Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL 63% DELLE FAMIGLIE FATICA AD ARRIVARE A FINE MESE
L’Italia è tra i Paesi europei in cui le famiglie hanno più difficoltà ad arrivare a fine mese. Il dato è allarmante, soprattutto se confrontato alla media Ue: in Italia le famiglie a rischio povertà e che faticano ad arrivare a fine mese sono il 63%, contro il 45,5% che si registra mediamente nell’Unione.
Le cifre vengono fornite dalla prima indagine di Eurostat sulle condizioni di vita in Europa ed evidenziano come l’Italia sia lontanissima dagli altri Paesi grandi e industrializzati.
Nel 2022 il rischio povertà riguarda meno di un quarto delle famiglie in Germania, Svezia e Paesi Bassi. Ma l’Italia fa peggio anche di Francia, Spagna e persino Polonia e Portogallo. Peggio va alla Bulgaria (che supera l’80%) e alla Grecia (addirittura quasi al 90%).
Per quanto riguarda l’Italia, il 6,9% delle famiglie segnala “grandi difficoltà”, il 15,4% parla genericamente di “difficoltà” mentre per il 41,7% c’è “qualche difficoltà” da affrontare per arrivare a fine mese.
Le due cause principali riguardano il lavoro e i figli. A dimostrarlo c’è, per esempio, il dato sull’intensità lavorativa molto bassa: per la media Ue vive in famiglie con questa caratteristiche il 7,7% delle persone tra i 18 e i 64 anni. Per i cittadini italiani questo dato si alza all’11%: è in assoluto il peggiore in Ue.
Per quanto riguarda la povertà, in Italia riguarda il 24,2% delle famiglie contro il 21,6% della media Ue. E a rischio povertà ed esclusione ci sono il 26% delle donne e il 22% degli uomini in Italia: in Ue la media scende al 22,7% per le donne e al 20,4% per gli uomini.
In Italia va meglio della media Ue solamente per i casi di deprivazione grave e per le persone che si dichiarano in buona salute. Eppure anche sulla sanità la situazione è catastrofica: la quota della popolazione italiana che non riesce a fare visite mediche supera la media europea, soprattutto al Mezzogiorno.
(da agenzie)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
ALESSANDRO LIBERATORE LAVORA A PASADENA, NEL CENTRO SVILUPPO DELL’ENTE USA
Alessandro Liberatore, 31 anni, l’anno scorso è partito da Torino per fare negli Stati Uniti il post dottorato da astrofisico. Studia le eruzioni solari a Pasadena, nel centro di ricerca e sviluppo della Nasa. Voleva tornare in Italia l’anno prossimo. Ma il taglio degli incentivi fiscali per il rientro dei cervelli gli ha fatto cambiare idea.
Resterà nella contea di Los Angeles ad analizzare le immagini delle sonde “Solar Orbiter” e “Parker Solar Probe” durante il loro viaggio attorno al Sole. «Non mi sento voluto dallo Stato a cui vorrei restituire un debito perché l’Italia mi ha formato», dice oggi in un’intervista a la Repubblica. «Per questo resterò alla Nasa», conclude nel colloquio con Giuseppe Colombo.
Non mi sentivo valorizzato
«Ho lasciato il mio Paese perché non mi sentivo valorizzato», premette Liberatore. «Dopo un dottorato in astrofisica e due missioni in Antartide ho ricevuto da molte aziende posizioni di basso profilo e in più mi sono sentito dire che continuare a specializzarmi e a fare ricerca mi avrebbe solo reso troppo vecchio per lavorare con loro». A quel punto ha capito che doveva partire: «E così ho fatto domanda per un post dottorato presso il Jpl (Jet Propulsion Laboratory) della Nasa in collaborazione con il California Institute of Technology. Mi hanno preso e a quel punto mi sono detto: sto lì un paio di anni e poi rientro, approfittando anche degli sgravi fiscali per chi ritorna in Italia». Stava programmando tutto: «Ho saputo di alcuni bandi in uscita l’anno prossimo che mi darebbero l’opportunità di ritornare e proseguire la mia attività di ricercatore».
