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PRODI NE HA PER TUTTI: “URSULA? DOVEVA FARE L’ASSICURATRICE. MELONI? PIACE IN USA PERCHE’ OBBEDISCE”

Dicembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile

LA PRESENTAZIONE A ROMA DEL SUO LIBRO “IL DOVERE DELLA SPERANZA”

Romano Prodi, alla presentazione a Roma del libro Il dovere della speranza, scritto con Massimo Giannini, è un fiume in piena. Attacca tutti.
Della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, confermata al suo secondo mandato con un voto risicato, dice: «Doveva fare l’assicuratrice. È stata perfetta a fare un contratto di assicurazione. Le è andata bene».
Mentre spiega così i buoni rapporti della premier Giorgia Meloni con l’establishment Usa: «Lei piace perché obbedisce».
«La maggioranza precedente era meglio, ma c’è stata una divisione, per cui ha funzionato l’assicurazione. Ha fatto un contratto di assicurazione». Il Professore commenta così la conferma di von der Leyen a presidente alla guida della Commissione europea. Un voto che fino a luglio sembrava scontato. Poi, a causa delle turbolenze delle ultime settimane sui vicepresidenti Teresa Ribera e Raffaele Fitto, è apparso in bilico. E l’ex ministra della Difesa tedesca l’ha spuntata per una manciata di voti. Infatti, la sua commissione è passata al vaglio dell’Eurocamera con il 51,4% delle preferenze.
Critiche anche verso l’altra sponda dell’Atlantico. Nel mirino di Prodi c’è il presidente Usa uscente, Joe Biden.
Il fondatore de L’Ulivo critica la scelta di graziare il proprio figlio: «È una notizia che mi ha sconvolto. Allora si spiegano le resistenze di Biden, come mai la famiglia non abbia spinto al ritiro. Una roba da matti, detto con un linguaggio da bar». E aggiunge anche: «Questa democrazia famigliare è un problema serio per la nostra democrazia».
«Berlusconi è stato maestro di Trump»
«Se Berlusconi è stato maestro di Trump? Sì, lo penso veramente, tutti gli atteggiamenti sono molto simili». L’ultima eredità del Cavaliere sarebbe il neopresidente eletto Donald Trump, secondo Prodi. L’Italia come modello politico. Un ricorso storico già evidente nel Novecento: «L’Italia è un piccolo Paese, ma Mussolini è stato maestro di Hitler», sostiene.
Anche il Movimento di Beppe Grillo, per Prodi, ha fatto scuola: «I 5 Stelle insegnano uno strano populismo e ora addirittura i francesi ci copiano i governi tecnici».
«Se il Pd ha vinto ad Anzio e Nettuno allora può capitare di tutto»
«Il fatto che oggi – 2 dicembre – ad Anzio e Nettuno abbia vinto il Pd è segno che il Paese è sbandato e può capitare di tutto».
Il Professore sottolinea anche che «le comunali ad Anzio e Nettuno dimostrano che per la destra è arrivato il momento di pagare tutte le promesse e gli attacchi alla sinistra».
(da agenzie)

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L’INPS RISCHIA DI PERDERE IL TESORETTO DEL TFR: OGNI ANNO NELLE CASSE DELL’ISTITUTO GUIDATO DA GABRIELE FAVA FINISCONO 6 MILIARDI DI EURO DAI LAVORATORI CHE HANNO SCELTO DI NON CONFERIRE IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO A UN FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Dicembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile

MA UNA BUONA FETTA DI QUESTI SOLDI POTREBBE FINIRE AI FONDI PRIVATI, SE PASSASSE LA NORMA INSERITA IN MANOVRA CHE PREVEDE IL “SILENZIO-ASSENSO”, OVVERO IL PASSAGGIO IN AUTOMATICO DELLA BUONUSCITA ALLE FORME DI PENSIONE INTEGRATIVA IN CASO DI “NON SCELTA”

