Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
PROCEDERE CON I LAVORI A “STRALCI”, CIOÈ A PEZZETTI, E LE SOCIETÀ PRIVATE POTRANNO CHIEDERE PENALI FINO AL 10% DEL MANCATO GUADAGNO NEL CASO IN CUI L’OPERA NON VENGA TERMINATA
Nuove assunzioni, la possibilità di aumentare i costi a vantaggio dei privati e addirittura il via libera all’approvazione «a stralci», cioè a pezzetti, del progetto esecutivo della grande opera. Consentendo ai privati di avviare i lavori anche senza che l’iter autorizzativo sia completato e di chiedere penali fino al 10 per cento del mancato guadagno per gli stralci che non saranno realizzati.
Peccato che non parliamo di una strada, che può diventare percorribile e quindi di pubblico utilizzo a pezzetti, ma di un ponte: anzi del Ponte che non c’è per antonomasia, quello sullo Stretto.
«Il governo con questo decreto ha deciso di trasformarsi in un bancomat di Stato senza avere garanzia che il Ponte a campata unica possa realizzarsi, considerati gli imponenti rilievi tecnici mossi sull’opera anche da organismi dello Stato», dice il deputato di Alleanza verdi e sinistra Angelo Bonelli, firmatario dell’esposto che ha fatto aprire una indagine in procura a Roma sul piano “Salvini” per il Ponte.
Senza fare molto clamore nel decreto “terre rare” approvato in Consiglio dei ministri il governo Meloni fa un grande regalo alla società Stretto di Messina, rimessa in piedi per volere di Matteo Salvini, e soprattutto ai privati del consorzio Eurolink. Un regalo che modifica innanzitutto il decreto del 2023 per venire incontro alle difficoltà incontrate nell’iter autorizzativo di un’opera progettata ormai quasi venti anni fa
Ecco dunque che con il decreto appena varato in Cdm viene cancellato il riferimento al 31 luglio 2024 come termine per l’approvazione del progetto esecutivo. Il progetto potrà essere approvato anche per «stralci funzionali».
In sostanza i privati, in base al vecchio contratto, potranno subito avere il via libera per un primo stralcio e se poi il secondo stralcio non andrà in porto potranno chiedere il 10 per cento del valore della parte non realizzata: in sostanza con questa norma la Stretto di Messina potrà pagare i privati senza alcuna garanzia che l’opera verrà realizzata nel suo complesso perché magari, come si potrebbe scoprire, nei fondali si trovano sorprese.
Ma c’è di più: con il decreto “terre rare” non solo si consente alla Stretto di Messina di assumere altre cinquanta persone rispetto alle cento già autorizzate (con aumento dei costi per la spa pubblica di almeno 2 milioni di euro all’anno) ma si alza il tetto di spesa che era stato fissato a 14 miliardi di euro nella manovra di bilancio. Come? Inserendo dopo la frase «in base alle tariffe vigenti nell’anno 2023», la frase «laddove applicabili».
E chi stabilisce che nei contratti con i privati (al momento segretati e non pubblici) sia corretto aumentare i costi a carico dello Stato? Esperti nominati dal ministero delle Infrastrutture e non un organismo terzo dello Stato come la Corte dei conti o il Cipess.
(da La Repubblica)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
ANCORA PIÙ DURO SULLA GIUSTIZIA: “DALLA CARTABIA A OGGI FAREI UN SOLO ARTICOLO: TUTTE LE RIFORME FATTE DA TRE ANNI A OGGI ANDREBBERO CANCELLATE. LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE NON SERVE A NULLA. NELLA LOTTA ALLE MAFIE IL GOVERNO STA FACENDO COSE INUTILI”
“Abbiamo bisogno di un’Italia unita e più forte. Sarebbe necessario, per esempio, nazionalizzare la sanità. Io non capisco niente, sono un pubblico ministero di campagna, ma da quello che sento in giro mi pare che proprio la sanità sia un settore in cui siamo messi male, visto che la Calabria, per esempio, é ridotta a fare venire i medici da Cuba”.
Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, rispondendo a Lamezia Terme a “Trame”, il Festival dei libri sulle mafie, ad una domanda sull’Autonomia differenziata. Gratteri, nel corso dell’iniziativa, ha presentato il suo libro di recente pubblicazione “Il grifone”, scritto insieme al giornalista Antonio Nicaso, che ha partecipato all’incontro in videocollegamento.
