Aprile 15th, 2020 Riccardo Fucile
PER I FEDELI CRISTIANI AMMASSATI IN UNA CHIESA A PASQUA SOLO UN POST SU FB
Il razzismo ai tempi del coronavirus. Oltre ai recenti scivoloni politici a livello nazionale arriva ora anche una comunicazione che i più non esitano a definire razzista. Le ben note raccomandazione per il contenimento della diffusione del coronavirus — dal rimanere a casa al lavarsi le mani — sono state ribadite in un documento indirizzato dal sindaco della cittadina in provincia di Salerno «alla comunità magrebina della Città di Scafati».
Cristoforo Salvati, sindaco di Scafati, ha firmato un’ordinanza fatta ad hoc per la comunità magrebina della provincia. Nel foglio si legge: «È fondamentale che tutta la comunità magrebina della città di Scafati, anche in prospettiva dell’imminente avvio del periodo sacro del Ramadan per i credenti islamici, si attenga scrupolosamente a quanto sopra riportato, in quanto misure essenziali per il contenimento dell’emergenza epidemiologica». Il riferimento alla comunità magrebina c’è ed è nero su bianco, quindi, scritto ad hoc per integrare quella lista che tutti quanti conosciamo bene
Raccomandazioni aperte ai magrebini, cenni vaghi ai fedeli cristiani
La necessità di rivolgersi specificatamente alla comunità magrebina assume ancora di più — qualora servisse — tinte razziste se si pensa che solo qualche giorno fa si è reso necessario l’intervento dei carabinieri per disperdere una folla di fedeli arroccati in chiesa.
Cristiani (e italiani) che pretendevano di celebrare la Pasqua a Messa. In questo caso il sindaco si è limitato a condannare la questione con un post Facebook, cosa che — a quanto pare — non basterebbe per la comunità magrebina, la quale si è vista nominare direttamente nell’avviso pubblico e protocollato. Un virus che, a quanto pare, distinguerebbe fedeli cristiani e fedeli musulmani.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2020 Riccardo Fucile
PARTONO GLI ACCERTAMENTI
Una allegra grigliata di Pasquetta nel cortile del carcere di Sollicciano a Firenze: in barba ai divieti e
senza rispetto delle norme sanitarie in tempo di coronavirus. Una quarantina di persone che, stando ai primi accertamenti, sarebbero agenti della polizia penitenziaria e rispettive famiglie, sono stati immortalati nel cortile dell’istituto di detenzione fiorentino.
La notizia è stata riportata da La Nazione con tanto di servizio fotografico in cui si vede il fumo della griglia e un assembramento di persone senza mascherina nel cortile del carcere. Nel lunedì di Pasquetta sono state segnalati rumore e voci nel cortile del carcere fiorentino: sapendo delle tensioni che nei giorni dell’emergenza sanitaria ha attraverstato molti istituti di pena, qualcuno ha pensato a una rivolta dei detenuti. Invece si trattava di una grigliata per onorare il giorno dopo la Pasqua e sembra ci sia stata anche una partita a calcio nel campetto dell’istituto.
Come se non ci fossero divieti, come se il rischio sanitario non riguardasse quell’enclave.
Il direttore del carcere Fabio Prestopino spiega: “Ero all’oscuro di tutto e ho già fatto partire un’inchiesta interna per capire come si siano svolti i fatti” dice amareggiato.
Secondo una ricostruzione, il direttore che non si trovava a Firenze è stato chiamato lunedì pomeriggio da un funzionario del vicino istituto Gozzini, la casa circondariale a custodia attenuata che segnalava voci nel cortile del carcere.
Il direttore avrebbe immediatamente telefonato per accertarsi di eventuali problemi, ma sarebbe stato rassicurato che tutto era tranquillo. Secondo alcuni, nel cortile del carcere sarebbero stati presenti anche alcuni bambini: “Questo a me non risulta” spiega Fabio Prestopino. Il direttore e il capo della polizia penitenziaria sono stati convocati per questa mattina dal provveditore regionale.
Lo scorso 10 marzo c’erano state proteste all’interno dell’istituto quando si era diffusa la notizia che un allievo della polizia penitenziaria è risultato positivo al coronavirus. Altri allievi che facevano servizio con lui erano stati posti in quarantena.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2020 Riccardo Fucile
IN SASSONIA CI SAREBBERO 14.000 MEDICI SIRIANI ARRIVATI DAL 2015, MOLTI SONO SPROVVISTI DI UNA LICENZA
La Germania viene spesso citata in contrapposizione all’Italia come esempio di uno governo europeo che è riuscito a mobilitare la risorse sanitarie necessarie per arginare l’avanzata del Coronavirus, rallentando i contagi nel paese.
I tedeschi hanno i numeri dalla loro parte: con circa 130 mila casi positivi registrati, circa 30mila in meno dell’Italia, il tasso di mortalità è nettamente più basso: circa 3.200 a fronte degli oltre 20mila casi in Italia (dati John Hopkins).