Il decreto che riduce gli incentivi
Però poi ha cambiato idea: «Ho letto del decreto che riduce gli incentivi: in una settimana è cambiato tutto e così sono passato da essere un ricercatore con le agevolazioni a uno senza. Trovo buffo che le mie competenze abbiano perso di valore in pochi giorni». Anche se a quanto pare non tocca nulla riguardo i ricercatori universitari: «Non è chiaro e poi ci sono anche gli enti pubblici e i privati. Il messaggio che passa è che devo essere io a sacrificarmi se voglio ritornare nel mio Paese per portare le mie conoscenze e dare il mio contributo. Oggi, come molti altri, non mi sento voluto dal mio Paese».
(da Open)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL DOCUMENTO DI SOLIDARIETA’ DELLA ANM ALLA GIUDICE APOSTOLICO APPROVATO CON 23 VOTI (TUTTE LE CORRENTI DI CENTRO, SINISTRA E INDIPENDENTI), VOTANO CONTRO GLI 8 DI M.I…. CHE GARANZIE CI SONO CHE I MAGISTRATI SOVRANISTI NON EMETTANO SENTENZE IDEOLOGICHE?
Voto contrario degli esponenti di Magistratura indipendente a quanto deliberato ieri dal comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati in un documento, approvato, appunto, a maggioranza sul caso della giudice di Catania, Iolanda Apostolico e sulle reazioni di esponenti del governo alle sue decisioni sui migranti.
Nel documento, bocciato da Magistratura indipendente, si sostiene l’altro che “lo scopo” del governo è “intimorire ogni giudice che dovesse assumere un’interpretazione non gradita o allineata ad un certo indirizzo politico e persuadere i cittadini che decisioni sgradite, non in linea con le scelte del governo, siano solo frutto di esercizio strumentale e, quindi, deviato della giurisdizione e di contrapposizione politica”.
“Oggi alla riunione del Comitato Direttivo Centrale dell’Anm come nei giorni scorsi al CSM, Magistratura Indipendente ha dimostrato di aver fatto una scelta di campo”, si legge in una nota di commento del coordinamento delle toghe di AreaDg.
“Al congresso di Palermo – continuano – avevamo ben spiegato come si stesse saldando un asse tra questo gruppo associativo e la maggioranza di Governo. Quale la contropartita? I voti dei laici di centrodestra necessari a monopolizzare le nomine dell`autogoverno in cambio della tacitazione della magistratura e della ANM portata in dote da M.I.? Si vorrebbe una magistratura silenziosa e prona alle linee culturali della maggioranza, ottenuta anche a costo di rinunciare alla funzione di interpretazione delle leggi. Un associazionismo silente o comunque diviso che sacrifica i magistrati che rendono provvedimenti sgraditi lasciandoli esposti al dileggio pubblico e prolungato per settimane e ad una indecente attività di dossieraggio che ne attinge la sfera più privata”.
“Oggi abbiamo fermato questa deriva ma le insidie che reca sono sempre presenti. Ci chiediamo quale prezzo la magistratura dovrà pagare prima che questo disegno venga abbandonato”, conclude il coordinamento di AreaDg.
La Lega ringrazia i magistrati amici
Un comunicato stampa, scritto appositamente da un partito di governo per ringraziare una corrente della magistratura. E già questa dinamica è inedita. Diventa anomala se pensiamo che la corrente viene pubblicamente omaggiata per aver spaccato il sindacato delle toghe, schierandosi contro un documento di solidarietà alla giudice duramente attaccata dall’esecutivo. Se l’avessero fatto i Democratici di sinistra, ai tempi in cui Silvio Berlusconi aveva ingaggiato la sua personale lotta contro le cosiddette “toghe rosse“, sarebbe scoppiato il putiferio.
Invece a offrire pubblico sostegno a Magistratura indipendente, la componente sovranista nel mondo delle toghe, è la Lega, cioè il partito che maggiormente ha attaccato Iolanda Apostolico, la giudice di Catania colpevole di aver giudicato illegittimo il decreto migranti dell’esecutivo.