“Lo sapevamo già dieci anni fa – ha aggiunto Gratteri – che in Italia sarebbero mancati i medici. Ora mi chiedo perché nessuno adesso rintraccia il ministro della Sanità dell’epoca e gli chiede perché non si è intervenuti allora per risolvere questo problema. La verità è che abbiamo tutti la memoria corta perché viviamo alla giornata e nessuno fa programmazione, stabilendo di cosa c’è bisogno da qui a 5 o a 10 anni. Il dramma è proprio questo”.
«Dalla Cartabia a oggi farei un solo articolo: tutte le riforme fatte da tre anni a oggi andrebbero cancellate, non servono a nulla». Lo ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, già procuratore di Catanzaro, intervenendo a “Trame Festival” a Lamezia Terme: Gratteri, insieme ad Antonio Nicaso in collegamento, ha presentato il libro “Il Grifone” sottoponendosi alle domande della giornalista di “Repubblica” Giovanna Vitale.
«La separazione delle carriere – ha sostenuto Gratteri – non serve assolutamente a nulla rispetto ai problemi della giustizia. Io penso che gente con competenze e in buona fede deve preoccuparsi di cosa serve per far funzionare un processo, per velocizzare l’istruttoria dibattimentale o per tutelare le parti offese. Ogni anno su 100 magistrati solo lo 0,2% cambia funzione, e allora solo per lo 0,2% dobbiamo cambiare la Costituzione fatta sul sangue di milioni di italiani? E quale sarebbe la commistione tra giudice e pm? E non c’è la commistione tra giudice e avvocato? “Ho visto a cena il giudice e l’avvocato”.
E allora che facciamo? Io comunque non vado a cena né con il giudice né con l’avvocato… Il problema è un altro: in tutti i paesi del mondo dove c’è la separazione delle carriere il pm dipende dall’esecutivo… E non ci sarebbe l’obbligatorietà dell’azione penale o l’indirizzo. Il ministro Nordio ha detto che devono passare sul suo cadavere per far passare questa riforma, e io gli credo, gli auguro lunga vita: ma forse tra 15-20 non sarà più ministro e verrà un altro… Non mi tranquillizza la sua affermazione perché tra 30 anni non sarà ministro della Giustizia.
Nella lotta alle mafie – ha poi aggiunto Gratteri – «il governo sta facendo cose che non servono. La mia preoccupazione non sono i processi di mafia. Il legislatore quando pensa di fare la faccia brutta alza il massimo della pena, invece deve alzare il minimo della pena.
A me le cose che servirebbero come magistrato e cittadino sono le riforme procedurali, lo strumento per poter lavorare, una ricetta che serva per tutti i reati: quando si dice “siamo contro le mafie perché non abbiamo ceduto”. E perché? Era in discussione? Perché dovevi cedere? Dovrebbero fare delle modifiche contrare a quello che è stato fatto. Dalla Cartabia a oggi farei un solo articolo: tutte le riforme fatte da tre anni a oggi andrebbero cancellate, non servono a nulla. Salvo quelle di Orlando e anche quelle dei 5 Stelle che sono state modifiche importanti».
Critico poi Gratteri sulle scelte del governo in tema di intercettazioni: «La politica – ha osservato Gratteri – non ha capito o ancora non vuole capire, quando parliamo di intercettazioni: si continua a insistere che lei intercettazioni costano troppo. Il ministro Nordio dice che le intercettazioni costano troppo. Ripeto, le intercettazioni costano 170 milioni di euro l’anno, per tutte le procure d’Italia messe assieme i costi sono 170 milioni di euro. Nel bilancio di un ministero, 170 milioni di euro non sono nulla.
Perché si dice che costano troppo 170milioni di euro l’anno? Ma se il mio ufficio a Napoli in un giorno, in un solo processo, ha sequestrato criptovalute bitcoin per 280milioni di euro, li abbiamo tramutati in euro e sono entrati il giorno dopo nel Fug, Fondo unico giustizia, vuol dire immediatamente fruibili, il ministero li può spendere il giorno dopo.
