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IL MADE IN ITALY NON TIRA PIÙ : A SETTEMBRE LE VENDITE DI PRODOTTI ITALIANI ALL’ESTERO SONO SCESE DEL 4,5% RISPETTO ALLO STESSO MESE DELLO SCORSO ANNO

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

DOPO ESSERCI INVENTANTI UN MINISTERO SOVRANISTA PER IL “MADE IN ITALY” SCENDONO GLI ACQUISTI DA CINA (- 13,7%), STATI UNITI (-11,9%), REGNO UNITO (-11,4%) E SOPRATTUTTO DAL NOSTRO PRIMO PARTNER COMMERCIALE, LA GERMANIA (- 7,8%) – MALE TUTTI I SETTORI, A ECCEZIONE DI MECCANICA E AUTO

Settembre negativo anche per le esportazioni. Come fa sapere l’Istat, le vendite di made in Italy all’estero sono scese del 4,5% rispetto allo stesso mese del 2022.
Tra le singole destinazioni i cali più forti riguardano Cina (- 13,7%), Stati Uniti (-11,9%), Regno unito (- 11,4%) e il nostro primo partner commerciale, la Germania che segna un – 7,8%. Male anche l’export verso Francia (5,4%) e Spagna (- 4,3%).
Gli unici paesi con il segno più sono Olanda (+ 1,7%), Giappone ( + 2,4%) ed India (+ 10,5%), tre paesi che però nel loro insieme rappresentano appena il 3,8% delle nostre esportazioni complessive.
A livello settoriale tutto in negativo salvo poche eccezioni tra cui, meccanica (+ 5,4%) e […] auto (+ 20%). Il tessile abbigliamento accusa un calo dell’11,5%, la chimica del 13,4%, i mobili del 9,8%, l’alimentare dell’1,2%.
Diminuisce anche il valore delle importazioni (- 3,1%), soprattutto per il crollo del prezzo del gas rispetto ad un anno fa (- 74%). Ciò fa si che il saldo commerciale (differenza tra valore delle esportazioni e delle importazioni) sia positivo per 2,3 miliardi di euro a fronte del passivo di 6,7 miliardi del settembre 2022.
(da Il Fatto Quotidiano)

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GIORGIA MELONI RICHIAMA TUTTI ALL’ORDINE E ALLA DISCIPLINA E INTRODUCE UNA RAFFICA DI NUOVI REATI (SALVO CHE PER GLI EVASORI E I RAZZISTI)

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

CARCERE ANCHE PER LE NEO-MAMME E PER LE DONNE INCINTE , AUMENTANO LE PENE PER CHI OCCUPA ABUSIVAMENTE LE CASE E I GRAFFITTARI