Un flusso di oltre 6 miliardi di euro all’anno che hanno portato al Fondo di Tesoreria dell’Inps, a fine 2023, circa 99 miliardi di euro complessivi (dati Covip). È questa la “fetta” di Tfr confluita dai lavoratori che hanno scelto di non conferire la buonuscita a un fondo di previdenza complementare.
Si tratta di una cifra inferiore ai 241,9 miliardi di euro rimasti accantonati, nello stesso arco di tempo, presso le aziende più piccole (l’obbligo di versarlo nelle casse dell’istituto previdenziale scatta solo per le imprese con più di 50 dipendenti). Ma è, pur sempre, una cifra ragguardevole.
Così, davanti alla misura di un semestre di silenzio-assenso inserita nella legge di bilancio in discussione in Parlamento, il rischio è concreto: quanto di questo gettito potrebbe sfumare a vantaggio dei fondi privati? Qualora il provvedimento venisse approvato, tutti i lavoratori sarebbero chiamati a esplicitare se tenere il proprio Tfr.
In caso di “non scelta”, scatterebbe automatico il versamento del trattamento di fine rapporto alle forme di pensione integrativa dei fondi privati senza poter tornare indietro (le norme attuali consentono di cambiare idea solo a chi lo accantona in azienda ovvero all’Inps). Va ricordato che il Tfr è affidato in gestione all’Inps con il Fondo di Tesoreria dal 2007.
Davanti alla prospettiva di pensioni future più basse per i giovani, a causa del sistema contributivo, è tornata di stretta attualità la questione di come sviluppare la previdenza complementare per integrare l’assegno. Ma l’Inps ha chiuso il suo fondo di previdenza complementare (FondInps) nel 2020. E dunque, resterebbe fuori dalla partita.
Nato più di un secolo fa per assicurare i lavoratori contro i rischi di invalidità e vecchiaia, nel tempo l’istituto ha svolto sempre più funzioni fino a coprire tutto il welfare fra previdenza, sanità e assistenza. Oggi l’istituto eroga, a vario titolo, più di 400 prestazioni e servizi a ben 52 milioni di beneficiari per una spesa complessiva pari – stando al Rendiconto generale 2023 – a 398,1 miliardi di euro.
I lavoratori assicurati all’Inps hanno raggiunto il record storico di più di 26,6 milioni mentre le imprese assicurate sono 1,8 milioni. Nel 2023, i contributi previdenziali versati alle casse dell’istituto dai datori di lavoro per i propri dipendenti o dagli autonomi hanno fruttato 269,2 miliardi di euro (si tratta della principale voce di entrata per il bilancio), in crescita del 5% rispetto all’anno precedente.
Venendo alle prestazioni istituzionali dell’Inps, ovviamente, la principale riguarda le pensioni erogate oggi pari a 17,8 milioni. Le uscite dei trattamenti pensionistici superano i 33 miliardi di euro fra pensioni private (215,6 miliardi) e pubbliche (88,5 miliardi). Negli ultimi due anni, la spesa pensionistica è cresciuta anche per effetto della perequazione automatica degli assegni (ovvero l’adeguamento all’inflazione) e, secondo la Ragioneria generale dello Stato, ha ormai superato il 16% in rapporto al Pil.
Ammortizzatori e inclusione sociale
Nei servizi assicurati dall’Inps ci sono trattamenti di disoccupazione, cig e integrazioni salariali, bonus di vario genere, indennità di malattia e assistenza domiciliare. Le misure di sostegno al reddito totalizzano una spesa di 18,4 miliardi di euro. Scendono, rispetto al 2022, le uscite dell’integrazione salariale e di alcuni bonus, attivati per il carovita ma eliminati.
Viceversa, salgono le voci degli assegni straordinari dei fondi di solidarietà e l’indennità di disoccupazione per un aumento delle domande di Naspi accolte (i beneficiari per cessazione di rapporto di lavoro risultano 3.246.384).
Spese per la famiglia
Rientrano nelle prestazioni erogate dall’Inps anche quelle a sostegno di genitori e figli con il calcolo del reddito familiare (Isee). Si tratta di varie misure come assegni al nucleo familiare, trattamento di maternità per le neo mamme, assegni di natalità, congedi parentali, bonus per le rette degli asili nido.
Un capitolo che ha visto lievitare le uscite a 23,8 miliardi di euro. In valore assoluto, le spese per i nuclei familiari nel 2023 sono salite di 2,6 miliardi di euro rispetto all’anno scorso: in parte per la rivalutazione all’inflazione, in parte per l’assegno unico e universale (debuttato a marzo 2022 e confermato).
(da la Stampa)