Allora – ha aggiunto il procuratore di Napoli – se io in un solo giorno ho fatto incassare allo Stato 280 milioni di euro perché si dice il contrario? Dal punto di vista tecnico spiegatemi dove sono i costi e dove sono gli abusi. E’ inaccettabile sentire che facciamo le intercettazioni a strascico, non esistono: il fatto è che non abbiamo personale, mancano migliaia di unità tra le forze dell’ordine o nella polizia penitenziaria»
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
LE AREE SONO STATE INDIVIDUATE DA DUE ANNI. IL GOVERNO MELONI LO SCORSO MARZO AVEVA ANNUNCIATO LA NOMINA UN COMMISSARIO AD HOC, CHE È ARRIVATA SOLO ORA
Ci sono 200 milioni di euro stanziati dal Pnrr per superare gli insediamenti abusivi dove vivono migliaia di lavoratori agricoli, per lo più stranieri e spesso sfruttati, bloccati da mesi. Le aree sono state individuate da due anni ma è ancora tutto fermo
Secondo il Rapporto su «Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare» pubblicato a giugno del 2022 dal ministero del Lavoro e dall’Associazione nazionale dei Comuni italiani, sarebbero 150 gli insediamenti non autorizzati che stando alle stime ospiterebbero circa 10 mila immigrati tra casolari e palazzi occupati, baracche, tende e roulotte. Veri e propri ghetti, invivibili, indecenti e pericolosi, che sulla carta andrebbero sostituiti realizzando aree attrezzate con moduli abitabili e la predisposizione di tutti i servizi necessari.
Per recuperare tutto il ritardo il governo Meloni lo scorso marzo ha deciso di nominare un commissario ad hoc. Nomina che è sì arrivata, ma solo a inizio giugno, ovvero – segnalano ora i capigruppo dell’M5s nelle Commissioni lavoro e agricoltura della Camera, Valentina Barzotti e Alessandro Caramiello, «60 giorni dopo quanto previsto dal decreto che istituiva questa nuova figura». Insomma al ritardo del piano si aggiunge il ritardo di chi dovrebbe portarlo a compimento.
L’incarico in questione è toccato al prefetto di Latina Maurizio Falco, che avrà competenze su tutto il territorio nazionale facendo venir meno i poteri dei tre commissari che sino a ieri si occupavano delle aree degradate di Caserta, Foggia e Reggio Calabria.
In base al decreto 19/2024 la designazione doveva toccare al ministero del Lavoro ma poi, trattandosi di un prefetto, la scelta è stata fatta dal Viminale. Secondo la Flai-Cgil si è tratterebbe di una palese «violazione della prerogativa di nomina, avocata a sé dal ministro dell’Interno». Il timore del sindacato, che da settimane premeva per sbloccare la situazione, è che «si tratti di uno stratagemma per cambiare la destinazione d’uso dei 200 milioni del Pnrr».
La mappatura disposta dall’allora ministro del Lavoro Andrea Orlando doveva servire da base di partenza per individuare le situazioni più critiche su cui intervenire e concentrare le risorse. «Il governo finora ha fatto finta di nulla davanti al fenomeno del caporalato e del lavoro sommerso – ha scritto venerdì l’ex ministro Pd su Facebook -. Eppure, chi oggi promette nuovi interventi aveva qualche strumento già a disposizione e risorse con cui intervenire. Ma hanno preferito dilazionare o ritardare impegni assunti dal precedente governo nella direzione di un contrasto netto al caporalato e di una maggiore dignità per decine di migliaia di lavoratori».
In tutto, secondo l’indagine dell’Anci, su 608 comuni dove è stata rilevata la presenza di lavoratori stranieri occupati nel settore agroalimentare, sono 38 i comuni dove si registra la presenza di insediamenti informali o spontanei e strutture non autorizzate. Di questi ben 36 richiedono interventi «prioritari» e «superprioritari».
Nella maggior parte dei casi sono ubicati al Sud (21) e nelle Isole (8), 4 sono poi al Centro, 3 nel Nord Ovest e 2 nel Nord est. In tutto sono 11 le regioni interessate: la Puglia con 12 unità (di cui ben 8 nella provincia di Foggia) è quella dove il fenomeno è più rilevante, seguono Sicilia (8), Calabria (5) e Campania (3).
La lista, tra le altre località, comprende Alba e Saluzzo in Piemonte, Albenga in Liguria, Rovigo in Veneto, Porto Recanati nelle Marche e Pescara in Abruzzo, ovviamente Latina nel Lazio e Castel Volturno in Campania, Rosarno in Calabria e Castelvetrano in Sicilia. La maggior parte di questi insediamenti – è scritto ancora nell’indagine dell’Anci – è presente sul territorio da parecchi anni: ben 11 esistono da più di 20 anni e 7 da oltre 10.