D’altra parte, solo poche settimane fa, i sette consiglieri togati eletti al Csm da Magistratura indipendente non avevano firmato la richiesta di aprire una pratica a tutela della giudice Apostolico a Palazzo dei Marescialli: in pratica avevano rinunciato a difendere una collega per non attaccare il governo di Giorgia Meloni. Esattamente la stessa decisione presa ieri all’Anm.
CHI STA IN M.I.
Corrente di appartenza del sottosegretario Alfredo Mantovano, il magistrato tornato al governo come uomo di fiducia di Giorgia Meloni, a Magistratura indipendente appartengono quasi tutte le toghe chiamate dal guardasigilli Carlo Nordio in via Arenula: dal capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria Giovanni Russo al capo di gabinetto Alberto Rizzo fino al capo del Dipartimento giustizia minorile Antonio Sangermano. Lavorava al ministero anche uno degli storici leader di Magistratura indipendente: Cosimo Ferri, noto negli ambienti romani come il “geco“, soprannome che gli avevano appioppato perché aspettava la notte per andare a fare visita a Silvio Berlusconi. Politico con la toga, ma anche magistrato con la testa da politico, doppio figlio d’arte (il padre fu ministro ma pure leader di Magistratura indipendente), Ferri è stato sottosegretario alla giustizia di tre governi diversi. Poche settimane fa è riuscito a farsi eleggere nel Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, l’organo di autogoverno dei giudici tributari. Nel frattempo è ancora sotto procedimento disciplinare per aver tentato d’indirizzare la nomina a procuratore di Roma nell’ormai famoso incontro notturno all’hotel Champagne con Luca Palamara, Luca Lotti (che nella Capitale era ed è imputato) e cinque consiglieri del Csm. Sul procedimento, tornato alla Camera dopo la sentenza della Consulta a favore di Ferri, incombe la prescrizione.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
GLI ATTIVISTI DENUNCIANO IL NEGAZIONISMO SUL CLIMA E LE POLITICHE DEL GOVERNO: “GOVERNO DEI BALOCCHI, TU LA SAI LA VERITA’, LA CRISI CLIMATICA E’ GIA’ QUA”
Hanno scelto la favola di Pinocchio per protesta questa mattina sotto alla sede del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini. Sono circa un centinaio gli e le ecoattiviste di Extinction Rebellion che hanno occupato l’ingresso della sede chiudendosi il collo con dei lucchetti e con nasi lunghi, simbolo intramontabile della bugia.
La protesta è scattata questa mattina, lunedì 23 ottobre, come denuncia contro il negazionismo e le contraddizioni delle politiche del Governo. Con gli attivisti seduti davanti all’ingresso, con il collo chiuso nei lucchetti e il naso lungo, simbolo delle bugie, anche alcuni che si sono arrampicati sui pali della luce con corde, imbrago e caschetto. Tutto sotto gli occhi di un grande Pinocchio di cartapesta seduto su due barili di petrolio mentre regge in mano la terra in fiamme.
In poco tempo è arrivata la polizia che ha iniziato a far spostare gli attivisti seduti davanti alla porta. Alcuni di loro, per rendere più complicate le operazioni di spostamento, si sono sdraiato. È il caso di una ragazza, alzata di peso da alcuni poliziotti mentre ancora indossa il naso da Pinocchio. Stessa cosa per due ragazzi sono incatenati l’uno all’altro con due lucchetti al collo
I poliziotti una volta arrivati hanno continuato a spintonare e spostare di peso uno per uno ogni attivista. Durante l’operazione di sgombero della manifestazione, ad essere spinto giù per le scale anche Valerio Renzi, giornalista di Fanpage.it, che, arrivato per documentare quanto stava accadendo, si era avvicinato agli attivisti. E che, in un attimo, si è trovato fuori dal porticato dell’ingresso al ministero.
