Gennaio 7th, 2025 Riccardo Fucile
IL CASO, SI SA, È LEGATO ALL’ARRESTO DELL’INGEGNERE-SPIONE IRANIANO MOHAMMAD ABEDINI, DI CUI GLI AMERICANI CHIEDONO L’ESTRADIZIONE. L’ITALIA POTREBBE RIFIUTARSI E LA PREMIER NE AVREBBE PARLATO CON TRUMP. A CHE TITOLO, VISTO CHE SUGLI ESTRADATI DECIDE LA MAGISTRATURA E LA “TRATTATIVA” È IN MANO AGLI 007?
A che punto è la notte di Cecilia Sala? Buio fitto, purtroppo. Sul risultato della trattativa incrociata sull’asse Roma-Teheran-Washington per la questione Abedini-Sala, non si hanno ovviamente notizie (il presidente in carica degli Stati Uniti è ancora Joe Biden e l’eletto Trump per insediarsi alla Casa Bianca deve aspettare il 20 gennaio).
Secondo Agenzia Nova, la decisione di Elisabetta Belloni di dare le dimissioni sarebbe stata presa proprio “dopo un diverbio con il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, nato attorno alla vicenda di Cecilia Sala”.
I tempi non solo si allungano ma si ingarbugliano. A che titolo la premier ha parlato con Trump di soggetti il cui trattamento è affidato in via esclusiva alla magistratura penale italiana, fintanto che non si esprime il ministro della Giustizia? Come può essere oggetto di ‘mediazione politica’ un caso giudiziario soggetto solo alla legge?
Dopo il parere negativo della Procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, alla richiesta degli arresti domiciliari presentata dalla difesa di Mohammad Abedini, l’iraniano arrestato lo scorso 16 dicembre all’aeroporto Silvio Berlusconi (già Malpensa) di Milano, il prossimo 15 gennaio la parola passa ai giudici della Corte di Appello di Milano.
“Esiste anche una possibile seconda via per la scarcerazione”, aggiunge “Repubblica”: “Lo può fare il ministero della Giustizia sulla base di un articolo del codice di procedura penale, il 718, che al comma 2 prevede che, in caso di arresto con richiesta di estradizione, «la revoca è sempre disposta se il Guardasigilli ne fa richiesta»”.
“L’intenzione dell’esecutivo – aggiunge “La Stampa” – è però di trovare una strada per evitare l’estradizione di Abedini, e di farlo il più presto possibile. Oggi il sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha la delega ai servizi segreti, riferirà maggiori dettagli della vicenda in Parlamento, in un’audizione davanti al Copasir. Non si esclude nulla, nemmeno che il ministro Carlo Nordio possa disporre la revoca delle misure cautelari, anche prima del 15 gennaio”. Soprattutto, prima del 20 gennaio, quando si insedierà Donald Trump e l’approccio della Casa Bianca sarà molto diverso. In questo senso, la reazione del tycoon di ieri potrebbe essere stata opposta dalle aspettative della premier.
La politica, però, è solo uno dei poteri in campo, e ha grossi limiti. Innanzitutto perché affari riservati come la “gestione degli ostaggi”, sono prerogativa esclusiva dell’intelligence e non dei leader di partito.
Il protocollo sull’estradizione è previsto dal codice di procedura penale e la “trattativa” è in mano agli 007. Non si scappa: quella della sora Giorgia, che ha provato a disintermediare due fondamentali corpi dello stato, bypassandone le prerogative, è una forzatura che rischia di peggiorare lo stato delle cose.
(da Dagoreport)
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Gennaio 7th, 2025 Riccardo Fucile
LO STATO CRIMINALE DI ISRAELE CONTINUA IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE GRAZIE ALLA COMPLICITA’ DEI GOVERNI EUROPEI E USA
Il Programma Alimentare Mondiale (Wfp), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare, ha denunciato che un suo convoglio è stato colpito il 5 gennaio da spari esplosi dalle forze israeliane nei pressi del checkpoint Wadi Gaza. “Assolutamente inaccettabile: un convoglio del Wfp, chiaramente contrassegnato e con a bordo 8 membri del team, è stato colpito dalle forze israeliane nei pressi di Wadi Gaza, nonostante le autorizzazioni precedenti. Gli operatori umanitari non sono un obiettivo”, ha scritto su X Cindy McCain, direttrice dell’agenzia Onu. Nessun membro dello staff è rimasto ferito.