(da la Stampa)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
“L’AUTONOMIA NON PUO’ ESSERE DIFFERENZIATA PERCHE’ LA LIBERTA’ E ‘ UN BENE COMUNE”
“Non si può affrontare lo scandalo delle disuguaglianze e della povertà del nostro Paese con un milione di persone in povertà assoluta e dieci milioni in povertà relativa, promuovendo strategie differenziate. L’autonomia non può essere differenziata perché la libertà è un bene comune. Noi abbiamo un testo costituzionale che è nato per unire, non per differenziare. La verità è che nella testa di qualcuno c’è forse ancora il sogno della secessione, un qualcosa che noi non possiamo permettere”. Parole di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, durante la quinta giornata di Trame, Il Festival dei libri sulle mafie. Parlando della ‘ndrangheta Ciotti ha fatto notare che “è presente in cinque continenti e quarantadue nazioni. Bisogna estirpare il male alla radice e per farlo è necessario un impegno culturale di tutti. Sono necessarie politiche sociali che creino le condizioni per garantire il diritto di avere una casa, alla salute e offrire una visione di futuro per i giovani che vanno via e che rendono onore a questa terra in giro per il mondo. Non lasciamoli cadere in quel paradigma tecnocratico, come lo chiama Papa Francesco, dove l’unico obiettivo è il profitto. Ci sono momenti in cui tacere diventa una colpa e parlare, invece, un obbligo sociale e una responsabilità civile. La peste mafiosa, quella corruttiva e dell’omertà si possono sconfiggere. Evitiamo di diventare professionisti della lamentela e di perderci nella cappa dell’indifferenza” ha concluso don Ciotti.
(da Il FattoQuotidiano)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
L’EX ADDETTO MILITARE DELL’AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA NEGLI ANNI OTTANTA: “I SERVIZI SEGRETI ITALIANI MI CHIESERO IL RAPPORTO DELLA STAZIONE RADAR DI SOLENZARA DI QUELLA NOTTE. MA LO STATO MAGGIORE DELL’AERONAUTICA FRANCESE RISPOSE: ‘NON DIAMO NULLA’”…LA RIVELAZIONE ACCREDITA LA TESI DI GIULIANO AMATO: LA FRANCIA AVEVA INFORMAZIONI CHE NON HA DATO ALL’ITALIA
L’ex addetto militare dell’ambasciata di Francia a Roma alla fine degli anni Ottanta, svela durante un dialogo registrato da Massimo Giletti per lo speciale “Ustica : una breccia nel muro” che andrà in onda su Rai Tre martedì 25 giugno alle ore 21.20, che furono i suoi superiori militari francesi a ordinargli di non dare alcun rapporto dei radar della base aerea di Solenzara in Corsica agli italiani, sostenendo che erano chiusi. Afferma adesso in questo video che si è trattata di una bugia.
L’Addetto militare il 28 novembre dello stesso anno rispondeva che l’incidente era avvenuto fuori delle normali ore di lavoro dell’aerobase di Solenzara situata nella Corsica meridionale. I radar avevano interrotto la loro attività operativa e comunque la portata delle apparecchiature era limitata al litorale orientale della Corsica. Quindi nessun velivolo dell’Armée de l’Air era presente nella zona quando è avvenuto l’incidente.
Il generale dei carabinieri Nicolò Bozzo ha però sbugiardato i francesi, affermando, da testimone oculare, di aver visto la sera del 27 giugno a Solenzara decolli e atterraggi dei Mirage e di altri aerei che “non accennavano a interrompersi”. La base era dunque aperta e la bugia adesso è confermata anche dalle parole dell’ex colonnello.
«Ora le spiego come è successo: i servizi segreti italiani (lui dice “il secondo ufficio” espressione francese per designare i “servizi”) mi chiesero il rapporto della stazione radar di Solenzara di quella notte. Ho girato la richiesta allo stato maggiore dell’aeronautica francese, che però mi rispose: “non diamo nulla”».
È un intrigo internazionale lungo 44 anni quello della strage di Ustica. Un eccidio con 81 vittime, fra cui 13 bambini, i cui familiari attendono giustizia.
Questa strage è tuttora materia viva, non soltanto perché risulta un’indagine ancora in corso della procura di Roma che mantiene aperto dal 2008 un fascicolo i cui esiti non si conoscono. E non si conosce se negli ultimi anni ci sono stati ulteriori accertamenti, sviluppo di indagini, nuove rogatorie. Si sa soltanto che il procedimento è aperto e ogni tanto trapela la notizia che quel fascicolo va verso l’archiviazione.