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“HO LA PASSIONE CHE HANNO I PICCIONI COLITICI. CHE COSA C’È DI PIÙ BELLO CHE FARE LA CACCA SU UN MONUMENTO? È L’ORIGINE DELLA SATIRA, SPORCARE I MITI” : ANTONIO RICCI VA A RUOTA LIBERA INTERVISTATO DA SABELLI FIORETTI

Dicembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile

“IL FUORIONDA DI ANDREA GIAMBRUNO? MEDIASET NON HA BLOCCATO IL PEZZO PERCHÉ NON SAPEVA. QUANDO C’È QUALCOSA DI DELICATO IO FACCIO UN COPIONE FALSO. COMUNQUE È MOLTO PIÙ GRAVE AVER MESSO IN QUEL POSTO GIAMBRUNO, CHE NON MANDARE UN FUORI ONDA IN CUI LUI FA LO SCEMO CON LA CONDUTTRICE E SI PASTRUGNA L’APPARATO URO-GENITALE”

C’è un gigantesco Gabibbo, un Gabibbone. Un gigantesco Tapiro, il Tapirone. Ci sono 1.750 piccolissimi monitor in cui vanno senza tregua le puntate della trasmissione. Ci sono centinaia di fotografie di eventi storici, primo fra tutti l’epica chiacchierata tra D’Alema e il Gabibbo.
Paradossalmente non c’è lui, Antonio Ricci, che tutto ciò ha messo in moto un lontano 7 novembre del 1988. Nemmeno una foto nel museo di Striscia allestito da sua figlia Vittoria. Lui se ne sta in carne e ossa al piano di sopra, in un piccolo ufficio pieno di ogni cosa, compresa una sedia che appartenne a Fabio Fazio e che Ricci comprò all’asta per 30 euro.
CLAUDIO SABELLI FIORETTI: Antonio, sei sempre la foglia di fico?
ANTONIO RICCI: «Te l’ho già detto vent’anni fa. Io sono il fico».
CBF: Stai dicendo che sono rimbambito e faccio sempre le stesse domande?
AR: «Insomma…».
CSF: È vero che odi i monumenti?
AR: «Odio i monumenti, soprattutto quelli ai partigiani. Sono brutti, aizzano alla violenza. Esci di casa e ti trovi un cubo con sopra gente dolorosa e non hai il telecomando per spegnerla. I monumenti alla Resistenza i sindaci li fanno fare ai nazisti».
CSF: Mi sembra un pregiudizio.
AR: «Devi considerare la mia natura “picciona”…».
CSF: Picciona?
AR: «Ho la passione che hanno i piccioni colitici. Che cosa c’è di più bello che fare la cacca su un monumento? È l’origine della satira, sporcare i miti».
CSF: Tu sei un cialtrone?
AR: «Non ancora. Mi piacerebbe diventarlo quanto prima. Io aspiro a una piena cialtronaggine, ma non riesco».
CSF: Che cosa ti manca?
AR: «Gli ultimi gradi della cialtroneria. Riesco ad architettare trappoloni geniali. Poi quando è il momento di perfezionare spesso lascio perdere».
CSF: Sei cialtrone nella cialtroneria.
AR: «Purtroppo temo di essere buono. Dentro di me sono santo. Ma, per fortuna, non mi crede nessuno. Mi attribuiscono tutte le cose più malvage. Paolo Villaggio raccontava che avevo fatto mangiare un topo morto a Fabrizio de André».
CSF: Lucio Presta diceva…
AR: «Che io non sono la medicina, sono la malattia. Io non avrei mai detto una cosa del genere. È una citazione da Rambo».
CSF: Era per Bonolis?
AR: «Bonolis aveva tirato fuori la storia della maga che parlava con i morti. Ci sentimmo in dovere di sputtanarlo».