Stando a quanto rivela il World Food Programme il convoglio preso di mira dai militari dell’IDF era composto da tre veicoli e trasportava in tutto otto membri dello staff. Almeno 16 proiettili hanno colpito i mezzi. “Questo evento inaccettabile è solo l’ultimo esempio del complesso e pericoloso ambiente di lavoro in cui operano oggi il Wfp e altre agenzie. Le condizioni di sicurezza a Gaza devono migliorare urgentemente affinché l’assistenza umanitaria salvavita possa continuare. Il WFP esorta tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario, a proteggere le vite dei civili e a consentire un passaggio sicuro degli aiuti umanitari”.
Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite è la più grande organizzazione umanitaria al mondo: è impegnata a salvare vite umane in contesti di emergenza e a utilizzare l’assistenza alimentare per costruire un percorso verso la pace, la stabilità e la prosperità per le persone che si stanno riprendendo da conflitti, disastri e dall’impatto dei cambiamenti climatici.
Un altro bambino di un mese morto di freddo a Gaza
Intanto un’altra agenzia dell’Onu – quella per gli affari umanitari – ha riportato la notizia della morte a Gaza di un altro bambino di un mese a causa dell’ipotermia in una zona assediata dall’esercito israeliano. “Questo è l’ottavo bambino morto per il freddo in meno di tre settimane – ha spiegato un portavoce delle Nazioni Unite – e queste morti si potevano evitare, fornendo alle famiglie materiale per proteggere i bambini”.
Il piccolo Yousef Ahmad Kalloub aveva 35 giorni. Stando a quanto riferiscono i media palestinesi si trovava nella zona centrale di Gaza. L’ottava piccola vittima si aggiunge agli oltre 45.800 morti, in maggioranza donne e bambini, uccise dai soldati israeliani dal 7 ottobre del 2023. L’ondata di freddo e maltempo ha peggiorato in modo drammatico la situazione nella Striscia per centinaia di migliaia di profughi palestinesi, molti dei quali vivono in accampamenti.
Oltre al freddo, a mettere a rischio la vita dei neonati è la mancanza di cibo che non permette alle madri di allattare i figli. Il caso simbolo è stato quello di Aisha al-Qassas, nata il 28 novembre in piena guerra, e portata all’ospedale di Khan Younis il 19 dicembre per un controllo, visto che appariva denutrita e molto debole. Poche ore dopo, con l’abbassamento repentino della temperatura, Aisha, il cui nome significa “vita”, è morta. I genitori hanno raccontato di averla vista diventare un “pezzo di ghiaccio”.
(da Fanpage)
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Gennaio 7th, 2025 Riccardo Fucile
A MILANO, ALL’INIZIATIVA ORGANIZZATA DA DELRIO CI SARANNO, TRA GLI ALTRI, ROMANO PRODI E PIERLUIGI CASTAGNETTI… 1 LIBERALI E CATTOLICI, DUE CONVEGNI NON FANNO UN CENTRO
Due convegni contemporanei, anzi paralleli come le note convergenze. Uno a Milano
l’altro a Orvieto, convocati lo stesso prossimo 18 gennaio: da una parte e dall’altra sono invitati papabili o aspiranti leader moderati o centristi, registi e grandi vecchi del «centro che muove verso sinistra»; per l’appuntamento lombardo la data è stata persino scelta simbolicamente nel giorno in cui, nel 1919, venne reso pubblico l’appello «Ai liberi e forti» di don Luigi Sturzo e nacque il Partito popolare italiano: come alludere alla formazione di una nuova casa politica.