Veniamo a conoscenza adesso che c’è l’ex addetto militare dell’ambasciata francese a Roma, alla fine degli anni Ottanta, che in un dialogo registrato da Massimo Giletti afferma di non aver fornito agli italiani i tracciati radar francesi della base aerea di Solenzara in Corsica perché all’epoca ha affermato che erano spenti, salvo adesso svelare che si trattava di una bugia inventata per cavarsela con il silenzio imposto dalla sua gerarchia.
Sappiamo dei depistaggi che hanno avvolto la strage in questi anni creando elementi che hanno rafforzato il muro di gomma che ancora oggi non viene sgretolato.
Ed è ancora ben visibile fra i reperti recuperati in fondo al mare “l’asse del water” della toilette dove i “teorici della bomba” dicono che è stato sistemato l’esplosivo, pur di escludere il missile che ha abbattuto l’aereo. Esplode la bomba nel water e l’asse rimane integro in fondo al mare? Siamo a quasi un anno dalle dichiarazioni dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato fatte in una lunga intervista a Repubblica in cui ricostruisce che il Dc9 fu abbattuto da un missile francese e per questo chiedeva al presidente Macron di scusarsi con l’Italia.
«Un racconto storico che non aspirava a rivelare segreti sconosciuti» ha detto Amato, aggiungendo che si trattava di: «Avvalorare una ricostruzione che è custodita in centinaia di pagine scritte dai giudici, nelle svariate perizie, anche nelle inchieste di giornalisti bravi come Andrea Purgatori, ma che si è dovuta arrestare davanti a più porte chiuse».
(da La Repubblica)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
LE DIMISSIONI INFATTI DIMINUISCONO DEL 33% … NON È UN CASO CHE L’80% DELLE AZIENDE STATUNITENSI OFFRA UNA QUALCHE FORMA DI LAVORO A DISTANZA
Promosso lo smart-working, con una forma ibrida di lavoro a distanza per 2 giorni a settimana: un esperimento condotto su oltre 1.600 lavoratori di Trip.com – un’azienda cinese che è una delle più grandi agenzie di viaggio online del mondo – è emerso che i dipendenti che lavorano da casa per due giorni alla settimana sono altrettanto produttivi e hanno le stesse probabilità di essere promossi dei loro colleghi che lavorano completamente in ufficio.
Le dimissioni sono diminuite del 33% tra i lavoratori che sono passati dal lavoro a un programma ibrido. Le donne, i non dirigenti e i dipendenti con lunghi tragitti casa-ufficio erano i meno propensi a lasciare il lavoro quando in ufficio si deve andare tre giorni alla settimana. Lo studio, pubblicato su Nature, ha coinvolto 395 manager e 1.217 non manager con laurea, tutti impiegati in ingegneria, marketing, contabilità e finanza nell’ufficio di Shanghai della società.
I dipendenti i cui compleanni cadevano in un giorno pari del mese dovevano venire in ufficio cinque giorni alla settimana. I lavoratori con compleanni in giorni dispari potevano lavorare da casa due giorni alla settimana. “I risultati sono chiari: il lavoro ibrido è una vittoria per la produttività, le prestazioni e la fidelizzazione dei dipendenti”, afferma Nicholas Bloom, che ha condotto lo studio alla Stanford School of Humanities and Sciences.
Si stima che circa 100 milioni di lavoratori in tutto il mondo ora trascorrono una parte della settimana a casa e l’altra in ufficio. Molti di questi lavoratori ibridi sono avvocati, contabili, ingegneri e altri con una laurea o un titolo superiore. “Questo studio offre prove potenti del perché l’80% delle aziende statunitensi ora offra una qualche forma di lavoro a distanza”, sostiene Bloom e suggerisce che le aziende che non lo fanno potrebbero esserne svantaggiate.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
IL RASSEMBLEMENT NATIONAL, AGGIUNGENDO ANCHE LA LISTA IN CON ERIC CIOTTI, OTTERREBBE INTORNO AL 250 SEGGI… MARINE LE PEN MOSTRA NERVOSISMO ED EVOCA LE DIMISSIONI DI MACRON “PER USCIRE DA UNA POTENZIALE CRISI POLITICA” – MACRON HA GUADAGNATO 4 PUNTI NEI SONDAGGI IN UNA SETTIMANA E IL FRONTE DELLA SINISTRA INCALZA
Sarà il nervosismo per un trionfo elettorale che non appare più così scontato, o una tattica per mobilitare gli elettori cavalcando l’impopolarità del capo dello Stato.
