Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
UNA VITA AVVENTUROSA. UN UOMO AUSTERO E IRONICO, UN GRANDE INTERPRETE
Per milioni di spettatori è Yanez, l’amico di Sandokan, l’eroe dello sceneggiato di Sergio Sollima che nel 1976 tenne incollati davanti alla tv 30 milioni di italiani. Philippe Leroy, morto a Roma a 93 anni, era un uomo affascinante che ha avuto una vita avventurosa.
A quel ruolo, che lo rese un eroe popolare, amato da tutti, il cappello in testa, la sigaretta all’angolo della bocca, era rimasto molto legato: “Yanez sono io. È un personaggio che mi perseguita. Interpretandolo, mi sembrò di rivivere la mia vita. I sei mesi passati tra la Malesia e gli studi di Bollywood, comunque, sono stati i più straordinari di tutta la mia carriera. Nell’affidarmi il ruolo, Sollima mi fece un regalo”. Attore, paracadutista – la sua vera passione – ribelle, soldato, patriota, avventuriero, cittadino del mondo, scultore, l’aristocratico Philippe Leroy-Beaulieu, quasi duecento film alle spalle, è sempre stato innamorato della libertà. “Il paracadutismo” raccontava “l’ho scoperto tardi, nel 1986, e mi dispiace. A cinquemila metri d’altezza la terra è bellissima e non esiste nulla di più straordinario che volare”.
L’Italia, dagli anni 60, era diventata il suo paese: nel 1990 aveva sposato Silvia Tortora (scomparsa nel 2022); la notevole differenza di età fa notizia, ma è un grande amore. Da lei ha avuto due figli, Michelle e Filippo. Scherzava sul rapporto con la moglie, su quella donna “deliziosa, fantastica”, che si preoccupava per lui. “L’unico difetto è che mi dice cosa devo fare o indossare, pensa che sono rincoglionito”.
La vita come un’avventura
Rampollo di una grande famiglia, uscito dal collegio dei Gesuiti di Montplellier, spirito da avventuriero, Leroy parte per fare il giro dell’America con lo zaino in spalla.
A Parigi lo aspetta la maturità ma non è uno studente modello. Sfoglia, come scrive nell’autobiografia Profumi (Campanotto editore), il codice civile e penale. “Ero il perfetto buono a nulla, mi dicevano i parenti, ma è meglio essere un buono a nulla piuttosto che un ‘tocca tutto’, almeno così non si fanno danni. Iniziavo a praticare uno sport che farà di me un atleta, il rugby, che in seguito mi avrebbe consentito di rispondere alle provocazioni”.
A 21 anni Leroy è pronto per il servizio militare. Lo aspetta la guerra: Hanoi, Tonchino, le lunghe marce, la sete, la paura, le azioni fulminee (“Dopo tanti anni – scrive nell’autobiografia- mi ronza ancora nelle orecchie il grido disumano di quello che ho colpito in pancia”). Guarda la morte in faccia, ma il tenente Leroy è un uomo che sa vivere: ad Hanoi noleggia tutti i risciò a pedali e organizza una gara di corsa, ha una fidanzatina vietnamita. Scrive: “A volte con il tenente B. andavamo anche a fumarci una o due pipe di oppio, senza esagerare: eliminavamo così la pesantezza dei nostri corpi stremati. Lo incontrerò più tardi, in un bar degli Champs Elysées dove mi aveva dato appuntamento, per propormi di entrare nei ‘Baffuti’, come lui chiamava il Servizio segreto militare. Non se n’è più fatto niente. Mi sa che davo troppo nell’occhio”.
La scelta del cinema
Una vita estrema. Dal Costa Rica, dove raggiunge uno zio ambasciatore ai piccoli lavoretti, al ritorno come volontario sotto le armi – parte per la guerra in Algeria – Leroy cerca il suo posto nel mondo, spinto dalla curiosità. Il cinema gli spalanca le porte grazie all’amico Jean Becker, che gli presenta il padre Jacques con cui gira Il buco. Fare l’attore, quello che all’inizio considera “un lavoro da femminucce”, segna una svolta nella la sua vita. Col golpe in Algeria viene schedato, parte per l’Italia. Sono gli anni Sessanta, della Roma notturna, delle cene da Otello, del cinema d’autore. Leroy conosce tutti e inizia a lavorare.
