Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
IL REGISTA INGLESE KEN LOACH: “SONO CENTO ANNI CHE I PALESTINESI SUBISCONO OGNI TIPO DI OPPRESSIONE. LA CISGIORDANIA È OCCUPATA DAI COLONI DA 50 ANNI”… “I BOMBARDAMENTI SU GAZA SONO CRIMINI DI GUERRA”
“Tutti hanno diritto alla protezione del diritto internazionale e
tutti hanno gli stessi diritti umani. Credo che Antonio Guterres, segretario generale della Nazioni unite, abbia fatto un discorso molto saggio. Vale a dire che la barbarie del 7 ottobre contro Israele è sicuramente un crimine di guerra, ma crimini di guerra sono anche i bombardamenti su Gaza e sui suoi civili
Un attacco, quello dei palestinesi poi che non è nato dal vuoto, ma all’interno di un contesto ben preciso. Sono cento anni che i palestinesi subiscono ogni tipo di oppressione e di attacchi e da più di 50 anni la Cisgiordania è occupata dai coloni. La terra palestinese è stata rubata e Gaza è la più grande prigione a cielo aperto”. Così oggi a Roma il regista britannico Ken Loach dopo la proiezione stampa al cinema Troisi di The Old Oak, già in concorso a Cannes e nelle sale italiane dal 16 novembre distribuito da Lucky Red. Mentre sul film dice
“Mi scuso lo avremmo dovuto realizzate prima. Tutto nasce da una domanda: come delle persone buone possano diventare ostili verso persone ancora più vulnerabili di loro? I minatori una volta avevano il sindacato più forte la più ampia coscienza politica, ma sono stati distrutti da Margaret Thatcher e questa comunità si è gradualmente disintegrata”.
The Old Oak, il titolo del film, si riferisce a un vecchio pub semi abbandonato di un villaggio del nord-est dell’Inghilterra. Un paesino le cui miniere sono state chiuse e i giovani stanno abbandonando la terra. È così che quella che un tempo era una fiorente comunità, si ritrova piena di rabbia, risentimento e senza un briciolo di speranza per il futuro. Qui però le case tornano disponibili e a un prezzo economico, offrendo un posto sicuro ai rifugiati siriani giunti in Gran Bretagna negli ultimi anni. Ma come saranno accolti i siriani dalla gente del posto? E soprattutto che ne sarà di The Old Oak, l’ultimo pub del villaggio?
“Il partito laburista oggi – sottolinea il regista della classe operaia due volte Palma d’Oro, per The Wind That Shakes the Barley del 2006 e I, Daniel Blake del 2016 – ormai non è un partito per il lavoro (dice facendo un gioco di parole) e porta avanti ormai le stesse politiche dei Tories. Trai due partiti ormai non c’è nessuna differenza. Non si parla di povertà e sfruttamento, ma solo di fermare le barche che attraversano il canale mentre il sistema sanitario va a pezzi”.
Ma da parte di Loach ce n’è pure per l’Italia. E se glissa alla domanda sulla legittimità del possibile intervento del ministro Salvini contro lo sciopero dei trasporti di venerdì, “dovrei conoscere meglio i dettagli per poter dire qualcosa fermo restando il diritto dei lavoratori a scioperare”, si spende di più sull’emigrazione verso il nostro Paese e la Grecia: “Voi ricevute molti più migranti rispetto a noi ed è stato vergognoso il modo in cui l’Europa se n’è lavata le mani, una cosa che mostra una volta di più che l’Unione Europea non c’è davvero”.
