della Dda di Catanzaro».
Rimane naturalmente un interrogativo: dove avrebbe preso i soldi Mazzei se l’intero patrimonio era sotto sequestro?
All’epoca dell’inchiesta di Report Salvini aveva risposto che lui non voleva fare «processi ai parenti, ai cugini, ai nipoti» e per quanto riguardava Furgiuele «… ecco io non rispondo di quello che fa mio suocero onestamente, porti pazienza…».
Sarà ancora così?
(da agenzie)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
I BILATERALI DI ROMANI, LORGOGLIO ANTI-SALVINI DI SACCONE, LE PASSEGGIATE DI CAUSIN
Previdenti, spaventati ma calcolatori. E hanno calcolato infatti che saltare sul carro di Giuseppe Conte, pur sempre alleato del Pd, risparmierà loro le contumelie riservate agli Scilipoti di ogni trasformismo.
La sopravvivenza del governo val bene un nuovo gruppo parlamentare. Va da sè sempre in nome di un principio nobile, sia esso un piano di emergenza per il “sistema Italia”, per dirla con l’inquilino di Palazzo Chigi, o un piano per le riforme, idea di queste ore di Matteo Renzi.
Nell’attesa che l’ex rottamatore, ormai guastafeste, si materializzi a via Teulada, per rilasciare l’intervista a Bruno Vespa, la pancia di Palazzo Madama ribolle.
Con una domanda che attanaglia tutti: ci sono o non ci sono i cosiddetti “responsabili”? E quanti sono?
Comincia così, nel salone Garibaldi, il Transatlantico della Camera alta, il tour per testare il clima, per conoscere i volti, per capire se il premier Conte possa avere comunque una maggioranza, in caso di fuoriuscita delle truppe di Matteo Renzi dall’esecutivo giallorosso.
All’ora del caffè e del cornetto caldo, Paolo Romani che ormai gioca a fare il “Denis Verdini” della legislatura più instabile della storia delle legislature – pare essere lui il grande ciambellano dell’operazione salva legislatura – si aggira a piazza Montecitorio. Passo lesto, l’azzurro è diretto a uno dei tanti bilaterali della lunghissima giornata.
Salvo prima di correre via confidare ad alcuni fedelissimi: “Si vota nel 2023″. Amen.
Tutto il resto è noia, verrebbe da aggiungere. O di riffa o di raffa, la legislatura s’ha da completare.
Nel frattempo il Salone Garibaldi si riempie perchè è il giorno delle comunicazioni del premier sul Consiglio europeo straordinario del 20 febbraio. Si affolla di anime senatoriali che si possono dividere in tre categorie: calcolatori, previdenti e spaventati.
Alla prima appartiene certamente un parlamentare che di nome fa Antonio Saccone, eletto con lo Scudo Crociato di Lorenzo Cesa e oggi residente nel gruppo di Forza Italia.
Abito grigio, camicia bianca, cravatta d’ordinanza, camminata sciolta di chi sa il fatto suo. A braccetto con un collega berlusconianissimo, mostra sicurezza davanti al cronista: “Noi siamo l’Udc, quelli che nel 2008 decisero di andare di soli, nè con Berlusconi, nè con Veltroni. Ed entrammo comunque in Parlamento”.
E’ una premessa che serve a dare valore all’ipotesi di un nuovo gruppo. “Noi – insiste – siamo pronti a lanciare un progetto politico alternativo a questa destra ormai rappresentata da Salvini che è distante anni luce dalla nostra storia”.
Dunque a sostegno di Conte? A questo punto della scena Saccone prende e se ne va con un sorriso stampato sulla fronte.
Andrea Causin, altro indiziato speciale, altro azzurro sospetto, è un omone di 190 centimetri. Anche lui oggi indossa un completo grigio e cammina avanti e indietro alla ricerca di qualcuno o forse solo dei futuri colleghi responsabili.