Nel cinema capita per caso, nel 1961 Vittorio Caprioli gli offre Leoni al sole. Nel 1962 gira Senilità di Mauro Bolognini, quindi un film dietro l’altro: Una donna sposata di Jean-LucGodard (1964), Sette uomini d’oro di Marco Vicario (1965), La mandragola di Alberto Lattuada (1965), Il grande colpo dei 7 uomini d’oro ancora con Vicario (1966), Senza sapere niente di lei di Luigi Comencini (1969) Roma bene di Carlo Lizzani (1971).
Lo sceneggiato La vita di Leonardo da Vinci di Renato Castellani, del 1971 è un altro grande successo. Con Liliana Cavani gira Il portiere di notte, Al di là del bene e del male e Interno berlinese. Attraversa tutti i generi, tra in titoli Il tango della gelosia di Steno (1981), State buoni se potete di Luigi Magni (1983), Un uomo, una donna oggi (Un homme et une femme : 20 ans déjà) di Claude Lelouch (1986), Montecarlo Gran Casinò di Carlo Vanzina (1987), Io e il re di Lucio Gaudino (1995), Vajont – la diga del disonore di Renzo Martinelli (2001), La terza madre di Dario Argento (2007), Il sangue dei vinti di Michele Soavi (2008), La legge del crimine (Le premier cercle) di Laurent Tuel (2009), Questione di karma di Edoardo Falcone (2017).
Il rapporto con i registi
Con alcuni registi ha buoni rapporti, con altri sono più difficili. ”Mi ricordo che con Godard feci un’enorme fatica. Stessa storia a teatro con Strehler… Mi sembrava di essere discreto, ma lui voleva essere costantemente adulato e protestava: ‘Non partecipi, non mi sei vicino, mi snobbi, non te ne frega niente’. Con me Giorgio fu brutale. Silvia fece da paciere. Sono viscerale… Detesto gli attori pretenziosi che si danno un tono e discutono solo del proprio mestiere. La mia vita va oltre il set”.
La sua vita, è vero, è un film molto più interessante delle storie che ha interpretato. “Non sono ricco e non me ne frega niente perché quando muoiono, i ricchi diventano come tutti gli altri. Sepolti. Sotto terra. Senza ricchezze… Ho sempre detestato l’attribuire valore ai soldi, alla proprietà, l’addormentarsi sognando una Porsche Carrera. Nella mia breve vita ho costruito cinque case con le mie stesse mani e non ho mai rimpianto di averle perse. So vivere sotto una tenda, anche se oggi mi fanno abbastanza male le ossa”.
Chiude il libro Profumi con la considerazione che “un attore è una cometa”. “Si comincia col dire: ‘Come si chiama questo giovane attore?’, ‘Philippe Leroy’. Seconda frase: ‘Toh, ecco Philippe Leroy’. Terza frase: ‘Oh! Assomiglia a Philippe Leroy’. Ultima frase: ‘Come si chiamava quell’attore?… Ma sì, dai, si lanciava col paracadute… per poi sparire per sempre con il seguente epitaffio: Philippe Lereoy-Beaulieu nato a Parigi il 15 ottobre 1930. Disperso”.
(da La Repubblica)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
IL GENERALE VANNACCI PROMETTE “IL SABOTAGGIO” IN UE DELLE INIZIATIVE “CONTRO LA NOSTRA TRADIZIONE”: “AL VOSTRO SEGNALE SCATENEREMO L’INFERNO”
Giorgia Meloni parla per 40 minuti dal palco di una piazza del Popolo semivuota: «Non stiamo al governo pesando a come rimanerci, nel palazzo a cercare di sopravviverci, siamo qui per lasciare questa nazione in condizioni migliori di come l’abbiamo trovata, costi quel che costi, e guardate costerà tanto lavoro, sgambetti, colpi bassi, trame nell’ombra perché le forze della conservazione dello status quo faranno di tutto per impedircelo».
Per questo, però, per battere «gli avversari livorosi» è indispensabile che il prossimo fine settimana gli italiani votano. “Il nostro motore sarà sempre l’amore e non l’odio, costruire e non distruggere”, ha affermato.
SALVINI E VANNACCI A MILANO
“Se ogni attività propositiva dovesse fallire, allora comincio con la mia specialità: il sabotaggio di qualsiasi iniziativa che dovesse distruggere nostre tradizioni, la nostra famiglia, il nostro suolo e il nostro sangue” ha detto vannacci.