CSF: Bonolis ti accusò di speculare col suo dolore.
AR: «Bonolis, non piange: gli sudano gli occhi! L’Italia è un paese mafioso e cattolico, dove si adora l’uomo in croce, per cui chi si autocrocifigge ottiene uno scudo di simpatia. È la nazione della simulazione del fallo…».
CSF: Temo quello che stai per dire.
AR: «Che cosa hai capito? Sto parlando del calcio, di quelli che si buttano a terra urlando senza che nessuno li abbia toccati. Quanta gente finge di essere vittima di una grossa ingiustizia? Lo fanno per obnubilare le menti e titillare le pance».
CSF: Bonolis però disse che sua figlia stava male.
AR: «Quando tiri fuori i figli è il top. Ambra, quando le abbiamo dato il Tapiro, ha optato per il format vittima e ha tirato fuori la figlia. E adesso anche Sonia Bruganelli a Ballando con le stelle per rispondere alle critiche su come balla male si è appellata alla sofferenza della figlia».
CSF: Però Bonolis…
AR: «Perfino Donato Bilancia mi ha scritto una lettera che io tengo fra le cose più care, in cui mi ringraziava per avere sgamato Paolo Bonolis».
CSF: Che cosa aveva fatto il povero Bonolis?
AR: «Per fare il fenomeno aveva tagliato una lunga risposta di Bilancia a una sua domanda commentando: “Ecco una domanda alla quale Donato Bilancia non ha saputo dare una risposta”. Si era però dimenticato dell’orologione inquadrato in cella e fu così plateale dimostrare che in montaggio aveva alterato la cronologia».
CSF: Fabio Fazio?
AR: «Con Fazio c’è sempre uno scambio di amorosi sensi. Io con lui parlo. Lo stimolo».
CSF: Sei lo stimolatore di Fazio.
AR: «Cerco di migliorarlo. Ma è un’impresa disperata. Vedi quella sedia inginocchiatoio? L’ho comprata a un’asta degli oggetti provenienti da una villa di Fabio. Cambiava casa. Tutti noi avremmo regalato gli oggetti a una parrocchia. Lui ha fatto un’asta. Essendo ligure e i liguri sono notoriamente…».
CSF: Notoriamente?
AR: «Accorti».
CSF: Volevi dire tirchi.
AR: «Volevo dire accorti. Insomma ha messo all’asta robe ciofechissime provenienti dalla lista di nozze del suo matrimonio. Ricordo uno sgabello da ciabattino e contenitori di rame per polvere da sparo. Ho partecipato all’asta e mi sono aggiudicato la sedia pregatoria».
CSF: Dici che Fazio ci si è inginocchiato?
AR: «Ci ha anche pianto sopra, sciogliendo la paglia. Lui è un prete. Dicono tutti che è un lecchino. Ma va rivalutato. Sembrano più lecchini i suoi ospiti».
CSF: Quando hai conosciuto Grillo?
AR: «Quando girava per gli spettacolini di cabaret per rubare battute e canzoni. Era un abilissimo mixatore. Aveva un taccuino in cui segnava le battute migliori. O cantava canzoni di Brel e di Brassens dicendo che erano sue. Era un cazzaro. Anzi, eravamo tutti dei gran cazzari».
CSF: Freccero, Sanguineti, Ghezzi, gli intellettuali liguri, i situazionisti. Ma lo sapevate che eravate situazionisti?
