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REFERENDUM CITTADINANZA, SFONDATA QUOTA 500.000, IL QUORUM NECESSARIO: COSA PREVEDE E QUANDO SI VOTA

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

SONO CIRCA 2,5 MILIONI LE PERSONE CHE BENEFICIEREBBERO DELLE NUOVE REGOLE: RIDUZIONE DA 10 A 5 GLI ANNI DI RESIDENZA IN ITALIA, IL RESTO INVARIATO… AL VOTO A MAGGIO/GIUGNO DEL PROSSIMO ANNO, NECESSARIO IL QUORUM DEL 50%

Ha raggiunto quota mezzo milione di firme il referendum sulla cittadinanza italiana indetto da Riccardo Magi, deputato di +Europa, e sostenuto da altri partiti progressisti e decine di associazioni.
Oggi, martedì 24 settembre, il contatore del sito del ministero della Giustizia ha certificato il raggiungimento del quorum, fissato a cinquecentomila firmatari, con sei giorni di anticipo rispetto alla scadenza. Fino alla scorsa settimana, il referendum aveva raccolto solo qualche decina di migliaia di adesioni.
A partire dallo scorso weekend, c’è stato un vero e proprio boom di firme, al punto che lunedì 23 settembre il sito del ministero è andato in tilt a causa dei troppi accessi. Nella giornata di ieri, sono state raccolte oltre 155mila sottoscrizioni, la cifra più alta registrata mai registrata in un solo giorno.
Come si ottiene oggi la cittadinanza italiana
La legge che fissa i criteri per l’ottenimento della cittadinanza è stata varata nel 1992 ed è una delle più restrittive a livello europeo. La norma prevede che si diventa italiani se si nasce da genitori con cittadinanza italiana o se ci si unisce in matrimonio con un cittadino italiano. In alternativa, si può acquisire la cittadinanza per naturalizzazione, ma solo alla maggiore età e dopo dieci anni di residenza «legale e ininterrotta» in Italia. Il principio alla base di queste regole prende il nome di ius sanguinis e prevede che la cittadinanza sia acquisita per discendenza. I due modelli alternativi di cui ciclicamente si torna a parlare solo lo ius soli e lo ius scholae. Il primo, in vigore negli Stati Uniti, lega il diritto di cittadinanza al luogo di nascita. Vorrebbe dire che chi nasce in Italia è cittadino italiano. Lo ius scholae condizionerebbe invece l’acquisizione della cittadinanza al completamento di un ciclo di studi.
Cosa chiede il referendum sulla cittadinanza italiana
Il referendum promosso da Più Europa propone di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza ininterrotta in Italia richiesti ai cittadini stranieri per fare domanda di cittadinanza italiana.
Il dimezzamento di questo termine riporterebbe di fatto l’Italia alla legislazione in vigore prima del 1992 e in linea con quanto previsto da molti altri Stati dell’Unione europea.
Ai fini della concessione della cittadinanza, resterebbero invariati tutti gli altri requisiti già stabiliti dalle norme vigenti, vale a dire: «la conoscenza della lingua italiana, il possesso di adeguate fonti economiche, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica». Secondo i promotori del referendum, sono circa 2,5 milioni le persone in Italia che beneficerebbero di questa modifica normativa.
La spinta dei vip
Negli ultimi anni, sono stati fatti molti tentativi di rimettere mano ai criteri per l’acquisizione della cittadinanza italiana. La scorsa estate, il tema è tornato sotto i riflettori e ha persino diviso le forze di maggioranza, con Forza Italia che si è schierata apertamente per lo ius scholae e la Lega che ne ha sùbito preso le distanze. Tutti i tentativi di approvare una riforma in parlamento sono andati a vuoto. Ed è anche per questo che si è deciso di provare la strada del referendum. A dare grande visibilità alla raccolta firme hanno contribuito anche alcuni personaggi in vista, che hanno appoggiato pubblicamente l’iniziativa. È il caso di Ghali, Zerocalcare, Alessandro Barbero, Roberto Saviano, Julio Velasco e non solo.
Quali sono i prossimi passi e quando si vota
Una volta conclusa la raccolta firme, i promotori del referendum dovranno depositare le firme, che saranno sottoposte a un controllo di legittimità. Prima del voto ci sarà da superare poi un altro passaggio, ossia il controllo di legittimità costituzionale del quesito proposto.
La votazione dello scrutinio dovrà avvenire per legge in una domenica compresa tra il 15 maggio e il 15 giugno. Affinché il risultato della consultazione referendaria sia valido, è necessario che almeno il 50% degli aventi diritto al voto si rechi alle urne
Il quesito
Il quesito che sarà sottoposto ai cittadini è il seguente:
«Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonche’ la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?».
(da Open)

