Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
“SI FACCIA PER FAVORE TUTTO IL POSSIBILE PER EVITARE UNA CATASTROFE UMANITARIA… E NON DIMENTICHIAMO LA MARTORIATA UCRAINA CHE ADESSO NON SE NE PARLA MA IL DRAMMA CONTINUA”
“Inquieta il possibile allargamento del conflitto mentre nel mondo tanti fronti bellici sono già aperti”. Lo ha detto il Papa, alla fine dell’udienza generale, parlando di Israele e Palestina. “Tacciano le armi, si ascolti il grido di pace dei poveri, della gente, dei bambini. Fratelli e sorelle – ha sottolineato Papa Francesco – la guerra non risolve alcun problema, semina solo morte e distruzione, aumenta l’odio moltiplica la vendetta. La guerra cancella il futuro”.
“Anche oggi cari fratelli e sorelle, il pensiero va in Palestina, in Israele: le vittime aumentano e la situazione a Gaza è disperata, si faccia per favore tutto il possibile per evitare una catastrofe umanitaria”.
“Continuiamo a pregare per la pace, e non dimentichiamo la martoriata Ucraina che adesso non se ne parla ma il dramma continua”.
Il Papa indice una giornata di preghiera e digiuno per il 27 ottobre, invitando anche i fedeli delle altre confessioni cristiane e di altre fedi. “Esorto i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace, non a parole ma con la preghiera, con la dedizione totale”
“Pensando a questo ho deciso di indire venerdì 27 ottobre una giornata di digiuno, preghiera, di penitenza, alla quale invito ad unirsi nel modo che riterranno opportuno le sorelle e i fratelli delle varie confessioni cristiane e gli appartenenti alle altre religioni e quanti hanno a cuore la causa della pace nel mondo”. Ci sarà un momento pubblico in Vaticano: “Quella sera alle ore 18 in San Pietro vivremo in spirto di penitenza un’ora di preghiera per implorare ai nostri giorni la pace, la pace in questo mondo. Chiedo a tutte le chiese particolari di parteciparvi predisponendo iniziative simili che coinvolgano il popolo di Dio”, ha concluso il Papa.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
“L’OCCIDENTE VUOLE CAPIRE CHE NON POSSIAMO PIU’ PERMETTERCI I NETANYAHU?”
“Finché non si riprende quel percorso fallito, ma che è l’unico
possibile, della sicurezza in cambio di terra e finché non si riprende l’ispirazione dei vari accordi di Oslo non ci sarà mai una soluzione nel conflitto israelo-palestinese e periodicamente la guerra esploderà. Gli unici soggetti in grado di far riprendere la strada della trattativa sono gli Usa, ma non c’è una volontà, né una linea di realpolitik americana in questo senso”.
Così a Uno, Nessuno, 100Milan, su Radio24, il filosofo Massimo Cacciari critica il ruolo degli Usa nella tragica situazione in Medioriente, auspicando al contempo che l’attuale leadership americana intervenga in quello che lui definisce “disordine globale”.
E aggiunge: “È interesse vitale per gli Usa, oltre che per l’Europa e per tutto l’Occidente, lavorare per una via d’uscita, visto che ormai la sicurezza dell’Europa dipende in toto dagli Usa. Come fanno gli Usa a non capire che non possono logorarsi tenendo insieme 3 fronti cruciali aperti? – spiega – C’è il fronte con un vecchio impero ormai chiaramente in decadenza, cioè la Russia. C’è il fronte mediorientale e poi, in prospettiva, il fronte fondamentale della Cina. Come fanno gli Usa a non pensare di risolverne almeno due, ovvero quello russo e mediorientale?”.
Altrettanto sferzante è il giudizio di Cacciari sull’attuale presidente americano e sul suo predecessore: “Come si può pensare che una situazione tragica di questo genere possa essere affrontata dai Biden e dai Trump? C’è ormai una insufficienza drammatica anche nella leadership americana, è una questione chiara come il sole. Ripeto, è interesse degli Usa, dell’Occidente e anche di Israele concludere questa vicenda. Non è possibile tenere aperta la questione palestinese in questi termini, perché prima o poi destabilizzerà nuovamente il Medioriente”.