Domani Loach sarà a Roma per visitare il palazzo occupato in via di Santa Croce in Gerusalemme dove incontrerà gli abitanti che rischiano di essere sgombrati in un appuntamento che sarà “aperto a tutta la città”.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
PERSINO IL 15% DI CHI HA UN’ASSICURAZIONE PRIVATA SI ARRENDE A FRANCHIGIE TROPPO ALTE
Ogni anno 5 milioni di italiani rinunciano ad andare dal dentista mettendo così a rischio non solo il sorriso ma la propria salute. Perché come documenta l’Oms le malattie orali quando non curate fanno aumentare di cinque volte il rischio di ammalarsi di diabete, malattie cardiovascolari e tumori, oppure di avere complicanze quando si è malati già. Il problema è che se per tutte le altre cure la sanità pubblica arretra, nella nostra bocca non ha mai fatto nemmeno capolino. Basti vedere i dati di spesa: 8 miliardi l’anno quella sostenuta di tasca propria dagli italiani, appena 85 milioni, lo 0,07% del totale, quella coperta dal Servizio sanitario nazionale. Che almeno sulla carta dovrebbe garantire, dietro pagamento di un ticket, emergenze come ascessi, fratture dentali o sospette neoplasie. Il resto, come impianti o una semplice otturazione lo Stato le passa solo a pazienti «con particolari vulnerabilità sanitarie che rendono indispensabili le cure dentarie o in caso di vulnerabilità sociale». Questo sempre sulla carta, perché nei pochi ospedali pubblici dove il dentista è di Stato i tempi di attesa sono incompatibili con il dolore che spesso i denti scatenano quando si ammalano.
E allora non resta che pagare. Tanto, se si sceglie di andare da un vero dentista “made in Italy”. Abbiamo chiesto un preventivo per tre impianti e a Roma il conto che ci hanno presentato è di 6.100 euro. Quasi la metà di quei 13 mila l’anno con cui in media tira avanti un pensionato. E molti rinunciano. Magari facendo come Denis che racconta: «Ho imparato a parlare senza mostrare i vuoti che ho nella bocca, ma non mastico praticamente più. Avrei bisogno di vari impianti perché una malattia mi ha fatto spaccare i denti, ma ci vogliono 20 mila euro. Cifre che non posso permettermi».
Dal 2018 al 2021, dicono i dati elaborati per noi dall’Andi, l’associazione dei dentisti, la fetta di italiani che si è recata dal dentista in un anno è scesa dal 50,8 al 40,2%, come dire che 5 milioni hanno rinunciato alle cure dentarie. Non parliamo poi rispetto all’Europa, dove la percentuale di chi va almeno una volta l’anno dal dentista è del 56,5%, con punte dell’88% come in Danimarca. E non è che ci si vada di più perché i denti oltralpe siano più fragili, ma semplicemente perché sono di più coloro che possono sostenere i costi. Da noi impossibili anche per quella piccola fetta, tra il 12 e il 15% della popolazione, riferisce sempre l’Andi, che ha una assicurazione o una mutua che copra le spese odontoiatriche. Una statistica elaborata navigando su Facile.it rileva che i costi di una polizza variano dai 190 ai mille euro l’anno, ma con copertura totale solo delle spese per cure canalari, carie e pulizia dentale. Mentre per tutto il resto scattano le franchigie da 500 a 2.000 euro e con tempi di rimborso che vanno dai 6 ai 18 mesi.
Ecco allora che in molti scelgono due alternative. Entrambe pericolose. La prima è quella di affidarsi, coscientemente o no, nelle mani di odontotecnici o comunque falsi dentisti che praticano prezzi stracciati senza avere una laurea. Un sommerso di 15 mila abusivi contro 60 mila “regolari”.
La seconda alternativa è andare a curarsi all’estero. Lo fanno 50 mila italiani ogni anno, per un totale di 6 milioni da quando è iniziato questo turismo delle cure dentarie a buon mercato. I Paesi più gettonati sono Slovenia, Croazia, Serbia, Romania e Albania. Basta sbarcare a Tirana per vedere pareti e fiancate dei taxi tappezzati di pubblicità in italiano di studi odontoiatrici. Come spiega Artdur Dema, direttore di una clinica dentale albanese, i costi sono bassi «perché qui le tasse sono solo del 15% e un’assistente di poltrona costa 500 euro, contro i 1.500 minimo dell’Italia». Ma a volte, come documentano i pazienti di ritorno dall’Est, ci sono anche materiali scadenti – «mi hanno messo denti più bianchi dei confetti», racconta Marco – oppure si applica la formula «la cura in un giorno», spesso incompatibile con la sicurezza. «Il 30% dei miei pazienti ha fatto un’esperienza all’estero sottoponendosi a cure veloci. Ma senza una buona preparazione ante intervento e controlli successivi si rischia di perdere l’impianto così come prima si sono persi i denti», spiega Pietro Felice, direttore della Chirurgia orale all’Università di Bologna. «Si costringono i pazienti a terapie mediche somministrate in tempi che non sono quelli necessari da un punto di vista biologico e così gli insuccessi dopo sono inevitabili», gli fa eco la presidente dell’Ordine degli odontoiatri del Friuli Venezia Giulia, Alessandro Serena. Ma per catturare clienti si reclamizzano le cure in un giorno che scongiurerebbero spese di viaggio altrimenti più alte del risparmio. Salvo poi finire per spendere di più. Come è successo sempre a Marco in Albania. «Fatta tutta una serie di impianti in un solo giorno dopo una settimana dal mio ritorno in Italia continuavo ad avere dolori atroci. Telefonavo in clinica ma nessuno mi rispondeva. Alla fine mi sono finto un nuovo paziente e mi hanno fatto tornare per tre volte con le spese di viaggio a mio totale carico», racconta. Esperienze infelici alle quali si affiancano quelle di chi è tornato con il sorriso smagliante. Fermo restando che bisognerà studiare qualche alternativa a viaggi della speranza dai quali non sempre si torna sorridenti.