Causin ha l’aria di chi è spaventato, di chi è consapevole che il Palazzo non gradirebbe una fine anticipata della legislatura. Eppure questa volta l’operazione “responsabili” appare più complicata, ci vorrebbe un chirurgo per portarla a compimento. Ma si farà .
Sentite cosa dice Gianluigi Paragone che per l’occasione porta ai piedi delle Adidas modello “gazelle” color bordeaux: “Qui dentro faranno di tutto per resistere”. Alè.
Pochi metri più in là spunta Gaetano Quagliariello, il quale attraversa il Salone Garibaldi per dirigersi alla buvette. Il già saggio di Napolitano mette le mani avanti: “Non ne so nulla. Dovete parlare con Romani”.
E Romani, l’azzurro, già dirigente Fininvest, colui che da giorni lavora a una stampella alternativa che possa aiutare l’esperienza governativa dell’avvocato del popolo argomenta così: “Serve un gruppo alternativo a quello di Fi di forte ispirazione liberale e riformista”.
Manca poco insomma. Ne è consapevole Ignazio La Russa, una vita a destra, oggi alto dirigente di Fratelli d’Italia.
La Russa, accento sicilianissimo, originario di Paternò, Gazzetta dello Sport sottobraccio, prima scherza sull’Inter, la sua squadra del cuore che solo tre giorni ha subito una sconfitta decisiva con la Lazio. “L’Inter gioca con il citofono e senza portieri”.
Poi si butta sulla questione del giorno e spiega chi sono i responsabili: “Sono sempre esistiti. Solo che un tempo si chiamavano franchi tiratori e non avevano nulla dei francesi. Poi sono stati ribattezzati transfughi, e ora invece si chiamano responsabili. Tutti uniti dalla voglia di non andare al voto. Niente urne è il loro unico punto del programma”.
Quando tutto starà per deflagrare riemergeranno e difenderanno la scelta. Magari con tanto di conferenza stampa nel segno dell’interesse del Paese.
Intanto raccontano che nel corso della seduta a Palazzo Madama il premier Conte si sarebbe avvicinato ad alcuni senatori di Forza Italia e gli avrebbe sussurrato: “Per favore, aiutatemi”. Indiscrezione non confermata e di facile smentita ma significativa del clima che si respira nelle stanze del Palazzo.
Ed è anche per questa ragione se l’operazione risulta non comprensibile a chi come il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia nella vita ha dovuto risolvere ben altri problemi.
A mezzogiorno e trenta Rubbia si presenta nella Sala Risorgimento di Palazzo Madama. Si ferma a uno dei lati del tavolo pieno zeppo di quotidiani e comincia a sfogliare La Stampa. L’attenzione è alta, da studioso qual è. Ma non appena sente la parola “responsabili” confessa di non avere compreso alcunchè: “I responsabili? Sto cercando di capire il fenomeno che non è certo fisico. Il mondo è strano”.
Per non parlare del Parlamento.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
MA SE UNO VUOLE USCIRE DA UN PARTITO NON FAREBBE MEGLIO A SALDARE PRIMA IL CONTO IN SOSPESO?
“Si chiama pizzo, hanno chiesto il pizzo. Anche la segretaria di Milano ha detto che se andavo con i 5 Stelle non capivo niente… la segretaria, questa che faceva la portaborse della Toia. Faceva la portaborse di un’europarlamentare e fa il segretario di Milano…Dopo avermi chiesto il pizzo di 18 mila euro, mi ha detto “buona fortuna”. Si chiama pizzo, i soldi per parlare, per esprimere il proprio pensiero”.
Tommaso Cerno, il senatore eletto con il Pd e appena passato con i renziani di Italia Viva, attacca frontalmente il suo ex partito durante la trasmissione radio “Un giorno da pecora”.
Il riferimento è alla somma che il senatore non avrebbe mai versato al partito come quota contributo dopo la sua elezione nel 2018, e per la cui riscossione già da tempo il Pd aveva avviato un’azione legale.