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LA COMMISSIONE CINEMA NOMINATA DAL MINISTRO GIULI: UN’ARMATA BRANCALEONE DI CRITICI ULTRASETTANTENNI, IGNORANTONI DEL NORD E QUALCHE BUON NOME PER TUTTE LE STAGIONI

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

I 15 CHE GESTIRANNO 50 MILIONI DI EURO DI FONDI PUBBLICI PER LA PRODUZIONE DI FILM, SONO PIÙ O MENO GLI STESSI ESPERTONI DI CINEMA CHE AVEVA SCELTO SANGIULIANO, CON QUALCHE DONNA IN PIÙ (6 SU 15), RECUPERATE IN GRAN PARTE DAL “FOGLIO” DOVE HA SEMPRE SCRITTO GIULI (E POI PARLANO DI AMICHETTISMO DI SINISTRA), E QUALCHE AMICA IMBARAZZANTE DI GENNY IN MENO, COME LA MACCARONI

Arieccoli. Ma sbaglio o questi 15 componenti della commissione cinema, il solito fritto misto di centro destra, ignorantoni del nord e qualche buon nome spendibile in tutte le stagioni, designata dal neo Ministro della Cultura, il neo laureando Alessandro Giuli, che gestiranno ben 50 milioni di euro di fondi pubblici per la produzione di film, sono più o meno gli stessi espertoni di cinema che aveva scelto Gennaro Sangiuliano, con qualche donna in più (6 su 15), recuperate in gran parte dal Foglio, e qualche amico/amica imbarazzante del vecchio ministro in meno, come Manuela Maccaroni?
Ritroviamo infatti due vecchi critici ultrasettantenni, Valerio Caprara e Paolo Mereghetti, un paio di avvocati, esperti di diritto dello spettacolo, Tiziana Carpinteri e Giacomo Ciammaglichella, a sorpresa Benedetta Cicogna, fresca vedova di Marina Cicogna, che non mancava mai in queste commissioni, come non mancava mai Selma Jean Dell’Olio, giornalista e ultimamente regista, con film prodotti da Francesca Verdini, che si trascina dietro pure Mariarosa Cristina Beatrice Mancuso, storica critichessa del Foglio, il giornale dove ha sempre scritto l’azzimato Giuli.
Poi parlano di amichettismo di sinistra.
Mettiamoci ancora Pasqualino Damiani, docente universitario, scelto già da Sangiuliano, scompaiono due giornalisti come Luigi Mascheroni (“Il giornale”) e Francesco Specchia, che si era dimesso subito eroicamente, ma appare Benedetta Fiorini, ex deputata Forza Italia e poi leghista in quota Borgonzoni che già lanciò l’idea del Made in Italy, Massimo Galimberti, Story editor per progetti cinematografici, Giorgio Gandola, giornalista prima dell’Eco di Bergamo” ora di “La verità” di Maurizio Belpietro, Pier Luigi Manieri, leggo curatore di eventi, scrittore, saggista, ha scritto “Roma Special effects -di vampiri mutanti supereroi e altre storie” (PS ed.), l’umbro Fabio Melelli, storico del cinema, Ginella Vocca, fondatrice e direttrice artistica del MedFilm Festival, e Stefano Zecchi, filosofo e scrittore, che già brillava tra i nomi illustri della destra ricuperati da Sangiuliano. Boh.
A parte la non freschissima età dei 15 componenti della commissione cinema, sembra un’accozzaglia di gente che, a parte il gruppetto del Foglio, che almeno ha una omogeneità, non ha tanto da dividere. Se con questa commissione cinema volevamo dare un po’ d’aria di rinnovamento al cinema italiano, e chiudere con l’amichettismo di sinistra, non oso pensare ai capolavori che un’Armata Brancaleone del genere potrà sfornare.
(da Dagospia)

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IMANE KHELIF ALLA SETTIMANA DELLA MODA A MILANO COME UNA STAR CHE LASCIA DIETRO DI SÉ UNA STUOLA DI AMMIRATORI

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

I FAN HANNO LASCIATO NELL’HOTEL DI MILANO, DOVE ERA OSPITE, FIORI, BIGLIETTI, PELUCHE. LE GRIDAVANO ‘SEI BELLISSIMA”