Una raffica di nuovi reati, norme carcerarie, innalzamento delle pene. È il Pacchetto Sicurezza del governo Meloni. Passando da chi imbratta i muri delle stazioni di polizia a chi si auto-istruisce via Internet su come costruire una bomba, a chi occupa il domicilio altrui, a chi organizza e dirige le rivolte carcerarie, nel nuovo ddl -che oggi sarà esaminato dal Consiglio dei ministri – c’è davvero di tutto.
Il filo comune è il pugno duro. Come descrivere diversamente, per dire, la detenzione di donne incinte o di quelle con bambini sotto un anno, pur se non in un carcere ordinario, ma negli istituti a custodia attenuata? Oggi è esplicitamente vietato e la pena viene «differita», cioè rinviata. Giorgia Meloni invece riapre le celle per le donne in gravidanza.
Anche se non detto, è evidente che questa norma è stata pensata per le giovani rom. «L’esecuzione della pena – si legge – non può essere differita ove dal rinvio derivi una situazione di pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti».
Altro tema popolare è l’occupazione violenta delle case. Le vittime sono soggetti deboli. Ebbene, «chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente, è punito con la reclusione da 2 a 7 anni». Stessa pena per «si appropria di un immobile altrui, con artifizi o raggiri, ovvero cede ad altri l’immobile occupato». Si liberalizza il porto d’armi per gli agenti, che dovevano limitarsi alla pistola d’ordinanza e ci saranno nuove norme a maggiore tutela di chi veste la divisa.
Sempre a tutela delle forze di polizia, quando si verificano atti di violenza o minaccia a pubblico ufficiale e resistenza a pubblico ufficiale «se il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente, la pena è aumentata di un terzo».
Infine, affinché non si turbi nemmeno il decoro delle stazioni di polizia, guai ai graffitari che ne imbrattino i muri, pena la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi e della multa da 1.000 a 3.000 euro. Nei casi di recidiva, la pena della reclusione passa da 6 mesi a 3 anni e della multa fino a 12.000 euro.
I radicalizzati islamisti che compulsano Internet e si istruiscono sulle tecniche per costruire bombe artigianali, rischieranno da 2 a 6 anni. C’era da colmare «un vuoto normativo». E ancora: chi in un istituto penitenziario, mediante atti di violenza o minaccia, tentativi di evasione, resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini, in tre o più persone riunite, promuove, organizza, dirige una rivolta è punito con la reclusione da 2 a 8 anni.
(da La Stampa)

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QUALCOSA E’ CAMBIATO NELLE PARROCCHIE ITALIANE: ORA SI MOLESTANO LE RAGAZZINE

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

NEL 2022 LE VITTIME DI ABUSI DA PARTE DI PERSONE LEGATE AL MONDO DELLA CHIESA SONO STATE 54: 44 RAGAZZE, 10 MASCHI… SECONDO I DATI DELLA “CEI”, LA MAGGIOR PARTE DEI COLPEVOLI (32 IN TOTALE) PREFERISCE LE GIOVANI NELLA FASCIA DI ETA’ TRA I 15-18 ANNI

Sono 54 le vittime di presunti abusi da parte di persone della Chiesa segnalati nel 2022 (che si riferiscono anche al passato). E’ quanto emerge dal secondo report della Cei. I presunti abusatori sono 32. La maggior parte delle segnalazioni fa riferimento a casi reali (29), meno ad episodi via web (3). La maggior parte dei casi di abuso si è verificata in parrocchia (17 su 29).
L’età delle presunte vittime all’epoca dei fatti si concentra nella fascia 15-18 anni (25 su 54) e sono in prevalenza ragazze (44) rispetto ai ragazzi (10). I dati sono stati presentati ad Assisi, all’assemblea della Cei. Analizzando i casi segnalati per tipologia di abuso, si nota la prevalenza – spiega la Cei nel report – di comportamenti e linguaggi inappropriati (offese, ricatti affettivi e psicologici, molestie verbali, manipolazioni psicologiche, comportamenti seduttivi, dipendenze affettive), pari a 20 casi in totale su 74.
Nel 2022 il numero complessivo di contatti (ossia il numero di persone che hanno contattato il Centro di ascolto di una diocesi a vario titolo e per varie motivazioni, ad esempio, allo scopo di avere informazioni, non necessariamente per segnalare un abuso) risulta pari a 374.
Un dato in netta crescita rispetto al primo e secondo anno di rilevamento (rispettivamente 38 contatti nel 2020 e 48 nel 2021). Il trend in aumento è confermato anche dal dato relativo ai Centri che hanno dichiarato “1 o più contatti” passati da 16 nel 2020 a 24 nel 2021 e a 38 nel 2022, cui corrisponde, di conseguenza, la diminuzione dei Centri che hanno avuto “0 contatti”.
Nel 2022 la maggioranza dei contatti è avvenuta tramite persone terze rispetto alle vittime (87,7% non vittime, 12,3% presunte vittime), situazione molto differente rispetto al 2021, quando il numero dei contatti da parte di persone terze e quelli di presunte vittime erano pressoché uguali (47,7% e 52,3% rispettivamente).
Per quanto riguarda il motivo del contatto, in oltre la metà dei casi, nel 2021 il motivo principale era rappresentato dalla denuncia all’autorità ecclesiastica (53,1%). Nel 2022 la situazione appare molto diversa, con l’81,9% di contatti avvenuti per richiedere informazioni; solo nel 18,1% si è contattato il Centro d’ascolto della diocesi per denunciare l’autorità ecclesiastica (18,1%).
(da agenzie)