E rincara: “Qualche volta mi chiedo: ma questi politici americani ed europei hanno mai girato per un’ora in incognito e senza scorta per i paesi arabi? Hanno per caso visto che c’è un odio totale di quelle popolazioni nei nostri confronti e in quelli di Israele in primis? Ma come è possibile tenere ancora in piedi una situazione di questo genere? – continua – È evidente che qui abbiamo una mina micidiale che va disinnescata per l’interesse delle democrazie occidentali. Non possiamo continuare con questa situazione, che va chiusa. Non possiamo più permetterci i Netanyahu, lo vogliamo capire o no?”
Cacciari cita infine Zeev Sternhell, storico israeliano dell’Università ebraica di Gerusalemme, uno dei massimo esperti di fascismo e militante del movimento pacifista Peace Now, da sempre critico con le politiche di Israele: “Soltanto un malato di mente può pensare di risolvere la situazione con le occupazioni. Solo una mente malata può sperare che l’occupazione possa portare alla pace”.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
PREVEDE LA RIDUZIONE DELLE AGEVOLAZIONI PER CHI RIMPATRIA… E QUESTO SAREBBE IL GOVERNO DEI “PATRIOTI”
“In Italia mi riducono gli incentivi fiscali, all’estero mi raddoppiano lo stipendio”. Così la stretta alle agevolazioni fiscali per il ritorno dei “cervelli in fuga”, contenuta nel “decreto Anticipi”, rischia di generare un nuovo esodo. True News ha raccolto gli umori di alcuni giovani lavoratori.
“Considerato il rapporto tra costo della vita e portata dei salari, nettamente a sfavore di questi ultimi, mi troverò costretto a lasciare di nuovo l’Italia, cercando all’estero condizioni fiscali più favorevoli”.
Sembra una beffa: quando qualcosa sembra finalmente funzionare, viene modificata, sabotata, eliminata. E’ quello che sembra stia accadendo in questi giorni agli impatriati con l’approvazione del “decreto Anticipi”.
Gli impatriati, ex cervelli in fuga rientrati in Italia anche e soprattutto grazie alla serie di agevolazioni fiscali emanate nel corso degli anni, sono in subbuglio alla notizia del “decreto Anticipi”, approvato lunedì 16 ottobre. Dirompente il nuovo testo normativo che ridimensiona sensibilmente il regime agevolativo temporaneo a favore dei lavoratori tornati in patria. Una misura che, invece, è risultata particolarmente efficace, favorendo il rientro in Italia di una consistente quantità di persone fisiche nel giro di due decenni. Più di 21 mila solo nel 2021.
La stretta sui cervelli tornati in patria fa discutere
Tra le misure adottate dal Consiglio dei ministri all’interno della manovra economica appena approvata, spicca la stretta alle agevolazioni per gli impatriati. Il nuovo testo normativo sembra ridimensionare in modo impattante l’ambito applicativo degli incentivi. Con proporzionale restringimento dei soggetti che potranno usufruirne. Sia da un punto di vista qualitativo, che quantitativo. Il programma preoccupa molti “cervelli in fuga” tornati a lavorare in patria. Già partita la loro mobilitazione per fermare la disposizione. Su Facebook è infatti attivo il Gruppo Controesodo che ha avviato una raccolta firme e che raccoglie i malumori degli impatriati. Gli utenti commentano così il nuovo decreto: “Lo riteniamo un enorme autogol per il Paese, una iniziativa che manda in fumo anni di durissimo lavoro da parte del nostro gruppo, riuscendo addirittura a peggiorare la prima versione della normativa che si era rivelata totalmente inefficace. Proprio ora che i dati ministeriali avevano iniziato a mostrare un forte aumento dei rientri! Non riusciamo a comprendere come un governo che fa della natalità un cavallo di battaglia vada ad abrogare le norme sul radicamento legate alla presenza dei figli. Non riusciamo altresì a comprendere perché le agevolazioni maggiorate previste per il Mezzogiorno vengano cestinate”.
Nuovo regime di agevolazione per gli impatriati. Ecco che cosa cambia
Ma che cosa cambierà nello specifico rispetto all’attuale regime di tassazione agevolata?
Lo descrive bene il Gruppo Controesodo. “Il regime impatriati verrà abrogato e sostituito da un regime depotenziato che sarà di portata inferiore sia nella percentuale (50% contro il 70-90%), che nella durata (5 anni anziché 10), non prevederà un’estensione della durata legata a casa e figli (radicamento) ed è notevolmente più stringente in termini di requisiti per l’accesso (alta qualificazione non meglio specificata)”.