(da La Stampa)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
L’ACCUSA AL GIORNALISTA TEDESCO ESPERTO DI PUTIN… QUANTI ALTRI GIORNALISTI HA PAGATO PUTIN PER APPOGGIARE LA RUSSIA?
600mila euro. È la cifra che il giornalista tedesco Hubert Seipel
– esperto su Vladimir Putin – avrebbe ricevuto dalla Russia. Lo riporta una ricerca di Spiegel e Zdf basata su documenti che fanno parte dell’inchiesta internazionale denominata Cyprus Confidential.
La cifra aveva l’obiettivo di finanziare una pubblicazione di Seipel, uscita due anni fa con il titolo Il potere di Putin. Perché l’Europa ha bisogno della Russia. Il partner contrattuale del giornalista tedesco sarebbe stato – scrive il Spiegel – una società fantasma dell’oligarca russo Alexei Mordashov. Quest’ultimo è stato sanzionato all’inizio dell’invasione russa in Ucraina per la sua vicinanza con il leader di Mosca. La casa editrice che ha pubblicato il saggio, la Hoffmann und Campe, non sapeva – ha spiegato – che l’autore aveva ricevuto centinaia di migliaia di euro da un uomo vicino a Putin.
L’inchiesta ha inoltre mostrato come Seipel aveva già in precedenza firmato un contratto simile nel 2013 per l’uscita del suo primo libro su Vladimir Putin. Si tratta «del primo caso conosciuto – scrivono nell’inchiesta – di un influente giornalista occidentale che ha ricevuto flussi di denaro generosi e, soprattutto, segreti dall’élite russa che ruota attorno al presidente russo». Il giornalista tedesco, che ha intervistato più volte Putin e plasmato l’immagino dello stesso in Germania soprattutto con il documentario del 2012 dal titolo Io, Putin, ha dichiarato ai media di Berlino di aver «ricevuto sostegno da Alexei Mordashov, ma l’oligarca – ha sottolineato Seipel – non ha avuto alcuna influenza» sulla sua attività giornalistica.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
A QUESTO PUNTO, CARO LANDINI, PUOI ANCHE SCIOGLIERE IL SINDACATO, VISTO CHE NON E’ IN GRADO DI SFIDARE UN REGIME ORBANIANO
Lo sciopero del 17 novembre si farà anche nel settore dei trasporti, ma sarà ridotto da 8 a 4 ore come da precettazione del Mit guidato da Matteo Salvini. Era stato proprio il vicepremier leghista a chiedere con un’ordinanza il dimezzamento dell’agitazione dei trasporti.
Cgil e Uil, dopo una giornata a valutare l’ordinanza e le possibili conseguenze per i lavoratori, a rischio multe, hanno preso la loro decisione. Per i trasporti, dunque, lo sciopero di venerdì viene ridotto da 8 a 4 ore, dalle 9 alle 13: ad annunciarlo il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in conferenza stampa con il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri.
“C’è una ragione in più per confermare le mobilitazioni e gli scioperi. Contemporaneamente, siccome siamo persone responsabili e facciamo i conti” con la precettazione, “ne prendiamo atto e lo sciopero nel settore dei trasporti sarà dalle 9 alle 13”, ha affermato, così “tuteliamo i lavoratori”, altrimenti esposti a “sanzioni economiche e penali”.