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NON DITE A SALVINI CHE I MACCHINISTI TEDESCHI SCIOPERANO PER 20 ORE SENZA ALCUNA PRECETTAZIONE

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

I TRENI SONO FERMI IN GERMANIA PER LE PROTESTE NELL’AMBITO DELLE TRATTATIVE PER IL RINNOVO DEL CONTRATTO DI LAVORO

Le ferrovie della Germania rischiano di rimanere paralizzate a causa di uno sciopero dei macchinisti. Venti ore ininterrotte di astensione dal lavoro senza che siano intervenute precettazioni – a differenza di quanto sta avvenendo in Italia – anche perché in Germania non esiste una legge che regolamenta il «blackout» nei servizi pubblici essenziali.
La protesta è stata indetta dal sindacato dei macchinisti Gdl nell’ambito delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro.
I rappresentanti dei lavoratori chiedono un ritocco in busta paga di 550 euro mensili oltre a un bonus di compensazione anti inflazione di 3.000 euro e una riduzione dell’orario di lavoro settimanale. Tutte richieste molto lontane da quelle offerte fino a oggi dalla Deutsche Bahn, la società ferroviaria controllata dallo Stato.
La Deutsche Bahn è corsa ai ripari ridisegnando l’orario dei treni; ma il portavoce ha dovuto ammettere questa mattina che «meno del 20% dei treni a lunga percorrenza e degli Intercity circoleranno».
Il direttore delle risorse umane della compagnia ferroviaria Martin Seiler ha duramente criticato la mossa della Gdl specialmente in relazione ai pesanti disagi provocati ai passeggeri ma nulla ha potuto per bloccare le 20 ore filate di sciopero.
La Germania infatti non ha una legge che limiti l’astensione dal lavoro nei cosiddetti servizi pubblici essenziali. Le «regole del gioco» sono stabilite solo da sentenze dei tribunali e da accordi tra le parti. Questi prevedono che lo sciopero debba essere finalizzato solo al miglioramento delle condizioni dei lavoratori , per il rinnovo dei contratti; sono perciò esclusi scioperi di natura «politica».
(da agenzie)

 

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SORA GIORGIA È FINITA NELLE SABBIE MOBILI: LA PROPOSTA DEL GOVERNO ITALIANO DI METTERE A GARA SOLO LE SPIAGGE LIBERE, RINNOVANDO LE ATTUALI CONCESSIONI BALNEARI, NON HA CONVINTO LA COMMISSIONE EUROPEA

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

DA BRUXELLES È PARTITA LA “LETTERINA” PER LA MELONI CHE FA SCATTARE LA SECONDA FASE DELLA PROCEDURA D’INFRAZIONE: ROMA AVRÀ 60 GIORNI PER ADEGUARSI ALLA DIRETTIVA BOLKESTEIN E FAR PARTIRE I BANDI. ALTRIMENTI SCATTERÀ IL DEFERIMENTO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