Adesso chi glielo va a dire a Salvini e La Russa che Imane Khelif non solo è donna, non solo è brava, non solo è bella, ma anche con una stuola di ammiratori che hanno lasciato nell’hotel di Milano dove era ospite, fiori, biglietti, peluche. I coretti dei fan al grido di «sei bellissima» la hanno accompagnata in questa trasferta fashion durante la settimana della moda.
Ospite di Bottega Veneta, brand più escludente che esclusivo visti i prezzi ma che fa del marketing inclusivo la sua cifra. D’altronde le contraddizioni sono il cuore del sistema che gira intorno alla Moda.
Quello che più ha colpito chi la ha incrociata, incontrata, intervistata in questi giorni milanesi è la sua «grazia» e la sua gentilezza. Un sorriso, una stretta di mano e una parola per tutti. Una delle persone che la hanno accompagnata in questo viaggio e in questo mondo racconta di come la pugile sia divertente e anche «vanitosa», «Molto attenta al trucco con un gusto preciso per cosa voleva indossare».
Alla fine la scelta è andata su una camicia di pelle gialla over e un paio di pantaloni di pelle, con orecchini d’oro a illuminarle il viso. Ovviamente in tanti le hanno chiesto dello sgarbo della pugile italiana che non le ha stretto la mano, ma lei su questo ha glissato mentre non lo ha fatto sull’accusa di essere un uomo.
«Mi conosce da molto tempo. E sono anni che visito l’Italia, e Assisi per allenarmi». A Vogue Arabia Khelif ha ripetuto che gli allenatori della Carini la conoscono bene, «quando ero giovane nella nazionale e mi allenavo con loro. Anche Angela mi conosceva, e mi conosceva bene, ci siamo allenate insieme ad Assisi». «Ma ormai è acqua passata, e tutte le difficoltà alla fine servono. Adesso sono qui no?».
(da La Stampa)

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GRILLO VS CONTE, NE RESTERA’ SOLO UNO: ALLA COSTITUENTE SI VOTERA’ SU NOME, RUOLO DEL GARANTE E TETTO DEI DUE MANDATI

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

CONTE MINACCIA DI FARSI IL PARTITO SUO: “SONO PRONTO AD ANDARMENE A CASA SE LA LINEA SARÀ LONTANA DALLA MIA” … CONTE: “GRILLO? LASCIAMOLO FARE, VEDIAMO COS’ALTRO SI INVENTA”

Tutto come da copione, per ora. Simbolo, nome, ruolo del garante (e del leader) e tetto dei due mandati sono tra gli argomenti che il popolo 5 Stelle affronterà alla Costituente.
Eppure Giuseppe Conte con i vertici M5S mette sul tavolo ipotesi drastiche nel caso l’assemblea plasmi un Movimento lontano dalla sua visione. Sono stati resi noti i risultati della votazione per scegliere i dodici macro temi oggetto dell’assemblea. Ma di cosa si discuterà di preciso?
«Sono orgoglioso di questa comunità, che si dimostra viva, vivacissima, che sta coinvolgendo tanti non iscritti e vuole discutere», ha detto Conte in un video. In privato, in un consiglio nazionale durato oltre tre ore, il presidente ribatte a chi chiede cosa farà in caso di vittoria di una linea fortemente incompatibile con le sue idee, spiegando che ne trarrà le conseguenze e la leadership «se ne andrà a casa».
Nell’assemblea dei vertici sono stati chiariti alcuni punti (saranno esclusi dalle operazioni procedurali in questa fase presidente, ma anche probiviri, membri del comitato di garanzia e il garante stesso).
Gli attivisti che hanno dato disponibilità a essere estratti tra i 300 «saggi» che filtreranno i contenuti sono circa 71 mila.
Intanto Beppe Grillo non rimane con le mani in mano. Il garante aggiorna la sua «bacheca del mugugno» in chiave contiana. «Sono arrivate ben 22.837 e-mail», scrive il fondatore. E tra queste posta il messaggio di un utente che si lamenta di essere stato «eliminato» dal novero degli attivisti. «Ho partecipato alla votazione delle Parlamentarie europee, votando il 18 aprile 2024 alle ore 16.08.11», spiega l’anonimo ex militante. Un piccolo dato che potrebbe però avere ripercussioni sulla Costituente. «Si tratta di un tallone d’Achille che dovranno considerare — spiega l’avvocato Lorenzo Borrè —. La mancata convocazione o partecipazione al voto di un avente diritto comporta l’illegittimità della delibera stessa».
(da agenzie)

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NIENTE È OSCURO ALL’OCCHIUTISSIMO PARTITO COMUNISTA CINESE: ZHU HENGPENG, UNO DEI PRINCIPALI ANIMATORI DELL’ISTITUTO DI ECONOMIA PRESSO L’ACCADEMIA CINESE DELLE SCIENZE SOCIALI CASS, A CONTROLLO STATALE, È STATO ARRESTATO E RIMOSSO DA TUTTI GLI INCARICHI