In realtà quello sta accadendo in Italia, che lo si voglia capire o meno, è una svolta autoritaria con collusione di compiacenti organismi statali.
Il salario minimo che esiste in quasi tutta Europa non si fa (e arriva l’aiutino del Cnel) perchè non piace agli sfruttatori di manodopera a basso costo.
L’orario dello sciopero ormai lo decide il governo altrimenti scatta la precettazione e relative multe (con aiutino di una presunta “commissione di garanzia”)
La magistratura va bene solo quando assolve un leghista, ma non quando contesta un decreto illegale del governo.
I diritti civili vengono negati, gli evasori hanno condoni a pioggia, la sanità viene regalata ai privati.
Di fronte a tutto questo i sindacati si adeguano e le opposizioni non sanno neanche fare fronte comune.
Landini e Bombardieri avrebbero dovuto fare come i portuali di New York qualche decennio fa: bloccarono per un mese il porto e le multe e gli stipendi le pagò il sindacato. Questo è sindacalismo: non cedere ai ricatti padronali o governativi. Altrimenti tanto vale scioglierli (poi chiedetevi perchè proliferano i sindacati autonomi…).
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
SEI I BARCONI SOCCORSI NELLA NOTTE DALLE MOTOVEDETTE DELLA CAPITANERIA E DELLA GUARDIA DI FINANZA… E L’HOTSPOT SULL’ISOLA SICILIANA È DI NUOVO PIENO, CON OLTRE 1.400 OSPITI
Nuova ondata di sbarchi a Lampedusa dove nel giro di 26 ore
sono approdate 1.202 persone. Sono 394 i migranti sbarcati solo durante la notte. Sei i barconi, con a bordo da 35 a 136 persone, soccorsi dalle motovedette di Capitaneria, Guardia di finanza e assetto svedese Frontex.
Ieri, sull’isola c’erano stati 19 approdi con un totale di 903 persone. Gli ultimi 14 sbarchi nell’arco di tre ore, prima della mezzanotte. Dopo quell’ora, sono giunti in 50, partiti da Sfax in Tunisia; in 136 che si sono imbarcati lunedì sera da Sabratha in Libia; e altri 61 bengalesi, egiziani, pakistani e siriani e 52 egiziani e siriani partiti da Zuara.
L’hotspot di Lampedusa, dopo la raffica di sbarchi registratasi in 26 ore, ospita, al momento, 1.430 migranti. Ieri sera, alle 19, dopo il trasferimento di 262 persone, gli ospiti della struttura di contrada Imbriacola erano appena 138. Sono in corso le pre-identificazioni da parte della polizia che poi procederà ad accompagnare le persone che dovranno essere trasferite. Su disposizione della Prefettura di Agrigento, d’intesa con il Viminale, 230 lasceranno l’isola in mattinata con il traghetto di linea per Porto Empedocle.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
I GIUDICI HANNO STRONCATO IL PIANO, PRECURSORE DI QUELLO FIRMATO DA GIORGIA MELONI CON IL PREMIER ALBANESE, EDI RAMA
La Corte Suprema britannica ha bocciato il programma del governo che prevede il trasferimento in Ruanda dei richiedenti asilo che arrivano attraverso il canale della Manica. Lo riporta Sky News, precisando che la Corte ha solo valutato se il Ruanda fosse un “Paese terzo sicuro” verso cui inviare i migranti.
I cinque giudici (Lord Reed, Lord Hodge, Lord Lloyd-Jones, Lord Briggs e Lord Sales) hanno bocciato all’unanimità il piano, definendo “illegale” il trasferimento dei migranti.
“La Corte Suprema respinge all’unanimità il ricorso del ministero dell’Interno e conferma la conclusione della Corte d’Appello – si legge nel dispositivo della sentenza – Questo perché ci sono fondati motivi per ritenere che i richiedenti asilo correrebbero un rischio reale di maltrattamenti” nel caso fossero rimandati nel loro Paese di origine una volta respinti in Ruanda.