Viene, dunque, limitata nettamente la portata dell’agevolazione. A partire dal 2024, la detassazione passa dal 70% al 50% entro un reddito complessivo di 600 mila euro ed è riservata ai ricercatori e ai docenti che trasferiranno la loro residenza fiscale in Italia dal prossimo anno. Inoltre, il nuovo decreto “obbliga a una permanenza pari alla durata del regime – cinque anni -, pena la decadenza totale con richiesta di restituzione di tutti gli importi più interessi e sanzioni. Da qui la deduzione che i potenziali beneficiari saranno pochissimi”, si legge sulla pagina del gruppo.
Detassazione per gli impatriati: requisiti d’accesso più severi
Forte anche la stretta riguardante i requisiti specifici per beneficiare della detassazione. La fruibilità del regime di agevolazione sarà consentita solo ai lavoratori che non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi di imposta precedente al ritorno in patria. Requisito fondamentale è l’impegno a risiedere fiscalmente nello Stato per almeno cinque anni. L’attività lavorativa dovrà essere svolta in Italia per la maggior parte del periodo di imposta. Inoltre, i lavoratori devono essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, come definiti dalla legislazione speciale in materia. In particolare, risulta necessario il possesso di un titolo di istruzione superiore di durata triennale, che sia riconosciuto dallo Stato italiano.
L’attuale testo normativo sostituisce quindi il decreto Crescita del 2019, che estendeva il beneficio fiscale a tutti gli impatriati che rispettassero i requisiti fondamentali, ma senza obbligo di elevata specializzazione o laurea. Inoltre, il programma appena approvato esclude dal godimento dell’agevolazione chi è titolare di reddito d’impresa. Il regime viene invece confermato per i titolari di reddito di lavoro dipendente, di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e di lavoro autonomo.
Allarme fuga di cervelli. “In Italia mi riducono gli incentivi fiscali, all’estero mi raddoppiano lo stipendio”
Ricercatori, docenti e lavoratori dello sport risultano essere le categorie meno toccate dalle modifiche apportate. Ma tutti gli altri cervelli impatriati? True News ne ha parlato con alcuni under 35 che operano nell’ambito economico-finanziario in aziende multinazionali con filiali in tutto il mondo. “A parità di ore e tipologia di lavoro, risulta più conveniente optare per un trasferimento in una sede estera, dove i salari sono nettamente più elevati rispetto a quelli italiani. Basta andare a Madrid, dove prenderei quasi il doppio del mio stipendio attuale grazie alla legge Beckham, per non parlare dello stipendio offerto dalla stessa azienda nelle sedi in Middle East”, ci ha spiegato uno dei giovani contattati. Opinioni condivise anche dagli altri impatriati.
Il generale ridimensionamento delle agevolazioni per i lavoratori tornati in Italia dall’estero rischia, dunque, di vanificare tutta la serie di manovre e sgravi fiscali messi in atto, fin dal 2004, col fine di favorire il rientro di giovani lavoratori e laureati. Sembra in definitiva che si chieda ai giovani lavoratori di fare ritorno in Italia, proponendo però loro una vera e propria bastonata dal punto di vista fiscale. Non proprio una strategia lungimirante.
(da true-news.it)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
L’ACCORPAMENTO DELLE PRIME DUE ALIQUOTE E LE BALLE DEL GOVERNO: ALTRO CHE 100 EURO AL MESE IN PIU’ IN BUSTA PAGA, SI TRATTA DI UNA CIFRA TRA 8 E 20 EURO E SOLO PER UN ANNO
A pensar male, uno si domanda: ma come mai il taglio del cuneo
fiscale solo per il prossimo anno, da approvare senza emendamenti e (soprattutto) senza soldi?
Risposta della destra in coro con le mani bene aperte e gli occhi spalancati a convincere l’interlocutore: siamo un governo politico e facciamo scelte politiche. Le mani e gli occhi tradiscono la bugia.
La frase tradotta per bene dice: siamo un governo in piena corsa elettorale – elezioni europee il prossimo giugno – e facciamo scelte elettorali. Vogliamo vincere. Dobbiamo vincere. Il resto è fuffa, moltiplicata per il numero delle chiacchiere.
Cento euro in più al mese per 14 milioni di lavoratori, dice la propaganda dei meloni e delle zucche di governo, per quella fascia di reddito che va da 23 a 35 mila euro l’anno? In realtà si tratta di una cifra tra 8 e 20 euro al mese
Ceto medio impoverito in purezza, grasso che colerà sulle urne del prossimo 6 giugno, quando si giocherà il futuro del Parlamento europeo, gli equilibri e le alleanze politiche dei successivi cinque anni. Che è la vera posta in gioco tra destra e sinistra, sovranisti e europeisti, specialmente dopo i responsi di Spagna e Polonia, dove le destra, alleata dei meloni e delle zucche, ha appena fatto una figura sinistra.