La lettera della Commissione Ue, contenente il parere motivato dell’esecutivo europeo sul dossier delle concessioni dei Balneari, è stata inviata a Roma. L’invio della missiva sancisce un passo avanti nella procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkenstein.
La proposta di mettere a gara solo le spiagge libere, rinnovando le concessioni attualmente in essere, non sembra convincere gli esperti della Commissione europea. Il piano discusso martedì nella riunione ristretta tra i vertici del governo non è stato ancora trasmesso in modo ufficiale a Bruxelles, anche se l’idea è stata fatta trapelare informalmente.
I contatti tra le due parti sono costanti e ovviamente sono destinati a intensificarsi nella “fase due” della procedura d’infrazione, aperta per la mancata applicazione della direttiva Bolkestein.
Come anticipato ieri da La Stampa, – salvo interventi politici in extremis – oggi all’ora di pranzo la Commissione annuncerà il pacchetto mensile di infrazioni e spedirà a Roma la lettera contenente il “parere motivato”, un passaggio che attiva appunto la seconda fase della procedura e fissa un termine massimo entro il quale il Paese dovrà conformarsi al diritto europeo. L’Italia avrà 60 giorni per adottare un provvedimento al fine di garantire la messa a gara delle concessioni balneari. Diversamente scatterà il deferimento alla Corte di Giustizia Ue.
L’esecutivo punta a convincere Bruxelles che non c’è una «scarsità di risorse» in quanto la mappatura realizzata ha dimostrato che solo un terzo del litorale è attualmente occupato da stabilimenti.
Ma l’interpretazione di Bruxelles è che la «scarsità di risorse» non può essere valutata a livello nazionale, bensì a livello territoriale, in quanto le coste italiane presentano caratteristiche molto diverse tra di loro. E dunque, anche alla luce del pronunciamento della Corte di Giustizia del 20 aprile scorso, la Commissione è convinta che ci siano tutti i presupposti giuridici per poter far avanzare la procedura aperta ormai tre anni fa.
(da La Stampa)

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IN ITALIA MANCANO CIRCA 151.550 TRA CAMERIERI, BARISTI E CUOCHI E NEL 2023 IL NUMERO DI BAR E RISTORANTI CHE ABBASSANO DEFINITIVAMENTE LE SERRANDE È SUPERIORE ALLE NUOVE APERTURE

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

TRA STIPENDI BASSI E TURNI MASSACRANTI, I GIOVANI PREFERISCONO GUARDARE ALTROVE, MA ANCHE I LOCALI HANNO BISOGNO DI FIGURE PROFESSIONALI, CON ESPERIENZE SPECIFICHE, ORMAI PRATICAMENTE INTROVABILI

L’allarme arriva dalla Fipe, la federazione di Confcommercio che rappresenta appunto bar e ristoranti, secondo cui in Italia non si trovano 151.550 figure professionali tra camerieri, baristi e cuochi. […] nel 2022 le 165 mila aziende del settore con almeno un dipendente hanno impiegato, in media, 987.052 lavoratori dipendenti, ma il reperimento del personale rappresenta un punto debole per il 60% delle imprese.
Il tramonto del reddito di cittadinanza, già sostituito per gli attivabili da un’altra misura di aiuto, il Supporto per la formazione e il lavoro, potrebbe dare una mano. Per adesso però la situazione è critica. La Fipe ha fatto sapere che si cercano in questa fase prevalentemente lavoratori over 25, con un’esperienza specifica. Queste figure però risultano praticamente introvabili.
Per Lino Enrico Stoppani, presidente della Federazione italiana dei pubblici esercizi, quando si parla di ristorazione ci si concentra troppo «sugli scontrini gonfiati e la tassa sui piattini», e poco sulle vere problematiche che minacciano un settore strategico per il Pil tricolore.
La Fipe fotografa un saldo negativo per 6.869 aziende del comparto. Di più. Nei primi nove mesi del 2023, dunque da gennaio a settembre, hanno avviato l’attività ottomila imprese, ma sono quasi quindicimila (14.869 per l’esattezza) quelle che hanno abbassato definitivamente la saracinesca. In totale, le società iscritte a settembre 2023 negli archivi delle Camere di Commercio italiane come servizi di ristorazione sono 334.173.
(da il Messaggero)

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NON E’ LA RAI, E’ RADIOPADANIA: A RADIO1 E NEI GR IMPAZZANO SALVINI E LA LEGA