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

IL MOTIVO? HA CRITICATO, IN UNA CHAT PRIVATA, LA GESTIONE DEL PRESIDENTE XI JINPING

Zhu Hengpeng, economista di spicco di uno dei principali think tank della Cina, è finito sotto inchiesta ed è stato arrestato e rimosso da tutti gli incarichi per aver criticato in una chat privata la gestione dell’economia del Paese da parte del presidente Xi Jinping.
Lo riporta il Wall Street Journal, secondo cui l’indagine su Zhu, che negli ultimi dieci anni è stato il numero due (e vicesegretario del Partito comunista) dell’Istituto di economia presso l’Accademia cinese delle scienze sociali (Cass, a controllo statale), arriva mentre il Partito comunista intensifica gli sforzi per eliminare i commenti negativi sulla salute economica cinese.
Zhu, che compirà 55 anni questo mese, è stato arrestato in primavera dopo aver fatto alcune osservazioni molto critiche in una chat privata sull’app mandarina di messaggistica mobile WeChat, secondo persone a conoscenza della questione. I suoi rilievi includevano commenti sull’economia cinese in forte affanno, avendo come bersaglio Xi.
Il nome di Zhu, nel frattempo, è scomparso dall’elenco del personale di un think tank della prestigiosa Università Tsinghua di Pechino. L’ultima apparizione pubblica nota dell’economista è di fine aprile, in occasione di una conferenza del settore dell’assistenza agli anziani organizzata dalla rivista finanziaria Caixin.
Nell’occasione, suggerì che la Cina potrebbe colmare le lacune di finanziamento nel suo sistema pensionistico facendo in modo che i giovani cinesi paghino le pensioni dei genitori ed emettendo più obbligazioni governative, a patto che le persone mantengano fiducia nell’economia, secondo il resoconto dato da Caixin.
(da agenzie)

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“MAI SAREI DIVENTATO LA PERSONA CHE SONO SENZA IL DOLORE”: L’INCONTRO CON UN LIBRAIO CHE LE HA CAMBIATO LA VITA

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

SARAH FAHR E’ STATA UNA DELLE GRANDI PROTAGONISTE DEI GIOCHI OLIMPICI, ALLE SPALLE UNA STORIA DI INFORTUNI E DISTURBI ALIMENTARI: “VOLEVO SENTIRMI ALL’ALTEZZA, ESSERE PIÙ MAGRA, PIÙ ATLETICA, PIÙ TUTTO, HO INIZIATO UNA DIETA SEMPRE PIÙ FERREA, MI LOGORAVA NELL’ANIMA”

Se Paola Egonu è stata eletta MVP delle ultime Olimpiadi, che hanno visto la storica vittoria dell’Italvolley femminile magistralmente allenata da Julio Velasco, la squadra azzurra ha messo in campo un vero e proprio Dream Team, in cui tutte le nostre ragazze hanno fatto la differenza in maniera meravigliosa.
Sarah Fahr, già miglior centrale dell’ultima Nations League ugualmente vinta dall’Italia, si è confermata a livelli altissimi anche ai Giochi di Parigi. La 22enne dell’Imoco Conegliano ha alle spalle una storia di disturbi alimentari (“volevo sentirmi all’altezza, essere più magra, più atletica, più tutto, ho iniziato una dieta sempre più ferrea, mi logorava nell’anima”), da cui è uscita da un paio d’anni “grazie a tutte le persone che mi vogliono bene”.
Ma Sarah è incappata anche in due infortuni devastanti, di quelli che possono stroncare una carriera, due rotture del legamento crociato del ginocchio destro. E lì la sorte ha scritto una sceneggiatura di quelle che ci vuole molta fantasia, facendole incontrare un libraio sconosciuto su un treno. Da quell’incontro è uscita fuori una nuova Fahr, decisa a riprendersi tutto.
“La seconda volta che mi sono rotta il crociato (aprile 2022, a solo 8 mesi dal precedente infortunio e neanche un mese dopo essere tornata a giocare, ndr) volevo smettere – racconta la Fahr al Corriere della Sera – La prima l’avevo affrontata col sorriso, la seconda ero disperata, svuotata. Stavo mollando, finché non ho incontrato un libraio di Conegliano sul treno per andare a farmi operare, controvoglia, a Roma. Abbiamo iniziato a chiacchierare”.
Un dialogo che ha preso una piega a sorpresa quando l’uomo ha raccontato la sua storia alla pallavolista dopo che lei si era sfogata per la malasorte che l’aveva fatta nuovamente infortunare: “Mi ha detto che era un tifoso dell’Imoco e ho cominciato a vomitargli addosso il mio dolore. Mi aspettavo la sua compassione, invece era impassibile, quasi non gli importasse di quello che stavo raccontando. Poi mi ha detto che era semiparalizzato e che aveva ripreso a camminare dopo 18 anni di fisioterapia. Da allora tutto ha trovato un senso nuovo. Oggi dico grazie alla mia famiglia e al mio club, Conegliano, che mi ha aspettato e mi ha rinnovato il contratto anche da infortunata. Sono una donna fortunata”.
Il libraio in questione si chiama Flavio Biz, nato nel 1977 da un parto gemellare prematuro con una paresi cerebrale infantile: “Mi manca un impulso elettrico che fa muovere in maniera esatta i miei arti inferiori”. Grazie ad anni e anni di esercizi durissimi e soprattutto dolorosi, l’uomo – la cui libreria è la ‘Marco Polo’ di campo Santa Margherita a Venezia – è riuscito a stare in piedi e camminare, sia pure con una lieve zoppia: “Ho la parte destra semiparalizzata, e la sera mi sale un dolore alla gamba. Mi ricorda sempre chi sono. Non posso andare sull’Himalaya, ma siamo in tanti a non poterci andare…”.
Biz racconta al Corsera quell’incontro in treno con Sarah Fahr, vissuto dal suo punto di vista. Era partito da Venezia per scendere a Bologna: “A Mestre sale una ragazza di un metro e novanta e io mi dico guarda che stanga incredibile”. All’inizio non la riconosce, perché in campo quando gioca ha i capelli raccolti, mentre in quella circostanza ha “i capelli sciolti biondissimi”.
La pallavolista si siede vicino a Flavio, lui le dice che è un libraio, iniziano a chiacchierare di libri e quant’altro, lei spiega che gioca nell’Imoco, lui ribatte che ne è tifoso e l’ha vista spesso giocare al palazzetto. A quel punto, Sarah si scioglie, gli racconta del motivo del suo viaggio a Roma, del secondo terribile infortunio al crociato, di come non sappia se tornerà a giocare o comunque al livello di prima
La ragazza piange, soffre, confessa che sta pensando di smettere con la pallavolo, cerca una sponda al suo dolore. Flavio dopo un’ora di sfogo, le dice solo “buona riabilitazione”. Ma in precedenza le aveva detto una frase che Sarah non dimenticherà e che l’ha portata dov’è oggi, nell’Olimpo dello sport: “Mai sarei diventato la persona che sono senza il dolore”.
Da allora Flavio e Sarah sono rimasti in contatto: “Non ho visto la finale – racconta l’uomo – perché stavo lavorando in libreria. La semifinale però l’ho vista, ho visto i muri che ha fatto. Mi sono emozionato. Mi sono detto guarda come le funzionano bene le sue gambe…”.
(da Fanpage)