Frasi che la segretaria milanese dei dem Silvia Roggiani non accetta: e per questo ha annunciato querela, ricevendo già la solidarietà del segretario nazionale Nicola Zingaretti che, su Twitter, scrive: “La nostra solidarietà al Pd Milano per l’aggressione subita. Un abbraccio a Silvia Roggiani e alla nostra comunità di attivisti che con generosità e passione lavorano per costruire un’Italia migliore. Siamo tutti con voi”.
Dopo la trasmissione radio di questa mattina i vertici del Pd hanno deciso di reagire. “È davvero grave che il senatore Cerno, paracadutato nel collegio più sicuro di Milano – e dunque eletto grazie agli sforzi organizzativi e anche economici del Pd che lo ha sostenuto – si permetta ora di calunniarci, usando le parole legate al mondo mafioso, come pizzo e ricatto. Lo sa il senatore Cerno quante persone sono morte per mano della mafia? Come parlamentare della Repubblica, conosce il peso della parola che usa? Credo che simili affermazioni qualifichino il senatore per quello che è: una persona che ha dimostrato scarsa cultura politica e soprattutto totale mancanza di rispetto nei confronti degli stessi militanti che gli hanno consentito di sedersi in Parlamento. Una comunità , quella del Pd Milano Metropolitana, che si autofinanzia con il tempo e la generosità dei propri iscritti e dei propri eletti. Eletti, che per quanto ci riguarda, sono i primi militanti del Pd, come dimostrano le esperienze degli altri parlamentari di Milano”, così la segretaria Roggiani, che poi continua:”Per quanto riguarda le parole usate nei miei riguardi, ci tengo a dirgli che il fatto di lavorare dall’età di 19 anni non è per me motivo di imbarazzo, ma anzi di orgoglio. Tommaso Cerno chieda scusa, non a me, ma non a tutta la comunità del Pd Milano Metropolitana che, anche grazie a tutti i contributi degli eletti, in questi anni è scesa in piazza, ha volantinato nelle strade e si impegna ogni giorno per la collettività “.
Sostegno anche dalla deputata Barbara Pollastrini – “Il ‘pizzo’ si paga ai mafiosi. Il fatto che un giornalista nonchè senatore non si renda conto della gravità delle proprie parole fa capire quanto il limite della serietà e della decenza sia stato oltrepassato” -, del senatore Franco Mirabelli – “Le parole di Cerno sono ignobili calunnie, che rispediamo al mittente. Il senatore dimentica che è stato eletto proprio grazie all’impegno della nostra comunità , che ora insulta. Anche ciò che ha detto di un governo che Renzi ha voluto e di cui Iv fa ancora parte è molto grave. Gli auguriamo buon lavoro” – e del consigliere regionale Pietro Bussolati: “Il senatore Cerno ha tutta la legittimità di fare le scelte politiche che ritiene e io di criticarlo, come per le sue posizioni sulla Tav che tradiscono il sentimento presente nel territorio in cui è stato eletto, ma certamente non ha alcun diritto di rivolgersi verso il Pd milanese e la sua segretaria con parole infamanti e inaccettabili. Sarebbe bene che i suoi “nuovi” colleghi di Partito milanesi prendano le distanze dalle sue affermazioni”.
(da agenzie)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
ESERCIZIO PROVVISORIO DA DUE MESI PER NON ESSERE STATI IN GRADO DI APPROVARE IL BILANCIO, INVESTIMENTI BLOCCATI, ISOLAMENTO AEREO E COSTI DI VOLI E TRAGHETTI AUMENTATI DEL 30%, PASTORI FREGATI DA PROMESSE MANCATE
Qualche giorno fa Matteo Salvini era molto arrabbiato perchè il Governo Conte si stava prendendo «il merito della proroga della Continuità aerea che però è stata ottenuta dal presidente Solinas trattando direttamente con Bruxelles».