Le ragioni della protesta
“Governo dei Balocchi tu lo sai qual è la verità: la crisi climatica è già qua”, si legge in alcuni striscioni. In altri, dal colore giallo con il simbolo dell’organizzazione, invece, c’è scritto “decidere insieme”.
“Abbiamo trascorso il luglio più caldo mai registrato, poi l’agosto più caldo e infine il settembre – dichiarano gli ecoattivisti – Ma i ministri continuano a dichiarare che d’estate ha sempre fatto caldo e che lo scioglimento dei ghiacciai è dovuto a cicli naturali. Stanno deliberatamente mentendo e ingannando i cittadini”.
“È un governo lontano dalla realtà – continuano – L’alluvione in Emilia Romagna, gli incendi in Calabria e Sicilia, i nubifragi: di fronte a questi dati drammatici, è arrivato il momento di dire la verità e smetterla di minimizzare gli effetti di quella che è stata definita la crisi più grande che l’umanità abbia mai affrontato”.
Il progetto del ponte sullo Stretto di Messina
“Per compiere la transizione ecologica servono il coinvolgimento attivo della cittadinanza e l’impegno della politica che investe in grandi opere che aggravano la crisi climatica invece di affrontarla”, hanno aggiunto facendo riferimento alla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, per il quale si prevede l’utilizzo di tonnellate di materie prime, soprattutto acciaio e cemento e la conseguente liberazione di migliaia di tonnellate di CO2. Una quantità dieci volte superiore alle emissioni annuali dei traghetti che oggi collegano la Sicilia alla Calabria.
(da Fanpage)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL PROGRAMMA DI FAZIO FA DIVENTARE IL CANALE NOVE SECONDA RETE NAZIONALE
Ancora un risultato ottimo per Che Tempo che Fa in trasferta sul 9. La seconda puntata della trasmissione condotta da Fabio Fazio – andata in onda ieri – ha superato il debutto: 2,3 milioni di telespettatori e l’11,26% di share, rendendo Nove seconda rete nazionale, ha scritto Fazio su X.
Il 15 ottobre il programma aveva totalizzato uno share del 10,5% realizzando un vero e proprio record per la rete Warner Bros Italia: la trasmissione era diventata la più vista del broadcast nel nostro Paese.
A distanza di una settimana quindi Fazio e la sua squadra si confermano e si superano migliorando ancora il risultato. A trainare gli ascolti sono stati anche gli ospiti del salotto del conduttore.
Nella puntata di ieri infatti è arrivato Patrick Zaki che doveva invece inaugurare la prima puntata, ma in seguito ai suoi commenti sulla guerra tra Israele e Hamas la sua presenza è stata posticipata. Proprio durante la sua intervista con Fazio, l’attivista ha voluto precisare la sua posizione parlando di come «la violenza produce violenza, con la pace ci deve essere la giustizia. Non bisogna tenere presente tutto quello che è successo negli anni scorsi. Ora bisogna fare solamente attenzione a una soluzione politica».
Tra gli altri ospiti della puntata di ieri anche il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e il virologo Roberto Burioni.
(da agenzie)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
MARCO TRAVAGLIO SMASCHERA IL DOPPIOPESISMO DI SALLUSTI, DI VITTORIO FELTRI E DI MARIO SECHI, TUTTI A INSALIVARE “LA LEZIONE DI UNA LEADERSHIP” DI GIORGIA MELONI… EPPURE AI TEMPI DEL CAV LE CORNA SI DOVEVANO PORTARE CON ORGOGLIO
L’unico aspetto che merita rispetto nella Giambruneide è il turbamento di Giorgia Meloni. Il resto è commedia all’italiana. Il meglio lo dà la stampa di destra. Che, quando B. faceva mille volte peggio di Giambruno era schierata anima e lingua con lui: è fatto così, esuberante e scorretto, gli piacciono le donne, beato lui, che male c’è, sempre meglio della sinistra che va a gay e a trans.