L’altro cioccolatino elettorale è il finanziamento al Ponte sullo Stretto che non si farà, ma vale 700 milioni da buttare (il prossimo anno) per incassare i consensi nelle ricche urne di Sicilia e Calabria.
Scavallato l’anno elettorale, quando il responso del voto sarà al sicuro, e Giorgia Meloni tratterà da leader anche a Bruxelles, si rifaranno i conti con il nuovo debito pubblico, aggravato dai 16 miliardi di extradeficit, dai tagli ministeriali, Sanità compresa, dal prossimo choc energetico e dalle guerre in corso.
A quel punto spariranno gli sgravi fiscali, accettiamo scommesse: è stato bello, godetevi i fantomatici 100 euro a questo giro, ne riparleremo nei prossimi anni, amen.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
NESSUN BONUS O AUMENTO DI STIPENDIO PER CHI E’ IN DIFFICOLTA’
Il governo prosegue nella sua guerra ai poveri: con la manovra non C’è una soglia da guardare: 15mila euro. Una soglia di reddito, che fa un’enorme differenza. E che dice una cosa: la manovra e gli altri decreti collegati del governo Meloni non fanno nulla in favore dei più poveri e delle famiglie in difficoltà.
Gli interventi dell’esecutivo per il 2024 sembrano non tenere in alcun modo conto delle persone con più difficoltà, che non avranno un aumento di stipendio, non avranno bonus e non avranno alcun tipo di vantaggio. Insomma, il governo Meloni conferma la sua guerra ai poveri.
Nulla è stato fatto per i redditi davvero bassi, al di là degli slogan e degli annunci propagandistici del governo. Una beffa soprattutto per chi guadagna meno di 15mila euro, ovvero chi ha più difficoltà economiche. Infatti l’unico reale vantaggio, nel 2024, riguarda proprio chi guadagna più di questa cifra.
Andiamo con ordine: il taglio del cuneo fiscale verrà solo confermato, il che vuol dire che non porterà alcun aumento di stipendio per il prossimo anno, ma semplicemente una conferma di quanto avviene già ora. Tra l’altro se, come dice il governo, in Italia i contratti collettivi permettono già di applicare il salario minimo, viene da pensare che nessun lavoratore dipendente (e quindi beneficiario del taglio del cuneo) con redditi inferiori a 15mila euro dovrebbe usufruire dello sgravio contributivo. Anche se sappiamo benissimo che in realtà non è così.
Il governo punta a fare di più, allora, con la riduzione delle aliquote Irpef. Innanzitutto va ricordato che l’accorpamento della prima e della seconda aliquota porterà tra gli 8 e i 20 euro in più in busta paga: non una gran cifra. Ma soprattutto va sottolineato che al di sotto dei 15mila euro di reddito non ci sarà alcun vantaggio, nessun guadagno, neanche di pochi euro. A chi guadagna meno, quindi, proprio non ci si pensa.
Nulla viene fatto, in generale, per gli ex percettori del Reddito di cittadinanza. Dopo l’avvio della nuova piattaforma per il sostegno e la formazione, che di fatto non prevede offerte di lavoro dove servono, il governo si è completamente disinteressato del problema. E anche nella manovra non sono previsti interventi in tal senso.
L’unico accenno agli ex beneficiari del Reddito arriva quando si parla di sgravi (leggermente) più alti per le aziende che assumono gli ex percettori, così come persone appartenenti ad altre categorie ritenute più fragili (per esempio donne con più figli o disabili).
In generale, il governo non sembra pensare a chi ha più difficoltà. Una strategia che, peraltro, rischia di essere controproducente dal punto di vista della crescita, considerando che è ferma proprio a causa del calo dei consumi. Che di certo non possono essere rilanciati senza aiutare chi ha più difficoltà a effettuare spese.
Per quanto riguarda i redditi più bassi, il governo conferma la Social card: una misura da poco più di un euro al giorno (sono 382,50 l’anno) che è però riservata a poco più di un milione di famiglie, escludendo tantissime altre persone che ne avrebbero bisogno.