Improvvisamente la Sardegna è riapparsa sui radar della Lega nazionale, ad un anno esatto dalla promessa di Salvini di far arrivare il prezzo del latte di pecora ad un euro al litro “entro 48 ore”.
Di ore ne sono passate davvero tante, ma dopo la vittoria di Solinas Salvini si era un po’ dimenticato dell’isola nella quale aveva ottenuto la sua vittoria più importante.
La Sardegna ha rappresentato uno snodo cruciale della strategia della Lega: è stata la prima regione “del Sud” ad essere governata della Lega.
Una vittoria ottenuta grazie ad una campagna elettorale che poi sarebbe diventata un classico con Salvini che ha battuto palmo a palmo il territorio (il tutto mentre era ministro dell’Interno) mentre il candidato Presidente rimaneva più in disparte.
Una cosa che, giusto per fare i paragoni, difficilmente Salvini potrà fare in Veneto da qui a fine maggio, dove Luca Zaia di sicuro non si limiterà a fare la comparsa per la campagna elettorale del capo.
Lo stesso schema è stato riproposto con in Umbria (con successo) e in Emilia-Romagna (senza molta fortuna). Curiosamente i tre candidati erano tutti già eletti al Senato con la Lega.
Il problema della Sardegna è stato che una volta spentisi i riflettori della campagna elettorale, una volta finito l’ultimo giro di promesse, le cose si sono bloccate. O quasi. Perchè di Sardegna si è parlato ad esempio quando il deputato Claudio Borghi ha scoperto il “furto” di mare da parte dell’Algeria (ma si sapeva già quando al governo del Paese c’era la Lega).
E il resto? La Sardegna è in esercizio provvisorio da ormai due mesi e stando a quanto scrive la consigliera regionale Desirè Manca, del M5S, «la legge di bilancio ancora latita». Significa che nel frattempo gli investimenti per i sardi sono bloccati.
Così come non è consultabile (e non è la prima volta che accade) la legge di riforma sanitaria approvata dalla giunta Solinas il 23 dicembre del 2019.
Quello che non è bloccato invece è la proroga per sei mesi per i Direttori Generali della Regione. E non è stata bloccata nemmeno la proposta di moltiplicazione delle poltrone — di nominati direttamente dalla giunta — di dirigenti negli enti regionali.
Il vero emblema della Sardegna bloccata è la gestione della questione della continuità territoriale che si risolverà — pare — con un’altra proroga.
«Non c’è la possibilità di prenotare un volo per una data successiva al 16 aprile e il costo delle navi, dal primo gennaio 2020, è aumentato del 30%» scriveva il 24 gennaio Massimo Zedda che aggiungeva «Si sapeva? Sì. È stato fatto qualcosa? No. Avremmo dovuto parlarne questa mattina in Consiglio regionale, ma il presidente della Regione e il suo assessore ai Trasporti erano assenti».
Qualche giorno fa sulla vicenda era intervenuta la ministra dei Trasporti Paola De Micheli che ha ricordato come «a novembre ho ricevuto il presidente della Regione e gli assessori e ho fatto loro presente che quel modello non può essere accolto in Europa. Nonostante questo la Sardegna ha deciso di andare avanti».
Solinas non l’ha presa bene e ha accusato la De Micheli di aver rilasciato interviste «nelle quali parla della Regione Sardegna non come di un interlocutore istituzionale ma come un’opposizione politica al suo governo».
Ed è qui che Salvini è tornato in scena per chiedere le dimissioni della ministra. Curioso che non si sia occupato della continuità territoriale (o degli altri problemi della Sardegna) in questi ultimi dodici mesi. Ma la “latitanza” di Solinas su certi temi esiste.
Ieri il consigliere regionale Francesco Agus denunciava la decisione del Presidente del Consiglio regionale di “sconvocare” la seduta nella quale si sarebbe dovuto discutere della vertenza Air Italy che interessa oltre 550 lavorati sardi. La motivazione? Christian Solinas non poteva essere presente.