“Una vittoria molto chiara”. Così il Consiglio per i rifugiati, la principale ong britannica del settore, ha definito la sentenza della Corte Suprema che ha bocciato il piano del governo Sunak di trasferire forzatamente i richiedenti asilo in Ruanda. E’ “una vittoria per i diritti delle persone, degli uomini, delle donne e dei bambini che arrivano da Paesi come l’Afghanistan, dalle cui persecuzioni e torture sono fuggiti”, ha commentato il capo del Consiglio per i rifugiati, Enver Solomon, citato dai media britannici.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
GLI “INDIPENDENTI” CHE DAL SISTEMA HANNO RICEVUTO STIPENDI E ONORI
Il 26 novembre nascerà il partito degli indipendenti, così
chiamati per distinguerli da noi, che siamo pieni di dipendenze: quasi tutte considerate legali, come la Nato, ma non per questo meno nocive.
Quando gli indipendenti prenderanno il potere sarà un momento bellissimo. Moni Ovadia alla Cultura. Elena Basile agli Esteri per fondare l’Eurussia e sfrattare finalmente gli americani. Il sinistro-sinistro Marco Rizzo ministro dell’Economia con il ritorno della lira o, meglio ancora, del fiorino. E il destro-destro Gianni Alemanno premier forte-forte con delega agli Interni e all’amministrazione delle città: ruolo nel quale, come sindaco di Roma, ha già dimostrato di saperci fare.
Il loro governo durerà tre minuti, dato che l’unica cosa su cui vanno d’accordo è l’odio per il sistema in cui vivono (piuttosto bene).
Ma forse non comincerà neppure: ieri si sono già sfilati Ovadia e Basile, dichiarandosi vittime di un malinteso, evidente frutto di un complotto. Non avevano capito di essere stati invitati all’atto fondativo di un nuovo partito di estrema destra: pensavano fosse una pacifica tavola rotonda per discutere se tutto il male del mondo fosse colpa dell’America oppure un po’ anche di Israele.
Una bella fregatura. Perché anche noi servi del sistema, ogni tanto, vorremmo poter valutare un’alternativa. Ma finché gli indipendenti saranno rappresentati da un Alemanno o da un Rizzo, per giunta insieme, ci toccherà restare dipendenti a vita.
(da il Corriere della Sera)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
“NESSUN GOVERNO PRECEDENTE ERA GIUNTO A TALE LIVELLO DI SQUADRISMO”
Revelli, si torna a leggere la parola “precettazione” vicino a “sciopero generale”. Che stagione viviamo?
Questa orribile destra continua a erodere diritti sociali, democrazia, principi costituzionali: è una lunga marcia dentro e contro le istituzioni.
Ricorda precedenti simili, nella storia dell’Italia repubblicana
Nessuno con questo livello di rozzezza un po’ squadrista. Con questo gioco tra mandante ed esecutore. Con il ministro delle Infrastrutture – delle Infrastrutture – che ordina la liquidazione dello sciopero e la Commissione di garanzia che si allinea. Come per il coinvolgimento del Cnel sulla questione del salario minimo, è un uso spregiudicato e aggressivo di istituzioni al servizio addirittura dei singoli ministri.
Vede uno scarto in senso vagamente autoritario?
Neanche tanto vagamente. Questa maggioranza, soprattutto l’asse Lega-FdI, ha un’idea di società e di politica fondamentalmente autoritaria, lo mostra nella gestualità, nel linguaggio, nelle proposte politiche sia sul fronte sociale – l’attacco al diritto di sciopero e al reddito dei cittadini – sia sul piano politico: l’attacco agli equilibri costituzionali in nome della personalizzazione del potere, in Italia ha una tradizione autoritaria e dittatoriale.
La manovra giustifica lo sciopero?
Va inserita nel contesto socioeconomico in cui è stata costruita. La mobilitazione era un evento necessario: da troppo tempo le condizioni del mondo del lavoro erano logorate senza che si battesse un colpo. La maggioranza in questo primo scorcio di legislatura ha praticato una forma vera e propria di sadismo sociale: la cancellazione brutale del reddito di cittadinanza, il rifiuto del salario minimo, i favori agli evasori fiscali. Aggiungiamo l’inflazione, che erode i salari. Questa è una manovra totalmente assente nei confronti delle questioni sociali, frutto di chi è forte coi deboli e debole coi forti. È totalmente priva di qualsiasi visione, di qualsiasi politica industriale, tanto è vero che anche Bonomi se ne lamenta: serve solo a far galleggiare la signora Meloni e il suo complesso di amici, parenti, camerati.
Schlein ha preso le parti del sindacato. È la fine del “riformismo” nel Pd?