L’altro intervento riguarda il bonus trasporti, con il rinnovo dello sconto sugli abbonamenti per i redditi più bassi. Il governo stanzia, però, solamente 35 milioni di euro per tutto il 2024. Pensiamo che solamente l’1 ottobre in poche ore sono finiti i 12 milioni stanziati per il voucher. E che da quando esiste il bonus (lo scorso anno) sono stati spesi 108 milioni. Insomma, lo sconto da 60 euro andrà di nuovo a pochissime persone nel 2024.
(da La Notizia)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
LE STORIE DI CHI DECIDE DI ESPATRIARE: TURNI IRRAGIONEVOLI E STIPENDI BASSI”
Sempre più giovani disertano le scuole di infermieristica in Piemonte. Il fenomeno causa un’emorragia di personale sanitario dal pubblico al privato o verso un impiego oltre confine. In particolare verso il Medio Oriente. A denunciare il fenomeno sono i sindacati. Mentre le associazioni oggi sono subissate da richieste di expat.
Claudio Delli Carri, segretario piemontese del sindacato Nursing Up, ha spiegato che mancano 5 mila infermieri in regione rispetto ai 21 mila operativi. Ma loro denunciano turni irragionevoli, nessuna prospettiva di crescita e stipendi tra i più bassi d’Europa. Per questo se ne vanno. Tra loro, racconta oggi l’edizione torinese del Corriere della Sera, c’è Arianna. Che ha 46 anni e ha deciso di espatriare.
La sanità pubblica
Ha lavorato per vent’anni nella sanità pubblica. «Sono esausta perché sto crescendo mio figlio da sola e far conciliare scuola, formazione, sport con 14 ore di lavoro consecutive per 1.600 euro di stipendio al mese al netto degli straordinari e di qualche indennità, francamente mi sembra ingeneroso verso la nostra professione», spiega. Invece in Arabia «dicevano che offrono 5 mila euro al mese, 63 giorni di ferie all’anno, un viaggio aereo l’anno pagato, andata e ritorno, per poter tornare in Italia, casa pagata, come la palestra e altre attività per il tempo libero». Contro «un quarto dello stipendio, 32 giorni l’anno di riposo e una carriera bloccata». I loro ospedali poi sono «nuovi e belli, non cadono a pezzi come invece accade ai nostri. Offrono tanti servizi collaterali e mi hanno dato la sensazione di un posto dove la qualità del lavoro conta davvero».
Le persone devono sapere
Ha deciso di parlare «perché le persone devono sapere come vivono i sanitari che si occupano della loro salute. L’Organizzazione mondiale della sanità dice che siamo in “burn out”; ci definisce bruciati, insomma, dopo tutto quello che abbiamo vissuto con il Covid». Ma vuole rimanere anonima: «Non so ancora se la mia richiesta avrà buon esito. Meglio essere prudenti. L’ha detto lei: sembra troppo bello per essere vero».
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
PRIMA PORTO EMPEDOCLE, POI TORINO, BOLOGNA E CALTANISSETTA E TERNI
Abdesalem Lassoued, autore dell’attentato di Bruxelles, sbarca a
Porto Empedocle dalla Tunisia il primo novembre 2011. All’epoca è già un islamista radicalizzato ed era evaso dal carcere.
Dieci giorni dopo prende un aereo per la Norvegia, ma al suo arrivo viene rimandato in Italia. Nel 2014 parte per la Svezia e anche lì viene espulso. Torna a Torino, dove fa richiesta d’asilo, e poi va a Bologna. Fino al 2016 resta in Italia e viene segnalato come radicalizzato. Nell’ottobre di quell’anno arriva il suo decreto di espulsione: finisce nel Cie di Caltanissetta. Presenta ricorso e i giudici ordinano la sua liberazione. A quel punto fa perdere le sue tracce. Probabilmente a dicembre scappa in Belgio, dove aveva diversi contatti. E sette anni dopo uccide due cittadini svedesi con un kalashnikov e muore in un conflitto a fuoco con la polizia.
La storia
Undici anni fa Abdesalem Lassoued venne identificato anche a Terni durante un normale controllo di polizia. Mentre l’uomo ritratto in Piazza della Vittoria a Genova non è lui ma un cittadino di origini tunisine nato a Sfax nel 1984. In Tunisia Lassoued finisce in carcere per furto. Con le rivolte di piazza della Primavera Araba riesce a scappare. Sale su un barcone e arriva in Italia. A Oslo va perché lì ha amici. Ma commette alcuni piccoli reati e con la mancanza di documenti finisce espulso. Come prevede il trattato di Dublino, rientra in Italia. Quando va in Svezia vive come un homeless e si radicalizza. Quando arriva a Bologna su di lui arriva una segnalazione alla Digos: «Quel ragazzo parla di Jihad. Dice che vuole andare a combattere. Per noi è pericoloso». La polizia apre un fascicolo e nel 2016 si arriva all’espulsione. Poi l’appello e la fuga in Belgio. Fino alla ricomparsa a Schaerbeck.