Sallusti, già adibito a scudo umano, argomentava con la sua logica stringente: “E Kennedy, allora? Se la faceva con Marilyn” (che era maggiorenne, non faceva la escort e Kennedy non chiamò l’Fbi per farla rilasciare dopo un arresto, ma fa niente). E ogni giorno sbatteva sul Giornale un nuovo alibi di ferro che scagionava il latrin lover di Hardcore
Quindi B. era innocente. E Veronica era una “velina ingrata” (Vittorio Feltri dixit su Libero , con foto della Lario svestita in palcoscenico). E ora contrordine maschilisti! Son diventati tutti femministi, e antemarcia: tutti con la donna (quella che comanda) e contro lo sporcaccione.
Sallusti sul Giornale, anzi il “Giorgiale”: “Meloni dimostra coerenza… la fermezza che le ha permesso di scalare la montagna della vita e della politica”, mentre Giambruno “non ha capito di che pasta è fatta questa donna”, “forte ma dolce”. Da Libero ti aspetteresti il sequel della velina ingrata, o della patata bollente. Invece si riesuma la Fallaci: “Giorgia, la rabbia e l’orgoglio”.
Straziante l’editoriale “La lezione di una leadership” dell’ex portavoce Mario Sechi, che non riesce a scollare la lingua di lì. E, siccome Giorgia dice di aver mollato Andrea “da tempo” (il 2 ottobre erano a teatro da Pio e Amedeo), Libero retrodata la rottura al 2021, perché nel libro di Giorgia “Andrea appare come papà di Ginevra e non l’uomo della vita”. A saperlo prima, oggi Mediaset non dovrebbe cacciarlo: perché non gli avrebbe dato un programma.
(da Il FattoQuotidiano)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LEI, LA MADRE E LA SORELLA: LA PREMIER SI BLINDA… IL TIMORE DEGLI ALLEATI
Diventare la nuova Giovanna d’Arco, la paladina delle donne “a testa alta e schiena dritta”, ecco, di quello avrebbe fatto volentieri a meno. Se lo sarebbe risparmiato, se solo avesse potuto. «A me in questo momento interessa solo difendere Ginevra, una bambina di sette anni, è a lei che penso, la persona più fragile e l’unica da proteggere in questa storia», raccontava ieri pomeriggio Giorgia Meloni ai pochissimi familiari ammessi nella casa romana e così ai pochi maggiorenti di Fratelli d’Italia che l’hanno potuto raggiungere telefonicamente. Con lei e la bimba, giusto la sorella Arianna, che le ha raccontato dalla kermesse del mattino, la madre Anna. Stop.
Provata ma in guardia
La premier è stanca, i suoi dicono «incazzata come mai la si è vista». Comunque provata dalla tempesta abbattutasi su di lei questa settimana e che segnerà la sua vita per i prossimi anni. Non è una leader che intende lucrare politicamente su quanto avvenuto, in questo momento. Ma resta più che in guardia: «Pensavano di abbattermi colpendomi nel privato, si renderanno conto che ne verrò fuori più forte di prima», è lo sfogo
Voglia di cancellare gli appuntamenti
Chi la conosce bene e la frequenta spiega che «Giorgia si sta comportando da Giorgia, con la fermezza e la determinazione che contraddistinguono il suo carattere e che hanno segnato una vita comunque non facile». In cima ai pensieri c’è solo la figlia. Avrebbe una gran voglia di cancellare con un tratto di penna tutti gli appuntamenti ai quali è chiamata nella settimana che si è appena aperta. «Ma come faccio, non sarà possibile…», ha già detto ai suoi. Ha dato forfait giusto alla kermesse sul primo anno di governo, alla quale si è palesata solo col video registrato il pomeriggio precedente al Cairo. Poi la domenica di riposo al fianco della bambina. Da oggi le montagne russe riprendono. A palazzo Chigi l’incontro col presidente finlandese Sauli Niinistö. Poi dovrebbe presiedere il Consiglio dei ministri. Martedì salterà, salvo sorprese, giusto l’appuntamento dell’Anci a Genova. Riservando forze e tempo agli impegni