Un comizio che sembra il copione di ogni uscita del generale: “L’8 e il 9 giugno sapete cosa fare: andate alle urne votate per la Lega e scrivete il nome Vannacci sulla scheda. Al vostro segnale scateneremo l’inferno”. Così il generale Roberto Vannacci in conclusione del suo discorso alla chiusura della campagna elettorale della Lega a Milano, citando il celebre film ‘Il Gladiatore’.
“Ci stanno vendendo il concetto dell’inclusività. Vogliono che apriamo le nostre case a chiunque, condividiamo i nostri pasti e accettiamo tutto. Io che sono una persona notoriamente controcorrente. Io voglio essere esclusivo”
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIERE COMUNALE DI ALATRI E’ STATO CONDANNATO DALLA CORTE DEI CONTI
L’ex capogruppo della Lega ed esponente di FdI ad Alatri, in provincia di Frosinone, Gianluca Borrelli, accusato di assenteismo, è stato condannato dalla Corte dei Conti.
Il danno erariale contestato corrisponde a 22.400 euro e dovrà essere versato al Diciassettesimo Reggimento Artiglieria Controaerei «Sforzesca» di Sabaudia, dove presta servizio come caporal maggiore.
Avrebbe percepito indebitamente la retribuzione per numerose giornate di permesso retribuito, presentando all’Esercito 198 false attestazioni, in un periodo compreso fra il maggio 2017 e il febbraio 2021. Il militare ha sostenuto che non poteva recarsi a lavoro dovendo svolgere attività istituzionali connesse alla sua carica di capogruppo del Carroccio ad Alatri.
Dopo le indagini, Borrelli è stato indagato dalla Procura militare, con l’ipotesi di truffa militare continuata e aggravata.
Sul danno erariale, l’ex capogruppo del Carroccio è stato ora condannato in appello.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
UN’OVAZIONE QUANDO HA DETTO: “IL CENTROSINISTRA HA FATTO DEGLI ERRORI NEL PASSATO. IO SONO QUI PER RIPARARE AGLI SBAGLI DEL PASSATO”…”NON SERVE UNA PREMIER SE NON SI BATTE PER I DIRITTI DELLE DONNE”
Parla di diritti, di libertà, di guerra e di Europa, di antifascismo e della destra. Elly Schlein chiude la sua campagna milanese all’Arco della Pace, sono 5mila i sostenitori accorsi ad ascoltare la segretaria Pd. “Sto leggendo delle cose, faccio fatica a capire che lingua sta parlando Giorgia Meloni, che film sta vedendo. Vede un altro Paese”. Così la segretaria del Pd Elly Schlein replica alle parole di Giorgia Meloni che dal palco dell’evento elettorale a Roma le chiede di prendere posizione sul fatto se lei sia democratica o meno.
“L’altro giorno mi ha attaccata dopo aver detto che la sinistra cancella l’identità – ha aggiunto a margine dell’evento -. Io ho risposto che lei non si rende conto che in un anno e mezzo che governa sta cancellando la libertà delle persone”.
“Perché se hai un salario da fame, mentre lei blocca il salario minimo, e non riesci a pagarti l’affitto, mentre lei cancella 330 milioni di fondo affitto, se non riesci a curarti perché tagliano la sanità pubblica non hai piena libertà in questo Paese – ha concluso -. Quindi noi continuiamo a inchiodare questo governo su una gigantesca questione sociale e salariale che Meloni continua a cercare di eludere con armi di distrazione di massa e che il Pd non è disposto ad accettare”.
“Quando diciamo più sanità pubblica, stiamo parlando di più servizi, più prospettive di vita indipendente per le persone con disabilità perché guai se sentiamo ancora dalla destra parole di esclusione, di discriminazione o segregazione delle persone con disabilità che hanno pieno diritto all’inclusione nella scuola e nel lavoro”. “La Repubblica è fondata sul lavoro anche e soprattutto per loro”.
“Non ce ne facciamo nulla di una premier donna che non si batte per i diritti di tutte le donne, l’unica cosa che ha fatto Giorgia Meloni è fare entrare i pro vita e gli anti abortisti nei consultori”, ha concluso, prima di gridare “Viva l’Italia antifascista”.