Gli ultimi giorni hanno dato dei segnali: intanto la piazza di sabato scorso ha restituito l’immagine di un corpo a un partito che sembrava un’astrazione. Ma bisogna essere consapevoli che questi segnali di vita non sono acquisiti e che il Pd deve emendarsi da colpe recenti e meno recenti pesantissime: sulla sua credibilità come partito vicino ai lavoratori, il renzismo ha lasciato dei segni pesantissimi (si pensi al Jobs Act). La strada della legittimazione come forza vicina ai bisogni della parte più svantaggiata di questo Paese, è ancora lunga.
(ds Il Fatto Quotidiano)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
CHI SI OPPONE E’ JUN OSTACOLO AL “FUTURO RADIOSO DELLA NAZIONE”
Qualsiasi sciopero che coinvolga settori importanti, come è
quello dei trasporti, e che riguardi non soltanto un grande numero di addetti, ma anche più in generale di lavoratori, finisce per configurarsi come uno sciopero generale.
Diventa rapidamente anche uno sciopero politico se e nella misura in cui l’obiettivo di fondo è contrastare, cambiare, bocciare la legge finanziaria e se e quando contro quello sciopero intervengono i governanti più o meno legittimati dall’essere responsabili specifici del settore chiamato a scioperare.
Insomma, lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil (troppo spesso, a mio parere, la Cisl prende le distanze) e dichiarato improponibile nei tempi annunciati da una Commissione di nomina governativa, si è inevitabilmente trasformato in uno scontro fra il segretario generale della Cgil Maurizio Landini e il ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
Poiché Landini ottiene prontamente e opportunamente il sostegno della segretaria del Partito democratico Elly Schlein e di buona parte degli oppositori e a Salvini, anche per non lasciarlo lucrare da solo i frutti della contrapposizione, si accodano altri governanti, quello che è in atto deve essere considerato un vero importante scontro fra l’opposizione sociale e parlamentare, da un lato, e il governo Meloni, dall’altro.
Non credo che lo scontro socio-politico possa essere derubricato a semplici divergenze sulle interpretazioni della normativa che regola gli scioperi. Comunque, non solo le molto impegnative dichiarazioni dei protagonisti da entrambe le parti sono andate parecchio oltre un confronto in punta di diritto, ma lo schieramento intorno a Landini e gli alleati di Salvini mirano a ottenere qualcosa di molto differente da una soluzione salomonica.
Infatti, quelli che chiamerò gli ambienti governativi, si sono incamminati lungo la strada scivolosa e compromettente del ridimensionamento del diritto di sciopero o quantomeno della valutazione discrezionale caso per caso della sua legittimità. A maggior ragione, Landini, Bombardieri, le opposizioni ritengono indispensabile, quasi imperativo procedere allo sciopero per ribadire il suo essere un diritto non sopprimibile.
Non so se il direttore mi consentirà di esprimere su questo giornale le mie riserve sulla efficacia pratica di alcuni scioperi. Da tempo, non da solo, auspico un ripensamento delle forme sindacali di lotta tali da andare oltre la componente talvolta poco più che simbolica della partecipazione dei lavoratori al fine di conseguire risultati concreti e duraturi senza creare danni e disagi alla cittadinanza.
Adesso, però, è in ballo un diritto costituzionale contestato, compromesso, a rischio di essere conculcato. Pertanto, lì bisogna ballare. Probabilmente, agli inizi il “conculcamento” del diritto di sciopero non era all’ordine del giorno del governo Meloni, ma nell’arco delle alternative disponibili è oramai considerato una eventualità tutt’altro che sgradita, nient’affatto da escludere.
Poiché la narrazione governativa è che, nelle condizioni socio-economiche ereditate e date l’operato di Giorgia Meloni e dei suoi ministri è stato positivo e ancor più lo risulterà nei prossimi mesi/anni, coloro che si oppongono, che remano e agiscono contro le scelte del governo: finanziaria e altro, premierato e autonomie differenziate, preferisco il plurale, vanno contro gli interessi e il futuro radioso della Nazione.
Pertanto, se il prezzo da pagare è quello di essere criticato e insultato per avere ridimensionato lo sciopero, anche procurando una ferità al diritto di sciopero, il governo prenderà atto e andrà avanti. Non è ricattabile. Ma non è affatto detto che sia invincibile.
(da editorialedomani.it)
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