istituzionali. Mercoledì la full immersion parlamentare che la porterà in poche ore alla Camera e al Senato per illustrare obiettivi e strategia italiana in vista del Consiglio europeo di Bruxelles, al quale parteciperà poi giovedì e venerdì. Con una puntata al Colle, sempre mercoledì, per il consueto confronto alla vigilia del summit Ue. Un frullatore, insomma. Il solito frullatore al quale è sottoposta da un anno a questa parte. Di tutto questo farebbe volentieri a meno, spiegano ministri di Fdi, amici e parlamentari vicini, «invece ci sarà, come sempre»
Il nodo Mediaset
La seconda preoccupazione che attraversa queste ore tribolate è legata al contraccolpo dei due fuorionda in sequenza di “Striscia la notizia”. È stato fondamentale congelare intanto la pubblicazione dell’ulteriore materiale in possesso della redazione di Antonio Ricci. E questo lo ha fatto — a voler assecondare la tesi ufficiale — col post social con cui venerdì mattina ha messo fine alla storia decennale col conduttore Mediaset Andrea Giambruno. Nella versione ufficiosa, quella dei bene informati invece, a garantire che null’altro sarebbe stato messo in onda sono stati Marina e Pier Silvio Berlusconi con le due telefonate intercorse con la premier tra venerdì e sabato. Non si avrà mai una conferma diretta delle parti in causa, ma potrebbe essere maturata nei due colloqui anche la decisione di non procedere oltre col ventilato procedimento disciplinare nei confronti del giornalista di Rete4. La sospensione della conduzione proseguirà per tutta questa settimana, ma un rientro davanti alle telecamere del “Diario del giorno” è previsto già lunedì prossimo. Di sicuro fino alla programmazione di fine anno. Da gennaio, poi, si vedrà. Ma garantire la prosecuzione del rapporto di lavoro (e dell’indennità) e spegnere sul nascere esasperazioni e voglie di vendetta di un professionista messo alla porta a casa e in redazione è un’esigenza, diciamo così, avvertita da tutte le parti in causa in questa vicenda.
Il timore di un arroccamento
Resta sullo sfondo, decisamente in secondo piano rispetto a quello familiare, l’interrogativo sul quel che sarà l’azione politica della leader e capo di governo da oggi in avanti. Meloni non perde occasione, fin dalle prime uscite tra venerdì e ieri, per additare l’ombra del complotto, il fantasma di “qualcuno” che vuole colpire lei e il partito e il governo. Senza mai spiegare chi sia e per conto di chi lo faccia. Quali poteri, quali manovre? Politiche, finanziarie?
Il timore che in queste ore sta prendendo piede tra gli alleati è che Giorgia finirà con l’arroccarsi nel suo bunker, prendendo in autonomia e solitudine le decisioni politiche, più di quanto abbia già fatto finora. Nella consapevolezza di aver pagato un prezzo personale assai salato, in questa storia, ma altrettanto certa di poter incassare alla lunga un altissimo dividendo politico.
(da La Repubblica)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL FORFAIT DELLA MELONI ALLA FESTA DI FDI
Finisce tutto molto presto, in tempo per un aperitivo da “Panella”, già bar pasticceria del ceto medio riflessivo, ormai in forte difficoltà qui all’Esquilino, orfano anche del traslocante Paolo Sorrentino. I patrioti sono ovunque, tra cornetti e sfogliatelle. Il primo a eleggerlo come ufficio volante di prima mattina è proprio il ministro Francesco Lollobrigida, tra carambole di caffè corretti alla crema e incontri schermati dallo staff. “Oggi non è aria, lasciate in pace Lollo”. E in effetti eccolo più tardi: “I talk di sinistra e di satira sono un amuleto per noi”. Finisce tutto molto presto al teatro Brancaccio perché alla festa di compleanno (del governo, un anno) non si è presentata la festeggiata. Semplice.