E sulla chiusura del suo intervento sono partite le note di una canzone di J Ax che cita un passaggio di un discorso della segretaria: “Sono una donna, amo un’altra donna, non sono madre ma non per questo sono meno donna”.
“Noi siamo in questa piazza. È la piazza del Pd che è stata sempre ‘per’ qualcosa, prima di essere ‘contro’ qualcosa o qualcuno”. “Giorgia Meloni ci ha accusato di voler cancellare la nostra identità. Poi ci spiegherà cosa vuol dire. Noi siamo orgogliosi della nostra identità che è antifascista e si fonda sulla costituzione, lei non può dire la stessa cosa”.
“Abbiamo tanta strada da fare – ha poi detto Schlein durante il comizio – i diritti che davamo per scontato sono messi in discussione dalla destra nazionalista in tutta Europa”. “In questo continente – ha precisato – il nazionalismo ha sempre prodotto una sola cosa, la guerra, e continua a produrla oggi perciò noi saremo sempre contro ogni nazionalismo”. “L’Europa nasce come progetto di pace e deve rimanere un’Europa di pace. Mai economia di guerra”.
La segretaria dem ha poi ringraziato “Cecilia Strada per aver messo il suo corpo per riscattare la dignità europea. Le ong hanno fatto quello che dovrebbe l’Unione europea”. “Un’altra grande priorità – ha aggiunto – è la scuola Pubblica come prima leva di ascesa sociale. Stanno tagliando anche lì, non accettiamo di vivere in un paese in cui il tuo destino è dettato da dove nasci, è la più grande negazione dell’articolo 3. La nostra ossessione è moltiplicare gli asili nido in tutto il territorio nazionale”.
“Non voglio sentire nessun diritto di ridurre il numero di stranieri nelle classi – ha sottolineato – perché a scuola non ci sono italiani e stranieri ma bambini. Abbiamo sbagliato come centrosinistra a non cambiare la legge sulla cittadinanza quando avevamo i numeri per farlo ma siamo qui anche per riparare agli sbagli del passato”.
A proposito degli scenari internazionali, Schlein interviene sulla crisi Israele-Hamas: “Chiediamo – ha detto – l’immediato cessate il fuoco a Gaza”. “Per i minori di Gaza continuiamo a chiedere i due popoli e due stati. Uno c’è già e ha diritto a esistere, ma l’altro per colpa della comunità internazionale non è mai stato riconosciuto”.
“Questa è la piazza che vuole un’Europa basata sulla giustizia sociale, sul lavoro dignitoso, sull’innovazione delle imprese che possa guidare la trasformazione digitale ed ecologica – ha sottolineato Schlein -. È una piazza che vuole un’Europa degli investimenti comuni, quello che la destra nazionalista alleata di Giorgia Meloni e Matteo Salvini vuole bloccare”.
Quindi ha aggiunto: “Non dimentichiamoci che il partito di Giorgia Meloni non ha votato a favore de Next Generation Eu e gli alleati di Matteo Salvini andavano in giro con un bel cartello con scritto non un centesimo all’Italia. È un po’ difficile fare l’interesse a nazionale se ti accompagni a questa gente in Europa”.
“Questo governo – ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein – non si capisce cosa abbia contro i Comuni, perché da quando si è insediato non ha fatto altro che tagliare e scaricare le responsabilità addosso ai Comuni”. “L’ha fatto sull’accoglienza con un decreto che smantella l’accoglienza diffusa e che lascia più responsabilità ai Comuni – ha aggiunto -. L’ha fatto cancellando il reddito di cittadinanza e lasciando ai Comuni una risposta che non sono in grado di dare perché non hanno risorse sufficienti e lo sta facendo con questi 200 milioni di tagli che solo grazie alla nostra denuncia hanno deciso di ritardare a dopo le elezioni. Ma noi ci saremo anche il giorno dopo le elezioni, a chiedere conto di queste scelte folli”.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
UN REPUBBLICANO SU DIECI SU RITIENE MENO PROBABILE UN VOTO A “THE DONALD” DOPO IL VERDETTO
Un repubblicano su 10 ritiene meno probabile un voto per Donald Trump dopo il verdetto di colpevolezza per i soldi alla pornostar. E’ quanto emerge dal sondaggio di Reuters-Ipsos, secondo il quale per il 56% dei repubblicani la condanna non ha effetto sul proprio voto mentre per il 35% rafforza la volontà di votare per l’ex presidente.