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

IL DIRETTORE DEL GIORNALE RADIO, FRANCESCO PIONATI, INVENTORE DEL “PANINO”, LASCIA ALL’OPPOSIZIONE SOLO LE BRICIOLE: GOVERNO E MAGGIORANZA CONTANO SUL 62-67% DEGLI SPAZI. E I NUOVI CONDUTTORI, DA FOA ALLA CHIRICO, DAL BIOGRAFO DI SALVINI A STORACE, SONO TUTTI A TRAZIONE LEGHISTA

Una sfilata di opinioni controverse, da chi sostiene che i vaccini contro il Covid hanno effetti collaterali a chi incoraggia a pregare per ottenere la guarigione, dal generale Vannacci a una rassegna infinita di ministri, passando per un notiziario sempre disponibile a spalleggiare le imprese del segretario del Carroccio Matteo Salvini.
La Radio 1 di Francesco Pionati è diventata un ricettacolo delle voci imposte dalla Lega, ma l’ex democristiano avellinese illuminato sulla via del leghismo attualmente deve anche affrontare un giro di boa complesso dal punto di vista gestionale: i palinsesti di Radio 1 arrivano infatti soltanto a metà dicembre, da gennaio è tutto da scrivere.
Una scelta insolita, che vale anche per i programmi in mano a giornalisti interni, ma che permetterebbe a Pionati di risparmiare qualche soldo sulle numerose trasmissioni affidate a voci esterne.
In un clima da spending review in cui non c’è nemmeno più la certezza del canone, una prospettiva tutt’altro che certa, ma anche quali saranno le indicazioni della politica per il suo costoso palinsesto, già ben oltre i limiti di budget di Radio 1. Ma alla collocazione in quota non c’è mai fine, e il prossimo a sbarcare sull’etere dovrebbe essere Pino Insegno, dopo che i vertici di viale Mazzini hanno deciso di non fargli condurre l’Eredità,
La gestione di Pionati ha intanto soddisfatto i suoi sponsor leghisti soprattutto per quanto riguarda l’informazione.
I dati Agcom rivelano che la Lega a settembre è stato il partito più rappresentato della maggioranza. Insieme al governo, i partiti della coalizione di Meloni totalizzano al Gr1 il 62 per cento del minutaggio, al Gr2 il 67 e al Gr3 il 63 per cento. Ma il tempo dedicato a ogni partito è allocato in maniera furbesca: come nell’edizione di domenica sera, quando alla polemica di Salvini contro la Cgil è stato dedicato un servizio intero, mentre la cosa più vicina a una replica delle opposizioni, il servizio successivo dedicato al M5s, sintetizzava la posizione del Pd nei dieci secondi finali. Spazio dedicato al sindacato di Maurizio Landini: zero.
Ma i primi due mesi e mezzo si sono caratterizzati soprattutto per gli scivoloni delle figure più in vista del suo palinsesto. Ad aspirare al primato è sicuramente Marcello Foa: l’ex presidente della Rai ha creato lo scandalo più grande della Radiorai leghista invitando un medico radiato dall’ordine a parlare delle conseguenze del vaccino anti-Covid, poi compensata con una puntata riparatrice.
Ma non è un unicum: dalla puntata sul potere curativo della preghiera a quella sul politicamente corretto, sapientemente affidata al generale Vannacci che ha avuto un palco per illustrare a tutti quanto gravemente venisse censurato dalla mentalità woke. L’ultima, quella di ieri, dedicata tutta alla ministra Maria Elisabetta Alberti Casellati, registrata al ministero, per due terzi verteva sulla biografia della ministra.
Assieme a Foa, l’inventore del “panino” – quel servizio giornalistico che nelle intenzioni di Pionati doveva restituire le posizioni di governo, maggioranza e opposizione – ha dovuto caricarsi in palinsesto nomi di peso della destra sovranista come Francesco Storace, o Igor Righetti, con il suo Igorà, tutto effetti sonori e notizie come quella sulla gara di sculacciate tra donne a Torino (poi disdetta).
Ad avere le entrature migliori nel governo è senz’altro Annalisa Chirico: dal suo Ping pong sono transitati tutti i ministri più importanti, Matteo Piantedosi, Gilberto Pichetto Fratin, Giuseppe Valditara, Antonio Tajani e Carlo Nordio. E sono passati appena due mesi e mezzo.
Che i programmi non siano il piatto forte della programmazione viene ammesso perfino da fonti di centrodestra, ma poco male. Pionati può permettersi di fare i conti senza l’oste: non è infatti ancora stato definito un successore del tavolo Ter, l’ente che misurava finora con sondaggi simili a quelli di Auditel gli ascolti delle Radio, che la Rai ha abbandonato la scorsa estate. Mentre lo share basso funesta i sonni dei vertici della televisione, insomma, Pionati dorme sonni tranquilli.
(da Editorialedomani)