E per di più, sarà il caso o il cielo, il 18 gennaio è Santa Margherita, patrona di un estinto partito centrista molto evocato (dai suoi estintori). I due eventi in questi giorni sono stati descritti come occasioni da cui può arrivare una lieta notizia a sinistra: da una parte l’intervento atteso è quello di Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle entrate (l’«esattore», lo chiama chi lo ama poco) in odore di lancio in politica, potenziale leader ancora in bilico fra una cosa centrista o tutto il centrosinistra; dall’altra quello di Paolo Gentiloni, ex commissario europeo, che i liberal Pd e Carlo Calenda vorrebbero futuro candidato premier. Ma il treno del “centro” non partirà neanche stavolta. O non arriverà, a seconda.
A Milano c’è anche il nome, «Comunità democratica», molto evocativo. Ed è convocato un parterre de roi: tra gli altri Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti. Ma l’organizzatore Graziano Delrio, ex ministro, cattolico democratico, dell’associazione I popolari, ieri sulla Nazione ha messo le mani avanti: nessuno si deve fare illusioni (quelli che vorrebbero che nascesse un partito), e nessuno si preoccupi (la segretaria Schlein che osserva perplessa tanto attivismo): sarà l’occasione di «creare legami, guarire la democrazia», «ascoltare i fermenti culturali espressi dalle Settimane sociali di Trieste».
Niente organizzazioni nuove, almeno per quanto riguarda lui e gli altri cattolici del Pd, sono tempi di semina, non di raccolta, «se poi qualcuno volesse fare altri esperimenti centristi, come hanno fatto Renzi e Calenda, può farlo». Come dire: auguri. Anche sulla coalizione, la leader resta Schlein, «è nello statuto del Pd». Quindi i «grandi padri» che parteciperanno, daranno una benedizione a chi vuole partecipare «alle scelte democratiche»: ma non c’è nessun battesimo
La ragione del convegno è dunque rafforzare un cultura cattolico-democratica per contare di più, «dentro e fuori dal Pd». In cui, sia chiaro, quel «fuori» non significa affatto che chi sta dentro vuole uscire: ma sarebbe cosa buona e giusta che la segretaria lasciasse spazio anche a questa cultura politica, e non puntasse solo a espandersi a sinistra.
Ma il convegno non approderà a una stretta politica, né dentro né fuori. Si capisce dal dibattito finale: un confronto fra Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa, presidente del Copasir e peso massimo dell’ala riformista Pd, e Stefania Proietti, presidente dell’Umbria, ex sindaca di Assisi, bergogliana, da alcuni evocata (anche lei) come federatrice dell’area cattolica. Fra i due ci saranno anche comunanze confessionali, ma c’è un abisso sul tema della guerra: l’uno favorevole al sostegno armato dell’Ucraina, l’altra pacifistissima. Come del resto altri invitati: Paolo Ciani di Demos e Emiliano Manfredonia delle Acli.
Sogni proibiti dei lib Non c’è nessun intento cospirativo neanche al convegno di Orvieto, intitolato «Idee per una sinistra di governo» e organizzato fra gli altri da Stefano Ceccanti per l’associazione Libertà Eguale, cenacolo di liberali e liberaldemocratici (e di cattolici democratici) che, anche loro, «muovono verso sinistra». Anche loro sono dentro e fuori del Pd, e del Pd non sono in linea con le posizioni di Schlein, definite «massimaliste».
Qui si segnala la presenza dell’ex commissario europeo Paolo Gentiloni, chiamato a svolgere una relazione sulla sovranità europea e sul debito comune. L’ex premier si tiene alla larga dalle beghe del centrosinistra, almeno in pubblico: ma è il sogno proibito dei conciliaboli liberal che come leader del centrosinistra. Però è, appunto, un sogno proibito: innanzitutto se mai si stringerà un’alleanza, sarà difficile che la premiership non spetti a Elly Schlein, che è la segretaria del partito più grande; e poi per i Cinque stelle l’ipotesi Gentiloni non è neanche nominabile; a meno che non si scommetta su un centrosinistra senza di loro.
(da Domani)
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