AR: «Eravamo luddisti, eravamo un cascame di qualcosa…».
SF: Dicevate che Fo era di destra.
AR: «Dicevamo che Arbore era di destra».
CSF: E perché?
AR: «Perché era socialista».
CSF: Che cosa è l’emerocallo?
AR: «Una poesia che ho scritto per fare un trappolone a Massimo Giletti. Un falso montaliano. Giletti mi aveva chiesto di recitare la poesia del cuore, a Domenica In. Io gli dissi che avevo trovato un inedito di Montale e gli mandai il video con la mia recitazione. “Come l’emerocallo che scolora, / nella bruma diffusa della sera / sempre svanisce nel ricordo / questa allegrezza inquieta./ Strombola il falco, l’ulivo s’inciela / e vibra in un titubo sussurro / l’incerta attesa per altre aurore / d’incrinati presagi e nuovi inganni”. Accenni di Gozzano, di Sbarbaro, perfino di Pascoli. Andò in onda senza alcun commento. Nessuno si accorse di nulla».
CSF: Il falco strombola. E Giletti è uno dei pochi che non ti sta sulle palle.
AR: «A me non sta sulle palle nessuno. Giletti fa delle cose che mi divertono. Se lui va al fronte vestito da guerra tutti lo perculano, ma nessuno va al fronte al posto suo. Una volta gli ho tirato un pacco tremendo. C’era un calciatore, Ronaldo, che era andato dal Papa. Noi avevamo taroccato le immagini e sembrava che il Papa gli avesse dato un santino della Juventus. Giletti dette la notizia su Rai 1 che il Papa era juventino».
CSF: Che cosa vuol dire che “non bisogna farsi mangiare il belino dalle formiche”?
AR: «È un detto ligure. Vuol dire che non devi perdere tempo a difenderti dal nulla. Hai le formiche sul belino? Una scrollata e le formiche se ne vanno».
CSF: Come vuoi morire?
AR: «Evaporato, nella sauna, ma mi hanno spiegato che scientificamente è impossibile».
CSF: Perché Berlusconi non ti ha mai cacciato?
AR: «Abbiamo avuto scontri epici, ma ha sempre avuto rispetto per me e per l’indotto. Una volta, al culmine di una roba che lo aveva fatto arrabbiare molto, al telefono improvvisamente disse: “Ma tu queste battute le faresti anche su tua mamma?”. Io gli dissi: “Ma certamente”. E lui: “Ok, va bene, ho capito, ciao”».
CSF: L’errore di Berlusconi?
AR: «Non essere o fingersi di sinistra. Se avesse regalato una rete ai “comunisti” avrebbe vissuto una vita tranquilla, niente processi, niente leggi ad personam».
CSF: Hai veramente detto che Sabina Guzzanti è di destra?
AR: «Sabina Guzzanti, che è una brava, ha fatto la sua carriera, senza guardare in faccia nessuno, nemmeno se stessa».
CSF: Parlami di Vespa.
AR: «Vespa è un mostro mutante. Nel genere horror i mostri più terribili sono i mutanti perché appena trovi un’arma per sconfiggerli, si trasformano e tu devi trovare armi nuove. Lui all’inizio era un giornalista che pretendeva rispetto per la sacralità del ruolo che rivestiva, poi è diventato Macario. Ormai fa il varietà. Mi dicono che si è comprato l’Ambra Jovinelli».