Al posto della seduta formale è stata convocata quella che Agus definisce “una riunioncina” con le rappresentanze sindacali. Nel frattempo c’è un’assessora (Gabriella Murgia) che scrive nel gruppo nato per la creazione di una compagnia aerea “popolare” che quella in fondo “è l’unica soluzione”.
E i pastori sardi? Dopo quasi un anno finalmente giovedì scorso è stata convocato il tavolo ovi-caprino. È stato risolto o deciso qualcosa? Secondo la CIA Sardegna la risposta è no e ha diffuso una nota nella quale si legge che l’incontro «si è rivelato una perdita di tempo e ha confermato che la Regione è profondamente lontana dalle difficoltà che vivono le aziende agricole sarde» anche alla luce di «una prospettiva catastrofica che vede delinearsi sullo sfondo della Finanziaria regionale un taglio di 12 milioni di euro sui fondi destinati all’agricoltura isolana».
Ma cosa ha proposto l’assessora Gabriella Murgia? La creazione dell’Ente sardo per la pastorizia che dovrebbe diventare il punto di riferimento per il comparto.
Secondo la CIA Sardegna si tratta solo dell’ennesimo spot pubblicitario: «una nuova struttura che assorbirà risorse per la gestione, che avrà un nuovo presidente e un nuovo direttore generale. Niente di più che un ritorno al passato. Tutto questo per mascherare il fatto che la Regione e l’assessora Murgia non hanno nessuna idea e nessuna proposta concreta in grado di dare sicurezza e prospettive a questo comparto».
I pastori speravano di ottenere una risposta, in cambio è stata fatta loro l’ennesima promessa.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile
REPORT DRAMMATICO: IN AUMENTO ANCHE I CASI DI VIOLENZA SESSUALE SU MINORI… QUESTE SONO LE VERE EMERGENZE, ALTRO CHE LE CAZZATE SOVRANISTE
Questa mattina si è riunita a Palazzo San Macuto a Roma la commissione parlamentare per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il quadro tracciato dalla pm di Roma Maria Monteleone sembra essere davvero drammatico, soprattutto se si guarda al grido d’allarme che è stato lanciato in relazione ai reati che riguardano lo sfruttamento minorile e i reati legati alla sfera sessuale. L’ordine del giorno della commissione riguardava il seguito dell’indagine conoscitiva sulle forme di violenza fra i minori e ai danni di bambini e adolescenti.
L’audizione della dottoressa Maria Monteleone, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, ha mostrato quanto segue.
In città , infatti, pare che ci siano stati casi — sperimentati dalla stessa procuratore aggiunto — di prostituzione minorile di adolescenti d’età compresa tra i 10 e i 13 anni. Un fenomeno fortemente preoccupante, soprattutto se si considera che i casi di violenza sessuale sui minori si sono moltiplicati nel corso degli ultimi anni.
«La prostituzione minorile è un altro tra i reati più inquietanti che dobbiamo registrare perchè vede come vittime bambine e bambini, anche di età compresa tra i 10 e i 13 anni — ha detto la pm -. A Roma nel 2019 abbiamo aperto 31 nuovi procedimenti penali. E negli anni passati c’era stata un’impennata in questa materia dopo la vicenda delle cosiddette baby squillo».
Ma non ci si limita soltanto a questo: 117 nuovi procedimenti sono stati aperti per atti sessuali nei confronti di minorenni con un numero sempre maggiore di adescamenti che arrivano attraverso i social network e internet in generale.
Il quadro tracciato dalla Monteleone, inoltre, riguarda anche le violenze perpetrate sui bambini che frequentano le scuole dell’infanzia, le sottrazioni di minori all’interno di casi legati a emergenze sociali e a episodi di atti osceni nei pressi di luoghi frequentati dai minori.
Un vero e proprio bollettino di guerra, che andrebbe analizzato in maniera approfondita e sul quale andrebbero prese delle serie misure correttive da parte delle istituzioni presenti sul territorio.
(da agenzie)
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