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PENSIONI, L’ALLARME DELL’INPS: SISTEMA A RISCHIO SQUILIBRIO CON ETA’ MEDIA A 64,2 ANNI. E IL POTERE D’ACQUISTO VA GIU’

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

GLI UNDER 30 GUADAGNANO MENO, LE DONNE RISCHIANO DI USCIRE DAL MERCATO DEL LAVORO CON LA NASCITA DEL PRIMO FIGLIO

Sistema italiano a rischio squilibrio con l’età media della pensione a 64,2 anni. Più lavoratori rispetto al 2019, ma con un potere d’acquisto in calo. Fari puntati sugli abusi del reddito di cittadinanza (bloccate 266mila domande). E disparità fra le pensioni destinate agli uomini e quelle per le donne, con i primi che intascano il 35% in più e le altre che vedono erodersi l’assegno dopo la nascita di un figlio. Anzi: il 18% delle donne è a rischio uscita dal mercato del lavoro dopo la maternità. È l’istantanea scattata dall’Inps sullo stato di salute del sistema pensionistico in Italia, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, accolto dal presidente dell’istituto, Gabriele Fava. Che presentando il XXIII rapporto annuale dice: “L’Inps è il vero hub del welfare italiano. Questo termine è quello che rappresenta al meglio il nostro ruolo strategico come piattaforma di collegamento tra diversi attori che, a vario titolo, operano a servizio dei cittadini”.
Rischio squilibrio
L’età media di accesso alla pensione in Italia, grazie alla possibilità di uscire in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, è di 64,2 anni e questo, insieme alla generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione, rischia di creare squilibri per il sistema previdenziale. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Inps. “Le previsioni Eurostat per l’Ue relative agli andamenti demografici – si legge – fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei Paesi, come l’Italia, dove la spesa previdenziale è relativamente elevata”
Nel 2023 i lavoratori iscritti all’Inps con almeno una settimana di contributi sono stati 26,6 milioni, oltre 1,08 milioni in più del 2019. Il dossier annuale dell’Inps segnala come la differenza rispetto all’Istat dipenda dal fatto che l’Istituto di statistica faccia un’indagine campionaria, mentre l’Inps dà un dato di flusso annuo. Le settimane lavorate in media nel 2023 per ogni assicurato sono state 43,1 a fronte delle 42,9 medie del 2019. Hanno trainato l’aumento i dipendenti privati a tempo indeterminato mentre si sono ridotti gli autonomi. Si registrano 540mila lavoratori in più nati in Paesi extra Ue.
“Gli interventi sono di competenza del legislatore” dice il presidente dell’Inps rispondendo a una domanda sui rischi di squilibrio per i conti previdenziali a causa dell’età media effettiva di pensionamento di poco superiore ai 64 anni e ai livelli delle prestazioni, sottolineando che nel breve-medio periodo “la tenuta dei conti è assolutamente in equilibrio”. “Stiamo lavorando in piena sintonia con il governo, siamo totalmente allineati con il governo e i ministeri competenti. Sono molto fiducioso – aggiunge – Sono interventi non velocissimi, non facili, complessi. Serviranno per migliorare ancora di più le situazioni che affrontiamo”.
Il potere d’acquisto
Al notevole recupero occupazionale, sia in termini di unità che di intensità di lavoro, “non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguente alla recrudescenza del fenomeno inflattivo”. Secondo l’Istituto si è registrato un aumento lordo dei salari del 6,8%, a fronte di un aumento dei prezzi attorno al 15-17%. L’aumento delle retribuzioni monetarie è del 10,4% netto tra il 2021 e il 2023 anche grazie agli interventi di decontribuzione
In media le retribuzioni (comprese quelle part-time e quelle dei contratti per solo una parte dell’anno) nel 2023 sono state pari a 25.789 euro lordi nell’anno. L’importo in media ha raggiunto i 39.176 euro per quelle full time e full year.
A ottobre 2023, il 79% dei lavoratori, pari a circa 11,6 milioni di individui, ha beneficiato di questa riduzione contributiva. Questa percentuale aumenta all’84% per le donne e supera il 90% per i giovani sotto i 35 anni. L’importo medio mensile della decontribuzione, corrispondente ad un aumento della retribuzione imponibile lorda, è stato di circa 100 euro (123 euro se si considerano i rapporti a tempo pieno e attivi per l’intero mese).
“L’effetto complessivo dell’esonero contributivo, del trattamento integrativo, delle modifiche alle aliquote e alle detrazioni – si legge – ha contribuito ad attutire in maniera importante l’impatto dell’inflazione. Se analizziamo la variazione della retribuzione netta corrispondente al salario medio lordo degli anni 2021 e 2023, l’incremento sale da circa il 6,9% per il lordo ad un più consistente 10,4% per il netto. Si tratta, in ogni caso, di un valore ancora distante dal recupero pieno dell’inflazione”.