(da Open)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
ERA IN CORSO UN RAID AEREO DI ISRAELE CHE USA MISSILI A RICERCA DI CALORE PER DISTRUGGERE I LANCIARAZZI DI HAMAS
È difficile dire con esattezza cosa sia successo la sera di martedì 17 ottobre a Gaza City, quando un razzo è caduto sull’ospedale Al-Ahli Arabi Baptist Hospital, dove avevano trovato rifugio negli ultimi giorni decine di famiglie. Da una parte Hamas e dall’altro Israele si danno colpe a vicenda, mentre la tensione in tutto il Medio Oriente sale a stelle.
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire come sono andate le cose, considerando che mancano ancora verifiche e conferme da parte di fonti indipendenti.
Partiamo da un dato di fatto: una esplosione si è effettivamente registrata all’interno dell’ospedale che si trova a Gaza City. Il ministero della Sanità locale ha parlato all’inizio di centinaia di morti, nello specifico tra le 200 e le 300 vittime. Numero che è poi salito a 500.
Tante le testimonianze che sono arrivate dalla struttura. Tra queste, quella di un medico di Medici senza Frontiere che ha parlato di un “soffitto crollato in sala operatoria”, e quella del professor Ghassan Abu Sittah, che stava sempre lavorando presso l’ospedale di Gaza colpito, il quale ha riferito alla Bbc che “parti dell’ospedale sono in fiamme. Parte del tetto è crollata, c’è vetro ovunque”.
Le due versioni di Hamas e Israele
Il primo a dare la notizia dell’attacco è stato il ministero della Sanità di Gaza, che ha parlato subito di un raid israeliano. In una nota ufficiale, si afferma che questo massacro “rimarrà per sempre una macchia sulla coscienza dell’umanità che è stata testimone degli orrori commessi contro il popolo palestinese senza agire per fermarli”.
Israele, dal canto suo, prima ha affermato, tramite il portavoce dell’esercito, di dover verificare quanto successo. Poi, sempre l’IDF, con una nota, accompagnata anche da un video, ha annunciato che la “Jihad islamica è responsabile di un lancio fallimentare del razzo che ha colpito l’ospedale” a Gaza City
Il video di Al Jazeera
Tra i numerosi video che stanno circolando in rete relativi all’attacco all’ospedale di Gaza, uno in particolare ha attirato l’attenzione degli utenti, ed anche di Al Jazeera
Nelle immagini sembra esserci una intercettazione in volo di un missile, poi due esplosioni, una più piccola e quella sull’ospedale: il che fa pensare che fosse in atto un raid aereo.
Il che potrebbe significare due cose: Israele usa missili a ricerca di calore per distruggere i lanciarazzi, ne hanno lanciati alcuni e hanno colpito accidentalmente anche l’ospedale; oppure l’ospedale era comunque sulla lista degli obiettivi (cosa che Tel Aviv ha negato) e l’attacco era intenzionale.
(da Fanpage)
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Ottobre 18th, 2023 Riccardo Fucile
HA POI TROVATO RIPARO IN UN RIFUGIO ANTIAEREO DELL’AMBASCIATA
Attimi di paura per il cancelliere tedesco Olaf Scholz durante la sua
visita in Israele. Al termine della giornata trascorsa a Tel Aviv, Scholz si stava imbarcando sul suo aereo governativo quando i razzi sparati da Gaza verso l’aeroporto di Ben Gurion lo hanno costretto a correre giù dalle scale e – insieme al suo staff – sdraiarsi sulla pista di atterraggio. In un secondo momento, il cancelliere tedesco si è riparato in un rifugio antiaereo dell’ambasciata tedesca, mentre a Tel Aviv le sirene suonavano per segnalare un attacco missilistico in corso. Scholz, secondo quanto riporta Haaretz, è rimasto nella struttura per qualche minuto.
Nel centro della capitale israeliana si sono sentite diverse esplosioni provocate dal sistema di difesa anti-missile Iron Dome. Oggi il cancelliere tedesco ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a cui ha assicurato tutto il proprio sostegno.
(da agenzie)
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