Se Trump dovesse perdere il 10% dei voti le sue chance di tornare alla Casa Bianca si ridurrebbero in modo considerevole visto il testa a testa con Joe Biden e il previsto scarto di voti limitato per il vincitore.
Ventiquattr’ore dopo la storica condanna penale di Donald Trump, non c’è deserto più popolato dei social americani: cani sciolti, account anonimi, gruppi fantasma, ma anche persone isolate che mettono il proprio volto e dicono «imbracciamo le armi» e «armiamoci di machete», «appendiamoli». Scrivono: «Vogliono una fottuta Guerra Civile? L’avranno». Il ring di Truth, Telegram, Facebook è diventato confine del caos. Le piattaforme di destra Gateway Pundit, Gab e PatriotsWin in poche ore hanno fatto da megafono alle minacce. L’esercito trumpiano sembra pronto a passare all’azione.
Su Truth, il social del tycoon, un utente scrive: «Avranno quello che cercavano: la guerra». «Ci sono soltanto due scelte a novembre – sentenzia un altro – Trump o guerra civile. Spero nel primo ma mi preparo per il secondo». Il gruppo della milizia di destra dei Proud Boys New Jersey su Telegram commenta: «Quella condanna fatta da sudici finirà per far schizzare i numeri di Donald».
Affiora nei social anche un revival religioso: tra post in cui l’ex presidente appare in preghiera, o con la mano di Gesù Cristo posata sulla sua spalla, l’account God & Country chiama a raccolta le truppe: «Trump non corre contro Biden, corre contro i Clinton, gli Obama, la Cnn, l’Nbc, Abc, Soros, l’Antifa, è Trump contro Satana».
Il rischio è che nelle prossime settimane molti possano diventare capri espiatori. Il primo della lista è il giudice del processo, Juan Merchan, definito dall’ex presidente un «satana». Su Gab, piattaforma dove vendono armi e cappellini con scritto “Fuck Biden”, c’è chi scrive: «È il momento di trovare dove vive il giudice». E un altro: «Ho sentito raccontare cose brutte che possono succedere ai giudici mentre camminano lungo i vialetti». Su PatriotsWin cercano sicari: «Qualcuno che a New York non ha niente da perdere si occupi di Merchan. Lo faccia con qualche illegale e possibilmente armato di machete».
Nella lista nera anche i dodici giurati che hanno pronunciato il verdetto di condanna. Il bersaglio è chiunque sia Democratico: «È arrivato il momento – si legge su Gateway Pundit – di uccidere qualche sinistroide». Sognano di colpire anche New York, la città liberal sede del processo. «È un cesso marxista – commenta jcd_007 – Questo processo spettacolo ci ricorda quanto questa città faccia schifo».
Qualcuno teme rivolte da parte della polizia, tra cui molti sono schierati con Trump, e ricorda quanto successo di recente all’ex poliziotto Michael Fanone, rimasto quasi ucciso durante l’insurrezione del 6 gennaio. Dopo aver definito l’ex presidente un «autoritario», la sera stessa gli agenti, armati fino ai denti, hanno finto un’irruzione a casa della madre del poliziotto, una donna di 75 anni, in Virginia. La donna, in pigiama, ha temuto di essere uccisa.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
HA RICEVUTO L’ASSESSORE DELLA SUA GIUNTA E HA RIBADITO CHE NON INTENDE FARSI DA PARTE
Non c’è per ora nessuna intenzione di dimettersi da parte di Giovanni Toti, ai domiciliari dallo scorso 7 maggio con l’accusa di corruzione e falso nell’ambito delle indagini della procura di Genova e di Imperia. Il governatore della Liguria ha incontrato questa mattina, 1 giugno, l’assessore regionale Giacomo Giampedrone. Un incontro autorizzato dalla procura di Genova in cui Toti ha dato una indicazione chiara alla sua maggioranza per il prossimo Consiglio regionale: «Respingere senza indugi e con assoluta fermezza la mozione di martedì prossimo». In una nota diffusa dall’avvocato del governatore ligure, Stefano Savi, presente all’incontro, Toti fa capire che c’è «l’intenzione di andare avanti con forza e in modo compatto insieme alla maggioranza di centrodestra, alla luce degli importanti risultati ottenuti in questi nove anni di mandato».