La disparità di genere
Dopo la nascita del primo figlio le donne sperimentino una riduzione salariale, che è particolarmente significativa nell’anno di nascita e in quello successivo. Dopo quattro anni dalla maternità, annotano gli analisti dell’Inps, i redditi riprendono a crescere in maniera simile a quanto avviene per quelli percepiti dalle donne senza figli, tuttavia, anche 15 anni dopo la nascita del figlio si nota una penalità di circa 52 punti logaritmici.
Nell’anno in cui diventano madri, annota l’Inps, le donne subiscono un calo dei redditi annui di circa il 76%, mentre per gli uomini si osserva un incremento salariale di circa il 6%. Le retribuzioni femminili ritornano al livello a cui si assestavano prima della maternità solo dopo 5 anni dalla nascita del figlio. Per gli uomini, invece la nascita di un figlio non interferisce con il trend crescente e a 7 anni dall’evento si osserva un incremento che sfiora il 50%.
Se includiamo invece le “differenze accredito” e quindi la tutela pubblica, la caduta delle retribuzioni femminili si registra nell’anno successivo a quello di nascita e si assesta a -16%, il recupero è più rapido (il coefficiente diventa positivo a partire dal terzo anno in poi)
Di più. Con la nascita di un figlio sale la probabilità di uscita dal lavoro per la donna e si riduce per l’uomo. Prima della nascita di un figlio la probabilità di uscita dal lavoro è simile per uomini e donne con l’8,5%-9% per i primi e il 10,5%-11% per le seconde, mentre nell’anno di nascita la percentuale sale al 18% per le donne e scende all’8% per gli uomini. A sette anni dalla nascita del figlio la probabilità di uscita dal lavoro è del 5% per gli uomini e del 10% per le donne.
L’importo dell’assegno
Al 31 dicembre 2023 i pensionati erano circa 16,2 milioni, di cui 7,8 milioni di maschi e 8,4 milioni di femmine per un importo lordo complessivo delle pensioni erogate di 347 miliardi di euro. Inps chiarisce come il reddito medio da pensione per gli uomini sia superiore del 35% di quello delle donne
“Sebbene rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), si legge, le donne percepivano il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 153 miliardi di euro contro i 194 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi pensionistici percepiti dagli uomini era superiore a quello delle donne di circa il 35%. Per gli uomini il reddito da pensione è in media di 2.056,91 euro mentre per le donne è di 1.524,35 euro.
I giovani
I giovani lavorano meno e guadagnano di meno. È in sintesi quanto emerge dal Rapporto dell’Inps. A fronte di una retribuzione media annua di fatto pari nel 2023 a quasi 26 mila euro per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati, esclusi lavoratori domestici e operai agricoli), gli under 30 guadagnano poco più di 14 mila euro, quindi poco di più della metà; inoltre, in tale fascia d’età, i dipendenti pubblici guadagnano circa 6-7 mila euro di più dei loro coetanei del settore privato.
L’Inps spiega che in termini assoluti la distanza tra la retribuzione di un giovane under 30 e il valore medio totale è massima per un lavoratore a tempo pieno con continuità occupazionale nell’anno (gap di 11 mila euro), minima per un lavoratore a tempo parziale e discontinuo nell’anno (gap di 1.800 euro); in termini relativi, invece, è massima tra i lavoratori full time e minima tra i lavoratori part time, indipendentemente dalle caratteristiche di continuità/discontinuità nell’anno.
In sintesi, “i giovani lavorano di meno e guadagnano di meno (anche in termini di retribuzione giornaliera e – per stima – anche di retribuzione oraria). Ma nell’ultimo periodo (quinquennio) le loro posizioni relative non si sono affatto deteriorate, anzi: variazioni maggiori rispetto alle altre classi di età si registrano sia sul numero assoluto, sia sulle retribuzioni”. Ad esempio, spiega l’Inps, tra i full time fino a 29 anni la variazione della retribuzione media annua (effettiva) tra il 2019 e il 2023 è pari a +8,4% rispetto al valore di +6,6% per tutte le età.
Il Reddito
L’Inps ha intercettato nel 2023 oltre 266mila domande di Reddito di cittadinanza a rischio frode con il risparmio di 1,05 miliardi. L’istituto ha presentano il Sistema di Business Intelligence per la legalità e la lotta agli abusi (Sibilla) che “permette di intercettare, tramite scenari di rischio, comportamenti fraudolenti già posti in essere o anche solo potenziali attraverso l’analisi e l’elaborazione statistica dei dati.” Sibilla applicato al Reddito di cittadinanza nel 2023, spiega l’Inps, ha intercettato 266.105 domande per un importo medio di 562,78 euro per 7 mensilità per un totale di risparmio che supera il miliardo.
(da La Repubblica)