CSF: Perché fa quei movimenti con le dita e con le mani?
AR: «Perché è una mantide religiosa che decapita e mangia gli intervistati».
CSF: Tu hai vinto un premio giornalistico.
AR: «E l’ho devoluto a don Ciotti con la seguente motivazione: “Siccome il mondo del giornalismo è drogato, do i soldi a don Ciotti per vedere se riesce a recuperare qualcuno dei giornalisti”. E lì è successa una cosa bellissima. Devi sapere che uno dei miei idoli è Gianni Riotta».
CSF: Sento che hai qualcosa contro di lui.
AR: «Dicono che è della Cia. Ma perché la Cia si prende Riotta? Mi scade la Cia».
CSF: Che cosa fece Riotta?
AR: «Dirigeva il Tg1 e faceva cazzate e falsi pazzeschi. Una volta dette la notizia che il Papa aveva preso un volo per andare in tempo a Roma a vedere il suo Tg1. E noi su Striscia lo spernacchiammo pubblicando il piano di volo dell’aereo. Non faceva altro che dare sul Tg1 notizie false prese dal web».
CSF: Che cosa fece contro il tuo premio?
AR: «Un giorno gli mandai Staffelli col Tapiro e lui da uomo della Cia disse: “Certo che Ricci è un uomo coraggioso. Quando si tratta di rischiare manda voi schifosi inviati. Ma quando si tratta di andare a prendere i soldi dei premi ci va lui”».
CSF: Tu che cosa hai fatto?
AR: «Ho trasmesso il filmato del premio, con lui in prima fila a guardare un ragazzo di Don Ciotti che ritirava i soldi».
CSF: Tremendo.
AR: «Una figura di merda. Pensa che lui ha pubblicato un sacco di fake news, però alla Sapienza di Roma ha la cattedra sulle fake news. Spiega agli studenti come si fa a riconoscerle. È una specie di omeopata».
CSF: Parliamo della tua arma preferita, i fuorionda.
AR: «Ne ho trasmessi più di 700».
CSF: Sei sicuro che sia una cosa corretta?
AR: «Ma certo. Non ci sono macchinari che spiano».
CSF: Però, eticamente…
AR: «Io non ti spio. Sei tu che entri nel mio spazio. Io non origlio. Sei tu che mi gridi dalla porta. Dovrei tapparmi le orecchie per non sentirti? Non sono cose private, sono cose pubbliche. Anche il Tribunale dei Diritti dell’Uomo mi ha dato ragione».
CSF: Perché le persone non stanno più attente sapendo che ci sei tu che le ascolti?
AR: «Chi ha l’ego ipertrofico difficilmente capisce che una volta entrati nello studio televisivo sono alla mercé di chiunque».
CSF: Andrea Giambruno è tornato con Giorgia Meloni?
AR: «Nel mio immaginario non si sono mai lasciati. Non ho prove, ma mi sembra improbabile che una donna che sta 10 anni con un uomo non sappia cosa pensa e cosa fa. Lo scopre solo quando Striscia manda il fuorionda?»
CSF: Perché Mediaset non ha bloccato il pezzo su Giambruno?
AR: «Non poteva perché non sapeva. Quando c’è qualcosa di delicato io faccio un copione falso. Comunque…».
CSF: Comunque?
AR: «È molto più grave aver messo in quel posto Giambruno, che non mandare un fuori onda in cui lui fa lo scemo con la conduttrice e si pastrugna l’apparato uro-genitale».