Alla fine infatti è scattato il piano B. L’opzione videomessaggio. Era stato registrato – per scrupolo e decisione già quasi presa – dalla premier sabato pomeriggio alle ore 18 del Cairo, prima di volare in Israele per tornare poi ieri mattina in Italia, a Roma, a casa. “Mi spiace non essere con voi, ma sono un essere umano anche io”, dirà dai maxischermi. Seguiranno cinque minuti d’intervento e invettiva personale durissimi: “Noi siamo il nemico da abbattere perché noi siamo uno specchio, uno specchio della loro meschinità”. E ancora: “La cattiveria e i metodi che usano per indebolirci hanno raggiunto vette mai viste prima”. Parla di lotta nel fango e di tentativi di farle perdere i nervi. Ce l’ha con “Striscia la notizia” e dunque anche con Mediaset?
Insomma, poco prima di mezzogiorno, il caso Giambruno è riaperto, qui davanti a tutti, per intenzione della protagonista: con la sua assenza e con queste parole fatte recapitare alla sua comunità, così protettiva e discreta. Dopo il videomessaggio standing ovation, inno di Mameli, “A mano, a mano” di Rino Gaetano e tutti a casa. Insomma, Giorgia se n’è ghiuta e soli ci ha lasciato?“E’ giusto che stia con la figlia”, dice Guido Crosetto dando la notizia del forfait, con un enorme e sottinteso, come si dice a Roma, famo a capisse.
Il finale del compleanno senza festeggiata dunque è mesto. Con Arianna Meloni che briga con cronisti e telecamere, curiosi per l’assenza della sorella: “Voi vi siete alzati alle otto di mattina per chiedermi come sta la premier? Ma state bene? Io mi vergognerei. Pietà, ragazzi. Rendetevi conto”, dice con la voce un po’ rotta dall’emozione. La sorella d’Italia se ne va in scooter con una collaboratrice. Porta a casa, a Roma Sud, chili di abbracci per “Giorgia” e un bel mazzo di fiori che appunto non è stato consegnato. Se la prende con i giornalisti prima di scomparire, l’altra Meloni: “Se a voi sembra normale questo tipo di stampa, grazie per il vostro lavoro: ci fate prendere un sacco di voti, questo non è giornalismo, ma pettegolezzo”.
Giù il sipario: questo è il Brancaccio, sorrisi e pianti dell’epopea del melonismo. Siamo in via Merulana, a duecento metri la fatale sezione di Colle Oppio, accademia dell’underdog. Siamo dentro, tra le poltroncine di velluto rosso dove è stata scattata l’ultima foto di Giorgia Meloni con Andrea Giambruno (2 ottobre, show di Pio e Amedeo), coppia che si era fatta rivedere insieme, sempre qui per Checco Zalone (25 marzo). Ma non per il raduno di CasaPound a cui invece prese parte, era il 2015, Matteo Salvini. Questo sarebbe anche il palco di “Aggiungi un posto a tavola”, il musical di Garinei e Giovannini. La premier dopo aver tolto il posto del compagno dalla sua cucina, oggi ha tolto anche il proprio dal palco: “Non c’è, va capita, compresa, senza speculare”, dicono i ministri, sottovoce, arrivati per narrare questo anno di governo. L’appuntamento, per liturgia e propaganda era importante e non più rimandabile (già saltato per l’apertura della camera ardente di Giorgio Napolitano): un anno di governo, l’occasione per scodellare i successi, alla faccia “dei gufi di sinistra”. Tuttavia è po’ complicato prescindere dalle notizie delle ultime 72 ore, si pattina sugli argomenti, armati di fact checking mentale, ma è uno sforzo enorme che poi diventa vano. Guido Crosetto, che è stato strappato da una missione in Libia per cose ben più serie, confessa che non poteva mancare questa domenica. E’ lui che chiude gli interventi dei ministri e di big sul palco – molto applaudito Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e genius loci – ed è lui che si incarica di entrare nella pelle viva di una questione che c’è, ma nessuno ne vuole parlare apertamente per pudore, discrezione e attenzione: una parola fuori posto può essere pericolosa. “Giorgia in questo momento va protetta”, dice il ministro e