Fatto sta che Marine Le Pen non esclude più di chiedere le dimissioni di Emmanuel Macron dopo l’esito delle legislative. Se in un’intervista al Figaro aveva smentito quest’ipotesi, ora la leader del Rassemblement National mette sul tavolo l’opzione di una nuova elezione presidenziale «per uscire da una potenziale crisi politica».
Le prime proiezioni sul voto che cominciano a circolare – da interpretare ancora con prudenza, in un sistema maggioritario a doppio turno – delineano un’Assemblée Nationale senza una maggioranza assoluta necessaria per governare (289 deputati). Secondo una rilevazione Harris Interactive, il Rassemblement National, aggiungendo anche la lista in comune con Eric Ciotti, oscillerebbe tra 235 e 280 deputati. Per l’Ifop, la forbice è anche inferiore: tra 200 e 240 deputati.
«Non chiedo a Macron di dimettersi. Rispetto le istituzioni», commenta Le Pen davanti a questo scenario. «Osservo soltanto che, quando c’è uno stallo politico, quando c’è una crisi politica, ci sono tre possibilità: il rimpasto, una dissoluzione o le dimissioni del presidente».
Nelle retrovie si lavora già a immaginare alleanze in caso di hung parliament, parlamento bloccato. «Dovremo trovare una maggioranza allargata a nuove forze politiche, tenuto conto della situazione inedita del Paese», ha spiegato ieri Edouard Philippe.
L’ex premier parla di Macron già al passato: «È lui che ha ucciso l’attuale maggioranza». «Il macronismo è finito, ammesso che sia mai esistito», osserva François Hollande, con una punta di sarcasmo.
L’ex presidente socialista, che si è candidato a sorpresa alle legislative, sostiene di non doversi vendicare del suo ex consigliere all’Eliseo e ministro dell’Economia. «Non ho conti da regolare», dice di Macron. Hollande, intanto, si posiziona già nel fronte dei “costruttivi” che potrebbero essere chiamati a lavorare insieme dopo il secondo turno del 7 luglio.
Per il primo turno di domenica prossima, secondo l’Ipsos, il 62% dei francesi potrebbe andare a votare, 15 punti in più delle legislative del 2022. E già un milione di cittadini che non saranno nel loro luogo di residenza ha depositato una procura per far votare una persona di fiducia. Un record. La conferma che molti hanno capito che saranno elezioni cruciali.
(da La Repubblica)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
NELLA TRASMISSIONE DI STASERA I VERBALI DEL PENTITO MANCUSO DOVE PARLA DI VOTI E FINANZIAMENTI PER LE CAMPAGNE ELETTORALI
Un “sistema Verona” che ha visto al centro le mani della ‘ndrangheta sugli appalti dell’Arena di Verona e favori a politici oggi volti noti di Forza Italia e Fratelli d’Italia. A raccontare con documenti esclusivi il “sistema” è Report oggi alle 21 su Rai Tre con una inchiesta di Andrea Tornago e Walter Molino, che hanno raccolto i verbali del pentito di mafia Domenico Mercurio.
L’inchiesta parte dagli appalti per il montaggio delle scenografie affidati per anni una rete di imprese che secondo la procura Antimafia di Venezia, con un giro di fatture gonfiate arricchiva le cosche Grande Aracri di Cutro e Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, tra le più potenti ‘ndrine calabresi. Nel mirino degli inquirenti è finita così la Eurocompany di Giorgio Chiavegato, una rete di cooperative di facchinaggio da 26,7 milioni di euro di fatturato. Dopo un anno di carcere e arresti domiciliari Chiavegato è in attesa del processo ed è accusato di false fatturazioni e altri reati fiscali, con l’aggravante di aver agevolato la ‘ndrangheta.
“Intorno a Chiavegato e alla sua Eurocompany ruotavano una serie di società e cooperative sparse tra Veneto e Calabria che emettevano fatture gonfiate o per lavori mai svolti, consentendo di riciclare il denaro sporco della ‘ndrangheta. A gestire l’affare per conto delle ‘ndrine Domenico Mercurio, imprenditore di Crotone trasferitosi a Verona, collettore di interessi tra criminalità organizzata, imprese e politica. Mercurio viene arrestato nel 2020 e decide di collaborare con la giustizia”, racconta Report, sottolineando come tutto questo avveniva “negli anni in cui Flavio Tosi è sindaco e presidente dell’ente lirico”.