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I SOVRANISTI USANO IL CODICE PENALE PER UMILIARE LA COSTITUZIONE

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

CON IL DECRETO SICUREZZA IL GOVERNO LANCIA IL MESSAGGIO: NON OCCUPATEVI DI POLITICA, FATEVI GLI AFFARI VOSTRI

La Camera ha approvato il decreto Sicurezza in un clima di distrazione generale, con la stampa da giorni interessata quasi esclusivamente a dar conto delle esternazioni del ministro Matteo Salvini contro i magistrati palermitani.
Il vicepremier prende in giro tutti, poiché l’autorizzazione a procedere (senza la quale i magistrati non avrebbero potuto fare nulla, tanto meno avviare le indagini) l’aveva concesso il Senato di cui Salvini faceva e fa parte.
In buona sostanza, senza quei poteri assoluti che alcune estati fa il leader della Lega ha minacciato di volere, egli può poco. Se non gettare discredito su un fondamentale potere dello stato, che deve essere indipendente da quello politico per poter garantire che a governare nel nostro paese sia la legge, non l’arbitrio di un leader o di una maggioranza.
Se un ministro fosse sopra la legge, tutti noi avremmo meno libertà. L’uguaglianza di fronte alla legge vale e deve valere per tutti. Questo ovviamente importa poco al ministro Salvini, tutto concentrato a misurare il suo consenso. L’avanspettacolo accalappia l’attenzione dei media e delle cronache.
Svolta autoritaria
Intanto, il parlamento discute e approva le norme più autoritarie che l’Italia repubblicana abbia mai sfornato. Secondo il decreto Sicurezza, chi si associa e manifesta in pubblico le proprie opinioni (anche per solidarizzare con chi occupa una casa o manifesta contro la cementificazione) rischia il carcere.
È perseguita penalmente anche la resistenza passiva, come un sit-in che blocca il traffico o la decisione degli studenti di gettarsi a terra per non essere portati via dalla celere. Il governo di destra detesta la Costituzione del 1948 e usa il codice penale per umiliarla.
Lancia un messaggio alla maggioranza silenziosa: non occupatevi di politica, fatevi i vostri affari privati senza disturbate il conducente. Conta sull’assuefazione di una stampa sempre più conformista e fa leva sull’indifferenza di una larga fetta di cittadini. Si affida infine alla forza dei numeri in parlamento.
Tirannia della maggioranza
L’opposizione può fare poco per fermare l’onda nera che monta da palazzo Chigi. In questo caso, tuttavia, ha fatto davvero poco anche per mostrare la propria determinazione a opporsi, vista la larga diserzione dall’Aula di diversi deputati di tutti i partiti d’opposizione.
È certamente vero che manca il potere dei numeri. Questo ci fa presagire come potrebbe diventare la Repubblica se il progetto di Giorgia Meloni diventasse realtà: la riforma costituzionale sul premierato prevede infatti un’allineamento granitico del parlamento col governo che rende le opposizioni mera tappezzeria. Sui testi scolastici questa eventualità ha un nome: tirannia della maggioranza.
La vicenda del decreto Sicurezza dimostra un’altra cosa: ovvero, come i partiti parlamentari da soli non riescano a fare un buon servizio alla democrazia. Andavano benissimo nell’èra liberale, quando il diritto di voto era goduto da un’infima percentuale che pochi notabili rappresentavano facilmente, provenendo dalla stessa classe sociale.
Ma i partiti solo parlamentari sono un problema serio per la democrazia perché incapaci di assicurare rappresentanza alla grande quantità e diversità di elettori, e poi perché incapaci di far svolgere al parlamento la funzione di controllo e di fermo (già menomata dalla riforma dei regolamenti parlamentari).
La forza della cittadinanza
Gli esistenti partiti di opposizione sono impotenti, non solo numericamente ma anche politicamente. Partiti di eletti e di amministratori (un nuovo notabilato) sono povera cosa per la democrazia rappresentativa.
Avendo abbondantemente sperimentato la loro impotenza numerica, che cosa aspettano le opposizioni, e soprattutto il Partito democratico, ad attivare una corrente politica con la cittadinanza fuori del parlamento? Perché attendere che il sindacato indica una manifestazione il 25 settembre contro la normativa sulla sicurezza? Perché il Pd non si è mosso direttamente e in prima persona?
L’opposizione può e deve ispirare movimenti di contestazione, dar vita ad assemblee di cittadini per sensibilizzare l’opinione pubblica e infine dare gambe alle proposte e alle strategie per un’alternativa concreta alla destra.
Del resto, soltanto la forza associativa della cittadinanza sembra capace di indurre gli inconcludenti leader dei partiti a uscire dai loro recinti notabiliari e unire le forze d’opposizione.
(da editorialedomani.it)