cofondatore di Fratelli d’Italia. E aggiunge a proposito dei fuorionda birichini di Giambruno a “Striscia la notizia” e dunque di Mediaset: “Non c’è nessun complotto contro di noi”. Anche se l’equazione fra l’azienda di Cologno Monzese, la famiglia Berlusconi e Forza Italia è un tic, ormai. Automatico. “Nessun problema con Mediaset e nessun trattamento di riguardo, ci comporteremo come già facciamo con tutte le grandi aziende italiane”, spiega Giovanni Donzelli, coordinatore del partito e di questa mattinata all’insegna della vittoria mutilata. O della grande assente. O del convitato (dal ciuffo) di pietra. Invece di rincorrere le dichiarazioni dei tanti ministri soddisfatti di questi dodici mesi (su tutti Gennaro Sangiuliano che lancia dardi alla casta del cinema di sinistra) va ascoltata Eugenia Roccella, titolare del dicastero più di voga questa mattina: quello della Famiglia: “Siamo accusati di volere la famiglia del Mulino bianco. E’ stata la sinistra a strumentalizzare un semplice spot”. E poi Roccella in versione fattuale e sul pezzo: “La pubblicità della pesca di Esselunga è vita reale”. Silenzio in sala. Meloni si affaccerà sui social nel pomeriggio per ricordare Karol Wojtyla, il suo santo, che le ha insegnato “a essere libera nonostante tutto”.
(da ilfoglio.it)
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Ottobre 23rd, 2023 Riccardo Fucile
SMENTITI I SONDAGGI CHE DAVANO PER FAVORITO MILEI
Il ballottaggio deciderà le elezioni in Argentina. Il progressista Sergio Massa e il liberista Javier Milei si affronteranno il 19 novembre per la Casa Rosada. Con oltre dell’84% dei seggi scrutinati in Argentina Sergio Massa (JxP) risulta in testa al voto con il 36,1%, seguito dall’ultra-liberista Javier Milei (Lla) al 30,3%. La conservatrice Patricia Bullrich (Jxc) insegue a distanza col 23,7%. L’annuncio dei risultati ha scatenato festeggiamenti nella sede elettorale del ministro dell’Economia, il candidato della coalizione di governo peronista che ha dominato la politica argentina per decenni. Milei ha promesso di tagliare la spesa, rendere il dollaro la moneta di corso legale e abolire la banca centrale. Massa ha promesso un taglio delle tasse sul reddito per gran parte della popolazione. E ha denunciato i rischi di un taglio dei sussidi all’elettricità e ai trasporti.
Il colpo di coda del peronismo
I sondaggi davano per favorito Milei. Ma un colpo di coda dei peronisti, nonostante un’inflazione a tre cifre per la prima volta dal 1991, ha alla fine posto le condizioni per un ballottaggio in condizioni di parità. Gli argentini sono andati alle urne mentre il paese si trova nella peggiore crisi economica degli ultimi due decenni. «Il peronismo è l’unico spazio che offre la possibilità che i più poveri tra noi possano avere i beni di prima necessità a portata di mano», ha detto all’agenzia di stampa Reuters il muratore Carlos Gutierrez, 61 anni, mentre andava a votare domenica. Per vincere definitivamente domenica, un candidato deve superare il 45% dei voti, oppure del 40% e di 10 punti di vantaggio. Il risultato del ballottaggio innervosirà i mercati, vista la poca chiarezza ad oggi sul futuro del paese. L’Argentina, seconda economia del Sudamerica dopo il Brasile, è il principale esportatore di soia, mais e carne bovina, e ha enormi riserve di litio.
I programmi e le scadenze
Milei ha promesso di usare la motosega contro lo status quo economico e politico, attirando così il voto degli elettori arrabbiati per l’inflazione e la povertà che colpisce i due quinti della popolazione. Chi vincerà il ballottaggio dovrà fare i conti con un’economia al collasso: le riserve della banca centrale sono vuote, all’orizzonte si travede la recessione e il programma di aiuti da 44 miliardi di dollari del Fondo Monetario Internazionale è traballante.
(da agenzie)
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