CSF: Ormai è passato tanto tempo e ce lo puoi dire. Come facevi ad indovinare i vincitori di Sanremo?
AR: «Se vuoi, puoi. Secondo te non credo in Dio e mi metto a credere a Sanremo?».
CSF: Hai mai provato a tagliarti la barba?
AR: «L’ho fatto due mesi fa, per sbaglio».
CSF: Ti piacevi?
AR: «Sembravo più giovane».
CSF: E in famiglia?
AR: «Mia moglie mi aveva già visto una volta senza barba. Quella volta si spaventò e cominciò ad urlare. Senza barba ero un altro. Grillo addirittura mi spacciava per il fratello di Julio Iglesias. Al che decisi di farmela ricrescere in tempi brevissimi».
CSF: È vero che Nicola Porro una volta sul Giornale fece il titolo: “Antonio Ricci è un grandissimo stronzo”?
AR: «Sì. In prima pagina. C’era un aspetto guascone in lui. Lo fece per sfidarmi. Pensava che mi sarei incazzato. Voleva che gli facessi del male. Mi son fatto una risata».
CSF: Gioco della torre. Berlinguer o Gruber?
AR: «Gruber».
CSF: Perché butti la Gruber?
AR: «Perché, con gli orecchini che ha, voglio vedere quanto ci mette ad arrivare a terra».
CSF: Tipo Fagnani?
AR: «È diverso. La Fagnani ha detto che glieli dava un’azienda. Lilli Gruber ha detto che erano suoi. Botte da 60mila euro. Sono soldi».
CSF: Vespa o Baudo. Chi butti?
AR: «Nessuno dei due. Per gratitudine. Mi hanno indicato il sentiero luminoso. Striscia è nata con Vespa che dava la notizia al Tg1 di Valpreda bombarolo. Mi sono chiesto: “Possibile che non ci sia qualcuno che dica qualcosa?”. Un Tg strabico che dicesse: “Guardate che non è proprio così”?».
CSF: Sia di Vespa che di Baudo dici che sono malvagi. Perché dici che sono malvagi?
AR: «Perché sono malvagi».
CSF: Che mi dici di Paolo Brosio? Lo hai tanto maltrattato.
AR: «Anni fa. Adesso si è alleato con la Madonna. Ormai è imbattibile».
CSF: Vannacci o Salvini?
AR: «Basta aspettare. Prima o poi uno butta giù l’altro».
CSF: Giorgia sta facendo bene?
AR: «Non deve essere facile per lei. Condurre una nazione è dura. Però dovrebbe evitare di dire: “Sono cristiana, sono una madre, sono una donna”».
CSF: Sono cose vere…
AR: «Ma se sei cristiana non devi vivere nel peccato. Ti devi sposare. Lei è una peccatrice che detta la linea a me e poi fa quello che le pare. Vive nel peccato. E che peccato! Ora si è pure inventata la figura del migrante yo-yo, avanti e indré con l’Albania. Se poi, non contenta, si mette pure in testa che ci sono i complotti, finisce che bisogna risfoderare il detto ligure: “Non farti mangiare il belino dalle formiche”».
CSF: E lei?
AR: «Giorgia si sta facendo mangiare il belino dalle formiche».
Antonio Ricci è nato ad Albenga nel 1950. Laureato in lettere, a 29 anni ha firmato le prime tre stagioni di Fantastico, in prima serata su Rai 1. Lì conosce Beppe Grillo, con cui inventa Te la do io l’America (1981) e Te lo do io il Brasile (1984). Nel 1983 crea Drive In, nel 1988 arriva Striscia la notizia e due anni dopo Paperissima.
(da Reppubblica)