Report tira fuori un verbale molto delicato di Mercurio: ”Ogni mese io porto 150 mila euro in contanti dentro una busta. Chiavegato divide il denaro: il 25% lo mette da parte per le spese delle campagne elettorali per conto di Tosi. Del restante 75% lui si tiene una parte; una parte la dà ai politici che dentro al Comune truccano le gare d’appalto a favore di Eurocompany e una parte va a Elio Nicito e a Casali”. Si tratta di politici locali molto noti: Casali è appena diventato consigliere regionale di Fratelli d’Italia dopo che Daniele Polato è stato eletto a Bruxelles lasciandoli il posto in consiglio. Mercurio racconta ai magistrato secondo quanto ricostruisce Report: “Nicito conosceva benissimo Flavio Tosi, fissò una cena a casa di Stefano Casali, che è a fianco del teatro romano, adiacente ad una chiesa. (…) C’era da fare l’accordo fra Elio Nicito, che rappresentava il nostro gruppo, e Flavio Tosi per l’entrata di Stefano Casali nel partito di Tosi. (…) Tosi disse: “In base ai voti che portate decideremo di dare una carica importante a Casali”. Tosi, intervistato dai giornalisti di Report, replica: “Siete dei diffamatori seriali”. E sostiene la non attendibilità di Mercurio, che però per i magistrati è attendibile. Oggi alle 21 la puntata completa su Rai Tre.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 23rd, 2024 Riccardo Fucile
ERIK, 27 ANNI, DA GENOVA A MADRID: “HO INIZIATO UNA NUOVA VITA, QUA I GIOVANI VENGONO AIUTATI E PAGATI, NON SFRUTTATI”
Erik, 27 anni, originario di un piccolo Comune vicino Genova, nel settembre 2022 si è trasferito a Madrid. “Ho sempre avuto un debole per il modo in cui gli spagnoli vivono la vita”, ha raccontato a Fanpage.it. Dopo una serie di tentativi e di coincidenze fortuite, il 27enne è riuscito a trovare lavoro e a iniziare la sua nuova vita in Spagna.
Quando e perché hai deciso di trasferirti a Madrid?
Ho sempre avuto questo richiamo per la Spagna, ho sempre avuto un debole per il modo in cui gli spagnoli vivono la vita. Un primo tentativo di trasferirmi l’ho fatto a 20 anni, quando un mio amico era andato a vivere a Granada. Avevo comprato i voli e tutto, ma alla fine, poco prima della partenza, non me l’ero sentita.
Poi qualche anno fa, subito dopo il Covid, mi era arrivato un buono per un biglietto aereo e nello stesso momento avevo saputo che una ragazza che conoscevo e abitava nelle mie zone sarebbe andata in Erasmus a Madrid, così sono partito con lei. Lì sono rimasto una settimana, ho contattato un ragazzo che viveva lì (e che ora è uno dei miei migliori amici) e sono uscito con la sua compagnia.
Quando sono rientrato a Genova, mi sono accorto che mi ero trovato davvero bene, avevo visto che c’era una qualità della vita veramente alta, mi sembrava la città perfetta. A quel punto mi sono fatto due domande, ho deciso di partire di nuovo e di riprovare a trasferirmi. In quel momento poi avevo anche perso il lavoro, una cosa che sicuramente ha contribuito.
I miei genitori mi avevano detto che mi sarei dovuto mantenere da solo e, appena sono tornato a Madrid, ho fatto tutti i documenti che servivano per lavorare. Quando ho provato a ottenere la Seguridad social (che serve accedere al sistema di previdenza sociale spagnolo, ndr) mi hanno detto però che dovevo avere un lavoro. E per essere assunto serviva la Seguridad.
Intanto, avevo anche iniziato una relazione con la ragazza con cui ero partito per Madrid la prima volta. Lei stava per terminare l’Erasmus e a quel punto sarebbe dovuta rientrare. Così sono tornato con lei perché non riuscivo a trovare un lavoro. E questo è stato il secondo tentativo di trasferirmi. Anche se lì ormai avevo trovato tutto: casa, amici, la mia routine.
Quando siamo tornati in Italia, la nostra relazione ha cominciato a scricchiolare ed è poi finita. In più, avrei dovuto seguire un corso per iniziare a lavorare al porto di Genova ma questo, per tutta una serie di motivi, era stato rimandato di qualche mese rispetto alla data prevista. Quindi, dopo aver trovato lavoro a Madrid, ho deciso di trasferirmi definitivamente a settembre 2022 e non penso di tornare.
Alla fine che tipo di impiego sei riuscito a trovare? Di cosa ti occupi lì?