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ALLA MOSTRA CHE CELEBRA IL MITO DI TOLKIEN IL CLIMA È QUELLO DELLA ESPOSIZIONE DI REGIME

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

MELONI E’ CIRCONDATA DALLA SORELLA ARIANNA, DA LOLLOBRIGIDA E DAI FEDELISSIMI… L’IRONIA DEL CARO AMICO UMBERTO CROPPI (ANIMA DEI PRIMI CAMPI HOBBIT): “HO VISTO TANTI EX COLLEGHI CHE MI VOLLERO FUORI DAL PARTITO”… QUELLI CHE CRITICAVANO IL CAMPO HOBBIT OGGI SI INTESTANO QUELLO CHE HANNO SEMPRE CRITICATO: SENZA PUDORE

«Ciao Pi’…». Giorgia Meloni, sulla scalinata della Galleria nazionale d’arte moderna, saluta Pino Insegno prima di andar via. Sottolineando con un commiato confidenziale ciò che la mostra di Tolkien, oltre la volontà dei curatori e certo quella dello scrittore inglese morto 50 anni fa, è già diventato: un meeting point della destra di potere e dei suoi beneficiati.
Tutti a omaggiare l’autore più amato dalla premier, nel pomeriggio di un giorno feriale in cui la responsabile del governo lascia i suoi impegni istituzionali, dice goodbye a Zelensky ed Erdogan sentiti al telefono sugli sviluppi della crisi in Ucraina e Medioriente, e si fionda a Villa Borghese ad ammirare per quasi un’ora l’esposizione che il ministro Gennaro Sangiuliano le ha “regalato”, con un contributo pubblico da 250 mila euro.
Quando Meloni arriva per quella che doveva essere una “visita privata”, nel porticato della galleria c’è già almeno un centinaio di persone pronte ad accompagnarla: il ministro, ovviamente, ma pure il sottosegretario Alfredo Mantovano e una foltissima rappresentanza di funzionari e collaboratori dello staff che hanno lasciato Chigi per trasferirsi qui. Inclusi videomaker ed esperti social pronti a rilanciare sul web l’evento che doveva essere riservato.
Il clima è quello della mostra di regime, del raduno accondiscendente di una destra per cui il padre del Signore degli anelli è divenuto anche il simbolo di una rivincita culturale.
Fra gli intellettuali di area si vedono, tra gli altri, direttori di testate giornalistiche (Antonio Preziosi del Tg2 e Davide Desario dell’Adnkronos), volti noti della tv (Nicola Porro), presidenti di importanti fondazioni come il Maxxi (Alessandro Giuli), l’autore satirico Federico Palmaroli in arte Osho, Edoardo Sylos Labini. E Insegno, naturalmente, che in Rai non sta brillando ma è uno dei protagonisti della mostra: in un video che viene riprodotto lungo il percorso si vede l’artista romano – che è stato doppiatore del personaggio di Aragorn – recitare il «discorso del re».
Giorgia Meloni non può che vivere il momento con la sorella Arianna, unite come Sam con Frodo, per citare una metafora che proprio quest’ultima usò nel giorno della vittoria delle elezioni da parte del centrodestra.
«Oggi ho visto pure ex colleghi che mi vollero fuori dal partito», ironizza Croppi. Meloni, alla fine della visita, soprassiede sulle accuse di un utilizzo improprio del pensiero di Tolkien: il Guardian, in un recente editoriale, denuncia gli «scopi populistici e nazionalistici» dell’«ossessione» di Meloni per il narratore della Terra di mezzo.
«Questa mostra è una bella pagina di cultura che racconta lo scrittore e l’uomo. Conosco bene la materia ma ho scoperto cose nuove», dice la premier. Irrompe anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, a dare corpo all’autocelebrazione del partito di governo che ostenta le sue radici.
E lui è meno diplomatico: «Di certo Tolkien non è di sinistra. E questo perché la lotta tra Bene e Male, con una netta separazione, non è di sinistra. Anche gli hippy a un certo punto si impadronirono di Tolkien – sottolinea La Russa – ma più a ragione se ne impadronì la Destra».
È l’ultima scena prima del sipario: «Volete sapere a quale personaggio assomiglia Giorgia Meloni? A Éowyn, la principessa che si fa guerriera contro il volere degli uomini e, nella battaglia finale, uccide il cattivissimo signore dei Nazgûl». Nella serata di Villa Borghese anche il più navigato fra gli esponenti di FdI sfiora il culto della personalità.
(da La Repubblica)