Dall’incontro è emerso anche «il totale convincimento che la giunta e l’amministrazione regionale debbano continuare a lavorare per la realizzazione dei progetti di mandato, che gli sono stati affidati dagli elettori a stragrande maggioranza, con lo stesso spirito di sempre, ma soprattutto con la leale collaborazione fra i fondamentali e non sostituibili input politici per la gestione degli affari quotidiani e l’apparato tecnico istituzionale dell’ente, essendo la giunta pienamente operativa con il vice presidente facente funzioni Alessandro Piana e tutti gli assessori».
Nessun passo indietro quindi da parte di Toti, soprattutto, spiega l’avvocato Savi, «a fronte delle emergenze processuali e delle indagini in corso, ad oggi non è stata ancora depositata l’istanza di revoca della misura, in attesa che il quadro istruttorio si definisca. Una scelta assunta nella convinzione che il lavoro della Procura terrà nel giusto conto anche le esigenze istituzionali della Regione Liguria».
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
MELONI TEME CHE LA CEI SI SCHIERI CONTRO IL PREMIERATO IN UN FUTURO REFERENDUM … ZUPPI IRONIZZA: “MELONI FORSE MI HA CONFUSO CON ROBERTO BENIGNI CHE VOLEVA FARE IL CAMPO LARGO CON IL PAPA”
Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente dei vescovi italiani, non ha risposto formalmente all’attacco della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Tuttavia, intervistato da Aldo Cazzullo davanti ai parrocchiani di Sala Bolognese, non si è sottratto alla questione.
E ha detto, sorridendo, che forse la Meloni «è stata tratta in inganno da Roberto Benigni che voleva fare il campo largo con il Papa… La Chiesa ovviamente non si schiera con una parte o con l’altra. Io non sono entrato nel merito della riforma, non ho dato giudizi sul rafforzamento dei poteri del premier. Ho solo espresso una preoccupazione: le riforme costituzionali richiedono la partecipazione più ampia possibile. Proprio perché gli equilibri costituzionali sono delicati. Questo non significa che tutti la debbano pensare allo stesso modo, ma che devono partecipare al dialogo, ritrovare lo spirito costituente. Nel dopoguerra liberali e comunisti non la pensavano allo stesso modo, ma scrissero la Costituzione insieme. Oggi il richiamo vale per tutti, per la maggioranza come per l’opposizione».
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
LA VENDETTA CONTRO “WAY HOME” PERCHE’ “DANNEGGIA L’IMMAGINE DELLA RUSSIA”
È finita nella black list russa degli «agenti stranieri» l’organizzazione dal nome Way home (in italiano strada verso casa), composta da madri, mogli e figlie dei soldati russi impiegati nell’invasione dell’Ucraina, che si battono per il ritorno dei loro cari dal fronte. La decisione è stata presa dal ministero della Giustizia di Mosca, che accusa il movimento di aver dipinto «un’immagine negativa» della Russia e del suo esercito, e di aver «incoraggiato proteste illegali» contro il governo. Il registro degli agenti stranieri è uno strumento utilizzato dal governo russo per colpire oppositori politici, attivisti per i diritti umani e organizzazioni non governative che criticano le politiche del Cremlino. L’inserimento in questo elenco comporta un severo controllo amministrativo e obbliga le organizzazioni etichettate come agenti stranieri a operare sotto stretta sorveglianza, costringendo spesso molte di esse alla chiusura.
Cos’è il movimento Way Home
Nello specifico, nella lista nera compare anche il nome di Maria Andreyeva, 34enne e una delle leader del movimento Way Home, che ha rilasciato una dichiarazione all’Afp condannando la mossa del Cremlino come «ingiusta» e annunciando l’intenzione di impugnarla. Il movimento Way Home è nato nel settembre del 2022, circa sette mesi dopo l’invasione dell’Ucraina, quando i soldati russi sono stati mobilitati per rinforzare le truppe dopo che Kiev aveva riconquistato alcune aree del paese. Le mogli e le madri di parte dei 300mila uomini chiamati alle armi hanno iniziato a organizzare manifestazioni pubbliche e a sviluppare una narrazione alternativa rispetto a quella dello Stato, chiedendo la smobilitazione e puntando il dito contro il governo e il presidente Vladimir Putin, tacciato di essere il diretto responsabile della guerra. Il movimento comunica principalmente attraverso Telegram, dove conta più di 38mila membri. Tuttavia, è soggetto a frequenti attacchi da parte di bot filogovernativi e a partire dal dicembre del 2023 è stato segnalato come falso dalla piattaforma a causa del numero eccessivo di segnalazioni.