Quando sono rientrato in Italia, ho risposto a un annuncio della BBVA (Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, un gruppo bancario multinazionale spagnolo, ndr) che stava aprendo una filiale online e cercavano persone che parlassero italiano. Dopo un mese di formazione, a fine novembre ho iniziato a lavorare e a fine gennaio mi hanno fatto un contratto a tempo indeterminato.
Ora, oltre a lavorare, sto seguendo un corso per specializzarmi nell’ambito della cybersicurezza e dell’intelligenza artificiali. Mi sono accorto che in Spagna è facile lavorare e studiare, è più pratico e la sufficienza è 5. In Italia invece è molto più difficile fare le due cose, c’è molta più teoria e tanti esami.
Com’è il mondo del lavoro rispetto a quello che si trova in Italia?
Le persone in Italia studiano tanto per poi avere una retribuzione minima, mentre altre con stessa età e stesso percorso a Madrid guadagnano il doppio. Io sarò uno dei tanti a dirlo, ma le persone vanno all’estero per cercare stipendi adeguati agli studi o in base a quanto pensano di valere.
Gli italiani all’estero con cui ho parlato dicono proprio questo, che l’Italia ha tutto, arte, storia, paesaggi, la cucina (la cosa che mi manca di più oltre alla famiglia e agli amici), ma non riesce a offrire una vita adeguata a chi ci vive. Ci sono troppe tasse, poco lavoro, resta tutto fermo, invece all’estero danno stipendi adeguati, aiuti, si riesce anche a fare carriera. Se in Italia ci fosse questo, tutti ci si vorrebbero trasferire.
Per esempio, mia sorella si è diplomata da due anni e non riesce a trovare un lavoro fisso, le propongono solo contratti stagionali o pagati poco. E in Italia ai giovani chiedono sempre esperienza. Però, se non te la fanno fare perché non ti assumono, come si fa? Queste cose ti demotivano, quindi è ovvio che una persona che ha studiato e si è formata, poi decide di andare all’estero perché sa che sarà i suoi sforzi saranno ripagati.
Cosa ti piace e cosa non ti piace della vita lì?
Quello che mi piace è che a Madrid c’è sempre qualcosa da fare e ci sono tantissimi ristoranti diversi. Si passa molto tempo in giro e si può decidere anche all’ultimo di andare a bere una cosa con gli amici perché non si spende tanto.
In più, Madrid si può girare tranquillamente a piedi, anche se i mezzi sono tutti elettrici e super efficienti (la metro è una delle migliori d’Europa), è davvero facile spostarsi.
Sono davvero poche le cose che non mi piacciono. Una di queste è che gli spagnoli pensano che la loro cucina sia meglio della nostra, è anche una cosa su cui scherzo tanto anche con la mia attuale compagna. L’altra è che il mare più vicino è a tre ore di macchina. Direi solo questo, perché faccio davvero fatica a trovare altri aspetti negativi, è una città che offre davvero tanto.
Qual è il costo della vita a Madrid?
È molto più basso rispetto all’Italia. A parte gli affitti, che a Madrid sono alti, il resto costa tutto poco. Qui, per esempio, se vuoi uscire a berti una birra con gli amici spendi 2 euro e puoi cenare bene anche con 20 euro.
Come sono le persone?
Qui le persone sono molto aperte, Madrid è una città multietnica, cercano molto di integrare gli stranieri. In più, penso che tra italiani e spagnoli ci sia una grande differenza nell’atteggiamento e nel modo di vivere, qui si godono di più la vita. Per esempio, se le riunioni iniziano alle 10, si presentano tutti 10 minuti dopo e non ci sono problemi.
Ora in Spagna si sta anche pensando di ridurre l’orario lavorativo e si lavora tanto in smartworking. Ci sono quindi tutta una serie di cose che alzano la qualità della vita, si pensa molto al benessere delle persone. In Italia invece ci si stressa molto di più per il lavoro. E poi qui sono più liberali da ogni punto di vista, su molti temi su cui l’Italia è ancora chiusa sono davvero aperti.
A chi consiglieresti la Spagna come Paese dove trasferirsi?
La Spagna è uno dei Paesi più simili all’Italia, quindi un italiano qui si può sentire un po’ di più a casa rispetto ad altre realtà, per il clima e la cucina, per esempio. Per questo la consiglio assolutamente a chi vuole fare un’esperienza all’estero in un posto con persone molto aperte, cibo simile al nostro e dove, da un punto di vista lavorativo, poter fare tanta pratica.
(da Fanpage
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