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LO STORICO ZUBAIDA: “I CIVILI UCCISI A GAZA DIMOSTRANO IPOCRISIA OCCIDENTALE SUI DIRITTI UMANI”

Novembre 16th, 2023 Riccardo Fucile

“L’OCCIDENTE SI ERGE A DIFENSORE DEI DIRITTI UMANI MA NON FA NULLA QUANDO A VIOLARLI SONO I SUOI STRETTI ALLEATI”

Mentre il conflitto tra Israele e Hamas non accenna a placarsi e aumentano inesorabilmente le vittime civili, abbiamo discusso delle implicazioni internazionali della guerra con uno dei massimi esperti di Nord Africa e Medio Oriente, lo storico iracheno dell’Università di Birkbeck a Londra, Sami Zubaida.
Esiste un “fronte della resistenza” che unisce Hamas, Jihad islamica e il movimento sciita libanese Hezbollah nel conflitto in corso?
Questi gruppi hanno una posizione comune: la lotta contro Israele. Che i sostenitori di questi gruppi siano sia sunniti che sciiti non fa molta differenza. Gli attacchi del 7 ottobre scorso sono stati interamente pianificati da Hamas, e la Jihad islamica si è unita in seguito. In particolare dalle ricostruzioni che ho avuto la possibilità di visionare sembra che si sia trattato di un piano segreto puramente voluto da Hamas, orchestrato in particolare dalla sua ala militare, mentre i vertici politici del movimento che governa la Striscia di Gaza ne erano stati tenuti all’oscuro.
Dopo la visita del leader di Hamas, Ismail Haniyeh a Teheran, il presidente iraniano Ibrahim Raisi ha partecipato al summit della Lega araba di Riyad in Arabia Saudita dicendo che bisogna passare “dalle parole ai fatti” a Gaza. Qual è il ruolo dell’Iran in questo conflitto che coinvolge anche alcuni paesi vicini?
L’Iran non è stato coinvolto nell’organizzazione materiale degli attacchi del 7 ottobre. Certamente Teheran sostiene Hamas. Non solo, l’Iran ha un ruolo decisivo in Iraq con le sue milizie. L’Iran ha un’influenza decisiva e cruciale nell’economia irachena. L’economia e la politica di Baghdad sono penetrate da organizzazioni connesse all’Iran. Questo discorso si può estendere alla Siria che è diventata un’estensione degli Hezbollah libanesi. Organizzazioni e formazioni militari in Siria sono strettamente connesse all’Iran e questo avviene predominantemente attraverso gli Hezbollah libanesi.
Con la visita dei leader di Hamas a Mosca della fine di ottobre e dopo le parole di sostegno verso il movimento che governa la Striscia di Gaza da parte del presidente russo, Vladimir Putin, sembra sempre di più che questo “fronte della resistenza” abbia la benedizione di Mosca, non è così?
Ovviamente ogni cosa che imbarazza l’Occidente è favorevole alla Russia. Ma si tratta soprattutto di parole, non ci sono evidenze fino a questo momento di assistenza o interventi militari russi nel conflitto in corso. Si tratta principalmente di prese di posizione politiche e diplomatiche.
È vero che in una fase così delicata del conflitto dopo 1400 morti israeliani e 11mila morti palestinesi solo gli Stati Uniti possono raggiungere l’obiettivo del cessate il fuoco per evitare un’escalation del conflitto?