Gli altri bersagli della black list
Oltre al movimento Way Home e ai suoi membri, il Cremlino ha esteso la lista nera includendo anche la testata Sota, presa di mira per la sua opposizione all’invasione dell’Ucraina, l’attivista per i diritti umani Marina Litvinovich e Yekaterina Duntsova, la nota giornalista pacifista e outsider politica a cui le autorità avevano già vietato la possibilità di candidarsi alle elezioni presidenziali di marzo. Nel 2022, la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha condannato la Russia per aver promulgato nel 2012 la legge sugli agenti stranieri, sottolineando che tale norma viola il diritto alla libertà d’associazione e alla libertà di espressione. Nonostante le direttive internazionali, il regime russo continua a reprimere il dissenso interno e ha approvato una legge bavaglia che prevede fino a 15 anni di reclusione per chi si oppone all’invasione dell’Ucraina.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2024 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLA FARNESINA HA PROVATO A MINIMIZZARE: “E’ IN CAMPAGNA ELETTORALE”
«Questo signore è pericoloso, qualcuno lo fermi». E ancora: «O ritratta o chiede scusa o si dimette», «Ci vadano Macron e Stoltenberg a morire in Russia».
Queste frasi sono state pronunciate ripetutamente fino a due giorni fa da Matteo Salvini, vicepremier di un Paese membro della Nato, che ha la presidenza di turno del G7, contro il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, dopo il suo invito a far cadere il divieto di usare le armi occidentali fornite all’Ucraina per colpire obiettivi militari in Russia. Era logico immaginare che prima o poi Jens Stoltenberg ne avrebbe chiesto conto al governo italiano.
Lo fa durante il vertice di Praga, che fino a ieri, per due giorni, ha riunito nella stessa stanza i ministri degli Esteri dei Sette Grandi. Tocca ad Antonio Tajani prendere le difese dell’esecutivo e, in qualche modo, provare a minimizzare le parole di un alleato che in queste ore gioca anche la parte dell’avversario nell’area del centrodestra. «Salvini è in campagna elettorale», è la spiegazione offerta dal capo della Farnesina
Ancora una volta Salvini è fonte di imbarazzo internazionale per il governo di Giorgia Meloni. Ancora una volta – come ha fatto ancora ieri dopo che il leghista ha twittato a favore di Donald Trump e contro i giudici che lo hanno condannato – Tajani è dovuto intervenire, perché si tratta di un altro caso che investe il ruolo del ministro degli Esteri e le relazioni con Paesi alleati.
Stoltenberg vuole capire cosa sta succedendo in Italia. A colpire Stoltenberg sono stati i toni, i modi di Salvini, la richiesta di dimissioni, la personalizzazione. «Se vuole parlare di usare le bombe o i missili o le armi italiane che abbiamo mandato all’Ucraina, per colpire e uccidere fuori dal suo territorio – è stata l’accusa del leghista – può farlo non in nome mio, non in nome della Lega, non in nome del popolo italiano».
Il segretario generale della Nato non può non chiedere spiegazioni, se a esprimersi in quei termini è il secondo in grado di un governo, a capo del secondo partito di maggioranza.
Le rassicurazioni di Tajani sono anche un modo per offrire una chiave di interpretazione del contesto politico italiano a ridosso delle elezioni europee. Una realtà dove la componente dei pacifisti, pronti a far venir meno l’aiuto militare a Volodymyr Zelensky, è sempre più ampia e dove nessun partito tranne Azione di Carlo Calenda, si è espressa a favore della proposta di Stoltenberg.
Salvini, dunque, non è isolato. E questo dà forza alle sue considerazioni. Tanto più che il candidato forte a cui ha affidato – spera – la risalita elettorale di un partito in drammatico calo di consensi è Roberto Vannacci, un generale sospeso dalla Difesa, il quale pure sostiene che togliere le restrizioni «sarebbe un grave errore che potrebbe portare a un coinvolgimento diretto dei Paesi della Nato». Ma lo fa molto più pacatamente.
(da agenzie)
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