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“IL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA POGGIA SU FAGLIE ATTIVE”: LE MAPPE DELL’ISPRA

Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile

LE ANALISI DI INGEGNERI E GEOLOGI NE INDIVIDUANO CINQUE SULLA SPONDA CALABRESE, SONO ATTIVE E CAPACI

Il ponte sullo Stretto di Messina poggia su faglie attive. Lo dicono due documenti che si trovano tra le migliaia di pagine presentate per rispondere alle critiche del ministero dell’Ambiente. Anche se l’amministratore delegato della società Piero Ciucci smentisce.
Tutto nasce dalle mappe dell’Ispra sull’opera e dalle analisi di ingegneri e geologi. Che ne individuano ben cinque sulla sponda calabrese. Secondo la Stretto di Messina l’esistenza di faglie in loco non è provata. E sono state inserite solo per «completezza bibliografica». Ma negli allegati al progetto vengono segnalate come «attive e capaci». E l’allarme dei comitati arriva in Parlamento.
La faglia Cannitello
Uno dei documenti “incriminati” è la mappa PB0010_F0. Era presente già nel faldone del 2011. Ed è tornata identica nelle integrazioni presentate il 12 settembre scorso. Il documento, spiega oggi Repubblica, mostra il profilo in sezione della faglia Cannitello, individuandola nella legenda come «certa» e indicandone persino «il movimento», con tanto di freccina. Delle cinque di «massima pericolosità» censite e così identificate dall’Ispra dopo una campagna di studi approfondita finanziata da ministero è quella che preoccupa di più. E passa esattamente sotto il pilone calabrese del Ponte, toccando anche i pontili e gli svincoli previsti. A sostenerlo sono le osservazioni che per l’amministrazione di Villa San Giovanni ha redatto un pool di esperti. Tra cui l’ingegnere Paolo Nuvolone e il professore Mario De Miranda.
Il secondo documento
Il secondo documento è la tavola n. AMW3010, che corrisponde alla carta di microzonazione Calabria-Comune di Villa San Giovanni. La fascia rossa che corre lungo tutta la sponda calabrese è classificata come faglia attiva e capace. Ma è anche zona a rischio maremoto e soggetta a liquefazione. In teoria, stando alle linee guida approvate nel 2016, nella zona in cui la Stretto di Messina progetta di costruire il Ponte non si potrebbe costruire nulla. Dopo l’indagine dell’Ispra si è deciso di imporre una «fascia di attenzione» di 200 metri, più che doppia rispetto al passato, quando la norma ne prevedeva a stento 75. Per la Stretto di Messina, però, il censimento dell’Ispra non è niente di più che un «prodotto di sintesi, prevalentemente a carattere bibliografico». E quei criteri «non hanno status normativo».
Le faglie e il ponte
Quindi, è il ragionamento, non ha senso seguirli. Per quanto riguarda le faglie invece, nonostante vengano mappate e analizzate, «l’attività e la loro stessa esistenza» scrivono i tecnici nella relazione, «è certamente controversa. E poi, anche se davvero ci fossero — insiste la Stretto di Messina nella sua replica — «non sono fonte di pericolosità sismica».
(da agenzie)

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