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FATIMA, ABUSATA IN ORFANOTROFIO E RINATA IN ITALIA: “OGNI GIORNO PENSO AI 30.000 BIMBI SENZA FAMIGLIA IN ITALIA”

Dicembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile

OGGI E’ LAUREANDA IN BIOLOGIA E MODELLA… E’ ARRIVATA AD AGROPOLI GRAZIE ALLA SORELLA

Fatima Sarnicola, laureanda in biologia, ha raccontato la storia della sua vita su Adopt Life, giornale dedicato all’affido.
Lei è nata nel 1997 in un piccolo villaggio della Lituania che si chiama Skaciai. Ma è crescita in Italia a partire dagli 8 anni. Su TikTok ha 164 mila followers. La madre aveva 14 figli: «Ricordo la nostra casa minuscola e trascurata, di appena 20 metri quadri, circondata da colline. Quando avevo due anni, la vicina di casa ha fatto una segnalazione agli assistenti social. Da quel momento la mia vita è cambiata, sono arrivati e mi hanno portato via». Da lì è finita in un orfanotrofio a Kursenai. «C’erano bambini di tutte le età, dagli 0 ai 18 anni. Io ero la più piccola nella stanza. Provavo a nascondermi sotto il letto per rendermi invisibile».
Bullismo e maltrattamenti
Bullismo e maltrattamenti erano all’ordine del giorno, dice lei oggi al Messaggero: «Se tornavo tardi da scuola o commettevo un errore, usavano un bastone di legno per punirmi. Non c’era amore, né protezione». Lei ricorda ogni cosa: «Quando vivi traumi così forti, il tuo cervello registra tutto». Poi l’affido a una zia biologica: «Pensavo di aver trovato un rifugio, chiesi persino di essere adottata. Ma un giorno, per colpa della mia sorellastra e dei suoi amici, vissi il mio primo abuso fisico». A quel punto scelse «di interrompere ogni rapporto. Non volevo più soffrire». In seguito viene adottata da una famiglia italiana di Agropoli in provincia di Salerno.
L’arrivo in Italia
«L’affido è stato strettamente legata a mia sorella Anna. Era in lista urgente per problemi di salute. Inizialmente i miei genitori adottivi dovevano prendere solo lei. Ma quando fu aggiunto il mio nome, non si sono tirati indietro», spiega. «Lei mi ha salvato la vita. Senza di lei, forse non sarei mai stata adottata», aggiunge. E ancora: «Nei primi mesi in Italia ho imparato a conoscere la mia nuova famiglia e a recuperare l’infanzia che mi era stata negata».
Perché «dovevo affrontare anni di ferite, fisiche ed emotive, e anche il razzismo. A scuola, non mi sentivo accettata né dai compagni né dagli insegnanti perché ero straniera e non sapevo bene la lingua». «Ogni giorno penso ai 30.000 bambini senza famiglia in Italia e ai 200.000 all’estero. Raccontare la mia storia è stata la terapia più grande. Voglio che il mondo sappia cosa significa essere orfani e avere una seconda possibilità», conclude Fatima nel colloquio con Laura Pace.
(da Open)

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ADDIO ALL’APE, DOPO 76 ANNI LA STORICA TRE RUOTE DELLA PIAGGIO SARA’ PRODOTTA SOLO IN INDIA

Dicembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile

LO STABILIMENTO DI PONTEDERA NON REALIZZERA’ PIU’ IL MEZZO… INVESTIMENTI SULLA SICUREZZA E QUESTIONE AMBIENTALE TRA I MOTIVI DELLA DELOCALIZZAZIONE

L’Italia perderà uno dei mezzi che ha fatto la storia del nostro Paese: l’Ape. Dopo 76 anni, la tre ruote non sarà più realizzata nello stabilimento di Pontedera, ma in India. Come riporta il Corriere, tra i motivi che hanno portato il produttore, Piaggio, a lasciare l’Italia ci sono gli investimenti che la normativa europea avrebbe richiesto in sicurezza e riduzione dell’inquinamento. Provvedimenti meno stringenti invece nella penisola indiana.
La riconversione di Pontedera
Lo stabilimento di Pontedera (Pisa) dovrà quindi riconvertirsi dopo l’annuncio dell’azienda ai delegati del sindacato Rsu di trasferimento della produzione. La comunicazione è arrivata dopo che i vertici societari avevano stabilito uno stop della produzione dei vari reparti per la fine dell’anno. A Pontedera quindi la catena sarà riconvertita: dalle tre ruote si passerà alle quattro del furgoncino Porter che andrà a occupare quel segmento di mercato. Dovrà convivere con una grande eredità: gli oltre 6 milioni di mezzi venduti in tutto il mondo.
I motivi del trasferimento
Per far rimanere la produzione di Ape in Italia sarebbero stati necessari importanti investimenti. Tutti dettati dalla normativa europea. Il veicolo per adeguarsi agli standard di sicurezza avrebbe dovuto installare airbag e sistemi di frenata assistita. Ma non solo, un altro fattore è quello ambientale legato all’inquinamento del veicolo. In questo caso, per l’azienda sarebbe stato troppo gravoso rispettare le leggi europee.
(da agenzie)

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