Eppure, con i casi di infezione tra medici e operatori sanitari in aumento, il Paese si trova in difficoltà , tanto che, come scrive il Guardian, alcune associazioni di camici bianchi hanno chiesto di sfruttare una risorsa “invisibile”: i migranti.
La Sassonia apre ai medici siriani
Così è avvenuto in Sassonia dove l’associazione medica statale, che rappresenta circa 25mila camici bianchi, ha rivolto un appello a tutti i medici stranieri residenti nello Stato, anche coloro che attualmente sono sprovvisti di una licenza medica tedesca, per dare una mano per affrontare l’epidemia. Molti di loro — si stima che siano 14mila in tutto — sono di origine siriana, arrivati in Germania nel 2015 quando la Cancelliera tedesca Angela Merkel decise di accogliere 1 milione di profughi. Circa 400 avrebbero già mostrato interesse.
Non si tratta di una decisione o di un appello fatto a cuor leggero, visto che la Sassonia, che conta circa 4 milioni di abitanti, è anche il cuore nero dei movimenti xenofobi di estrema destra, come il partito anti-islam Pegida e Alternative fà¼r Deutschland, che hanno fatto della lotta all’immigrazione e all’accoglienza il loro cavallo di battaglia. Ma l’epidemia bussa alla porta e la carenza di medici si fa sentire. Venerdì erano circa 4mila i casi confermati nello Stato e 76 i decessi da Covid.
L’amministrazione tedesca è stata capace di aumentare velocemente il numero di letti in terapia intensiva, già numerosi rispetto all’Italia: da 24mila disponibili sono passati in poco tempo a 40mila, la maggior parte dotati di ventilatori. Ma, come è successo in Italia, è stato più difficile difendere i medici dal contagio: secondo l’Istituto Robert Koch, sarebbero circa 2.300 i medici in malattia o in quarantena, anche se il numero totale potrebbe essere più alto.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2020 Riccardo Fucile
IERI SONO STATI 17 ORE AL TRIVULZIO, ORA TOCCA ALLA REGIONE: SI CERCANO LE CARTE SULLA DIRETTIVA LOMBARDIA
Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano sta effettuando delle acquisizioni di
documenti negli uffici della Regione Lombardia nell’inchiesta in più filoni che vede al centro il Pio Albergo Trivulzio e altre Rsa milanesi per la gestione di ospiti anziani e pazienti nell’emergenza Coronavirus. Lo apprende l’ANSA.
L’acquisizione di documenti, in corso da parte della Gdf negli uffici della Regione Lombardia, punta, da quanto si è saputo, a raccogliere atti e altro materiale sulle direttive che l’amministrazione regionale e l’assessorato al Welfare hanno dato al Pio Albergo Trivulzio e alle rsa sulla gestione degli anziani e dei pazienti.
L’attività è diretta conseguenza di quella effettuata ieri al Trivulzio e poi le carte raccolte dovranno essere sottoposte alle verifiche incrociate degli investigatori.
Ieri è andata avanti fino a notte fonda l’attività della Gdf negli uffici della “Baggina” per acquisire e sequestrare documenti, tra cui centinaia di cartelle cliniche, sulla base di un decreto a carico del dg Giuseppe Calicchio e dell’ente, firmato dai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, che indagano sulla gestione di ospiti anziani e pazienti e su presunte irregolarità che avrebbero favorito il contagio da Coronavirus.
I finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria hanno, dunque, lavorato ieri per quasi 17 ore per acquisire materiale utile, tra cui anche le direttive ricevute dalla struttura e inviate dalla Regione e le comunicazioni anche informatiche.
Ora gli investigatori dovranno iniziare a visionare tutti i documenti, tra cui anche quelli sui tamponi, scarsi così come le mascherine, per un’analisi che potrà durare anche alcune settimane. Intanto, nelle altre indagini sulla strage di anziani nelle case di riposo milanesi, alcune di queste già oggetto di perquisizioni, sono stati iscritti i vertici nel registro degli indagati.
La strage silenziosa negli istituti per anziani continua a non risparmiare nemmeno le altre province lombarde e indagini e blitz si moltiplicano.
Solo nei primi giorni di aprile i carabinieri del Nas di Brescia hanno effettuato una quindicina di ispezioni nelle case di riposo bergamasche, mentre il Nas di Milano oggi è entrato in quelle milanesi, ma anche delle province di Como, Varese e Monza.
Nel frattempo, anche la Procura di Sondrio ha aperto un’indagine per epidemia colposa sulle morti nelle Rsa e indagano anche le Procure di Como, Lecco e Lodi. E un fascicolo conoscitivo è stato aperto anche a Cremona con un pool che si occuperà non solo degli aspetti sanitari ma anche quelli economici. C’è da dire, poi, che il dramma non riguarda solo la Lombardia, con inchieste in corso anche in altre regioni, come in Abruzzo, a Sulmona (l’Aquila), sui contagi in una casa di riposo.
(da “Huffingtonpost”)
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