Il presidente Usa, Joe Biden, si è espresso a favore di una pausa nei bombardamenti. Ma è stato ignorato fino a questo momento. Ogni intervento statunitense su Israele è molto pacato, Washington non ha assunto un atteggiamento più duro e deciso verso le autorità israeliane. Quindi anche le richieste di pause del conflitto sono in gran parte ignorate da parte israeliana. Ovviamente gli Stati Uniti sono il paese più influente che può incidere sulle scelte israeliane ma fino a questo momento non si sono mostrati determinati a voler fermare il conflitto. Non sono andati oltre il suggerimento di pause mirate, neppure sono arrivati a negoziare un vero e proprio cessate il fuoco. L’amministrazione Usa sostiene in tutto e per tutto le scelte israeliane.
D’altra parte l’Egitto di al-Sisi non sembra poter ritagliarsi un ruolo di mediazione credibile ma si è espresso contro l’arrivo di rifugiati palestinesi nel Sinai, anche questo è un segnale che il conflitto potrebbe andare avanti a lungo?
Il rifiuto di accettare rifugiati da parte egiziana è un passo importante. Israele sin dall’inizio del conflitto spinge i palestinesi verso i paesi vicini. È fondamentale che al-Sisi impedisca che questo avvenga. Anche se si dice che il Cairo potrebbe avere incentivi economici se accettasse rifugiati palestinesi. Però fin qui la posizione egiziana è stata contro l’espulsione dei palestinesi nei paesi vicini che creerebbe altre centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi.
La Turchia di Erdoğan, non solo nel conflitto in Ucraina, ma anche nel conflitto tra Israele e Hamas sta giocando un ruolo di mediazione. E poi il presidente turco si presenta come l’esponente più importante di quell’islamismo politico a cui anche Hamas si ispira…
La Turchia gioca un ruolo multiplo, favorevole ad Hamas. I leader di Hamas si sono rifugiati in Turchia per anni anche se negli ultimi tempi le autorità turche hanno cercato di prendere le distanze dal movimento che governa la Striscia di Gaza. E così Erdoğan vuole giocare sia il ruolo di mediatore sia quello di leader regionale.
Più in generale l’alto numero di vittime, ci permette di affermare che a Gaza è in corso una violazione dei diritti umani che mette in crisi i valori occidentali?
Non è una novità. L’Occidente ama definirsi come difensore dei diritti umani ma non fa niente quando a violarli sono i suoi stretti alleati, come l’Egitto e l’Arabia Saudita. Non ci sono politiche concrete o sanzioni contro gli autocrati, amici dell’Occidente. In questi casi, si fa rumore sui diritti umani ma non si prendono dei provvedimenti concreti. E così quando si parla dell’uso eccessivo della forza da parte israeliana a Gaza è chiara la trasparente ipocrisia dell’Occidente nel permettere che questo avvenga.
(da Fanpage)

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